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Charles Baudelaire
La vita Nato a Parigi nel 1821, trai diciotto e i ventun anni vive la vita della bohème povera e piena di arte e amore nel Quartiere Latino. Per strapparlo a questa vita scandalosa la famiglia, di rispettabile condizione borghese, lo costringe ad un viaggio in India; ma Baudelaire, soffrendo la solitudine, si ferma all'isola Bourbon, per fare poi ritorno in patria. Il viaggio costituisce tuttavia un'esperienza importante, poiché risveglia in lui l'amore per l'esotico. A Parigi, ottenuta la sua parte dell'eredità del padre la sperpera conducendo la vita del dandy, abitando in case sontuose e vestendo con estrema ricercatezza. Quello del Dandy è un mito del Decadentismo: un uomo accuratissimo, snob, alla ricerca di una vita emozionante, ricca delle esperienze più disparate e amorale. Ha una relazione con una mulatta, Jeanne Duval, che incarna ai suoi occhi vari miti, l'esotico, la femminilità tenebrosa e fatale legata alla terra. Comincia a farsi conoscere come poeta, frequentando gli ambienti letterari. Ma la sua vita sregolata preoccupa la famiglia, che lo fa interdire: dal 1844 è costretto a mantenersi miseramente con una piccola somma mensile. Per vivere si dedica alla critica d'arte, guadagnando notevole autorità. Durante il '48 subisce il fascino della rivoluzione e partecipa agli eventi politici. In quel periodo Baudelaire scopre Poe, in cui riconosce uno spirito fraterno, in quanto scrittore 'maledetto', irregolare e incompreso. Nel '57 esce la raccolta dei Fiori del male, che suscita un tale scandalo da subire anche un processo: sei poesie vengono soppresse e il poeta è condannato ad un'ammenda. Una seconda edizione arricchita di trentacinque poesie e da lui pubblicata nel 1861. Nel frattempo però il suo fisico è minato dall'oppio e dall'hashish, nonché dalla malattia che lo condurrà alla morte, la sifilide. È perseguitato dai debiti. Nel 1866 ha un attacco, e deve essere trasportato a Parigi, semiparalizzato e colpito da afasia. Vegeta ancora un anno, e si spegne nell'agosto del 1867.
Le opere Oltre alla raccolta dei Fiori del male, lascia una serie di poemetti in prosa, Lo spleen di Parigi, raccolti postumi in volume nel 1869. Restano anche preziosi frammenti dei Diari intimi e I paradisi artificiali, sull'uso delle droghe, in cui esalta lo scrittore inglese Thomas de Quincey, autore delle Confessioni di un mangiatore d'oppio.
I fiori del male Nei Fiori del male Baudelaire si propone di «estrarre la bellezza dal Male». Baudelaire porta alle estreme conseguenze, nella vita come nella poesia, quel conflitto tra l'artista e la società che è costitutivo ad Romanticismo. Scegliendo di «estrarre la bellezza dal Male», trasforma la poesia nella negazione più violenta dei valori e degli ideali correnti.
Spleen e Ideale A1 fondo della sua poesia vi è lo spleen uno stato di depressione cupa, di noia, di disgusto per il mondo in cui vive, la vita borghese nella grande metropoli moderna, che si affaccia costantemente, come un incubo, dai suoi versi. Ma la sua esperienza è segnata da una forte antinomia. Egli si sente oggetto di un perpetuo conflitto tra Cielo e Inferno: per lui, nell'uomo vi è un bisogno di purezza, di spiritualità, di elevazione a Dio; ma, dall'altro lato, vi è una cupa attrattiva per il vizio, il male, la degradazione.
La struttura del libro Questo conflitto, che ha al fondo una tormentata sensibilità religiosa, spiega la struttura del libro, che non è una raccolta occasionale di versi, ma un'opera unitaria, con un disegno rigorosamente organico. La prima parte si intitola appunto Spleen e ideale: il poeta, per sfuggire allo spleen attraverso un percorso spirituale, si protende verso l'ideale, la bellezza, la poesia, la purezza, ma la tensione è vana, ed egli ripiomba costantemente in basso, per una sorta di piacere della degradazione e della colpa. Si rivolge allora verso altri mezzi di evasione: l'immersione nello spettacolo della metropoli (II sezione, Quadri parigini), i paradisi artificiali (III sezione, Il vino), il vizio (IV sezione, I fiori del male). Sono tutti tentativi vani: allora, per reazione disperata, il poeta si appella a Satana («Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!», Litanie di Satana, nella V sezione, La rivolta). Esaurite tutte le possibilità terrestri, si rivolge al gran viaggio verso un altro mondo, la morte, vista come possibilità di esplorare l'ignoto («Al fondo dell'ignoto per trovare del nuovo!», Il viaggio, nella VI sezione, La Morte).
