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Carlo Emilio Gadda - Quer pasticciaccio brutto de via Merulana
"Sosteneva che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l'effetto che dir si voglia d'un unico motivo, d'una causa al singolare: ma sono come un vortice. Un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta un molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo."
Nel romanzo "quer pasticciaccio brutto de via Merulana", pubblicato nel 1971, è uno dei capolavori di Carlo Emilio Gadda. Il romanzo tratta di un'indagine apparentemente semplice che
Fino alla fine resterà irrisolta. L'intera storia è la metafora dell'imperscrutabilità della
vicende umane, tema che comunque è facilmente ritrovabile nelle altre opere di Gadda.
Il protagonista è il dottor Ciccio Ingravallo, uomo bonario e di buone maniere, con "una
certa praticaccia del mondo". Le indagini di questo caso sono spunto di riflessioni profonde e alle volte azzardate riguardo la vita. La "filosofia" del buon funzionario statale hanno l'aspetto proverbiale e sentenzioso di antichi proverbi e nella loro apparente ingenuità nascondono una grande saggezza.
"La causale apparente, la causale principe, era sì, una. Ma il fattaccio era l'effetto di tutta una rosa di causali che gli erano soffiate addosso a molinello (come i sedici venti della rosa dei venti quando si avviluppano a tromba in una depressione ciclonica) e avevano finito per strizzare nel vortice del delitto la debilitata <ragione del mondo>. Come si storce il collo a un pollo."
Il tema del gomitolo è quello che Ciccio, dietro cui alle volte si nasconde un filosofico Gadda, predilige nel definire la vita e , nell'ambito del suo lavoro, il delitto. Ma usa anche un altro vocabolario: arruffìo, babele, babilonia, baillame, baraonda, magma, meandro, pandemonio, pasticcio, bazar, calderone, caravanserraglio, casino, manicomio, polipaio, russia, etc, etc . .
Dunque questo romanzo, indagine della realtà, tenta inutilmente di sbrogliare quel groviglio che è la vita. Il delitto è la manifestazione patologica, evidente, di un disordine, e allo stesso modo, l'indagine della polizia è una metafora dell'atteggiamento gaddiano nei confronti del male. Ciò che l'opera arriva a dimostrare è il prevalere del caos sul cosmos. L'omicidio non è visto, come in molte altre opere, nella sua preparazione, esecuzione o in qualche sorta di pentimento, è visto invece nel suo essere, nella sua essenza. L'omicidio, e più genericamente la morte sono per Gadda quel pasticcio supremo, indipanabile.
". quando Liliana aveva già il coltello dentro il respiro, che le lacerava, le straziava la trachea: e il sangue, a tirà er fiato, le andava giù ner polmone: e il fiato le gorgogliava fuora in quella tosse, in quello strazio, da parè tante bolle de sapone rosse: e la carotide, la jugulare, buttaveno come due pompe de pozzo, lùf lùf, a mezzo metro de distanza. Il fiato, l'ultimo, de traverso, a bolle, in quella porpora atroce della sua vita: e si sentiva il sangue, nella bocca, e vedeva quegli occhi, non più d'uomo, sulla piaga: ch'era ancora da lavorare: un colpo ancora: gli occhi! della belva infinita. La insospettata ferocia della cose.le si rivelava d'un subito..brevi anni! Ma lo spasimo le toglieva il senso, annichiliva la mente, la vita.
Una dolciastra, una tepida sapidità della notte."
Questa descrizione della scena del delitto è molto interessante nella sua rappresentazione non tanto tragica quanto spietata. Cruda. Il contrasto tra le mani bianche della vittima, e le mani d'ombra dell'assassino. La determinazione del movimento derivato dalla pulsione di morte, e la vaghezza e l'incertezza dei movimenti della vittima, indifesa e indifendibile. Il disequilibrio della vita.
Gadda utilizza un attentissimo lessico, molto curato e dettagliato. Nessuna parola è lasciata al caso, tutte sembrano farsi custodi di un senso che sembra semplice, banale, ma è invece addirittura incomprensibile, come lui stesso scriverà in questo romanzo.
Molto bella la descrizione della trasformazione dell'uomo in belva, non belva comune ma belva infinita. Dotata di una ferrea e decisa irrazionalità. Della vittima non resta che il cadavere, cioè una sorta di concretizzazione, materializzazione del disordine della tempesta degli eventi. L'omicidio sembra essere solo una manifestazione di quel turbinio di cause ed effetti che travolge la nostra esistenza.
Il concetto di caos resta ambiguo in Gadda. Alcuni studiosi distinguono questo caos in positivo e negativo.
Il caos positivo è un indizio di vitalismo, proprio di ogni forma vivente, è quello che Gadda definisce "caos organato", forse lo possiamo liberamente intendere come una sorta di creatività.
Il caos negativo è il prodotto delle disfunzioni e delle inadempienze sociali dell'uomo, il quale mette in disordine dove invece è necessario fare ordine. In questo romanzo il caos negativo è rappresentato dalla morte, vista come disgregazione di un sistema, di un organismo strutturato, morte, appunto intesa come pasticcio supremo.
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