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Strategie di comunicazione sociale




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Strategie di comunicazione sociale



Il mercato offre molti esempi diversi di come le aziende possono affrontare e soddisfare il bisogno di una comunicazione di carattere sociale. Dalla nascita iniziale dei Codici Etici, il panorama si è notevolmente arricchito di strumenti di comunicazione agli stakeholder. Dalla creazione di sezioni del proprio sito web dedicate all'argomento socio-ambientale alle forme di certificazione etico-sociale (ad es. SA 8000), le imprese hanno provato, su base volontaristica, a comunicare con i propri stakeholders.

Il progressivo diffondersi delle politiche CSR ha aiutato a generare l'esigenza di poter disporre, in campo operativo, di strumenti che permettessero un'applicazione concreta dei suoi dettami e di sistemi che consentissero una sempre maggiore divulgazione dei suoi principi.

Tuttavia la volontarietà di questi strumenti non sempre ha soddisfatto i bisogni di informazione, provocando spesso confusione e, allo stesso tempo, scarsa fiducia nei confronti degli enti emittenti. La mancanza di normativa vincolante in questo senso spinge le imprese ad utilizzare strumenti che rappresentano dei grandi progetti pubblicitari a favore dell'impresa stessa piuttosto che veri e propri strumenti valutativi che aiutino a comprendere meglio il contenuto etico del comportamento aziendale.

Rimandando i punti critici dell'attuale sistema di comunicazione all'ultimo paragrafo del presente capitolo, verranno esposti di seguito, nelle loro caratteristiche e campi di applicazione principali, alcuni dei più efficaci strumenti elaborati per soddisfare siffatte esigenze.

Ci si soffermerà brevemente sul Bilancio Sociale (come esempio di report etico), sulla norma SA 8000 (come esempio di certificazione di comportamento etico) e sulle certificazioni della serie ISO (come esempio di norme generali a sfondo sociale).




1 Il Bilancio sociale



L'evoluzione del ruolo svolto dalle aziende, che ha comportato il riconoscimento di una loro dimensione sociale che si integra con gli aspetti economici, finanziari e competitivi della loro gestione, porta con sé il bisogno di ampliare le informazioni, circa la loro attività, da trasmettere all'esterno.

Non è più sufficiente limitare le informazioni diffuse unicamente ai dati relativi all'andamento economico e finanziario della gestione. L'interesse generale ha spinto le aziende ad adottare una politica di comunicazione ampia, diffusa e trasparente in grado di soddisfare la domanda sempre più forte di informazioni che riguardano, da un lato, i risultati reddituali e competitivi conseguiti e, dall'altro, gli effetti sociali connessi allo svolgimento delle attività economiche.

Il bilancio sociale, in particolare, si è imposto all'attenzione come lo strumento adatto per rispondere alle nuove esigenze informative espresse dalla comunità nei confronti delle attività delle imprese.

Ciò che caratterizza questo strumento di comunicazione e al tempo stesso lo distingue dal bilancio di esercizio, è la sua natura volontaria. Esso è frutto spontaneo dell'interesse di quelle aziende che scelgono di comunicare il loro impegno verso la comunità; non vi è alcuna imposizione e non esistono regole, né di carattere civilistico né contabile, che ne indirizzano la compilazione ed è per questo motivo che non è possibile individuarne una modalità univoca.

Nonostante questa circostanza, o forse proprio grazie ad essa, a partire dagli anni '90 si sono susseguiti diversi sviluppi applicativi in questa direzione.

Ma perché le aziende hanno iniziato ad utilizzare e sviluppare il bilancio sociale?

La casistica storica ha fornito differenti scopi che possono essere sintetizzati con le seguenti motivazioni: 1. pubbliche relazioni; 2. strategie sociali verso gli stakeholder; 3. difesa degli interessi aziendali (documentata o anti-deregulation); 4. valutazione della ricchezza prodotta e distribuita; 5. miglioramento delle relazioni industriali ed infine 6. valutazione del contributo globale dell'azienda[1]. Da questi scopi pratici se ne deduce un altro più generale e convincente: essendo l'obiettivo primario dell'impresa il profitto, il bilancio sociale è stato redatto al fine di evidenziare un'immagine positiva dell'impresa. Questa finalità si impone sulle altre proprio per il carattere volontaristico dello strumento: l'impresa non avrebbe alcun motivo per distrarre risorse dalla sua gestione corrente per individuare e comporre a sistema dati di carattere etico, sociale o ambientale se non per un effettivo tornaconto economico.

Per questo motivo i modelli di rendicontazione degli effetti sociali dell'attività aziendale e la loro funzione sono stati, in questi ultimi anni, oggetto di un'ampia riflessione in dottrina.

Si è affermato uno sviluppo del concetto del bilancio sociale inteso sempre più come strumento d'analisi gestionale, un documento in grado di accostare informazioni qualitative alla sfera quantitativa economica.

