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"Candido" di Voltaire
Francoise Marie Arquet, altrimenti detto Voltaire, è uno dei massimi esponenti dell'illuminismo francese del '700, scrittore e filosofo tra i più stimati, ma anche avversato per la sua irriverenza e per la sua sagacia nei confronti di regnanti e uomini influenti de tempo, nasce a Parigi nel 1694, compone tragedie, trattati e racconti filosofici di successo ma sempre condannato dalla critica è costretto all'esilio in Inghilterra nel 1726. Vi rimane fino al 1728; tale soggiorno influenzerà non poco Voltaire che, in seguito alla conoscenza di illustri filosofi inglesi come Berkeley e Clarke, compone le "lettere filosofiche". Nel 1759 compone il racconto "candido", in cui applica la sua consueta e brillante ironia contro l'ottimismo filosofico, non tralasciando pungenti frecciate ai suoi oppositori e critici. Tale racconto narra delle paradossali avventure dell'ingenuo candido, allevato e cresciuto nel più bel castello della Vestfalia, regione tedesca, ne viene brutalmente cacciato a causa delle attenzioni che egli rivolge alla figlia del padrone del castello, Cunegonda.
Uscito dal castello viene arruolato tra i bulgari, tale romanzo è ambientato durante la guerra dei sette anni dove i bulgari sono i prussiani ed gli avari sono i francesi, in seguito però è arrestato e fustigato finche il re dei Bulgari non gli concede la grazia. In seguito agli scontri tra Bulgari ed Avari Candido fugge dal teatro della guerra fino a che non giunge in Olanda dove viene aiutato da un buon anabattista di nome Giacomo che lo rifocilla e gli dona del denaro.
Il giorno seguente Candido mosso da compassione in seguito all'incontro di un mendicante gli cede il denaro dell'anabattista, salvo poi riconoscere nel mendicante il suo vecchio maestro di filosofia Pangloss; egli gli narra della cupa sorte toccata alla sua vecchia dimora assalita dai Bulgari, della morte di Cunegonda e della sua triste sorte. Allora candido impietosito prega l'anabattista di concedergli il proprio aiuto per curare lo sventurato Pangloss, Giacomo commosso dalla situazione in cui versa il filosofo lo cura a proprie spese e ne fa il proprio contabile. Poi tutti e tre partono alla volta del Portogallo spinti da ragioni di commercio ma vengono sorpresi da una terribile tempesta. A causa di ciò l'anabattista Giacomo annega mentre Candido e Pangloss giungono a riva grazie ad un pezzo di legno; giunti a riva si incamminano per Lisbona, quando la terra comincia a tremare sotto di loro.
In questo passo l'autore fa riferimento al disastroso terremoto del 1755 durante il quale morirono circa trentamila persone e i tre quarti della città fu ridotta in macerie. Dopo aver soccorso gli abitanti intrappolati nelle macerie, consumando un misero pasto tra i calcinacci Pangloss si dà ad una discussione di carattere filosofico con un esponente dell'inquisizione. In seguito a questo diverbio nel quale Pangloss aveva contraddetto l'inquisitore egli viene impiccato, mentre Candido per averlo approvato viene frustato e poi soccorso da una misteriosa donna.
Guarite le ferite sulla schiena di Candido la vecchia che lo ha soccorso lo conduce in una casa dove incontra Cunegonda, miracolosamente scampata ai Bulgari. Ella gli narra le sue disavventure e di come è ora divisa tra due uomini un ebreo e l'inquisitore che lo aveva fatto frustare. Mentre i due parlano ecco però il sopraggiungere dell'ebreo che preso dalla collera si scaglia brandendo un coltello su Candido che però grazie ad una spada datagli dalla vecchia, lo uccide. Mentre decidono sul da farsi con il cadavere arriva anche l'inquisitore che viene a sua volta ucciso da Candido. I tre allora decidono di scappare verso Cadige. Essi prima di arrivare a destinazione vengono derubati delle ricchezze di cui disponeva Cunegonda e sono costretti a vendere uno dei loro cavali per proseguire il viaggio.
A Cadice stavano radunando truppe per attaccare i padri gesuiti del Paraguay e Candido avendo prestato servizio sotto i bulgari viene nominato comandante e si imbarca per il Paraguay. In seguito alle lamentele di Cunegonda per la sua triste sorte la vecchia racconta le sue disavventure ancora più strazianti. Giunti a Buenos Aires il governatore del posto si innamora di Cunegonda e Candido braccato dagli spagnoli per aver ucciso l'inquisitore e costretto ad abbandonare la sua amata e la vecchia.
