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La Vita - Lucio Anneo Seneca




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LA VITA


Fonti: dalle sue opere e da quelle del padre ricaviamo notizie circa la sua vita privata, Tacito e, in misura minore, Svetonio e Cassio Dione ci informano circa la sua vita pubblica.


Lucio Anneo Seneca nasce a Cordova, nella Spagna Betica tra il 4 e l'1 a.C. circa. La Betica è l'area più romanizzata di una Spagna che, conquistata completamente nel 19 a.C., risulta largamente latinizzata, ad esempio molti scrittori latini di quest'epoca sono di origine spagnola: Seneca, Lucano, Quintiliano, Marziale etc.; l'interesse per gli studi appariva infatti un mezzo per emergere anche socialmente.

Di famiglia facoltosa e dotata di buone relazioni sociali in Spagna e in Italia, Seneca venne a Roma da bambino, dopo i consueti studi grammaticali e retorici si interessò alla filosofia: tra i suoi maestri ci fu lo stoico Attalo, il greco Sozione e Papirio Fabiano, appartenenti alla scuola dei Sestii, unica scuola filosofica nata a Roma, che univa ad un severo impegno morale di tipo stoico, ostile a formalismi e tutto concentrato sui problemi pratici del comportamento, un interesse di eredità pitagorica per le scienze della natura e la medicina, essa richiedeva perciò ai suoi seguaci vita frugale, vegetarianismo, pratiche ascetiche, esame di coscienza serale. Questa scuola ebbe una profonda e duratura influenza su Seneca, e il suo maestro Fabiano, declamatore che mise la sua retorica al servizio della denuncia dei vizi, fu da lui sempre considerato un modello morale e spirituale.

Il divieto del 19 di Tiberio della pratica di riti orientali e che gli fece abbandonare la pratica del non mangiare carne, non impedì al filosofo di praticare una vita ascetica pur vivendo parte della sua vita tra le ricchezze. La salute precaria lo costrinse a cercare tutta la vita rimedi a una sofferenza che nell'adolescenza lo spinse a meditare il suicidio. Nella ricerca di un clima più salubre si spinse fino in Egitto, presso una zia, ma dopo aver condotto studi naturalistici e circa le tradizioni religiose e sapienziali egizie, fu costretto a ritornare a Roma nel 31 per il crollo di Seiano.

Nel 32 Seneca inizia la sua carriera politica aiutato dalla zia, diventa questore e accede al Senato.

Nel 39 i rapporti con Caligola si incrinano, per i sospetti su una connivenza di Seneca con le sorelle di Caligola, organizzatrici di una congiura fallita.

Nel 41, processato per adulterio con la sorella più giovane di Caligola, Livlla, fu condannato a morte, pena che Claudio commutò in esilio in Corsica, dove rimase per 8 anni. L'accusa, probabilmente falsa e ordita da Messalina, moglie di Claudio, per colpire Livilla, doveva apparire credibile e ci indica che Seneca frequentava la vita mondana ai livelli sociali più alti.

Nel 49 potè rientrare grazie a Agrippina, sorella di Livilla, che dopo l'uccisione di Messalina aveva sposato Claudio. Assunse il ruolo di istitutore del figlio di primo letto, che nel 50 fu adottato da Claudio, diventandone il successore.

Nel 54 Agrippina ottenne il potere per Nerone, diciassettenne, uccidendo Claudio; Seneca, trovandosi a guidare un sovrano, vide in questo la speranza di vedere realizzata l'utopia platonica di un governo dei filosofi. Il suo ruolo politico non fu ufficiale, il suo reale apporto alle decisioni politiche non ci è noto, anche se era diffusa opinione che tutto ci che di buono faceva il governo fosse dovuto a lui, vero è che cercò di limitare gli eccessi di Nerone indirizzandolo verso piaceri che non suscitassero scandalo.

Nel 59 Burro e Seneca consigliarono a Nerone come portare a compimento il matricidio dopo il fallimento del precedente tentativo, cui non avevano preso parte. Seneca pensava che era interesse dello stato che il potere non finisse nelle mani di Agrippina, probabilmente scelse allora il male minore. Comunque l'ascesa di Agrippina era contraria al suo interesse personale, dati i contrasti per il controllo di Nerone.

Ciò segnò una svolta nella vita di Seneca: la perdita della fiducia di Nerone, l'offuscamento della sua immagine di fronte all'opinione pubblica e le critiche per le stupefacenti ricchezze accumulate poco consone alla sua filosofia.

La morte di Burro nel 62 lo spinse a chiedere il congedo formale a Nerone, che voleva che l'amicizia con Seneca continuasse a dare un prestigioso avvallo al suo governo, e perciò rifiutò.

Nel 64 dopo l'incendi di Roma Seneca cedette gran parte dei suoi benefici e chiese di lasciare la città, il rifiuto lo portò a segregarsi in casa.

Nel 65 lo scoppio della congiura di Pisone, di cui fece parte il nipote Lucano, e il successivo fallimento, portarono alla condanna di Seneca, che appariva come punto di riferimento dell'opposizione, dopo il suo ritiro dalla corte.

La morte per suicidio di Seneca, grazie al racconto di Tacito, si pone per i posteri accanto a quella di Socrate e di Catone, a modello di come un uomo può affrontare la fine con alta dignità e serena consapevolezza in nome di una nobile ragione etica.


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