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Plauto
Amphitruo
Griglia di comprensione e analisi di un testo letterario di tipo teatrale
1 Analisi strutturale
Riassumi sinteticamente la trama.
Approfittando dell'assenza di Anfitrione per la guerra contro i Teleboi, Giove prende le sembianze di lui per passare una notte con sua moglie Alcmena; intanto Mercurio, per aiutare il padre, assume l'aspetto di Sosia, il servo di Anfitrione. Il giorno dopo i due, tornati dalla guerra, giungono in città e Sosia per primo s'incammina verso la casa del padrone, sulla soglia trova Mercurio che lo prende a pugni e lo scaccia affermando di essere lui l'unico vero Sosia. Successivamente arriva anche Anfitrione, che non credeva al racconto di Sosia, trova Alcmena, vittima inconsapevole dell'inganno, e fra i due nasce un diverbio che dura fino al ritorno di Giove, questo prima calma Alcmena e poi in presenza di Blefarone (chiamato a chiarire le cose) viene alle mani col vero Anfitrione (già ingannato anche da Mercurio). Il povero generale è indeciso su cosa sia meglio fare, quando Bromia, un'ancella di Alcmena, gli racconta che la donna ha partorito miracolosamente due gemelli, uno dei quali tanto forte da uccidere due serpenti; infine appare Giove nel suo vero aspetto, confessa l'adulterio e spiega come si sono svolti i fatti dicendo che dei gemelli uno, Ercole, è suo figlio, l'altro, Ificle, di Anfitrione.
È Mercurio nel prologo a presentare la situazione iniziale: Giove, preso d'amore per Alcmena, ha assunto le sembianze del marito di lei, Anfitrione, mentre costui si trova a combattere contro i Teleboi; per aiutarlo lo stesso Mercurio si traveste da Sosia. L'esito finale è individuabile nella scena in cui Giove riprende le proprie sembianze e chiarisce l'accaduto ad Anfitrione.
Gli avvenimenti principali che costituiscono lo svolgersi della vicenda sono identificabili nell'incontro tra Sosia e Mercurio, in cui il servo arriva a dubitare della propria identità; nel diverbio successivo tra Anfitrione e Alcmena, i quali, entrambi ingannati da Giove, si accusano a vicenda; nella lite del generale prima con Mercurio e successivamente con Giove, alla quale prende parte anche Blefarone che però non riesce a distinguere il vero Anfitrione dal falso; e infine nel racconto di Bromia riguardo al parto miracoloso con cui Alcmena ha dato alla luce due gemelli.
L'intera vicenda si basa su un doppio equivoco: Giove e Mercurio assumono infatti le sembianze rispettivamente di Anfitrione e Sosia per ingannare Alcmena e permettere al re degli dei di passare una notte con la donna. Questo scambio di persona sarà causa dei molti litigi e incomprensioni che costituiranno i principali eventi della vicenda, fra cui i particolari dialoghi tra due persone con lo stesso aspetto: Mercurio-Sosia e Giove-Anfitrione ('Qui nequeas nostrorum uter sit Amphitruo decernere' , ' Tun te audes Sosiam esse dicere, qui ego sum?'
Un 'deus ex machina' è individuabile nella figura di Giove che interviene al termine della vicenda, il dio rassicurando Anfitrione pone fine ai litigi e alle incomprensioni permettendo a tutti di comprendere l'accaduto e dando un lieto fine alla storia. In questo caso Giove oltre ad essere un personaggio che giustifica il proprio operato, rappresenta anche la volontà divina di mantenere pace e giustizia e di evitare che un'innocente, Alcmena, sia accusata di adulterio ('simul Alcumenae, quam vir insontem probri Amphitruo accusat, veni ut auxilium feram, nam mea sit culpa, quod egomet contraxerim, si id Alcumenae innocenti expetat'
Luoghi
Quali sono i luoghi in cui si svolge l'azione scenica?
L'azione scenica si svolge in un unico luogo: una porzione di strada dinanzi al palazzo di Anfitrione, che si trova a Tebe, in Beozia.
L'autore non presenta alcuna descrizione di ambiente né caratterizza in alcun modo i luoghi in cui si svolge l'azione scenica. Questo perché a Plauto non interessava fornire una rappresentazione realistica di Tebe; ciò è evidente anche quando la raffigura come una città fornita di porto in quanto in poco tempo i personaggi si recano dal porto all'abitazione di Anfitrione ('illic est servos Sosia: a portu illic nunc cum lanterna advenit '), mentre in realtà la città si trova nell'entroterra della Grecia.
