Cesare
- De bello gallico I, 12 -
Flumen est Arar, quod per fines Haeduorum et Sequanorum in Rhodanum
influit, incredibili lenitate, ita ut oculis in utram partem fluat iudicari non
possit. Id Helvetii ratibus ac lintribus iunctis transibant. Ubi per exploratores
Caesar certior factus est tres iam partes copiarum Helvetios id flumen
traduxisse, quartam vero partem citra flumen Ararim reliquam esse, de tertia
vigilia cum legionibus tribus e castris profectus ad eam partem pervenit quae
nondum flumen transierat. Eos impeditos et inopinantes adgressus magnam partem
eorum concidit; reliqui sese fugae mandarunt atque in proximas silvas
abdiderunt. Is pagus appellabatur Tigurinus; nam omnis civitas Helvetia in
quattuor pagos divisa est. Hic pagus unus, cum domo exisset, patrum nostrorum
memoria L. Cassium consulem interfecerat et eius exercitum sub iugum miserat.
Ita sive casu sive consilio deorum immortalium quae pars civitatis Helvetiae
insignem calamitatem populo Romano intulerat, ea princeps poenam persolvit. Qua
in re Caesar non solum publicas, sed etiam privatas iniurias ultus est, quod
eius soceri L. Pisonis avum, L. Pisonem legatum, Tigurini eodem proelio quo
Cassium interfecerant.
C'è un fiume, l'Arari, che confluisce nel Rodano attraverso
i territori degli Edui e dei Sequani con tale incredibile pacatezza che gli
occhi non riescono a distinguere in quale direzione si muova. Gli Elvezi lo
stavano attraversando a bordo di zattere e piroghe legate insieme. Informato
dai ricognitori che già tre quarti delle forze degli Elvezi avevano passato il
fiume, mentre un quarto restava ancora al di qua dell'Arari, dopo la mezzanotte
Cesare uscì dall'accampamento con tre legioni e piombò su quella parte del
nemico che non aveva ancora traghettato.L'assalto inatteso su quegli uomini
impacciati dai bagagli ne fece cadere gran parte; i superstiti si affidarono
alla fuga, dileguandosi nelle foreste vicine. Era quello il cantone che si
chiama Tigurino, essendo tutta la nazione elvetica divisa in quattro
dipartimenti o cantoni; ed era quello che da solo con una sortita dalle proprie
sedi, come ricordano i nostri padri, aveva abbattuto il console Lucio Cassio e
fatto passare il suo esercito sotto il giogo. Così, fosse un caso, o un disegno
degli dèi immortali, quella parte: della nazione elvetica che aveva inflitto ai
Romani una clamorosa sconfitta, fu la prima a scontarne il castigo. In questa
azione Cesare non vendicò soltanto l'oltragyio al suo paese, ma anche alla sua
famiglia, poiché il legato Lucio Pisone, caduto per mano dei Tigurini nella
stessa battaglia fatale a Cassio, era avo del suo suocero Lucio Pisone.
- De bello gallico VII, 80 -
Caesar omni exercitu ad utramque partem munitionum
disposito, ut, si usus veniat, suum quisque locum teneat et noverit, equitatum ex
castris educi et proelium committi iubet. Erat ex omnibus castris, quae summum undique iugum tenebant,
despectus, atque omnes milites intenti pugnae proventum exspectabant. Galli
inter equites raros sagittarios expeditosque levis armaturae interiecerant, qui
suis cedentibus auxilio succurrerent et nostrorum equitum impetus sustinerent.
Ab his complures de improviso vuluerati proelio excedebant. Cum suos pugna
superiores esse Galli confiderent et nostros multitudine premi viderent, ex
omnibus partibus et ei qui munitionibus continebantur et hi qui ad auxilium
convenerant clamore et ululatu suorum animos confirmabant. Quod in conspectu
omnium res gerebatur neque recte ac turpiter factum celari poterat, utrosque et
laudis cupiditas et timor ignominiae ad virtutem excitabant. Cum a meridie
prope ad solis occasum dubia victoria pugnaretur, Germani una in parte
confertis turmis in hostes impetum fecerunt eosque propulerunt; quibus in fugam
coniectis sagittarii circumventi interfectique sunt. Item
ex reliquis partibus nostri cedentes usque ad castra insecuti sui colligendi
facultatem non dederunt. At ei qui ab Alesia processerant maesti prope victoria
desperata se in oppidum receperunt.
Cesare, schierato tutto l'esercito su entrambe le parti
della fortificazione affinchè, se sia necessario, ciascuno tenga il suo posto e
lo conosca, ordinò che fosse condotta fuori la cavalleria e di attaccare
battaglia. Da tutti gli accampamenti, che tenevano ovunque il dominio supremo,
si dominava e tutti i soldati aspettavano con animi tesi l'esito della
battaglia. I Galli avevano posto tra i cavalieri straordinari arcieri e fanti
con armatura leggera, affinchè aiutassero i loro compagni che cedevano e
sostenessero l'avanzata dei nostri cavalieri. Parecchi di questi ultimi, feriti
all'improvviso da loro, abbandonarono il combattimento.I Galli, confidando
nell'essere superiori nella battaglia e vedendo i nostri, sia quelli che erano
racchiusi dalle mura, sia quelli che erano venuti in aiuto, sopraffatti,
incitavano da tutte le parti gli animi dei loro compagni con urla e schiamazzi.
Poichè era compiuta una cosa al cospetto di tutti e azioni gloriose o vili non
potevano essere nascoste, gli uni e gli altri erano stimolati ad affaticarsi,
sia dalla brama di gloria, sia dalla paura della vergogna. Si stava combattendo
con esito incerto da mezzogiorno fino al tramonto del sole, i Germani
concentrarono la forza verso i nemici in una parte in gruppi uniti e li mettono
in fuga; rivolti alla fuga questi, gli arcieri assaliti furono uccisi. E così i
nostri, attaccando da tutte le parti i nemici che si ritiravano agli
accampamenti, non diedero loro la possibilità di riprendersi. E quelli che
erano usciti da Alesia, addolorati come se non sperassero più di vincere, si
ritirarono in città.