L'autonomia del bilancio sociale va intesa in senso relativo; essa attiene alla struttura formale del documento e non alle informazioni in esso contenute, le quali devono invece presentare un forte aggancio con fonti certe e verificabili e con procedure definite, per evitare il rischio che le informazioni prodotte appaiano mere dichiarazioni d'intento, e come tali, sfuggano a qualunque controllo/confronto spaziale e temporale. In questo modo esso deve rappresentare uno strumento di rendicontazione sociale che, insieme agli strumenti informativi tradizionali, consenta di realizzare una strategia di comunicazione in grado di perseguire il consenso e la legittimazione sociale, premessa al raggiungimento di qualunque altro obiettivo, compresi quelli di tipo reddituale e competitivo.

Affinché il bilancio sociale sia pertanto valutabile e comparabile è necessario che le aziende che lo redigono utilizzino parametri e strumenti simili. Così ad esempio la stessa area di riferimento deve essere ben delineata. A tal proposito si rileva la necessità che il bilancio sociale sia redatto a livello consolidato in presenza di un gruppo aziendale, favorendo così una visione allargata e maggiormente veritiera del comportamento etico sociale del gruppo nella sua interezza, in modo da evidenziare le differenze di perimetro tra l'area di consolidamento a fini reddituali e quella a fini sociali[2]. Altrettanto risulterà importante definire una comunione di principi di redazione affinché i risultati siano comparabili tra aziende differenti.

A tal fine è importante fare riferimento alla prassi della professione contabile per garantire uniformità dei dati esposti con quelli del bilancio d'esercizio.

Nella sua comunicazione sociale è importante esporre il legame ai valori condivisi di etica e di legalità espressi dalla legislazione vigente, nazionale e comunitaria, e da documenti internazionali circa i fondamentali diritti dell'uomo (Carta dei Diritti dell'ONU).

Ciò funge tuttavia solo da premessa per una corretta ed efficace comunicazione sociale da parte delle aziende, ciascuna di esse può poi ispirarsi a propri valori di cui, ovviamente, è utile e necessario fornire chiari dettagli e specificazioni.

Anche in merito alla qualità della comunicazione è possibile individuare e consigliare alcuni principi essenziali da seguire nel processo di formazione del bilancio sociale. Un grande lavoro in questo senso è stato fatto dal Gruppo di Studio per la statuizione dei principi di redazione del bilancio sociale (GBS) che ha individuato una serie di principi[3] da utilizzare come base per la redazione di un modello ideato dal gruppo stesso e pertanto chiamato modello GBS.

Accanto al modello GBS si sono affermati altri modelli che, come quello ABI, hanno cercato di dare un minimo comune denominatore ai bilanci di tutte le imprese appartenenti allo stesso settore. Così analizzando i bilanci sociali di alcuni gruppi quotati e di alcune aziende non quotate, disponibili al pubblico, si è evidenziato come proprio laddove c'è stato un interessamento di organi rappresentativi di tutto un settore, le aziende partecipanti allo stesso settore hanno aderito al modello proposto quasi all'unanimità[4].Sono altrettanto degni di nota sia il modello della Global Reporting Iniziative ispirato dall'obiettivo di includere in un solo documento le tre dimensioni dell'attività imprenditoriale: economica, sociale e ambientale (Triple Bottom Line) , sia il modello della Corporate Social Responsibility - Social Committment (CSR-SC) istituito dal Ministero del Welfare e presentato nel 2003, che evidenzia come il tema del bilancio sociale sia molto sentito anche a livello governativo.

Dando un rapido sguardo d'insieme a questi modelli, si percepisce chiaramente che al di là delle debite differenze metodologiche e di calcolo, la struttura finale del bilancio in quasi tutti i casi include alcune sezioni basilari: identità dell'azienda; calcolo del valore aggiunto e relazione sociale.

L'azienda deve fornire gli elementi che consentano ai lettori di formarsi un'idea quanto più precisa possibile della sua identità, degli obiettivi che persegue e del suo modo di agire. Ciò al fine di consentire la maturazione di un giudizio in ordine alla coerenza del suo comportamento e ai risultati che è stata in grado di raggiungere. L'identità aziendale si riferisce alla configurazione dei soggetti nell'interesse dei quali l'attività di azienda si svolge, ai meccanismi che regolano i contributi che essi apportano e alle ricompense che ne ottengono, con riguardo anche alle modalità del governo economico. L'identità aziendale attiene in sostanza all'assetto istituzionale stesso dell'azienda. Declinata poi in maniera e con puntuazioni differenti, l'identità aziendale deve definire e delineare i valori di riferimento che permeano tutte le scelte, nonché la missione aziendale in relazione all'oggetto della sua attività con riguardo a tutti gli stakeholders coinvolti.

