|
Visite: 3063 | Gradito: | [ Grande appunti ] |
Leggi anche appunti:Il pensiero greco dagli inizi a SocrateIl pensiero greco dagli inizi a Socrate Il problema cosmologico I primi Il disadattamento nella pedagogiaIL DISADATTAMENTO NELLA PEDAGOGIA Il disadattamento nella società industriale Nelle Il testo descrittivo - VERIFICAIl testo descrittivo Qui di seguito ti proponiamo alcune parti del libro |
Un'educazione di qualità parte dai genitori: l'importanza della formazione genitoriale
Per essere coerenti, oltre che prevedibili, noi (genitori) dobbiamo essere noi stessi
Donald Woods Winnicott, "Conversazioni con i genitori", 1993
1 Un'educazione di qualità per le sfide del XXI secolo
Come si è più volte avuto modo di dire, il modello tradizionale di famiglia è stato modificato e messo in crisi dall'ampio mutamento culturale ed economico della contemporaneità; ma se nel corso della storia la famiglia è sostanzialmente riuscita a farsi sempre interprete del composito assetto entro cui si è trovata di volta in volta a dispiegarsi, altrettanto non si può dire rispetto all'assolvimento dei compiti ontologici per cui è stata fondata, primariamente connessi alla funzione genitoriale (Corsi e Stramaglia, 2009).
Da almeno un ventennio, a fronte di una crescente richiesta, si stanno diffondendo
forme diversificate di lavoro sulla genitorialità, per iniziativa dei servizi sociali, sanitari, educativi, del terzo settore (cfr., tra gli altri, Bottigli, 2000, 2009; Catarsi,
2003; Milani, 1994; Padoan e Frangilli, 2000;). Non si può infatti prescindere dalla constatazione che i profondi cambiamenti nella condizione sociale dell'epoca post- moderna sono stati accompagnati da importanti trasformazioni anche nei comportamenti, abitudini e atteggiamenti delle donne e degli uomini all'interno della famiglia. La famiglia estesa si è verticalizzata e le relazioni al suo interno sono diventate soprattutto relazioni tra generazioni, implicando nuove e più ridotte forme di interscambio sia all'interno della rete di parentela che delle reti amicali. A tali significativi cambiamenti sociali va aggiunta un'altrettanto profonda metamorfosi culturale riguardante l'immagine del bambino piccolo, delle sue capacità e dei suoi bisogni materiali e psicologici e del ruolo delle prime scelte educative rispetto al suo futuro sviluppo (Cusinato, 2001).
Queste trasformazioni hanno contribuito a disegnare una diversa condizione
genitoriale, tanto che oggi "il diventare genitori" sembra avere un impatto dirompente sulla vita psicologica e sociale degli individui, per molti dei quali addirittura segna il confine tra la conclusione dell'adolescenza protratta e la transizione all'età adulta. Al nuovo appuntamento i genitori spesso arrivano impreparati, senza esperienza diretta di contatto con bambini piccoli e con persone della loro generazione alle prese con lo stesso problema. Vecchie e nuove contraddizioni emergono fin dai primi mesi di vita del bambino, ciò contribuendo ad aumentare il conflitto tra le condizioni materiali in cui uomini e donne vivono la propria esperienza genitoriale e le aspettative individuali e sociali rispetto al ruolo di genitore e alla relazione da sviluppare col bambino.
Certamente, la possibilità di affrontare le sfide del XXI secolo attraverso i dispositivi offerti da un'educazione di qualità è oggi favorita dalla disponibilità ad accogliere le continue evidenze da tempo fornite dalle scienze pedagogiche, sociali, psicologiche e dalle neuroscienze, che testimoniano tutte, con dati innegabili, quanto la qualità
della primissima infanzia influenzi significativamente la condizione dell'esistenza umana in tutte le sue dimensioni: di conseguenza, anche le sue capacità nell'affrontare le circostanze del vivere quotidiano e nella possibilità di esprimersi ed estrinsecarsi al meglio.
Per questo motivo è fondamentale assicurare un adeguato supporto a tutti coloro
che si occupano di età evolutiva, per favorirne la possibile miglior comprensione ma, soprattutto, per promuovere e potenziare in essi la capacità del "più giusto"
affiancamento alle giovani generazioni. Di qui la riflessione si sposta facilmente sulla questione della vulnerabilità delle famiglie cosiddette "normali", che inevitabilmente porta a concludere che il concetto di "normalità" non esclude a priori le difficoltà, rendendo invece auspicabili interventi di supporto e di prevenzione anche per il "normale disagio" genitoriale (Fava Vizziello e Simonelli,
2007a,b; Cambi, 2006).
Il sostegno alla genitorialità si rivela perciò oggi una parola d'ordine per i decisori politici e gli operatori di welfare, non solo in riferimento alle situazioni di disagio ma anche in stato di "normalità", nella consapevolezza che la famiglia, soprattutto con figli nella prima infanzia e pur nella sua rapida trasformazione e nelle sue fragilità (Iori, 2001), rimane il nucleo centrale dell'organizzazione sociale, base dell'appartenenza e luogo dell'educazione e della socializzazione primaria per le persone che ne fanno parte (Milani, 2009d).
Se assumiamo, in accordo con Catarsi (2008), che la famiglia abbia un primato non solo in senso temporale (anche se è evidente che si tratta del primo ambito educativo e socializzativo con cui l'individuo entra in contatto) ma anche in senso sociale (in quanto snodo tra livello simbolico e strutturale, tra generi e generazioni e luogo, forse l'unico nella società, dove ci si prende cura della persona nella sua globalità e si possono riannodare i fili delle dimensioni affettive, cognitive ed etiche), allora i genitori devono essere considerati "risorse" significative per lo sviluppo delle persone in età evolutiva, soprattutto per le relazioni che si generano nel contesto familiare e che avranno, come ampiamente attesta la letteratura, una grande influenza nel processo di costruzione dell'identità personale e sociale.