Un'esplorazione del negativo La poesia di Baudelaire, collocandosi a metà secolo, fra Romanticismo e Decadentismo, è la lucidissima esperienza di una crisi profonda di valori che lacererà la coscienza della contemporaneità, l'esempio di una poesia che, invece di diffondere i valori dominanti, si avventura nell'esplorazione del negativo. Sul piano formale, da un lato, con un linguaggio allusivo, che affida alla parola una funzione magicamente evocativa, anticipa quella corrente di poeti 'veggenti', da Rimbaud ai surrealisti, tesi a decifrare la rete misteriosa di simboli che avvolge il reale, ma è anticipata a sua volta da alcuni poeti preromantici che ritenevano lo scrivere un atto magico, che incatena l'anima; dall'altro, con la sua lucida consapevolezza dei mezzi espressivi ed il loro rigoroso controllo, apre la strada ad un altro filone della poesia moderna, caratterizzata dalla ricerca formale, da Mallarmé a Valéry.
Baudelaire Corrispondenze pag 309
v.1-10
La natura è come un tempio in cui i pilastri (gli alberi) parlano. L'uomo che la attraversa vede foreste di simboli misteriosi ma al tempo stesso familiari. Esiste una corrispondenza fra profumi, colori e suoni, come echi che si confondono e uniscono in modo profondo, vasto come la notte ed il chiarore.
v.11-17
Esistono profumi freschi come bimbi, dolci come gli oboi, verdi come prati; altri corrotti e ricchi, infiniti, come incenso, ambra, muschio e benzoino e descrivono i lunghi rapimenti dei sensi e dell'anima.
Note: la poesia spiega la convinzione secondo cui tutto il mondo è avvolto da un mistero insondabile, animato da una trama di corrispondenze, legami oscuri e irrazionali che solo il poeta veggente sa cogliere. Il mondo è una sorta di sinestesia. I profumi orientali citati erano stati conosciuti dal poeta nel corso del viaggio in India.
Baudelaire L'albatros pag 310
v.1-12
Spesso i marinai per divertirsi prendono gli albatri, grandi uccelli di mare, compagni indolenti di viaggio, che seguono le navi volando sugli abissi difficili. Appena posato sul ponte della nave il re dell'azzurro diviene goffo e vergognoso e trascina le grandi ali bianche come remi. Quando volava l'albatro era bellissimo, adesso comico e brutto. Qualcuno gli mette la pipa sotto il becco, altri gli fanno il verso zoppicando.
v.13-16
Il poeta è come l'albatro, principe delle nubi, compagno degli uragani, più alto di ogni freccia. Esule in terra, fra le grida di scherno, non riesce a camminare.
Note:la poesia ricorda per l'argomento trattato la ballata di Coleridge, tuttavia in questo caso l'albatro non viene ucciso ma preso prigioniero, sottoposto ad una sofferenza più raffinata. L'albatro è la metafora del poeta che non riesce ad inserirsi nella società (vedi il dramma di Werther) e si sente reietto e maledetto.
Baudelaire Spleen pag 313
Il cielo è come un coperchio che pesa sull'anima gemente quando versa su di noi una luce nera più triste della notte. E quando la terra si trasforma in una cella umida dove la speranza si agita in cerca di un'uscita come un pipistrello che sbatte la testa e le ali sui soffitti fradici; e quando la pioggia sembra imitare le sbarre di una vasta prigione, e quando un popolo silenzioso di ragni tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli, a un tratto le campane lanciano verso il cielo un urlo atroce come spiriti erranti.
Lunghi funerali sfilano senza musica dentro l'anima: la speranza, vinta, piange e l'angoscia pianta la sua bandiera nera sul mio cranio.
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