Dimostrare qual è la misura del valore aggiunto creato dall'azienda rappresenta la vera sfida del bilancio sociale, significa individuare come e se l'impresa ha creato nuova ricchezza, illustrando nel contempo come è stato distribuito questo valore tra i suoi interlocutori. Senza entrare qui nel dettaglio della trattazione si evidenzia come la rappresentazione di tale valore sia effettuata ed attenga a due differenti prospetti e pertinenze: il calcolo e la ripartizione. Pur con tecniche di calcolo differenti e includendo il valore globale netto dell'impresa, e non solo parte del valore generato, questa rappresentazione si impone come unico e decisivo punto di contatto tra il bilancio di esercizio e quello sociale, con la conseguenza di fornire al primo un supporto contabile che riduca o elimini la sua pretesa di autoreferenzialità, mentre fornisce al secondo una buona occasione per rivedere e ridefinire il piano dei conti al fine di poter individuare nuove ripartizioni che migliorino ed facilitino la estrazione dei dati a scopi sociali.

La relazione sociale attiene invece alla definizione dei rapporti che l'azienda intrattiene con tutti i suoi interlocutori, identificandoli come destinatari del bilancio sociale stesso e dichiarando quali obiettivi si era prefissata di raggiungere per ognuno di loro o per gruppi omogenei[6]. L'azienda migliorerà il contenuto della sua comunicazione relazionale se riuscirà a coinvolgere tutti gli stakeholders, dando ad essi voce nei modi che riterrà più opportuni e che dovrà comunque definire con chiarezza in modo esaustivo.




2 Lo standard SA 8000



Lo Standard Accountability 8000 (SA8000) è il primo standard internazionale che misura il grado etico e la responsabilità sociale di un'azienda, offrendosi al tempo stesso come strumento utile per rivedere e migliorare la gestione. A differenza di altre certificazioni (ISO 9000 ad esempio), la norma SA 8000 è stata elaborata e pubblicata nel 1997 dall'ente no-profit Council of Economical Priorities Accreditation Agency (CEPAA) .

Si configura come una forma di auto-controllo adottata volontariamente dalle aziende e, data la profondità alla quale si spinge, si basa sul consenso di tutti gli stakholders interessati proprio per i requisiti cui fa riferimento in termini di responsabilità sociale. Tali requisiti sono stati pensati flessibili e generali, in modo da essere universalmente applicabili in ogni tipo di impresa, indifferentemente dal settore produttivo di appartenenza e dalla dimensione. Ciò la rende compatibile con le leggi di ogni paese: infatti, il rispetto delle leggi nazionali o internazionali è espressamente previsto come base necessaria per il mantenimento dello status di certificazione.

Essenzialmente lo SA8000 si pone l'obiettivo del miglioramento delle condizioni di lavoro per raggiungere una continua crescita di tutta l'attività produttiva.

In questo senso emerge tutta la differenza tra l'applicazione di questa norma e l'applicazione di modelli di responsabilità sociale, molto spesso erroneamente assimilati. Lo SA 8000, infatti, "rende conto ad una parte degli stakeholders, relativamente ad un'area molto specifica che riguarda le condizioni di lavoro in azienda, mentre la responsabilità sociale rende conto a tutti gli stakeholders e riguarda comportamenti volontari che l'azienda mette in atto anche all'esterno della propria struttura, a favore del territorio"[8].

In questo senso, ciascuna organizzazione che intende certificarsi deve garantire che la catena dei propri fornitori, subfornitori e subappaltatori rispetti i requisiti sociali imposti.

Nel dettaglio essa agisce per:

  • il rispetto dei diritti umani,
  • il rispetto dei diritti dei lavoratori,
  • la tutela contro lo sfruttamento dei minori,
  • le garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro

La norma è statuita in otto requisiti, che riguardano nell'ordine: il lavoro infantile, il lavoro obbligato, la salute e sicurezza sul luogo di lavoro, la libertà di associazione e contrattazione collettiva, la discriminazione, le procedure disciplinari, l'orario di lavoro e la retribuzione. L'applicazione dello standard è, a sua volta, codificato in un requisito aggiuntivo, il nono, che prevede anche la regolamentazione delle procedure gestionali che l'applicazione comporterà per l'azienda stessa e per i suoi fornitori.

Gli otto principi cardine traggono la loro origine da undici convenzioni e relative raccomandazioni emanate dall'International Labour Organisation (ILO), dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei bambini e dalla Dichiarazione dei diritti umani.

Il primo requisito interessa come detto il lavoro infantile, definito come qualsiasi lavoro effettuato da qualsiasi persona con meno di 15 anni di età, a meno che leggi locali sull'età minima non prevedano un livello più alto per il lavoro o per la scuola dell'obbligo, ad eccezione di quanto previsto dalla raccomandazione ILO 146[9]. In merito a questo punto, che individua uno dei più gravi problemi che affligge in modo particolare il settore del lavoro in tutte le zone del mondo, alle aziende è richiesto di stabilire, attivare e documentare precise politiche relative all'età del lavoratore da assumere oltre a programmi mirati al recupero di minori trovati in situazione di lavoro infantile, affinché per essi sia garantito la frequenza e la permanenza a scuola .