2 Indicazioni della Comunità Europea in tema di educazione e cura della prima infanzia
Se conveniamo nel considerare la famiglia risorsa vitale per l'intera collettività in quanto origine e custode di beni relazionali, affettivi, economici, allora le Politiche per i minori e per le famiglie, intersecanti diverse sfere di esistenza pubblica e privata, assumono un interesse strategico per i decisori politici, offrendo
l'opportunità di prefigurare azioni e provvedimenti integrati, funzionali alla crescita sociale ed economica dell'intero Paese (Donati, 2012c). Infatti l'opprimente crisi economica del mondo occidentale si interseca con un'ulteriore crisi, di natura tutta antropologica, riguardante quella che Touraine (2012) definisce "la decadenza del tessuto sociale". Una risorsa di tale tessuto è la famiglia la quale, seppure fondamenta valoriale dell'intera costruzione sociale, è essa stessa da tempo in crisi connotandosi, quindi, a "bene" da tutelare e da far crescere.
Conoscere le condizioni nelle quali si attua l'esperienza genitoriale è dunque oggi
una questione non solo di notevole interesse teorico ma soprattutto di grande rilevanza sociale. Tale evidenza viene da tempo ben sottolineata dalla Comunità Europea, che se ne fa carico promuovendo quel filone di ricerca e di intervento detto Early Childhood Education and Care (ECEC), riguardante l'educazione e la cura della prima infanzia - tra i cui più importanti contributi merita almeno segnalare:
il Green Paper del 2005 Confronting demographic change: a new solidarity between the generations,
il documento Integrating Immigrant Children into Schools in Europe, 2009,
il documento Tackling Social and Cultural Inequalities through Early Childhood
Education and Care in Europe, 2009, ma, in particolare:
la Recommendation of the Committee of Ministers to member states on policy to support positive parenting (13 dicembre 2006), che riconoscendo le famiglie come il primo luogo in cui si sperimenta e si costruisce la coesione sociale, invita gli Stati membri a destinare ampio sostegno strategico alle famiglie, pur nel pieno rispetto dell'autonomia della sfera privata e della società civile;
la Comunicazione della Commissione Europea intitolata Early Childhood Education and Care: Providing all our children with the best start for the world of Tomorrow (17 febbraio 2011), che ribadendo l'assoluta importanza dell'ECEC ai fini della realizzazione degli obiettivi fondamentali della strategia Europa 2020,
sottolinea quanto il contrasto agli svantaggi culturali e sociali sia tanto più
efficace quanto più un'educazione precoce e intensiva incentrata sui bambini e svolta in preposte adeguate strutture viene affiancata da un significativo sostegno delle famiglie, attraverso il loro coinvolgimento ed un'adeguata formazione dei genitori;
il Compendium of Inspiring Practices on Early Intervention and Prevention in Family and Parenting Support (ottobre 2012), a cura di Eurochild, che attraverso la presentazione di alcune significative buone prassi ricavate dall'esperienza di diversi Paesi europei, ha inteso contribuire alle politiche di welfare per la prevenzione e l'intervento precoce in famiglia, oltre che per il sostegno alla genitorialità, a garanzia della coesione sociale;
La Recommendation of European Commission "Investing in children: breaking the cycle of disadvantage" (febbraio 2013), che suggerisce agli Stati membri di adottare e di applicare politiche mirate a sradicare la povertà e l'esclusione sociale dei minori e a promuovere il loro benessere mediante (a) strategie multidimensionali, conformi a vari orientamenti, quali l'ispirazione a principi orizzontali, l'elaborazione di strategie integrate (basate sull'accesso a risorse sufficienti per tutti e a servizi di qualità a costo sostenibile, oltre che sul diritto dei minori di partecipare alla vita sociale), (b) un ulteriore sviluppo di meccanismi di governance, di esecuzione e di monitoraggio, (c) il pieno sfruttamento degli strumenti pertinenti della UE.
Soffermandoci, in particolare, sul Compendium del 2012, Eurochild ben evidenzia come la promozione di mirate azioni educative di supporto alla funzione genitoriale e la diffusione di percorsi formativi tesi a potenziarne le specifiche competenze, abbiano un impatto positivo sui bambini e sulle famiglie cui sono indirizzati, ciò connotandosi a "policy" per un modo diverso di agire e di promuovere nuovi apprendimenti. Come si è detto, il Compendio dell'Eurochild riunisce una dozzina di studi di caso inerenti differenti pratiche a sostegno della famiglia e della genitorialità adottate in Europa ma accomunate da alcuni assunti comuni fondamentali che merita qui richiamare:
a) l'obiettivo di lavorare coi genitori, le famiglie e le loro comunità per favorire la creazione di un ambiente positivo dove bambini e giovani possano crescere e prosperare;
b) dimostrare la necessità di intervenire con adeguate misure tempestive quando i bambini, i loro genitori o le famiglie nel complesso siano in una situazione di vulnerabilità;
c) l'ispirazione a principi chiave inerenti un orientamento non giudicante né
stigmatizzante, un approccio partecipativo fondato sull'esaltazione dei punti di forza, servizi accessibili per tutti e azioni di intervento precoce per le fasce di popolazione più fragili;
d) la dimostrazione che la collaborazione tra servizi agevola il coinvolgimento delle famiglie stimolando la loro partecipazione attiva alla vita comunitaria, sollecitandone l'assunzione di responsabilità e di autorevolezza, rafforzandone la resilienza, attivandone le risorse.