Lasciate le due donne si dirige con il servo Cacambo verso il Paraguay, e chiesta udienza al comandante dei gesuiti riconosce nella sua persona il fratello di Cunegonda anche lui scampato all'assalto dei Bulgari. Candido gli rivela la sorte della sorella e della sua intenzione di sposarla,ma in seguito alla sua opposizione, scoppia una lite tra i due e Candido uccide il gesuita e prese le sue spoglie scappa a cavallo con Cacambo.
Dopo di che i due si imbatterono dapprima nel popolo degli orecchioni, e in seguito giunsero nel paese dell'Eldorado dove videro ogni sorta di ricchezza considerata alla stregua di fango e di pietre. Lasciato il paese dell'Eldorado con ogni sorta di ricchezza si mettono in cammino. Durante il viaggio però perdono gran parte delle loro ricchezze e rimangono soltanto con due pecore cariche di diamanti, in seguito a ciò candido riflette su come tutto è mutevole nella vita e soprattutto le ricchezze. I due arrivano a Surinam dove Candido si divide da Cacambo inviandolo ad andare a prendere Cunegonda e di portarla a Venezia dove si sarebbero incontrati.
Dopo la partenza di Cacambo, Candido viene derubato di quasi tutte le sue ricchezze e si appresta a tornare in Europa su una nave e sceglie come suo compagno un erudito di nome Martino. I due passano il tempo che li divide da Bordeaux discutendo della vita, del mondo, della gente. Dopo essere giunti in Francia i due vanno a Parigi dove in seguito a varie vicissitudini, e dopo essere stati derubati da un abate e da una donna, scappano in Inghilterra dove assistono all'uccisione di un ammiraglio che inorridisce Candido il quale, insieme al fedele Martino, parte subito dopo per Venezia. Candido non trova però Cacambo, ma in compenso si imbatte in pasquetta, la serva del suo vecchio Castello ridotta dagli eventi della vita a fare la prostituta. Dopo l'incontro con Pasquetta Candido va a trovare il signor Pococurante il quale nonostante abbia ogni genere di cose, quadri famosi, libri antichi, giardini fioriti, non è soddisfatto di ciò ma è anzi annoiato e disgustato. Candido ammira tale personaggio che si può permettere di criticare cose che per gli altri sono senza difetti, ma martino gli fa poi capire la stoltità della sua affermazione grazie ad una frase di Platone "gli stomaci migliori non sono quelli che rigettano i cibi migliori".
Una sera Candido e Martino si ritrovano a cenare con sei sovrani detronizzati ad uno dei quali Candido fa addirittura le elemosina. In questo contesto egli rincontra Cacambo divenuto servo di uno di quei signori; dopo averlo riscattato egli parte con lui e Martino per Costantinopoli dove si trovano la vecchia e Cunegonda. Nel viaggio verso Costantinopoli su una nave i tre incontrano Pangloss e il fratello di Cunegonda, entrambi scampati miracolosamente alla morte, che lavoravano come rematori; Candido li riscatta entrambi e raggiunge Cunegonda.
Ella e diventata molto brutta ma Candido per non tradire la sua parola e per far dispetto al barone, che ancora si rifiutava di dargli in moglie la sorella, la sposa lo stesso. Alla fine si ritrovarono Candido, Cunegonda, la vecchia, Martino e Cacambo a vivere in una fattoria ognuno maledicendo il proprio destino; in seguito si aggiunsero Pasquetta e il compagno fra Garofano ridotti in estrema miseria. Dopo molte altre vicissitudini Candido giunse alla conclusione che ognuno si deve coltivare il proprio giardino, di interessarsi delle proprie cose e di lavorare senza ragionare, l'unico modo per rendere la vita più sopportabile.
Voltaire è stato un grande dominatore del proprio tempo, protagonista di tenaci battaglie intellettuali, egli passò con la sua audacia verbale come un ondata dissacratrice con una vena polemica ed ironica che non gli venne mai meno. Nelle paradossali avventure dell'innocente Candido, innamorato di madamigella Cunegonda e iniziato alla filosofia da Pangloss Voltaire applica appunto la sua vena dissacratrice in questo racconto che suscito clamori e scandalo, che coinvolge il lettore nel sottile gioco dell'intelligenza, oltre che da quell'invito, non certo privo di amara consapevolezza, ad accettare il nostro unico mondo possibile.
Voltaire è quindi secondo me in primo luogo una sorta di archetipo della funzione dell'uomo di lettere nella società moderna, un punto di riferimento obbligato davanti alle tentazioni del silenzio e del disimpegno. Inoltre Voltaire predilige la linea moderata perché non si fa illusioni sull'uomo e sul mondo. I poteri dell'uomo sono molto limitati e il male e il negativo stanno in agguato dappertutto. Ma bisogna appunto vivere con impegno coscienzioso " coltivando il proprio giardino".
La dignità dell'uomo sta nel difendere i diritti sovrani della ragione, la quale si afferma nel corso della storia attraverso un continuo alternarsi di vittorie e di sconfitte.
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