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'Esortazione ai soldati', La morte di Cicerone, Annibale non sa approfittare della vittoria, C. Ponzio tende un agguato, Eroica morte del console L. Emilio a Canne




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'Esortazione ai soldati'


Soldati, io vorrei che voi combattiate non solo con quell'animo con cui siete soliti farlo contro gli altri
nemici, ma con un tale sdegno e furore, come se improvvisamente vedeste i vostri schiavi muovere
guerra contro di voi. Sarebbe stato lecito far morire di fame quelli, chiusi presso Erice, sarebbe
stato lecito trasportare la flotta vincitrice in Africa e distruggere Cartagine in pochi giorni senza
alcuna battaglia: graziammo quelli che imploravano, li lasciammo sfuggire dall'assedio, facemmo
pace con i vinti, quando l'Africa era incalzata dalla guerra. In cambio di questi favori, seguendo un
giovane pazzo, sono venuti per attaccare la nostra patria. E volesse il cielo che questa lotta
fosse soltanto per il vostro decoro e non per la vostra salvezza; voi dovete combattere non per
l'occupazione della Sicilia e della Sardegna, per le quali un tempo ci si era mossi, ma a difesa
dell'Italia. E alle spalle non vi è un altro esercito che, se noi non vinciamo, si opporrà al nemico, né
vi sono altre Alpi che i nemici debbano superare. Qui bisogna opporsi, o soldati, come se
combattessimo davanti alle mura di Roma. Ciascuno pensi di proteggere con le armi non il proprio
corpo, ma la moglie e i figli piccoli e non si occupi solo delle faccende domestiche, ma con l'animo
consideri che le nostre mani siano ora rivolte al senato e al popolo romano.


La morte di Cicerone

Cicerone all'avvicnarsi dei triumviri si era allontanato dalla città, ritenendo per fermo, come era in realtà, di non potersi sottrarre ad Antonio più che a Bruto e Cassio a Cesare. Dapprima si rifugiò nella villa diTuscolo; di lì per vie traversepartì per quella di Formia con l'intenzione di imbarcarsi a Gaeta; e di qui spintosi più volte al largo, sia perchè i venti contrari l'avevano riportato verso la costa sia perchè non riusciva a sopportare il rollio della nave provocato dall'incerto volgersi delle onde, lo prese alla fine lo sconforto della fuga e della vita e fatto ritorno alla villa di prima, che è lontana dal mare poco più di un miglio, 'muoia' esclamò 'nella patria che tante volte ho salvato!'. Risulta abbastanza certo che i suoi schiavi fossero disposti a combattere in sua difesa con energia e fedeltà; ma egli ordinò loro di mettere a terra la lettiga e di subire rassegnati ciò che il destino ingiusto imponeva: sporgendosi dalla lettiga e offrendo immobile la sua nuca, gli fu recisa la testa. E non bastò questo alla insensata crudeltà dei soldati; le mani furono mozzate addebitandogli di avere scritto contro Antonio. Così la sua testa fu portata ad Antonio e per suo ordine colocata in mezzo alle due mani sui rostri, dove egli console e spesso consolare, dove quell'anno stesso contro Antonio era stato ascoltato con tale ammirazione per la sua eloquenza, quale mai era toccata a voce d'uomo. Stentando a sollevare gli occhi per le lacrime la gente poteva guardare le membra mozzate di un tale cittadino.


Annibale non sa approfittare della vittoria

Mentre intorno ad Annibale vincitore tutti quanti i comandanti si rallegravano con lui e cercavano di persuaderlo affinché, dopo aver concluso una guerra così importante, si riposasse per il resto del giorno e per la notte seguente e desse anche tregua ai soldati stanchi, Maarbale, comandante della cavalleria, ritenendo, invece, che non si dovesse in alcun modo desistere: «Al contrario», esclamò, «per sapere che cosa significhi questa battaglia tra cinque giorni banchetterai sul Campidoglio. Seguimi: io ti precederò con la cavalleria perché i Romani sappiano che tu sei già arrivato prima di sapere che stai per arrivare». Ad Annibale tale prospettiva parve troppo bella, ma, nello stesso tempo, troppo grande perché egli in quel momento potesse concepirla col pensiero. Ammise, pertanto, che la proposta di Maarbale era degna di lode, ma che lui aveva bisogno di tempo per considerare con calma il piano. Allora gli rispose Maarbale: «Evidentemente gli dei non hanno concesso tutti i doni ad uno stesso uomo: tu, Annibale, sai vincere ma non sai approfittare della vittoria».Si crede universalmente che l'indugio di quel giorno abbia salvato Roma e la sua potenza futura.Il giorno dopo, all'alba, i Cartaginesi attesero a raccogliere le spoglie e a contemplare la strage, terribile anche all'occhio di un nemico. Giacevano tante migliaia di Romani, alla rinfusa fanti e cavalieri, così come o il caso o la battaglia o la fuga li avevano l'un l'altro mescolati insieme.