A tali comuni assunti sono sottese alcune raccomandazioni politiche:
il sostegno alla famiglia e alla genitorialità è fondamentale per contrastare la povertà infantile e promuovere il benessere dei bambini. Per massimizzarne l'efficacia, è necessario che tali azioni siano integrate da interventi mirati che affrontino le cause profonde di povertà e di esclusione sociale, capaci di affrontare ostacoli strutturali e disuguaglianze. Per questo motivo i più ampi programmi di sostegno familiare dovrebbero essere affiancati da interventi dedicati alla "cura", costituendo un "pacchetto completo" rafforzante da un lato i diritti dei bambini e dall'altro il diritto al ben-Essere di tutti;
il sostegno alla famiglia e alla genitorialità comprende una vasta gamma di azioni e di servizi che aiutano i genitori a sviluppare le competenze necessarie all'espletamento delle proprie funzioni, ad essere consapevoli del proprio ruolo e che supportano i minori all'interno delle famiglie. Tali azioni variano da un sostegno generalizzato a tutti i genitori attraverso informazioni e consigli cosiddetti "a bassa soglia" (ad esempio sulla preparazione al parto, sulle prime cure del neonato, sull'affiancamento ai compiti per casa, sui conflitti adolescenziali, ecc..) sino a provvedimenti mirati e specialistici erogati ai più vulnerabili. In ogni caso, tutti i servizi a sostegno della famiglia e della genitorialità devono adottare approcci protesi al potenziamento e al consolidamento dei punti di forza e non alla marcatura dei punti di debolezza, né tantomeno alla stigmatizzazione. Inoltre, i servizi devono essere accessibili a tutti e la loro progettazione va fondata su criteri salvaguardanti, innanzitutto, i diritti dei bambini;
le politiche familiari, ma anche i servizi e i programmi di supporto ai genitori, dovrebbero consistere in approcci basati sull'evidenza e rispecchiare le migliori pratiche. A fronte della necessità di contenere la spesa pubblica, risulta opportuno individuare le strategie tali da garantire i migliori risultati nella cura dei minori. Se l'assessment di efficacia degli interventi precoci e preventivi a supporto delle famiglie può essere effettuato in diversi modi, si rende tuttavia necessario un approccio misurato e bilanciato, così da suffragare la valutazione con elementi sia quantitativi che qualitativi.
Merita infine citare una recente approfondita ricerca promossa da Eurofound (2013) "Parenting support in Europe", riguardante la comparazione tra vari Stati membri in relazione alle azioni di sostegno dedicate alla genitorialità e alla tipologia e organizzazione dei servizi educativi per le famiglie con bambini, in particolare in età prescolare. Ciò che è emerso da rapporto è che l'influenza dei genitori sul benessere dei figli e sulle loro future prospettive di crescita è diffusamente riconosciuta ma che solo da pochi anni, e non per tutti i membri, il sostegno alla genitorialità e la formazione sono considerati un investimento sociale capace di contribuire alla riduzione delle difficoltà di gestione quotidiana della famiglia, oltre che a quelle a medio e a lungo termine. Ciò che si è constatato è che gli Stati europei sostengono la genitorialità secondo varie e diversificate modalità, da interventi sanitari di ordine pratico, come il supporto per l'allattamento al seno, sino a programmi articolati volti a potenziare nei genitori la fiducia in sé e l'autostima, e quindi a migliorare il loro rapporto coi figli.
3 Modelli di curing e di caring a supporto della genitorialità
Il Compendio di Eurochild di cui abbiamo riferito nei punti essenziali, in qualche modo aiuta ad introdurre il non semplice compito di delineare le tipologie principali di intervento a sostegno della genitorialità, le quali, pur sottendendo molteplici traiettorie di studio e di ricerca, di programmazione e di valutazione (cfr. Cusinato,
2008) ancora non godono, da parte delle Politiche nazionali a favore dei minori e delle famiglie, dell'imprescindibile attenzione raccomandata dalla Comunità Europea. La breve disamina delle azioni generali in detto ambito concerne la prospettiva d'intervento pedagogico-sociale, che si dedica al sostegno dei genitori in condizioni di "normalità" - vale a dire in assenza di sintomi evidenti - aiutandoli a far emergere tutto il loro potenziale educativo (in termini di risorse, di abilità, di capacità di azione) utile al miglior fronteggiamento delle inevitabili situazioni di criticità insite nel quotidiano esercizio della precipua funzione.
La questione del bisogno formativo dei genitori non è banale: qui basti pensare alla quantità di blog per genitori che continuano a proliferare in rete a livello planetario, frequentati soprattutto da mamme (in primis da neo-mamme) ma con un trend in aumento di papà, dove si trovano espresse fatiche, paure, ansie, incertezze, gioie. Assai meno spesso cercano suggerimenti di specialisti per cure e consigli. Piuttosto, semplicemente si raccontano e si ascoltano, parlano di loro e tra loro, dell'esperienza di cura dei figli - dagli appena nati agli adolescenti - leggono le esperienze altrui, commentano, non giudicano, non criticano, creano uno spazio di parola e di condivisione. Rispetto a ciò Milani (2009c, pp. 32-34) osserva che "i genitori tendono a fare comunità. e così come nella rete sono cresciuti i blog per i genitori, nelle comunità e nei servizi è cresciuta l'idea di dover fare spazio a questi interrogativi: la genitorialità può essere appresa? ogni adulto può essere aiutato dalla comunità in cui vive a diventare un «buon genitore»?". Relativamente al bisogno formativo dei genitori, la riflessione dell'autrice è che la posta in gioco è alta: ne va dell'educazione delle giovani generazioni e, in conseguenza di ciò, del futuro dell'umanità.
D'altra parte, grazie ad acquisizioni teoriche e pratiche progressivamente assunte anche in ambito legislativo, è oramai assodato che i modelli tradizionali di intervento che guardano alla famiglia secondo un'ottica esclusivamente terapeutica e assistenziale - cosiddetti modelli di curing (cioè assecondanti interventi di tipo sostitutivo) - si rivelano oramai superati, mentre si stanno sempre più affermando modelli di caring (cioè impostati in un'ottica relazionale), che attraverso azioni educative "maieutiche" tese a sostenere senza patologizzare, stimolano i genitori a collaborare attivamente nella ricerca delle personali risposte alle proprie necessità, promuovendo un approccio basato sulla responsabilità, sulla consapevolezza, sulla reciprocità. Inoltre, pur presumendo azioni focalizzate sul "singolo" (il minore, il genitore, la coppia), gli interventi a supporto della funzione genitoriale tendono sempre più a coinvolgere l'intero contesto sociale entro cui viene ad essere esercitata (la famiglia, il gruppo parentale allargato, la classe), contesto che si sostanzia non solo in una dimensione strutturale-funzionale (un "contenitore" ove si "prende" qualcosa) ma anche in una dimensione relazionale (un "luogo ed uno spazio" ove si "genera" qualcosa). Cooperazione, fiducia e reciprocità divengono perciò le precondizioni e il risultato di un'azione di caring, concepita secondo un modello di progettazione partecipativa, condivisa e co-costruita tra chi manifesta impasse o esprime bisogni e chi eroga azioni di supporto, così da attivare un legame tra gli individui implicati (cfr. §1.3), i quali andranno poi a co-generare le più strategiche soluzioni.