Il lavoro obbligato è invece definito come "ogni lavoro o servizio estorto ad una persona sotto minaccia di una punizione o per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente"[11].

È necessario che le aziende dimostrino di non applicare sistemi coercitivi per costringere i lavoratori allo svolgimento del proprio lavoro ed è particolarmente interessante che sia specificato il divieto di richiedere al personale di lasciare depositi di denaro o documenti di identità al momento dell'inizio del rapporto di lavoro, come spesso accade a molte brench di società multinazionali in paesi a ridotta o nulla tassazione, come ad esempio gli Emirati Arabi.

Per dare evidenza della conformità a tale requisito l'azienda dovrà essere in possesso solo di copie della documentazione di identità e dimostrare la regolarità dell'assunzione attraverso i contratti di lavoro firmati.

Il terzo requisito riguarda la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, per le quali l'azienda dovrà garantire "un luogo di lavoro sicuro e salubre" e "adottare misure per prevenire gli incidenti"[12]. Al di là del richiamo doveroso alle prescrizioni di legge vigenti in materia, bisogna qui ricordare l'evidente beneficio in termini di mancato assenteismo di cui godrà l'azienda stessa.

Il quarto requisito è inerente alla libertà di associazione e diritto alla contrattazione, secondo il quale l'azienda deve disporre di copie dei contratti e accordi firmati dai rappresentanti sindacali dei contratti collettivi, attuare azioni positive in collaborazione con i sindacati e disporre di registrazioni circa le vertenze sindacali degli ultimi anni. L'azione dell'azienda deve essere finalizzata al rispetto della facoltà di tutto il personale di aderire ai sindacati di loro scelta e, nelle situazioni in cui il diritto di associazione e contrattazione collettiva sia limitato dalla legge, facilitare la formazione di analoghi mezzi di libera e indipendente associazione.

Come quinto requisito è sancito il divieto per l'azienda di attuare alcun tipo di discriminazione in relazione a razza, ceto, religione, sesso, orientamento politico, nell'assunzione, retribuzione, accesso alla formazione, licenziamento o promozione[13].

L'azienda è tenuta al rispetto delle esigenze religiose e degli usi e costumi di lavoratori stranieri; non deve inoltre permettere comportamenti, linguaggio, che siano sessualmente coercitivi, minacciosi, offensivi o volti allo sfruttamento.

Il sesto requisito richiede all'azienda di non attuare ne dare sostegno a procedure disciplinari di natura coercitiva, sia fisica che mentale, o che prevedano punizioni corporali o abusi verbali. Diventa utile creare, di concerto con i lavoratori, un codice che indichi le infrazioni, e le sanzioni ad esse abbinate, escludendo di far rientrare tra queste le riduzioni di salario.

L'attenzione della norma si focalizza poi sull'orario di lavoro (requisito 7) che dovrebbe essere stabilito secondo quanto sancito dalle leggi nazionali ed in ogni caso non essere superiore alle 48 ore settimanali.

Gli straordinari devono essere contenuti entro le 12 ore settimanali ma solo in casi eccezionali ed in tal caso l'azienda deve dimostrare che le pause previste sono concesse e che il livello medio di produzione giornaliera non supera la media di settore.

L'ultimo requisito riguarda la remunerazione del dipendente, nell'ambito della quale l'azienda dovrà rispettare quanto stabilito nei contratti collettivi in termini di minimo previsto e garantire che la retribuzione sia elargita senza che il lavoratore sia costretto a sostenere costi aggiuntivi.

Dalla descrizione stessa dei requisiti della norma, se ne deduce l'impatto a livello organizzativo. L'influenza che la decisione di farsi certificare secondo la SA8000 ha sulla struttura aziendale è tale da comportare un ripensamento della struttura organizzativa e della mentalità stessa dell'impresa, generando conseguentemente nuovi costi.

Ogni impresa che intenda infatti ottenere la certificazione dovrà far fronte sostanzialmente a due tipi di nuovi costi: i primi sono i costi associati all'introduzione e implementazione del sistema, che possono essere sia interni che esterni nel caso in cui si faccia ricorso a consulenti esterni; i secondi sono invece quei costi legati alle azioni correttive da intraprendere per ottenere la conformità ai requisiti imposti e per ovvie ragioni essi variano a seconda delle politiche di gestione adottate fino a quel momento dalle aziende.

La spesa richiesta per l'intero processo di certificazione dipende inevitabilmente dalla dimensione dell'organizzazione da verificare ed include i costi relativi agli organismi indipendenti abilitati ai controlli di conformità, anche se le attività di audit inoltre sono delegate agli organismi esterni abilitati dal SAI, con conseguente sgravio di tali costi per l'azienda.