C. Ponzio tende un agguato

Avendo C. Ponzio previsto queste cose, non più favorevoli che vere, avendo condotto fuori l'esercito, a Caudio, con la maggior riservatezza possibile, colloca l'accampamento. Quindi mandò 10 soldati travestiti da pastori a Calazia, dove aveva appreso che c'erano già i consoli romani; e ordinò che pascolassero le pecore, chi in un luogo chi in un altro, non lontano dai presidi romani; quando si sarebbero imbattuti nei predatori, ordinò che riportassero lo stesso discorso a tutti: che le legioni dei Sanniti erano in Puglia, che avevano assediato Lucera con tutte le truppe, che non mancava molto che se ne impossessarsero con la forza. Questa diceria era già arrivata ai romani, prima che la notizia fosse divulgata di proposito, ma i prigionieri aumentarono massimamente la fiducia a quella, poichè il discorso concordava tra tutti. Non c'era dubbio che il popolo romano portasse aiuto ai Lucerini, onesti e fedeli alleati e nello stesso tempo che tutta la Puglia non si staccasse dai romani per passare all'imminete pericolo. Ci fu solo consultazione per dove passare. Due erano le strade che conducevano a Lucera, una oltre il lido del Mar Adriatico, piana e aperta, ma era tanto più sicura quanto lunga, l'altra, più breve, attraverso le Forche Caudine. Ma così è la natura del luogo: ci sono due monti boscosi uniti tra loro da ambo i lati da monti ininterrotti. Tra questi sta chiusa nella parte centrale una pianura erbosa ed umida, abbastanza aperta, in mezzo alla quale c'è un percorso. Ma prima di giungere in questo luogo si deve passare in delle gole strette precedenti o ripercorrere quella stessa via in cui sei entreto, o se ti dirigerai (ad andare) più avanti, attraverso un'altra gola più difficoltosa e più inaccessibile da oltrepassare. Fatto discendere l'esercito in quella pianura per l'altra strada attraverso uno scoscendimento roccioso, i Romani, dirigendosi verso le alte strettoie, le trovarono ostruite da alberi caduti e da una massa di grandi sassi che ciaceva lì. Essendo apparso evidente l'inganno dei nemici, il presidio è visto anche in cima all'altura. Respinti quindi indietro, per dove erano venuti, si affrettarono a ripercorrere la strada. Trovarono anche quella chiusa da un ostacolo e dalle armi. Quindi fermarono il passo senza che nessuno lo comandasse e lo stupore e l'angoscia presero gli animi di tutti e un insolito torpore (prese) le membra, a lungo starono in silenzio immobili guardandosi a vicenda, poichè ciascuno riteneva l'altro più padrone di sé e della propria capacità deliberativa. Poi, quando videro che era innalzata la tenda consolare e che alcuni allestivano cose utili per la difesa, sebbene si accorgessero, facendo opere di difesa, che sarebbero stati umiliati, essendo la situazione disperata e persa ogni speranza, tuttavia per non aggiungere colpa alla sciagura, circondarono, dedicandosi a difendersi, l'accampamento con una palizzata, ciascuno per conto proprio senza che nessuno lo comandasse, loro stessi prendendosi gioco della propria opera vana e dei lavori di difesa, con consapevolezza, tanto più che i nemici li prendevano in giro con superiorità. I luogotenenti ed i tribuni si radunarono di loro spontanea volontà presso i tristi consoli, che non convocavano neppure un'assemblea, dal momento che nè per il consiglio nè per l'aiuto c'era possibilità, e i soldati, rivolti verso il pretorio, chiesero ai comandanti un aiuto che, gli dei immortali a malapena potevano portare.