I vari servizi dedicati ai minori e alle loro famiglie, progettati e gestiti da Istituzioni locali (Regioni, Province, Comuni, ULSS) o da Enti e Associazioni del privato sociale, attuano molteplici forme e modalità di intervento con le famiglie; ma se ancora è forte la propensione ad azioni di carattere psicoterapeutico e socio-assistenziale, da parte degli operatori è oramai consolidata la consapevolezza dell'infruttuosità di risposte unilaterali e unidimensionali a fronte, per contro, dell'efficacia di progetti integrati. Tali progetti integrati abbracciano nel contempo dimensioni psicologiche, pedagogiche e sociali, sono costruiti con le famiglie piuttosto che sulle famiglie e
mettono in evidenza l'importanza di azioni anche educative in supporto alla genitorialità, da promuovere in condizioni non solo di "normalità" ma anche di problematicità o di disagio (Cusinato e Salvo, 1998).
Riferiamo, a questo proposito, la riflessione di Milani (2011a, pag. 8) secondo cui la qualificazione di "educativi" degli interventi a favore delle famiglie rimanda ad una questione sia di metodo che di contenuto: da un lato significa focalizzare l'approccio metodologico sul principio della modificabilità cognitiva e comportamentale (preconcetti, pregiudizi, tabù) e sulla fiducia nell'educabilità dell'uomo; dall'altro lato significa potenziare e accrescere le capacità di azione, le abilità, le competenze educative comunque presenti nel genitore - a prescindere da disfunzionalità, da empasse psicologici, da difficoltà socioculturali - sostenendole, riqualificandole e, se necessario, formandole. Pratiche formative a supporto della genitorialità possono perciò avvenire nelle direzioni dell'educazione, del "buon trattamento" e della cura, sia attraverso un semplice ma essenziale aiuto per rafforzare o accrescere competenze di caregiving già presenti o potenziali, favorendone la consapevolezza e di quindi la possibilità di un adeguato utilizzo (Milani, 2009c; Sità, 2004), sia attraverso un accompagnamento nella direzione di incrementare le pratiche di riflessione critica sugli strumenti educativi già posseduti ma di cui non vi è consapevolezza o di cui viene messa in dubbio l'esistenza (Fabbri, 2008).
In questa prospettiva, i progetti di supporto alla genitorialità sono riconducibili ad un approccio essenzialmente preventivo e promozionale, avulso dagli interventi terapeutici di taglio psicologico, così da corrispondere al meglio ai bisogni delle famiglie in tema di educazione.
La logica sottesa è quella del "prendersi cura delle famiglie", rafforzando le competenze e le capacità di coping (da to cope = far fronte a) dei suoi membri, facendo leva sulle risorse esistenti, sul rinforzo delle potenzialità latenti, sulla motivazione ad acquisire nuove competenze relazionali e più appropriati dispositivi
di interpretazione del reale.
3.1 Sostenere la genitorialità in condizioni di "normalità"
L'analisi dell'esperienza genitoriale è cosa affatto semplice, non solo per le forti differenze che ovviamente si possono riscontrare sulla base delle storie e dei vissuti individuali ma anche per la molteplicità delle dimensioni che intervengono a determinarla e che rende inevitabile un approccio ecologico (Bronfenbrenner, 1979;
2010) capace di tener conto dell'influenza dei diversi contesti. La figura 1, tratta
da Lucas et al. (2007), sintetizza i risultati di un'indagine britannica riguardante l'importanza dei fattori contestuali - dal micro- al macro- sistema - valutata dai genitori rispetto a ciò che è ritenuto essere più appropriato per una crescita "sana e normale" dei propri figli.
Figura 1 - Importanza dei fattori contestuali - micro-macro sistemici come nel modello ecologico di Bronfenbrenner - valutata dai genitori rispetto a ciò che è ritenuto essere appropriato per una crescita sana e "normale" dei figli (Da: Lucas et al., 2007).
Fino a circa un quindicennio fa la maggior parte degli studi si concentrava sui casi di disfunzionamento della relazione genitoriale, vedi maltrattamento o abuso infantile, volti sostanzialmente ad analizzare e a conoscere i fattori intervenienti nella determinazione dei "normali" processi genitoriali. Oggi, invece, è assodato che le strutture familiari cosiddette "diverse" non necessariamente implicano un potenziale di disfunzionalità; piuttosto, origine o causa di problematicità risultano essere prevalentemente le dinamiche relazionali e la qualità delle forme organizzative familiari. Quindi, in una prospettiva non solo di studio ma anche di prevenzione, è necessario affrontare la conoscenza delle componenti sociali, culturali e psicologiche che intervengono nel definire la qualità dell'essere genitore e dell'agire le funzioni genitoriali in condizioni di normalità (bio-psico-socio- culturale) o, perlomeno, in assenza di sintomi evidenti, dal momento che solo una visione d'insieme positiva consente di comprendere al meglio (a) gli elementi di disagio che possono manifestarsi anche in condizioni di "normalità" e (b) da quali dinamiche detti elementi sono determinati, suggerendo le più consone pratiche a scopo preventivo.
Ciò che qui preme porre in evidenza è che se la genitorialità incide
significativamente sia sullo sviluppo del bambino che sulla personalità lungo tutto l'arco della vita, contestualmente essa viene influenzata e determinata dalla cultura e dalle scelte politiche, che sovente risultano più incisive di quanto non riescano a realizzare con le singole persone, seppur miratamente, gli interventi locali.
