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CARLO GOLDONI
VITA E OPERE
Carlo Goldoni nacque a Venezia il 25 febbraio 1707, da una famiglia di origine modenese. Ancora fanciullo, segui il padre a Perugina, dove studio retorica nel collegio dei Gesuiti. Alcuni anni più tardi fu mandato a Rimini per iniziare gli studi di filosofia presso i Domenicani. Insofferente di quel insegnamento e desideroso di rivedere la madre, non esitò a fuggire imbarcandosi con una compagnia di comici da Rimini a Chioggia per ritornare presso la sua famiglia(1721). Inizio poi gli studi a Pavia (1723) dove fu alunno del collegio Ghislieri, da cui fu però espulso dopo circa tre anni per una satira contro le donne di quella città.
Dopo la morte improvvisa del padre, riprese con lene gli studi e si laureò in legge a Padova(1731), aprendo quindi uno studio legale a Venezia (1732).
Intanto, bisogna dire che - fin dagli anni della fanciullezza e dell'adolescenza - era venuta progressivamente maturando nel Goldoni una sempre più spiccata vocazione per il teatro e gli spettacoli teatrali, il cui gusto era così vivo nell'ambiente veneziano del tempo.
Nel 1734 si impegno a lavorare con la compagnia del capocomico Giuseppe Imer (con cui rimane fino al 1743) che recitava per la maggior parte dell'anno al teatro di San Samuele a Venezia. Nel 1736 si recò con la compagnia Imer, a Genova, dove conobbe e sposò la giovane Nicoletta Connio, che fu l'affettuosa e saggia compagna di tutta la sua vita.
Tornato nuovamente a Venezia nel 1737, il Goldoni pensò di procedere ad una grande riforma dell'ormai decaduta commedia dell'arte e nel 1738 compose il Mòmolo cortesan, in cui, pur lasciando ancora quasi tutta la commedia all'improvvisazione degli attori, era scritta per intero la parte del protagonista.
Nel 1743 il Goldoni compose La donna di garbo, che è la sua prima commedia scritta per intero.
Nel 1744 il Goldoni, trovandosi in difficoltà economiche, si allontano da Venezia e si recò a Pisa dove riprese ad esercitare con notevole successo la professione di avvocato. Durante il periodo pisano compose Il servitore di due padroni una vivacissima commedia.
Nel 1747 ebbe un incontro decisivo con il capocomico Girolamo Medebac,che gli propose di lavorare per la sua compagnia con l'impegno di scrivere sette commedie all'anno per un compenso di quattrocento ducati. Da questo momento il Goldoni abbandonò del tutto la professione legale per dedicarsi esclusivamente all'attività teatrale, che era la vera vocazione della sua vita. Tornò quindi a Venezia con la compagnia Medebac che recitava nel teatro di Sant'Angelo a Venezia. Tra le prime commedie composte dopo il ritorno a Venezia si possono ricordare, La vedova scaltra e La famiglia dell'antiquario in cui il Goldoni rivela ormai una sua piena ed originale maturità artistica ed inventiva.
Nel 1750 compose alcune delle sue migliori commedie, come La bottega del caffè, Il bugiardo ed
I pettegolezzi delle donne.
A distanza di poco tempo il Goldoni compose poi La locandiera (1752) una delle sue più notevoli commedie di carattere.
Nel 1753 il Goldoni, insoddisfatto dei rapporti col Medebac e amareggiato per le insistenti polemiche promosse contro la sua opera dall'abate Chiari, strinse un nuovo contratto col nobile Francesco Vendramin, proprietario del teatro di San Luca a Venezia, impegnandosi a comporre otto commedie all'anno per un compenso di seicento ducati. Nei dieci anni fu legato al Vendramin compose le sue migliori commedie, come Il campiello, Gli innamorati, I rusteghi, Le baruffe chiozzotte.