Tuttavia la decisione da parte di un'impresa di farsi certificare secondo la norma SA 8000 rientra nell'ambito della scelta strategica di comunicazione all'esterno.

La ricaduta negativa di una mancata certificazione sulla reputazione dell'azienda avrebbe, in prospettiva, un costo molto maggiore di quelli da affrontare per allinearsi alla norma. Allo stesso modo l'ottenimento della certificazione potrebbe essere utilizzato proprio come strumento di comunicazione per aumentare la fiducia e la credibilità.

Benefici ci sarebbero anche per il clima aziendale con una rilevante diminuzione degli attriti fra le parti, cui si associa un maggiore coinvolgimento dei lavoratori al raggiungimento degli obiettivi.

I vantaggi individuabili sono molteplici e tutti di grande impatto sull'economia d'azienda, ed i costi richiesti sono ampiamente ripagati.

D'altronde dare maggiore stabilita e chiarezza ai processi interni di gestione è un obiettivo che le imprese si sforzano costantemente di raggiungere, anche al di là della possibile ricaduta di immagine che una certificazione in tal senso darebbe.




3 Le norme ISO



Gli standard presentati in questo paragrafo sono quelli definiti dall'International Organization for standardization[15].

Lo scopo dell'organizzazione è quello di facilitare i rapporti commerciali internazionali armonizzando gli standard esistenti a livello nazionale attraverso la stipula di accordi in vari paesi del mondo, abbattendo così numerose barriere tecniche al commercio.

Tali accordi sono pubblicati come standard internazionali ed hanno come oggetto le fasi del ciclo produttivo delle aziende, oltre che qualunque altro aspetto attinente a tale attività produttiva.

Gli standard ISO possono essere annoverati tra i primi strumenti sviluppati per definire delle regole di condotta responsabile delle imprese, pur non essendo stati pensati né traendo origine dalle teorie etiche.

I principali documenti ISO sono certamente quelli attinenti al settore qualità, gli ISO 9000, unitamente a quelli volti a definire un sistema di gestione ambientale, ossia gli ISO 14000[16]. L'aspetto principale di tali certificazioni ISO è la loro natura che risulta essere: universale, volontaria e basata sul consenso.

Per garantire una costante efficacia, gli standard devono essere sottoposti ad una revisione periodica, con intervalli di tempo non superiori ai cinque anni, per soddisfare le nuove esigenze che accompagnano lo sviluppo tecnologico. Gli standard ISO 9000 costituiscono gli strumenti sviluppati nell'ambito delle applicazioni per il controllo di qualità: il gruppo ISO 9000 si compone della ISO 9001 cui si affiancano le più semplici ISO 9002 e ISO 9003.

La ISO 9002 è infatti volta a garantire la qualità nella fase di fabbricazione, installazione e assistenza, mentre la ISO 9003 si limita al controllo della qualità nelle prove, nei controlli dei prodotti e nei collaudi finali.

Invece la ISO 9001 è quella più completa tra le tre norme previste, poiché costituisce un modello al fine di assicurare la qualità nella progettazione, sviluppo, fabbricazione, installazione e assistenza. Ai fini della certificazione è inoltre quella che prevede il maggior numero di requisiti da soddisfare.

Per la sua maggiore articolazione e applicazione, relativamente alle fasi produttive coinvolte nel processo di certificazione, essa include nel suo campo d'azione anche le attività cui fa riferimento la ISO 9002.

Nell'intento originario della norma, assicurare la qualità secondo la norma ISO 9001 significa garantire l'insieme delle caratteristiche di un prodotto o di un servizio che gli conferiscono la capacità di soddisfare le esigenze espresse o implicite per cui è stato pensato.

Quella garantita è cioè una qualità tecnica, ossia tutto ciò che rende un prodotto o servizio adatto all'uso per il quale è stato richiesto sia in maniera esplicita, tramite contratto, sia in modo implicito cioè per legge.

La norma si inserisce nel sistema qualità sviluppato da ciascuna azienda ed è parte integrante della funzione aziendale che riunisce e coordina le differenti attività pianificate per il rispetto dei requisiti di prodotto stabiliti. I requisiti previsti sono articolati in venti punti che riflettono aspetti che ciascuna organizzazione deve attuare per implementare il proprio sistema qualità[17].

La serie ISO 14000 è stata sviluppata per soddisfare l'esigenza delle aziende, ma più precisamente di qualsiasi organizzazione, di conseguire e ottenere una buona efficienza ambientale.

La norma, assieme al regolamento EMAS, costituisce il primo tentativo di uniformare a livello internazionale i numerosi standard nazionali sviluppati in materia ambientale, soprattutto in seguito all'Uruguay round e al Summit di Rio del 1992.

In questi incontri è emersa la necessità di dotare le imprese di politiche economico-commerciali in materia ambientale volte non solo a ridurre le barriere non tariffarie ma anche alla protezione dell'ambiente nel mondo.