4 Tipologie di interventi e percorsi formativi per genitori
Si è già fatto cenno al fatto che, soprattutto a seguito della Legge 285/97 ma anche grazie a significative sperimentazioni dagli inizi degli anni '90, in tutto il territorio nazionale sono state implementate proposte operative dedicate ai genitori a vario livello, contribuendo in più casi a "buone prassi" di supporto genitoriale attraverso l'implementazione di efficaci programmi, di metodologie innovative, di linee guida per orientare percorsi in condizioni comparabili (cfr. Sità, 2005). Ripercorriamo qui brevemente la tassonomia delineata da Milani (2008, pp. 63-69; vedi anche Milani
2011b), che traccia quattro ampie categorie:
a) interventi e percorsi formativi accademici,
b) interventi e percorsi formativi tecnici,
c) interventi e percorsi formativi esperienziali,
d) interventi e percorsi formativi di empowerment.
4.1 Interventi e percorsi formativi accademici
L'idea sottesa a tale modello è che i genitori possono acquisire abilità e competenze di cui sono deficitari grazie all'apprendimento mutuato da qualche esperto nel campo di specifico interesse. Si tratta di un'esperienza che in Italia ha avuto molta eco a partire dagli anni '60, corroborata da un lato dall'introduzione dei decreti delegati nel '74 che hanno sancito la partecipazione dei genitori alla vita scolastica e, dall'altro, dai contestuali piani di sensibilizzazione alle pratiche parentali su mandato dei Servizi di politica socio-sanitaria. Si tratta, in genere, di incontri formali frontali - quali seminari, convegni, giornate di studio, brevi percorsi informativi ma anche di aggiornamento o di blanda formazione - aventi lo scopo di illustrare e di istruire sull'adozione di strategie alternative vantaggiose per la gestione e l'educazione dei figli; un ulteriore obiettivo è quello di rispondere a dubbi specifici. Di solito gli incontri sono a tema e centrati su problemi di natura comportamentale e relazionale ma anche cognitiva, come ad esempio la prevenzione del disagio socio-affettivo, la comunicazione efficace tra genitore e figli, le difficoltà comportamentali nell'ambiente familiare, le difficoltà di apprendimento a scuola, le difficoltà emozionali. Ben si capisce che tale tipologia di interventi ha una funzione di informazione generale o di prima sensibilizzazione sui temi educativi; nonostante sia stata la più praticata nei programmi di supporto ai genitori degli ultimi decenni, è attualmente in progressivo declino.
Finalità di tale modello formativo è la trasmissione di conoscenze.
4.2 Interventi e percorsi formativi tecnici
In questa ampia categoria rientrano quei programmi di origine anglofona a cultura pragmatista (di matrice comportamentista o cognitivista), tesi a risultati di efficacia valutabili oggettivamente. In genere, si tratta dei cosiddetti parents training, con cui si intende un'attività di formazione individuale ma più spesso in piccolo gruppo a guida di esperti e rivolta ai genitori con l'obiettivo di aumentarne consapevolezza e competenze per affrontare e risolvere problemi inerenti il percorso di crescita dei figli. Di solito i gruppi sono costituiti da genitori i cui figli hanno part icolari identiche difficoltà relativamente a comportamenti o a patologie (ad esempio, deficit specifici di apprendimento, handicap, psicopatologie, ecc.) e si prefiggono l'obiettivo di far acquisire ai partecipanti informazioni corrette in merito alle "difficoltà" e alle modalità più efficienti per farvi funzionalmente fronte. Il lavoro in piccolo gruppo è fondamentale per il confronto e la condivisione delle problematiche comuni.
La caratteristica dei percorsi di parents training è quella di "coinvolgere i genitori
quali agenti di primario valore nello sviluppo dei figli, offrendo loro un aiuto specialistico utile a sviluppare comportamenti positivi e a modificare le modalità interattive coi bambini e con i ragazzi. L'intervento viene realizzato direttamente nei contesti «naturali», a partire dalle ordinarie interazioni tra il minore e i suoi familiari, a differenza di altri approcci ove il programma di trattamento - circoscritto all'ambiente clinico - viene affidato esclusivamente a professionisti" (Benedetto, 2005, pag. 7).
Finalità di tale modello formativo è il cambiamento comportamentale dei genitori.
4.3 Interventi e percorsi formativi esperienziali
In questa terza categoria rientrano quelle prospettive a matrice sia personalista che psicoanalitica - tipica della cultura francese - che si differenziano dagli approcci accademici o tecnici di cui sopra in quanto il modello formativo sotteso segue una logica induttiva piuttosto che deduttiva. Tale tipologia afferisce alle cosiddette "Scuole per genitori", nate in Francia negli anni '30 e tutt'ora attive (École des parents et éducateurs).
L'accento non è più sul contenuto da erogare o sul programma da svolgere bensì sulla persona che vive l'esperienza: il genitore. Il setting non è frontale ma circolare, non c'è un programma da svolgere puntualmente stabilito a priori ma l'intento è di dare accoglienza ai genitori, alla loro esperienza educativa, alle loro narrazioni, così da promuovere in essi una riflessione sui personali vissuti attraverso il confronto e lo scambio reciproci. Si tratta dei cosiddetti "gruppi di parola", ovvero di un insieme di "pari" accomunati dal fatto di essere genitori, che mirano a raggiungere obiettivi di conoscenza o di expertise comuni attraverso il dialogo e la realizzazione di attività, con o senza la presenza di un operatore (Sità, 2010).
In ogni caso, l'operatore non funge da esperto detentore di saperi ma da facilitatore del gruppo: la sua funzione è di coadiuvare i genitori nell'interpretazione del loro ruolo educativo e formativo, nella rivitalizzazione delle loro responsabilità e nella valorizzazione di quei "saperi" di cui essi sono comunque portatori.
Finalità di tale modello formativo è la promozione della riflessività e della consapevolezza.
4.4 Interventi e percorsi formativi di empowerment
Una quarta tipologia di interventi e di proposte formative a supporto della genitorialità integra e media le tre precedenti, dal momento che, come già accennato, è impensabile poter affrontare la complessità degli eventi e delle interrelazioni familiari attraverso un unico approccio, considerato di per sé bastevole. Certo, i genitori costantemente ricercano informazioni e conoscenze per esercitare con padronanza e sicurezza le funzioni richieste dal ruolo, che tuttavia vanno offerte in maniera non impersonale o massificata ma in un contesto di piccola comunità, ove l'attenzione alle prerogative, ai vissuti e alle esperienze personali deve rimanere il principio fondante.
