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Apollonio Rodio
Apollonio Rodio nacque ad Alessandria attorno al 290 a.C. Dal 260 a 247 non solo diventa il secondo direttore della biblioteca d'Alessandria, ma anche precettore di Tolomeo II. In seguito ad una probabile lite con il maestro Callimaco, si ritirò a Rodi fino ove rimase alla sua morte.
Apollonio scrisse un'opera su Archiloco, alcuni poemetti su fondazioni di città, epigrammi e saggi (intensa attività filologica letteraria), ma la sua gloria è legata ad un poema epico, le Argonautiche.
Argonautiche: 4 libri, corredata di tre poemi posti nei primi 4, è il quarto poema epico pervenutoci per intero dopo Iliade, Odissea ed Eneide. L'opera rievoca il mito dagli Argonauti e il tentativo di Giasone di rimpossessarsi del regno del padre usurpato da Pelia. Per far ciò deve recarsi nella Colchide per riportare di là il vello d'oro. Giasone, con la più bella nave mia vista, parte da Iolco. Dopo 2 anni di navigazione gli Argonauti approdano alle rive della Colchide. Giasone si presenta al re e gli chiede il vello d'oro. Il re si dichiara pronto ad esaudirlo alla condizione che prima aggioghi dei tori spiranti fuoco, ari e semini dei denti di drago, uccida i guerrieri di lì spuntati. Grazie ai farmaci donati da Medea, innamorata di Giasone, l'eroe riesce ad impossessarsi del vello e a mettersi in salvo sulla nave assieme a Medea. I Colchi si lanciano all'inseguimento e la maga, per salvare l'amato, tende un agguato al fratello, che viene ucciso. Motivo dominante è l'amore, un amore profondo, mutevole, possessivo, quale quello di Medea. Giasone, problematico ed incerto, è un po' il simbolo di un'epoca. Nel poema si notano interesse per le terre lontane, ma anche per l'orrido, il macabro, il prodigioso; gli dei, invece, sembrano messi sullo stesso piano degli umani mortali.
Per Apollonio la poesia si realizza proprio nel "grande poema" che si snoda attorno ad un racconto "unitario e continuo", com'era accaduto per l'Iliade l'Odissea. Infatti, secondo il Garzya, il poema ricalca materia, tecnica narrativa e strutture dell'epos omerico ed il mito, sempre alla base dell'opera, non ha altro contenuto se non quello favolistico e leggendario. Manca di forza unitaria e sembra così confermare la teoria callimachea dell'impossibilità di un carme continuo.
Come Ariosto e Tasso in Italia tenteranno di far rivivere il poema epico-cavalleresco, così Apollonio cercò di proporre, apportando alcuni cambiamenti, il poema omerico. Infatti, adeguandosi pienamente alla norma d'Aristotele secondo il quale bisognerebbe rendere le composizioni più brevi che quelle antiche, Apollonio realizza il suo poema in 4 libri non discostandosi molto dalla lunghezza complessiva di 3 tragedie più un dramma satiresco. In Apollonio Rodio i luoghi sono indicati con precisione, contrariamente ad Omero in cui ogni episodio appariva immerso in un'atmosfera fuori del tempo e dallo spazio. In tutto il poema, in ogni modo, vecchio e nuovo si mescolano di continuo fra di loro alla ricerca di un equilibrio e, magari, di una sintesi originale.
In questo contesto il mondo dell'epica viene in gran parte svuotato di significato. Gli dei sono ancora presenti e assumono la funzione di cornice ornamentale.
Il personaggio di Giasone si presenta come protagonista tormentato da scrupoli e ripensamenti , ma Giasone è così perché così è stato pensato e voluto: la crisi dell'eroe-protagonista si iscrive in un processo di umanizzazione dell'epica arcaica coscientemente perseguito.
Diverso è il caso di Medea. La sua figura prende luce dall'opacità di Giasone, forse è lei la vera protagonista, la nuova eroina del poema che soltanto nel IV libro si afferma più episodicamente.
Le innovazioni di Apollonio da una parte vanno chiaramente nella direzione di una moderna sensibilità romantica; dall'altra parte, invece, sembrano percorrere un cero cerebralismo barocco. Nonostante le similitudini, rimangono solo la bravura tecnica, l'artificio retorico.
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