Il sistema ISO 14001 ha come scopo fondamentale la protezione ambientale e la prevenzione dell'inquinamento, tenendo sempre sotto controllo le necessità di ordine economico-sociale.

I requisiti fissati da questo standard internazionale non hanno carattere assoluto in merito all'efficienza ambientale, il loro rispetto è finalizzato unicamente alla certificazione ed al riconoscimento di un sistema di gestione ambientale (SGA).

Per questo motivo molte organizzazioni pur soddisfacendo i requisiti previsti, potranno presentare livelli di efficienza ambientale differenti.

Il sistema ambientale definito dalla ISO 14001 include la struttura organizzativa, le attività di pianificazione, le responsabilità, le prassi, le procedure, i processi e le risorse per elaborare, mettere in atto, conseguire, riesaminare e mantenere attiva la politica ambientale. La norma si sviluppa su cinque fasi, che in qualche modo ricalcano il ciclo di Deming[18]:

1. Politica ambientale. Definita dai vertici aziendali, funge da schema di riferimento per l'attività e la definizione di obiettivi e targets. Qui devono essere dichiarati i principi e gli intenti circa la prestazione ambientale complessiva.

2. Pianificazione. Apposite procedure devono consentire di identificare gli aspetti ambientali delle attività, evidenziando quelle che possono in qualunque modo arrecare danno all'ambiente. Vanno quindi monitorati e documentati secondo un programma che assegni le responsabilità e definisca i tempi ed i mezzi utili al compito.

3. Attuazione ed operazione. Compito dei vertici aziendali è quello di definire una specifica organizzazione, che assegni ruoli e responsabilità e fornisca precise istruzioni per l'attuazione del programma ambientale. La struttura organizzativa deve inoltre predisporre procedure per attuare controlli operativi al fine di garantire che le attività siano svolte secondo le modalità previste. La relativa documentazione deve essere periodicamente sottoposta a riesame e successivamente approvata.

4. Controllo ed azioni correttive. Gli organi di controllo si devono dedicare alla sorveglianza e misurazione delle prestazioni effettive nonché alla conformità alle leggi e ai regolamenti. Nella procedura di controllo devono essere specificate: la frequenza e le modalità dei controlli, le attività e le aree sottoposte a controllo, le responsabilità abbinate, la comunicazione dei risultati. L'organizzazione deve prestare molta attenzione alle cause di non-conformità, reali o potenziali, che vanno ovviamente rimosse.

5. Riesame della direzione. Il sistema di gestione ambientale deve essere periodicamente riesaminato per accertarne adeguatezza ed efficacia al soddisfacimento delle esigenze dell'azienda. L'impegno al miglioramento continuo del sistema richiede inoltre che modifiche, riguardo agli obiettivi, alle procedure e alle politiche, siano considerate alla luce dei risultati raggiunti.

L'analisi e confronto tra le norme ISO 9001 e ISO 14001 mette in luce le numerose analogie presenti, in particolare a livello di impostazione metodologica, sottolineando una loro ipotetica ed eventuale integrazione. Le analogie sono evidenti sia in termini di filosofia del sistema (volontarietà, miglioramento continuo, coinvolgimento di tutta l'organizzazione), sia di documentazione (manuale, procedure, istruzioni operative, registrazioni), sia di fasi operative nell'applicazione del sistema (politica, obiettivi e programmi; attuazione e funzionamento del sistema, controllo o audit, riesame della direzione).





Una spiegazione dettagliata e critica delle motivazioni del bilancio sociale si trova in M. Carrassi, V. Peragine, Responsabilità sociale d'impresa, Franco Angeli, Milano, 2007, pag. 67 e P. Di Giacomo, Il valore della Corporate Social Responsibility: Il sistema Italia, Franco Angeli, Milano, 2007, pag. 90.

Si veda P. Andrei, Area di riferimento del bilancio sociale, capitolo 2, in La rendicontazione sociale nei gruppi aziendali, a cura di M. Andreaus, McGraw-Hill, Milano, 2007

I principi del GBS possono essere così sintetizzati: 1. Responsabilità: occorre fare in modo che siano identificabili o che possano identificarsi le categorie di stakeholder ai quali l'azienda deve rendere conto degli effetti della sua attività.

2. Identificazione: dovrà essere fornita la più completa informazione riguardo alla proprietà e al governo dell'azienda, per dare ai terzi la chiara percezione delle responsabilità connesse. E' necessario sia evidenziato il paradigma etico di riferimento, esposto come serie di valori, principi, regole e obiettivi generali (missione).

3. Trasparenza: tutti i destinatari devono essere posti in condizione di comprendere il procedimento logico di rilevazione, riclassificazione e formazione, nelle sue componenti procedurali e tecniche e riguardo agli elementi discrezionali adottati.