L'interesse va perciò sempre più a favore di approcci di empowerment, basati sulla valorizzazione dei punti di forza e sul superamento delle criticità, capaci di offrire contenuti realmente fruibili e non soluzioni standardizzate. Esemplificativi, in tal senso, sono gli interventi di enrichment familiare volti ad arricchire da un lato la dimensione/relazione coniugale attraverso programmi di "enrichment coniugale" e dall'altro la dimensione/relazione genitoriale con programmi di "parent training" (cfr. Benedetto, 2005; Iafrate e Rosnati, 2007).
Nella definizione di Francescato (1996, pag. 17) l'empowerment si fonda sulla possibilità di incrementare l'accesso alle risorse disponibili tra cui, soprattutto:
(a) l'informazione, intesa non come ricezione inerte dall'esterno ma come conoscenza di strategie utili al miglior adattamento all'ambiente;
(b) l'organizzazione sociale, intesa come incremento della compartecipazione e del reciproco coinvolgimento in vista dell'individuazione dei problemi e della comune assunzione di scelte, decisioni e responsabilità, a fini risolutivi.
Il fine ultimo degli interventi di empowerment genitoriale è dunque quello di "valorizzare le competenze del genitore e di aiutarlo ad esplicitarle per permettergli di utilizzarle in maniera via via più consapevole ed intenzionale dal punto di vista educativo" (Milani, 2008a, pag. 67). Tutto ciò attraverso una metodologia relazionale basata sulla co-costruzione tra operatori e genitori, mirata a favorire una lettura riflessiva, profonda ed aperta della "narrativa familiare" e degli elementi che essa contiene, in termini di risorse e di capacità da valorizzare, da potenziare, da sviluppare. Anche la visione di Donati (2001) rientra in tale alveo interpretativo, intendendo egli l'empowerment:
".in quanto sistema d'azione relazionale che si fa carico dei soggetti (con le loro motivazioni psico-culturali e le loro attribuzioni di senso) e li connette secondo regole (o meccanismi funzionali regolativi) necessarie per produrre dei mutamenti che siano tali da configurare relazioni più personalizzanti (anziché alienanti). In tale sistema d'azione relazionale, le dimensioni psicoculturali (refero) sono intrecciate con quelle di legame (religo)
e insieme ad esse producono l'effetto emergente di una maggiore solidarietà, allo stesso tempo sensata e funzionale, della relazione familiare" (ibidem, pag. 86) . Se ci si chiede: «empowerment di che cosa?», la mia risposta è: potenziamento delle relazioni propriamente familiari, per far sì che le relazioni diventino più ri-flessive, più «capacitate» nelle loro potenzialità. Il che può avvenire solo quando una famiglia si specchia nell'altra famiglia, specie quella che condivide problemi analoghi ed applica in se stessa ciò che ha osservato, la valutazione di ciò che accade e i tentativi strategici per risolvere i problemi quotidiani. Pertanto l'empowerment non può che essere un lavoro di rete fatto da famiglie che osservano altre famiglie . per fare relazione familiare e non un'altra cosa" (Donati, 2001, pag. 88-89).
Tale prospettiva fa intendere, in sostanza, che se il sapere genitoriale trova alimento nella storia personale di ciascuno e nelle esperienze vissute innanzitutto come figlio e quindi come genitore, allora un approccio alla genitorialità di tipo autobiografico risulta del tutto convincente; esso infatti consente di recuperare in memoria stili, atteggiamenti, comportamenti, risorse e capacità dei propri genitori sulla cui base costruire - in accordo o in contrapposizione - i propri saperi e quindi le proprie capacità di azione. L'approccio autobiografico, che costituisce un rilevante percorso di formazione individuale nutrito dalla rivalutazione e dalla
valorizzazione della storia personale (Demetrio, 2000), facilita e veicola l'acquisizione della competenza riflessiva: tale operazione "maieutica", di natura educativa, è favorita dalla conversazione con se stessi e con gli altri, per il qual motivo il lavoro esperienziale in piccolo gruppo si rivela particolarmente conveniente nei percorsi di potenziamento e di arricchimento genitoriale, in quanto il confronto intersoggettivo incoraggia all'introspezione.
Nell'approccio riflessivo la conoscenza e la cura di sé divengono strumenti di formazione dell'adulto, di riconsiderazione della propria esperienza, di ricomprensione della stessa; ecco che il patrimonio d'esperienza di cui ciascuno è portatore, restituito alla consapevolezza, diviene risorsa per il cambiamento
(Mortari, 2003, 2009a).
5 Punti di vista esperti
Ricaviamo dalle interviste agli esperti alcune visioni e suggerimenti in tema di interventi a supporto della genitorialità, oltre all'indicazione di varie prassi consolidate che hanno costituito, per la scrivente, una preziosa conferma rispetto alla legittimità del percorso formativo progettato a supporto della genitorialità; anche qui, infatti, ricorrono diverse parole-chiave - apprendere dall'esperienza, co- costruzione della conoscenza, riflessività, trasformatività - che sono le stesse che ci hanno guidato nell'individuazione dello "sfondo integratore" (cfr. fig. 9.1) sulla cui base abbiamo costruito il nostro progetto di parenting support, di cui si renderà conto nel prossimo capitolo.
