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Casella: Analisi della funzione del personaggio
'Io vidi una di lor trarresi avante
per abbracciarmi, con sì grande affetto,
che mosse me a far lo somigliante.
Ohi ombre vane, fuor che ne l'aspetto!
tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
e tante mi tornai con esse al petto.
Di maraviglia, credo, mi dipinsi;
per che l'ombra sorrise e si ritrasse,
e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.
Soavemente disse ch'io posasse;
allor conobbi chi era, e pregai
che, per parlarmi, un poco s'arrestasse.
Rispuosemi: 'Così com'io t'amai
nel mortal corpo, così t'amo sciolta:
però m'arresto; ma tu perché vai?'.
'Casella mio, per tornar altra volta
là dov'io son, fo io questo viaggio',
diss'io; 'ma a te com'e tanta ora tolta?'.
Ed elli a me: 'Nessun m'è fatto oltraggio,
se quei che leva quando e cui il piace,
più volte m'ha negato esto passaggio;
ché di giusto voler lo suo si face:
veramente da tre mesi elli ha tolto
chi ha voluto intrar, con tutta pace.
Ond'io, ch'era ora a la marina vòlto
dove l'acqua di Tevero s'insala,
benignamente fu' da lui ricolto.
A quella foce ha elli or dritta l'ala,
però che sempre quivi si ricoglie
qual verso Acheronte non si cala'.
E io: 'Se nuova legge non ti toglie
memoria o uso a l'amoroso canto
che mi solea quetar tutte mie doglie,
di ciò ti piaccia consolare alquanto
l'anima mia, che, con la sua persona
venendo qui, è affannata tanto!'.
'Amor che ne la mente mi ragiona'
cominciò elli allor sì dolcemente,
che la dolcezza ancor dentro mi suona.
Lo mio maestro e io e quella gente
ch'eran con lui parevan sì contenti,
come a nessun toccasse altro la mente.'
Analisi
L'episodio dell'incontro con Casella ha un compito ben preciso, in quanto fa parte del processo di recupero dell'umanità di Dante; una umanità quotidiana, parte fondamentale della quale è il ricordo di una Firenze domestica, familiare, come appariva a lui giovane e non soltanto come la città delle sue lotte politiche. Di questa Firenze e della gioventù sono parte essenziale gli amici e i maestri: Casella è solo il primo di una serie di questi compagni di vita che Dante incontrerà in tutto il Purgatorio; la scelta cade su di lui probabilmente per via della sua recente morte, per rendere così credibile il fortunato incontro.
Casella, secondi i critici antichi fu un musico fiorentino, ma non abbiamo notizie precise della sua vita: dev'essere contemporaneo del poeta, e morto poco prima della primavera del 1300, ovvero prima del viaggio dantesco; non sappiamo identificare con precisione questo personaggio, in quanto Casella era un nome molto comune all'epoca e di coloro che potrebbero aver avuto a che fare con Dante non conosciamo la professione, cosa che potrebbe aiutare a convalidare le ipotesi. Finora l'unico possibile riferimento al Casella dantesco potrebbe essere dato da una annotazione contenuta nel Cod. Vaticano 3214 riguardante un 'Madrigale di Lemmo di Pistoia' : 'Et Casella diede il sono'.
Possiamo comunque constatare il grande affetto tra i due, dimostrato dal tentativo di abbracciarsi e dal tono commosso, caratterizzato da domande rapide, quasi affannose, con cui Dante si rivolge all'amico; il fatto che non capisca subito di chi si tratti, e debba prima sentirlo parlare per riconoscerlo non ha una spiegazione evidente, potrebbe però darsi che con questo intenda sottolineare in modo particolare un tratto caratterizzante della sua personalità: la soavità della voce. Il poeta chiede all'amico di cantare come faceva un tempo, sempre che una nuova legge (ovvero un ordinamento di Dio relativo alla sua nuova condizione) non glielo impedisca, ricordando come ciò alleviasse le sue pene; Casella intona una canzone, 'Amor che ne la mente mi ragiona', dello stesso Dante: questi, le anime appena sbarcate e lo stesso Virgilio si fanno prendere dalla melodia, dimentichi di tutto; ne sono così presi perché, come lo stesso autore ricorda nel Convivio (II XIII 24), il potere della musica è universale; a riportarli alla realtà è Catone, per mezzo del quale il poeta esprime un rimprovero: per salire bisogna sciogliersi dalla terra, dalle sue distrazioni. Virgilio è quello che sente di più il peso del rimprovero, ma se viene considerato da Dante picciol fallo, e se la dolcezza del canto gli suona dentro ancora mentre sta scrivendo (114), questo significa che non ritiene affatto un gran peccato il compiacersi delle cose belle e innocenti che ci sono offerte dalla vita e che ci consolano.
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