L'ambientazione non presenta simbologie particolari, in quanto Plauto evita significati 'allegorici' profondi, egli infatti attua una comicità di tipo immediato e semplice, che esclude ogni forma di riflessione. Allo stesso tempo il luogo non ha nemmeno valore reale poiché Plauto non dà una rappresentazione fedele della Grecia, mescolando invece allo sfondo greco elementi, divinità ('Neptunum, Virtutem, Victoriam, Martem, Bellonam') e modi di dire ('edepol, hercle ') romani. Ne risulta un'ambientazione immaginaria in cui convivono elementi Greci e Romani, in cui ad esempio personaggi dai nomi romani hanno indumenti greci ('Mi in mentem venit: illic homo hoc denuo volt pallium detexere')
La scelta del luogo non assume una particolare rilevanza ed è poco importante ai fini dello sviluppo narrativo in quanto i fatti narrati si sarebbero potuti svolgere in altri luoghi senza cambiare il senso dell'opera.
In quale epoca si svolge la narrazione?
In generale la narrazione si svolge ai tempi dell'antica Grecia, ma essa non ha una precisa collocazione temporale, in quanto tratta di argomenti mitici di cui non esistono riferimenti storici precisi: si parla infatti del regno di Creonte e della guerra di Tebe contro i Teleboi, ma probabilmente questi sono solo elementi mitici.
La commedia prende spunto dal mito riguardante la nascita di Ercole, mito di origini antiche; forse per questo Plauto decide di ambientare l'Amphitruo in un epoca antica. Inoltre, come in molte altre sue commedie, verosimilmente la scelta è dettata anche dalla volontà di rispettare la tradizione preesistente, oltre che dal desiderio di concedere più libertà ai personaggi, che in un tempo lontano possono fare e dire più cose che se si trovassero a Roma.
Come detto per i luoghi probabilmente anche il tempo non ha particolari valori simbolici, in linea con la scelta di Plauto di una commedia diretta che evita riflessioni. Ma comunque non è presente nemmeno una descrizione realistica in quanto Plauto non rispetta le caratteristiche proprie del tempo in cui è ambientata la vicenda.
Ai fini dello sviluppo narrativo il tempo è poco determinante, infatti non è fornita alcuna indicazione riguardo a esso, possiamo solo capire che l'intera vicenda ha una durata di circa un giorno.
Il passaggio dall'inizio alla fine del racconto avviene prevalentemente in successione cronologica, ma ci sono alcune eccezioni in cui si presentano flash-back, ad esempio quando Alcmena narra ad Anfitrione come lo ha accolto la sera precedente o quando Mercurio descrive a Sosia il suo comportamento durante la battaglia.
Quanti e quali personaggi sono presenti nell'opera?
I personaggi presenti nell'opera sono otto: Mercurio, Giove, Anfitrione, sua moglie Alcmena, lo schiavo Sosia, il pilota Blefarone e le ancelle Bromia e Tessala.
I personaggi principali sono Anfitrione, Alcmena e Giove.
Anfitrione e Alcmena appartengono alla nobiltà tebana mentre per Giove è impossibile determinare la classe sociale di appartenenza, essendo egli un dio.
Anfitrione è un generale e ha il compito di guidare l'esercito tebano del re Creonte, Giove non ha un preciso ruolo sociale. Neanche Alcmena ha un compito all'interno della società, in quanto nell'antica Grecia le donne non partecipavano alla vita sociale; la sua unica occupazione è probabilmente accudire la casa.
Bisogna innanzitutto precisare che in Plauto è assente ogni forma di introspezione psicologica, egli non caratterizza a pieno i personaggi, non li rappresenta come singoli individui unici e ognuno con le proprie caratteristiche, ma solo come 'tipi umani'. Alcmena si definisce lei stessa nel parlare con Anfitrione: afferma di avere come doti castità, pudore, timore degli dei, amore per i genitori e il marito e generosità ('pudicitiam et pudorem et sedatum cupidinem, deum metum, parentum amorem et cognatum concordiam, tibi morigera atque ut munifica sim bonis, prosim probis '). Giove, essendo il re degli dei, si concede alcune libertà per appagare i suoi piaceri, sembrando insensibile riguardo ai danni che provoca per gli uomini; ma in fondo è anche giusto e onesto nell'aiutare Alcmena quando viene accusata e nel confessare le sue colpe. Anfitrione appare irascibile e collerico ma allo stesso tempo ama sinceramente sua moglie e rispetta gli dei, tanto che non gli dispiace aver dovuto dividere la moglie con Giove.
Anfitrione inizialmente si comporta in modo irascibile: non vuol credere al servo Sosia e accusa Alcmena senza aver esaminato attentamente la situazione; poi si lascia prendere dall'ira quando si trova di fronte a Mercurio e a Giove; solo al termine della vicenda dimostra di essere anche equilibrato nell'accettare senza rancore l'involontario tradimento di Alcmena. Giove ha due scopi principali, inizialmente vuole passare una notte con Alcmena e per questo si comporta in modo falso ingannandola e approfittando della sua buona fede; successivamente, avendo soddisfatto il suo desiderio, correttamente aiuta la donna a rappacificarsi col marito e le permette un parto senza dolore. Alcmena è una donna onesta e ama suo marito, ma non accetta di essere accusata per colpe che non ha commesso.