Innanzitutto, da ogni parte emerge la necessità di abbandonare forme tradizionali di formazione degli adulti per intraprendere percorsi di educazione riflessiva (cfr. Padoan, 2006, 2008). Appare utile ricordare che l'etimologia di educazione (ex- ducere, "aiutare a venir fuori") prospetta una dimensione di educabilità come declinazione fondamentale dell'esistere umano, la quale perciò - in quanto tale - si distingue dall'ammaestramento o dall'addestramento, dato che è intrinsecamente connessa alla capacità del soggetto di produrre un proprio sapere. Che l'educabilità sia sperimentabile anche nei riguardi della genitorialità trova giustificazione nel
concetto di "sviluppo come processo continuo" e di "perfezionamento graduale", anche in età adulta. È ovviamente fondamentale avvicinare la dimensione educativa rivolta alla genitorialità e le azioni ad essa connesse con sguardo critico, poiché se non si vuole scivolare nel mero addestramento e ridurre la portata degli interventi in attività di tipo rimediale - così come può accadere per qualsiasi ambito educativo
- è necessario tenere aperte le porte ad un apprendimento riflessivo e all'intenzionalità educativa, il ché richiede un impegno di forma-azione permanente, con ciò intendendo un processo costante di attiva "messa in forma" di un pensiero a partire dall'esperienza e dai vissuti che da questa scaturiscono (Margiotta).
Al giorno d'oggi, infatti, abbiamo a che fare con genitori che desiderano essere competenti. Rispetto a tale obiettivo, il presupposto è che la genitorialità si costruisce e che si può perfezionare - anelando ad una "genitorialità riflessiva" - prendendo consapevolezza relativamente ai processi di conoscenza adottati o generati nel mentre si esercitano compiti e funzioni genitoriali. Dal punto di vista educativo, ciò che interessa è operare sempre in una logica di potenziamento delle competenze educative, che qualunque genitore deve poter avere l'occasione di apprendere anche dalla propria storia. Che le competenze educative possano essere apprese è un assunto pedagogico importante, purché non venga concretizzato attraverso un modello di insegnamento-apprendimento verticale bensì attraverso un approccio teso alla riflessività, ovvero del lavoro con i genitori in cui essi possano mettersi in discussione rispetto alle loro credenze e ai loro comportamenti, cercando di attivare, di mettere in circolo, le loro competenze. Un primo criterio su cui fondare programmi di educazione parentale concerne la co-costruzione di conoscenza, consentendo ad ogni genitore di realizzare un processo di co- apprendimento ove ciascuno mette a disposizione la propria esperienza, la propria expertise, la propria competenza, accettando anche di metterla in gioco, dovesse servire. Un secondo criterio riguarda l'attenzione alla dimensione ecologia entro cui si sviluppa l'uomo. Ciò significa, in sostanza, che il lavoro formativo va realizzato non solo sulla famiglia ma anche con la famiglia, in qualunque situazione: di normalità o di vulnerabilità. Questo concetto di "lavoro con le famiglie" richiede che l'operatore, il formatore, rifletta non solo sulle sue modalità di intervento ma sul proprio modo di ascoltare e di relazionarsi con l'altro - genitore, bambino, parente che sia - all'interno del progetto di intervento, il tutto in una logica di ecologia trasformativa (Milani).
La famiglia competente è dunque quella che ha - e sa di avere - risorse al suo interno. È perciò necessario aiutare i genitori a trovare in se stessi le soluzioni alle loro difficoltà: una valida strategia metodologica che può facilitare la consapevolezza rispetto alle proprie risorse giace nella possibilità di condividere problemi analoghi, di confrontarsi tra "pari" e nell'incremento della condivisione di responsabilità educativa tra le famiglie (Iori). Ecco che i genitori possono attingere a saperi generalizzati vivendo all'interno di "comunità informali di genitori" e costruire una conoscenza significativa non tanto andando "a scuola di.", ma confrontandosi con altri genitori. Poiché tutti i processi di conoscenza nascono attraverso lo scambio, il genitore può diventare un genitore riflessivo se viene aiutato, in adeguati contesti formativi od autoformativi, a rendere espliciti i propri saperi e ad analizzarne potenzialità e criticità (Fabbri).
In aggiunta, si può affermare che la genitorialità si fa riflessiva quando passa dal
noviziato all'expertise. Un buon intervento formativo deve perciò chiedersi, in qualche misura, quali esperienze di apprendistato organizzare per i genitori al fine di promuovere, sostenere ed accelerare il processo per il passaggio da noviziato ad esperto. Parlare di formazione alla genitorialità significa parlare di una formazione come apprendimento dall'esperienza, di una formazione che lavora con e sull'esperienza. Sono pertanto ottimali, dal punto di vista formativo, tutte le metodologie discorsive e narrative che aiutano a "mettere in parola", metodologie cioè che aiutano ad estrinsecare il sapere tacito, dato che il genitore ha una "conoscenza pratica" e sa fare molte più cose di quelle che sa dire. Inoltre, poiché quello del genitore si può definire un "mestiere a rischio", il supporto formativo e sociale più efficace è quello che rassicura i genitori sul fatto che è legittimo sbagliare, che dagli errori si impara e che i compiti da affrontare saranno via via sempre più compatibili con lo sviluppo delle loro competenze (Fabbri).
Ecco che, a fronte della richiesta di un mirato sopporto per praticare al meglio la
propria funzione, una genitorialità "normale" andrebbe coadiuvata a riflettere sulle proprie pratiche educative, al fine di individuarne i punti di forza ma nel contempo comprendere - accettando di rivedere e trasformare - eventuali punti di debolezza inficianti la capacità formativa della relazione educativa. Un'efficace metodologia in tal senso è quella basata sull'analisi di situazioni concrete o di casi realistici non direttamente coinvolgenti ma neppure estranei alla propria esperienza e sulla conseguente discussione compartecipata (Ajello).
D'altra parte, non tutte le situazioni familiari problematiche sono patologiche tanto
da aver bisogno di un trattamento "canonico" (psicoterapeutico, ad esempio), con ciò intendendo che non è possibile applicare i criteri della disfunzionalità alla "normalità". In questo senso, ogni azione preventiva può ritenersi alla stregua di un intervento educativo, formativo, pedagogico, nel significato più ampio dei termini (Cusinato).