4. Inclusione: si farà in modo di dar voce - direttamente o indirettamente -a tutti gli stakeholder identificati, esplicitando la metodologia di indagine e di reporting adottata ed eventuali esclusioni o limitazioni devono essere motivate.

5. Coerenza: dovrà essere fornita una descrizione esplicita della conformità delle politiche e delle scelte del management ai valori dichiarati.

6. Neutralità: il bilancio sociale deve essere imparziale ed indipendente da interessi di parte.

7. Competenza di periodo: gli effetti sociali devono essere rilevati nel momento in cui si manifestano (maturazione e realizzazione dell'imp. sociale) e non in quello della manifestazione finanziaria delle operazioni da cui hanno origine.

8. Prudenza: gli effetti sociali positivi e negativi devono essere rappresentati in modo tale da non sopravvalutare il quadro della realtà aziendale e della sua rappresentazione. Quelli che si riferiscono a valori contabili devono essere indicati in base al costo.

9. Comparabilità: deve essere consentito il confronto fra bilanci differenziati nel tempo della stessa azienda o con bilanci di altre aziende operanti nel medesimo settore o contesto.

10. Comprensibilità, chiarezza ed intelligibilità: le informazioni contenute nel bilancio sociale devono essere chiare e comprensibili. Pertanto la struttura espressiva deve trovare un giusto equilibrio tra forma e sostanza. La struttura e il contenuto del bilancio devono favorire l'intelligibilità delle scelte aziendali e del procedimento seguito.

11. Periodicità e ricorrenza: il bilancio sociale, essendo complementare al bilancio di esercizio, deve corrispondere al periodo amministrativo di quest'ultimo.

12. Omogeneità: tutte le espressioni quantitative monetarie devono essere espresse nell'unica moneta di conto.

13. Utilità: il complesso di notizie che compongono il bilancio sociale deve contenere solo dati ed informazioni utili a soddisfare le aspettative del pubblico in termini di attendibilità e completezza.

14. Significatività e rilevanza: bisogna tenere conto dell'impatto effettivo che gli accadimenti, economici e non, hanno prodotto nella realtà circostante. Eventuali stime o valutazioni soggettive devono essere fondate su ipotesi esplicite e congruenti.

15. Verificabilità dell'informazione: deve essere verificabile anche l'informativa supplementare del bilancio sociale attraverso la ricostruzione del procedimento di raccolta e rendicontazione dei dati e delle informazioni.

16. Attendibilità e fedele rappresentazione: le informazioni desumibili dal bilancio sociale devono essere scevre da errori e pregiudizi, in modo da poter essere considerate dagli utilizzatori come fedele rappresentazione dell'oggetto cui si riferiscono. Per essere attendibile, l'informazione deve rappresentare in modo completo e veritiero il proprio oggetto, con prevalenza degli aspetti sostanziali su quelli formali.

17. Autonomia delle terze parti: ove terze parti fossero incaricate di realizzare specifiche parti del bilancio sociale ovvero a garantire la qualità del processo o formulare valutazioni e commenti, a esse deve essere richiesta e garantita la più completa autonomia e indipendenza di giudizio.

Si veda al proposito la ricerca contenuta in La rendicontazione sociale nei gruppi aziendali, a cura di M. Andreaus, McGraw-Hill, Milano, 2007, cap. 2, Modelli di bilancio sociale, di Erica Costa.

G. Manetti, Il triple bottom line reporting. Dal coinvolgimento degli stakeholder alle verifiche esterne, Franco Angeli, Milano, 2006.

Il GBS identifica tali interlocutori nel seguente modo: risorse umane, soci, finanziatori, clienti, fornitori, pubblica amministrazione, collettività, ambiente.

Il CEPAA, che ha recentemente assunto la denominazione SAI (Social Accountability International), è un'organizzazione per la difesa dei diritti umani con sede negli USA. Nasce come emanazione del CEP (Council of Economic priorities), istituto statunitense fondato nel 1969 per fornire agli investitori ed ai consumatori, strumenti informativi per analizzare le performance sociali delle aziende. Il suo obiettivo è stato rivisto ed incrementato fino a comprendere il miglioramento degli ambienti di lavoro e delle comunità, in tutto il mondo, tramite lo sviluppo e l'implementazione degli standard di responsabilità sociale.

L'organismo (CEPAA) riunisce 21 membri, in rappresentanza delle organizzazioni sindacali, delle organizzazioni non governative, di associazioni che tutelano i diritti umani e dell'infanzia, di imprese che investono in modo socialmente responsabile, di società di certificazione. Lo standard e le relative procedure di accreditamento e certificazione nascono in un'ottica globale e transnazionale, pur recependo le peculiarità normative locali.

G. Lepore, M. V. D'alesio, La certificazione etica d'impresa. La norma SA 8000 ed il quadro legislativo, Franco Angeli, Milano, 2004, pag. 22.

