Cesare Balbo - Uomo politico, storico e letterato, nato a Torino da
Prospero B. il 27 novembre 1789 e morto ivi il 3 giugno 1853, risentì, nella
sua formazione mentale e morale, delle tendenze dell'epoca napoleonica. Tornato
a Torino da Firenze con alcuni amici fondò, nel 1804, l'Accademia dei Concordi,
nella quale, coltivando gli studi, si coltivava anche l'amore per la patria.
Nell'ottobre del 1807 fu nominato uditore al Consiglio di stato, poi segretario
generale della giunta Governativa di Toscana, quindi inviato a Roma per
riordinare lo Stato pontificio e adattarlo al regime napoleonico.
La caduta di Napoleone allontanò, per vari anni, Balbo dalla vita
politica e nel 1817 seguì il padre in Spagna. E' proprio in questo periodo che,
attraverso gli studi storici, si forma il suo ideale politico: l'Italia
liberata dal dominio austriaco per opera di casa Savoia; le forze delle varie
classi sociali, rette da un regime costituzionale, sul tipo inglese. Nel
1819-1820 si unì al gruppo dei liberali che frequentavano Carlo Alberto, presso
il quale il Balbo esercitò opera di moderatore: se lo incitava all'indipendenza
della patria, dall'altra parte lo esortava a non garantire la costituzione
senza il consenso del re. Carlo Alberto lo coinvolse invece in un'unica colpa
con il Santarosa e gli altri capi della rivoluzione, sicché il Balbo fu
sottoposto all'inchiesta politica e confinato per dieci anni in Camerano.
Nel 1844 pubblicò a Parigi l'opera 'Le speranze d'Italia'
all'interno della quale oltre a criticare il programma di Gioberti illustra le
proprie tesi. Gioberti aveva segnato senz'altro un passo avanti nella
preparazione dell'opinione pubblica al compimento dell'unificazione: esso però
non chiariva a sufficienza quale parte avrebbe avuto l'Austria nella nuova confederazione.
Le possibilità erano due: o l'Austria vi sarebbe entrata, e in tal caso avrebbe
preteso il primo posto e rafforzato così il suo predominio in Italia; oppure ne
sarebbe stata esclusa, ma allora insieme all'Austria sarebbero rimaste fuori
dalla confederazione importanti regioni, quali la Lombardia e le Venezie. Il
ragionamento formulato da Balbo era giusto e coglieva uno dei punti deboli del
programma neo-guelfo: un'operazione così importante e complessa, quale era
l'unificazione politica della penisola, non poteva infatti compiersi senza
l'indipendenza del Lombardo-Veneto.
Secondo il Balbo, però per allontanare gli Austriaci non sarebbe
stata indispensabile la guerra. L'Austria, a suo avviso, avrebbe finito presto
o tardi per abbandonare l'Italia per espandersi verso il Danubio e i Balcani,
dove tutto lascia prevedere il crollo dell'impero turco: il 'compenso
balcanico' avrebbe permesso alla monarchia asburgica di rifarsi largamente
della perdita subita. D'altra parte per spingere il governo di Vienna a
lasciare l'Italia per i Balcani, era necessario un forte e agguerrito esercito,
capace di affrontare e vincere l'Austria in campo aperto: ecco perché bisognava
guardare, piuttosto che al pontefice, a Carlo Alberto, sovrano dell'unico Stato
ricco di una lunga e gloriosa tradizione militare e capace di garantire la
difesa del paese. Anche Balbo, dunque, mirava ad una federazione nell'ambito
della quale però doveva essere riservata al papato una funzione moderatrice e
al Piemonte un compito preminente.