D'altra parte, "educazione dell'adulto" significa chiedere all'adulto di mettere se stesso al centro dell'apprendimento, di diventare riflessivo sulla propria storia, di prendersi cura del proprio imparare e di tutti gli aspetti connessi all'imparare, che diviene specificamente un "prendersi cura della propria mente" e, più in generale, un "prendersi cura di sé". Ma non si tratta di centrare l'attenzione solo sull'aspetto cognitivo o solo sull'aspetto soggettivo, dal momento che nell'educazione dell'adulto entrano in gioco anche aspetti di natura relazionale, culturale, sociale. La competenza relazionale si impara diventando riflessivi sulle numerose e diversificate relazioni che si sono intrattenute lungo l'arco della propria vita. Dal punto di vista formativo, risultano perciò quanto mai utili le possibilità offerte dai percorsi autobiografici di cura, che accompagnano l'individuo a recuperare i vissuti connessi alle esperienze di "essersi sentito/non sentito curato", di "aver curato/non curato" e lo aiutano a riflettere sulle tras-formazioni delle proprie "posture" cognitive, emotive, comportamentali verso Sé e verso gli altri, avvenute eventualmente a seguito di "esperienze di cura". Va anche sottolineato che, in ogni relazione d'aiuto, lo strumento principe è il Sé del professionista, strumento che si esplica attraverso talune pratiche, parole, posture che "spingono" alla relazione. In sostanza, compito del professionista è la formazione alla relazione che finisce per coincidere, in ultima istanza, con la formazione del Sé. Tutto ciò è particolarmente importante nella formazione di adulti che in qualsiasi veste si occupano degli altri attraverso la messa in atto delle proprie "posture di cura". Ancor più per il genitore, che tra i propri compiti ha appunto quello di "prendersi cura di." (Formenti).
Può essere quindi importante la consulenza educativa, che comporta la capacità, da parte del consulente o del formatore, di aiutare altri adulti a trovare autonomamente la via che conduce al superamento della difficoltà. In questo senso il lavoro consulenziale è un lavoro formativo che mira a rendere responsabile il genitore, o la coppia genitoriale, del proprio destino, della propria vita, per supportarla nel cercare in se stessa, al proprio interno, le regole che possono aiutarla a funzionare meglio. Il lavoro consulenziale dovrebbe essere mirato a favorire i processi di riflessività degli adulti su come essi stanno conducendo la loro vita e su come possono attivare percorsi o processi trasformativi della loro relazione e nella relazione coi figli. Aiutarli, dunque, ad immettersi in un processo di apprendimento trasformativo (Pati).
I servizi alle persone e alle famiglie improntati su una sensibilità educativa, dovrebbero allora configurarsi come "servizi relazionali di cura", dove la cura (care) è da intendersi come "prendersi a cuore le premure fondamentali delle persone (Donati).
6 Considerazioni conclusive
Oggi una buona parte di genitori, seppure in condizione di "normalità", risulta "vulnerabile" poiché immersa in una serie di difficoltà anche solo momentanee, dipendenti dalla congiunzione di più variabili, tra cui, in primis, la crisi economica che sta determinando l'emergenza connessa alle nuove povertà, la crescente immigrazione, la difficoltà delle coppie miste nella reciproca integrazione culturale, l'instabilità di coppia che sta portando ad un incremento delle separazioni cui si correla un ancor più significativo incremento delle separazioni conflittuali.
Certo, gli adulti credono di possedere in misura diversa le capacità necessarie alla cura e all'educazione dei figli e, dunque, pensano di esercitare in modo più o meno incisivo e valido il proprio ruolo genitoriale. Tuttavia, la competenza genitoriale non è innata bensì comporta delle specifiche abilità che si apprendono nel tempo e che si sviluppano all'interno del sistema familiare, in quanto i comportamenti genitoriali assumono caratteristiche che possono variare in funzione delle variabili non solo dell'adulto ma anche del bambino e di tutti quegli aspetti del contesto che influenzano in maniera indiretta le interazioni familiari (pensiamo alla relazione coniugale, al grado di accordo tra i coniugi, alla rete sociale al di fuori della famiglia, alle condizioni lavorative dell'uno e dell'altro). Il sostegno alla genitorialità si rende estremamente necessario soprattutto in momenti particolarmente delicati delle transizioni del ciclo di vita familiare. Un sostegno che può anche essere dato dal semplice aiuto a sviluppare competenze già presenti o potenziali, favorendone la consapevolezza e dunque rendendo possibile la possibilità di utilizzarle opportunamente. Talvolta i genitori appaiono incerti nel loro ruolo, poiché non è sempre possibile fare riferimento a modelli appresi; abitudini e stili educativi delle proprie famiglie e culture di origine risultano sovente inappropriati, considerando il rapido mutamento culturale e sociale.
Per questi ed altri motivi i genitori possono aver bisogno di essere sostenuti nella riflessione critica di quelli che sono gli strumenti che già possiedono ma di cui sono inconsapevoli o di cui mettono in dubbio l'esistenza: il sostegno, in questo caso, può servire a supportarli nello sviluppo di un proprio intuito educativo, ad assumere atteggiamenti appropriati per giungere ad una consapevolezza e ad un atteggiamento emotivo positivi per sé, per il proprio bambino e per ambedue nella reciproca interazione.
Dal punto di vista educativo, riteniamo che interventi a supporto della "genitorialità vulnerabile" non possano che essere progettati in un'ottica di rete tra servizi e fondati su modelli di caring e di empowerment, mirati al potenziamento delle risorse personali attraverso pratiche riflessive e di presa di consapevolezza, così che i genitori possano attivamente individuare in se stessi le risposte ai propri bisogni o problemi. Attingendo all'innovativo paradigma dello sviluppo umano cosiddetto del capability approach, sviluppato grazie alle intuizioni di Sen e Nussbaum (cfr. Nussbaum e Sen, 1993; Nussbaum 2001, 2013), tali modelli formativi si potrebbero oggi qualificare anche nei termini di "capacitanti", dal momento che la prospettiva della capacitazione umana pone in risalto la capacità-di-azione dell'individuo di compiere scelte e di realizzare ciò a cui egli dà valore, in uno sfondo di libertà sostanziale.
Appunti su: visione ecologica del bambino bronfenbrenner immagini, significato di trasformativitC3A0, |
|
Appunti Logica | |
Tesine Poesia | |
Lezioni Grammatica | |