Questa definizione è quella riportata dalla Convenzione 138 dell'ILO del 1973, accompagnata dalla Raccomandazione 146,  dello stesso anno. In tali documenti vengono esplicitamente ribaditi tutti i casi in cui non si può tenere conto del suddetto limite a 15 anni, per motivi di salute, sicurezza o moralità del giovane lavoratore, asserendo con forza che "l'età minima per l'assunzione e per qualunque tipo di impiego [.] non dovrà essere inferiore ai 18 anni" art. 3, par.1.

Ad ispirare questo requisito della SA 8000 sembra essere stato il paragrafo 4 della Raccomandazione 146 che ribadiva l'importanza della istruzione per i minori, oltre ad una serie di misure relative alle garanzie previdenziali, ai riposi e alla retribuzione, tutte misure destinate ad evitare l'uso dei minori come manodopera a basso costo.

Convenzione ILO 29 del 1930, art. 2, par. 1.

SA 8000 art. 3, par. 3.1.

Questo requisito è stato ispirato dalla Convenzione ILO 111 del 1958, art. 1, par. 1°, poi aggiornata dalla Convenzione 159 del  1983, per ricomprendere tutte quelle discriminazione legate all'eventualità di handicap o reinserimento lavorativo.

Con il termine standard si fa riferimento ad "un accordo documentato che contiene specifiche tecniche o altri criteri precisi da utilizzarsi come regole, linee guida o definizioni di determinate caratteristiche, per assicurare che i materiali, i prodotti, e i processi e i servizi siano adeguati allo scopo". Definizione tratta dal testo UNI EN ISO 9001

L'ISO, rappresenta una federazione mondiale di enti di normazione nazionali di circa 100 paesi sorta nel 1947. Gli enti membri dell'ISO quelli maggiormente rappresentativi all'interno del proprio paese.

La denominazione dei suddetti standard, sia ISO 9000 che ISO 14000, è preceduta e integrata dalla sigla EN per il mercato europeo, e dalla sigla UNI per il mercato nazionale italiano.

Gli aspetti principali possono essere individuati in:

1. Responsabilità della direzione. Il primo requisito da soddisfare riconosce la necessità che la politica per la qualità sia elaborata e documentata individuando obiettivi e responsabilità.

2. Riesame del contratto. Il riesame offre al fornitore la possibilità di verificare la sua capacità di soddisfare i requisiti indicati nel contratto.

3. Controllo della progettazione. Per garantire che sia assicurato il soddisfacimento dei requisiti specificati è richiesto che siano individuate le responsabilità del personale e che i piani di progettazione siano aggiornati parallelamente all'avanzamento della progettazione.

4. Identificazione e rintracciabilità del prodotto. La storia del prodotto deve poter essere ricostruita in tutte le sue fasi tramite l'apposizione di particolari contrassegni sul prodotto.

5. Controllo di processo. E' necessario che siano pianificati i processi di produzione, installazione ed assistenza, al fine di garantire il loro controllo.

6. Controllo delle apparecchiature. Le procedure di controllo pianificate, devono stabilire quali siano le misurazioni da eseguire e quali apparecchiature scegliere oltre a fornire indicazioni per conservare le registrazioni relative alle tarature delle apparecchiature di prova.

7. Stato delle prove, controlli e collaudi. Un apposito codice, o in alternativa un timbro, deve essere apposto su ciascun prodotto che abbia superato una fase di prove affinché possa essere ammesso alla prova successiva.

8. Prove, controlli, collaudi. Opportune procedure devono essere definite per garantire solo i prodotti che soddisfino i controlli prestabiliti raggiungano il mercato.

9. Verifiche ispettive interne. Il sistema qualità deve essere sottoposto a ispezioni interne pianificate e documentate, con lo scopo di accertare che sia le attività realizzate e sia i risultati raggiunti siano conformi con quanto pianificato. Ulteriori procedure devono essere elaborate con riguardo al controllo dei documenti e dei dati relativi alle prescrizioni della norma, alle politiche di approvvigionamento affinché si accerti che tutte le componenti del prodotto finito rispettino i requisiti di progetto, del controllo del prodotto finito e del prodotto non conforme così come per l'assistenza.

Ideato da W. Edwards Deming, il "ciclo di Deming" o "Deming Cycle" (ciclo Plan-Do-Check-Act) è un modello studiato per il miglioramento continuo della qualità in un'ottica a lungo raggio. Serve per promuovere una cultura della qualità che è tesa al miglioramento continuo dei processi e all'utilizzo ottimale delle risorse. Questo strumento parte dall'assunto che per il raggiungimento del massimo della qualità è necessaria la costante interazione tra ricerca, progettazione, test, produzione e vendita. Per migliorare la qualità e soddisfare il cliente, le quattro fasi devono ruotare costantemente, tenendo come criterio principale la qualità. W. Edwards Deming, Out of Crisis, MIT/CEAS, 1982, citato in A. Chiarini, Total Quality Management, Franco Angeli, Milano, 2004.


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