Eroica morte del console L. Emilio a Canne

Lentulo, tribuno militare, avendo visto, passando oltre a cavallo il console seduto su una pietra tutto pieno di sangue, disse: "Lucio Emilio, il solo che gli dei devono riconoscere incolpevole della stage di oggi, prendi questo cavallo, finchè ti resta un poco di forza, ed io come compagno posso sollevarti e proteggerti. Non rendere questa battaglia (più) funesta con la morte del console; anche senza questo avvenimento ci sono abbastanza lacrime e lutti". A questo il console: "Tu invero, o Cornelio, sii onorato per il tuo valore, ma bada, avendo inutilmente compassione di me, a non perdere il poco tempo per sfuggire dalle mani dei nemici. Va e annuncia pubblicamente ai senatori che fortifichino le mura di Roma e prima che sopraggiunga il nemico vincitore e le rafforzino con presidi, in forma privata (annuncia) a Quinto Fabio che Emilio è vissuto nel ricordo dei suoi insegnamenti e così muore. Lascia che io spiri in mezzo a questa strage dei miei soldati, affinchè non mi trovi ad essere accusatore del mio collega per difendere con la colpa di un altro la mia innocenza". Coloro che trattavano questi argomenti, senza sapere chi fosse, prima la confusione della gente che fugge, poi i nemici sopraffecero, abbatterono il console con le frecce; il cavallo fra il tumulto trascinò via Lentulo.

I Sanniti chiedono aiuto agli Etruschi contro Roma

Convocati i comizi, i vecchi consoli furono incaricati di portare la guerra nel territorio dei Sanniti, prorogato di sei mesi il comando. Pertanto anche l'anno seguente, Publio Decio, che in qualità di console era stato lasciato dal collega nel territorio sannita, non smise di devastare i campi, finché non fece uscire dai confini l'esercito dei Sanniti , che non aveva mai attaccato battaglia. Respinti si diressero in Etruria, e chiesero un'assemblea dei capi dell'Etruria. Riunitala, raccontano da quanti anni combattono contro i Romani per la libertà : hanno sperimentato tutti i metodi se potevano tollerare una guerra così grande; hanno anche cercato l'aiuto delle popolazioni confinanti; hanno chiesto la pace al Popolo Romano quando non potevano più tollerare la guerra; si sono ribellati poiché la pace era per i sottomessi troppo pesante. Gli Resta una sola speranza negli etruschi. Sanno che sono la popolazione dell'Italia con abbondanza di armi, di uomini e di sostanze ( soldi ); ricordano che hanno feroci confinanti Galli , nati tra la spada e le armi, non solo con il loro stesso ingegno, ma anche contro il popolo Romano che da loro preso e riscattato con l'oro. Non c'é nulla, se agli Etruschi sia in animo di costringere i Romani , respinti da tutti i campi al di quà del Tevere, a combattere tra le proprie mura. L'esercito Sannita fu preparato e schierato in armi : se conduco subito per seguirli o per espugnare la stessa.

Scipione esorta i suoi soldati

"Voi, soldati, non solo con questo ardore, che siete soliti (avere) contro gli altri nemici, io vorrei che combatteste, ma in parte con indignazione e ira, come se vedeste i vostri servi con le armi improvvisamente contro di voi colpiti. E piaccia agli dei che il combattimento non fosse soltanto per il vostro onore o per la vostra salvezza! Non per il possesso della Sicilia e della Sardegna, sulle quali un tempo si era agito, ma voi dovete combattere per l'Italia. E non ci sarà alle spalle un altro esercito che, se noi non vinciamo, si opponga al nemico e né vi sono altre Alpi così che, mentre quelli le superano, si possano preparare nuove difese. Questo ostacoleremo, o soldati, come se combattessimo davanti alle mura Romane. Ognuno non pensi a proteggersi il suo corpo, ma la moglie e i figli piccoli con le armi, e non consideri solo la cura della casa, ma più volte ripensi nell'animo, adesso che il Senato e il popolo Romano osservano il nostro esercito schierato; tanta quanta sarà stata la nostra virtù e la nostra forza, tale sarà poi la sorte di quella città e della potenza Romana.



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