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Brevissima storia del racconto italiano




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BREVISSIMA STORIA DEL RACCONTO ITALIANO


Le più antiche raccolte di novelle, - il genere che darà vita al racconto - sono orientali, egliziane, indiane. Pur caratterizzate essenzialmente in senso favolistico, esse ebbero

grande influsso sulla novellistica occidentale del Medioevo.Questa ebbe peraltro un suo sviluppo autonomo, avendo i suoi più sicuri precedenti nella letteratura greca

La novellistica medievale trae diretta origine dall'exemplum latino, costituito da una breve narrazione finalizzata all' insegnamento morale. Le raccolte di exempla del XII, XIII e XIV secolo erano una sorta di enciclopedia di vite esemplari, che veniva consultato per trarne ammaestramenti di vita.

Ben presto, però, la narrativa occidentale abbandona i temi edificanti per un tipo di novellistica dapprima didascalico poi puramente dilettevole, basato sulla vivacità dell'intreccio narrativo e sulla caratterizzazione psicologica dei personaggi. Intorno alla metà del XIV secolo, con il Decameron di Giovanni Boccaccio , la novellistica italiana raggiunge - per la ricchezza di motivi e la varietà di passioni che dominano i personaggi, tratti per lo più dalla vita stessa e rappresentanti diverse condizioni sociali - una perfetta sintesi culturale e compositiva. Nel Decameron la struttura della novella viene fissata nella sua forma definitiva. I tratti caratteristici fondamentali sono tre: 1) la brevità (chi racconta non va al di là di un tempo prestabilito), la linearità della narrazione, la trama, abbastanza semplice, 3) il numero dei personaggi limitato, il carattere dilettevole (si racconta e si ascolta per puro divertimento).

Tra le numerose imitazioni del Decameron, sono da ricordare il Pecorone di Giovanni Fiorentino (XIV secolo), tra cui prevale il gusto dell'intrigo e del meraviglioso, e le Novelle di Giovanni Sercambi (1347-1424), interessanti per il valore documentario di raccolta del materiale narrativo circolante all'epoca. Ma la più importante e originale raccolta di novelle del XIV secolo, dopo quella di Boccaccio è costituita dalla Trecentonovelle di Franco Sacchetti (1332 -1400). II Sacchetti si discosta dalla tradizione boccaccesca dando alla sua pagina una schiettezza, una semplicità del tutto nuove che ben si adattano alla rappresentazione della società borghese e popolana del Trecento osservata nella sua realistica quotidianità.

Fra i novellieri toscani del XVI secolo sono da ricordare, oltre a Nicolò Machiavelli [1469-15271-autore di una sola straordinaria novella, Belfagor arcidiavolo, - Agnolo Fiorenzuola (1493-1543) e Anton Francesco Grazzini, detto il Lasca. Nelle dieci novelle inserite nei Ragionamenti d'amore e nelle favole e novellette della Prima veste dei discorsi degli animali, , il Fiorenzuola si rivela scrittore onginalìssimo per la raffinata commistione di stili in cui fonde armonicamente modi illustri e forme popolaresche per la notazione rapida e suggestiva. Autore della raccolta le Cene, Grazzini ripercorre la tradizione della novellistica toscana, insistendo sull'aspetto giocoso delle sue storie e facendo uso di una lingua che si arricchisce di motti e di dialoghi tratti dalla parlata popolare.

Tra i più noti novellieri non toscani troviamo il bergamasco Giovan Francesco Straparola (1480 -1557), autore della Piacevoli notti, una raccolta di novelle in cui vengono inserite molte fiabe popolari. Ma il novelliere più importante del Cinquecento è il domenicano piemontese Matteo Bandello (1485 -1561) I suoi Quattro libri delle novelle, pubblicati tra il 1554 e I 1573, rappresentano uno dei più complessi corpi letterari del genere sia per la varietà delle fonti, sia per la molteplicità del carattere delle storie,ora comiche ora tragiche, ora fiabesche e avventurose.

Basile e lo cunto de li cunti

Anche nei XVII secolo la produzione novellistica italiana è assai fiorente.Il più illustre novelliere di quest'epoca è uno scrittore dialettale, il napoletano Giambattista Basile (1575 1632). La sua opera, Lo cunto de li cunti, noto come Pentamerone, pubblicata postuma tra il 1634 e il 1636, abbandona ogni forma realistica e si volge tutta verso iI divertimento pieno e verso la fiaba.

Egli riesce ad unire felicemente elementi della cultura letteraria e della favolistica popolare, facendo uso di una lingua -il dialetto napoletano- piena di leggerezza e di raffinata espressività. Quest'opera ebbe grandissima fortuna e diffusione, fino a essere ispiratrice di illustri novellieri stranieri, quali Charles Perrault in Francia, I fratelli Grimm e Ludwig Tieck in Germania.


Le novelle del Romanticismo

Nel XIX secolo il Romantiasmo con la sua poetica della 'veridicità', fornisce alla novella le premesse per una rinnovata fortuna L'influsso storico e realistico è presente, per esempio, nelle novelle'campagnole' di Ippolito Nievo (1831) Nelle novelle degli scrittori della Scapigliatura lombarda Ugo Tacchetti, Camillo Boito e Carlo Dossi; insieme all'attenzione per certe forme di vita marginale ritratte con crudezza realistica, si ha una singola re propensione a rappresentare situazioni psicologiche ambigue dove prevale il gusto del mistero e dell'orrido, con evidenti influssi del romanzo gotico.

Novelle veristiche.

Ma la novella raggiunge i risultati più alti negli ultimi vent'anni del secolo, in seno al Verismo, che ebbe il suo teorico in Luigi Capuana (1839 1915) e il suo rappresentante più il lustre in Giovanni Verga (1840 - 1922) L influsso del Naturalismo francese, i nuovi fermenti sociali caratteristici dell'età del Positivismo e la lezione realistica fornita da Manzoni, costituiscono i caratteri distintivi della novella veristica, attenta alla rappresentazione oggettiva del reale secondo i canoni della impersonalità.

Oltre alla ben nota produzione novellistica verghiana Vita dei campi del 1880, Novelle rusticane del 1883,ecc ( che rappresenta il mondo degli umili e dei diseredati in tutta la sua drammaticità), sono da ricordare le produzioni di Capuana, rivolta soprattutto al mondo del folklore e della favolistica popolare- e le novelle di Federico De Roberto, di Matilde Serao, di Renzo Fucini e dello stesso D'annunzio.

Ci conduce nel nuovo secolo la produzione di Luigi Pirandello (1867-1936), il quale in Novelle per un anno raccoglie la sua produzione trentennale, sparsa su quotidiani e riviste, scandendo attraverso di essa le varie tappe del suo itinerario poetico, dalle prime prove veriste a quelle che riflettono la sua tragica visione dell'uomo contemporaneo.

Il racconto nel Novecento

Nel Novecento il racconto breve (ormai è in disuso il termine novella) perde completamente i propri caratteri distintivi, rispetto al romanzo e alla memorialistica. Tutti scrivono racconti, non esiste più lo scrittore specializzato nel genere, non si costruiscono più raccolte organiche di novelle. Il racconto ora è uno strumento narrativo adatto ad ogni realtà: soggetti di rappresentazione possono essere stati psicologici o situazioni surreali, avventure o porzioni di realtà sociale, più o meno metaforiche.

Tra gli autori italiani più rappresentativi troviamo Italo Sevo, Federico Tozzi, Alberto Moravia, Carlo Emilio Gadda, Dino Buzzati, Italo Calvino, Beppe Fenoglio, ecc.

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