Nel 1762 il Goldoni, ormai stanco di ogni polemica e amareggiato per l'accanimento degli avversari, si allontano da Venezia e si recò a Parigi, dove aveva ottenuto l'incarico di dirigere il teatro della Comédie italienne. Scaduto il contratto col teatro venne chiamato, nel 1765, alla corte del re Luigi XV, come maestro di lingua italiana alle principesse della famiglia reale. Congedato da questo incarico con una discreta pensione assegnatagli dalla corte (1769) trascorse poi il resto della sua vita a Parigi. Morì all'età di 86 anni, il 6 febbraio 1793.
LE COMMEDIE
Il Goldoni, che fu un autore particolarmente fecondo, scrisse circa 250 composizioni teatrali (tragicommedie, melodrammi, intermezzi, ecc.) tra le quali ben 120 commedie.
Le commedie goldoniane, divise generalmente in tre atti, sono per la maggior parte scritte in prosa, ma sono abbastanza numerose anche le commedie in versi. È poi da notare che il Goldoni scrisse quasi tutte le sue commedie in italiano; ma poi si debbono registrare anche le 12 commedie in veneziano e due commedie in francese.
In linea massima, le commedie goldoniane si possono approssimativamente distinguere in tre gruppi:
In linea con il con il grande rinnovamento che caratterizza la società italiana del Settecento, che sta assimilando le esigenze razionalistiche e illuministiche innestandovi il riferimento all'esempio dell'equilibrio classico, il Goldoni vuole ridare"verosimiglianza", "naturalezza", "buon gusto" alla commedia e dignità artistica al testo, sottraendolo all'improvvisazione degli attori e scrivendolo totalmente.
Per
riuscire, questa riforma deve essere prudente nei tempi e nei modi e Goldoni,
spirito tranquillo, non "attacca"
Salva alcune maschere e alcuni personaggi ma espunge le buffonate e gli intrecci assurdi; accetta il ritmo brioso e la vivacità delle trovate, ma propone intrecci naturali, "veri", presi dal mondo. Egli ama dire che il teatro è il "mondo" e il "mondo" è teatro e perciò nelle scene ci fa incontrare tutti i personaggi che poteva incontrare nella vita: i pescatori e i bottegai, i piccoli borghesi e i nobili decaduti, i chiacchieroni e i taciturni, le donne perbene e le cortigiane.
I suoi lavori, sia che ritraggano caratteri sia che descrivano ambienti, si articolano in scene molto naturali, realistiche, senza grandi conflitti, senza grandi vizi o grandi virtù. È l'umanità comune che interessa il Goldoni, il quale certo ha assimilato le idee illuministe ma non si serve dei personaggi per propagandarla. Si sente che è dalla parte del "nuovo" ma non usa i personaggi per tirate moralistiche. Basta talvolta lo svolgimento dell'azione ad esprimere la sua posizione: Mirandolina, la nuova borghesia che avanza, non si fa incantare dalle sirene della ormai svuotata nobiltà e sposa Fabrizio, il suo servitore, lavoratore da associare nella conduzione della locanda!
Tutto il succo delle trame è ricavabile solo dai dialoghi, non c'è mai un'analisi diretta del personaggio: questo vuol dire che esso non preesiste alla commedia ma si realizza pian piano nelle battute che si susseguono. È così l'avaro o il giocatore, il bugiardo o prodigo, il borghese o il nobile, acquistano via via, dialogando, il loro spessore, suscitando l'uno accanto all'altro le valutazioni dello spettatore sul loro conto, in un rapporto circolare, in un rapporto dell'uno con l'altro.
Il
risultato è quello di una comicità garbata, priva delle punte polemiche. In
tutto aleggia il sorriso bonario di Goldoni che non pretende dall'uomo grandi
rivoluzioni ma miglioramenti graduali nei rapporti generazionali, famigliari e
sociali: tra vecchi e giovani, padri e figli, potenti e poveri. Quel
gradualismo che egli ha applicato nel riformare
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