Anche se inizialmente possono sembrare in contrasto tra loro i tre personaggi appaiono tutti come figure positive.
Giove rappresenta un dio che ha anche difetti e debolezze, ed esprime la problematica del rapporto divinità-uomo. Alcmena simboleggia l'amore coniugale, mentre Anfitrione rappresenta la prodezza e il valore che a volte portano a trascurare la famiglia.
Anfitrione rappresenta il tipico paterfamilias, l'uomo geloso della propria moglie, il carattere di Alcmena può essere definito da 'innamorata' mentre Giove è il prepotente che ottiene ciò che vuole a danno degli altri, anche se nel finale ripara ai contrasti che ha creato.
Mercurio aiuta il padre Giove assumendo l'aspetto di Sosia per non permettere che sia disturbato; Sosia invece aiuta il vero Anfitrione anche se i due non vanno molto d'accordo. Blefarone interviene nell'intento di aiutare Anfitrione ma non riesce a distinguerlo da Giove. Bromia fa da mediatore fra i due coniugi riavvicinandoli.
Anche in questo caso, come per i protagonisti, è assente una descrizione profonda, i personaggi si muovono secondo schemi fissi, ad esempio Bromia e Tessala sono le tipiche ancillae e Sosia si comporta come un qualsiasi servus. Mercurio, con l'aspetto di Sosia, tiene lontano Sosia e Anfitrione dalla casa per aiutare Giove, comportandosi in modo malizioso e astuto. Sosia è un servo scaltro, ma anche vile, che è abituato a essere trattato con la frusta, egli rappresenta il tipico servus, il servo astuto. Blefarone e Bromia aiutano Anfitrione e Alcmena, tentando di appianare i dissidi esistenti tra loro; di loro appare una caratterizzazione superficiale e quindi non rappresentano particolari valori. Di nessuno di questi personaggi è presente un giudizio negativo.
Quale tipo di linguaggio usano i personaggi? (aulico, poetico, lirico o epico, colto e gergale e quotidiano insieme, informale/colloquiale, gergale, dialettale, standard, vicino al codice scritto, vicino al codice orale)
Nella commedia è presente una mescolanza di linguaggi, si trovano infatti sia la lingua letteraria che la lingua parlata. Nel complesso prevalgono i linguaggi informale, colloquiale e quotidiano. Sono presnti molte figure foniche, fra cui spicca l'allitterazione. Per quanto riguarda il lessico si nota una forte presenza di neologismi (es. 'lumbifragium', rottura delle reni: da lumbus e frangere).
I tipi di linguaggio e di lessico usati creano simpatia attorno ai personaggi, sono usati per stabilire un contatto diretto e immediato con il pubblico e a volte per dare una certa comicità (es. 'iustam rem et facilem esse oratam a vobis volo, nam iusta ab iustis iustus sum orator datus. nam iniusta ab iustis impetrari non decet, iusta autem ab iniustis petere insipientia est optumo optume optumam operam das, datam pulchre locas
Allusioni - At ego per Mercurium iuro tibi Iovem non credere: nam iniurato scio plus credet mihi quam iurato tibi : 'E io giuro per Mercurio che Giove non ti crede; perché so che crederà più a me senza giuramento che a te che giuri.'
nam quom pugnabant maxume, ego tum fugiebam maxume : 'Chè mentre quelli si battevano a tutta forza, io a tutta forza me la battevo.'
Doppi sensi - Merc. Ego tibi istam hodie, sceleste, comprimam linguam. S. Haud potes: bene pudiceque adservatur : 'Ora canaglia, t'inchiavo la lingua. - Non puoi: è una lingua verginella e ben custodita'. Doppio significato del verbo comprimo: 'raffrenare' e 'avere commercio carnale'.
verum tu malum magnum habebis [.], enim vero praegnati oportet et malum et malum dari : 'Ma tu avrai sorbe serie [.], ma certo, proprio a una donna incinta occorre dare una sorba'. Doppio senso fra malum ('castigo') e malum ('mela').
Espressioni collegate con la corporalità - Pessummust, facinus; nequiter ferire malam male discit manus. Alia forma esse oportet, quem tu pugno legeris : 'No, è un pessimo affare: la mia mano non sa colpire una mascella fiaccamente. Quello che carezzerai coi tuoi pugni deve cambiarsi i connotati.
o Auferere, non abibis, si ego fustem sumpsero : 'Sarai portato in lettiga, non te ne andrai coi tuoi piedi, se io porrò mano al bastone.
o Verbero, etiam quis ego sim me rogitas, ulmorum Accheruns? Quem pol ego hodie ob istaec dicta faciam ferventem flagris : 'E mi domandi anche chi sono, avanzo di fruste, sepolcro di tutti i bastoni? E perdio, oggi, per queste parole, ti farò stridere la schiena con lo staffile.
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