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Giovanni Gentile
La vita
Giovanni Gentile nacque a Castelvetrano, in Sicilia, il 30 maggio 1875 e compì gli studi universitari alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove venne a contatto con la filosofia dell'idealismo.
Successivamente fu professore all'università di Palermo dal 1906 al 1913 dove scrisse alcune delle sue opere principali come 'La filosofia di Marx' e 'La riforma della dialettica hegeliana'. Passato inoltre all'università di Pisa e poi a quella di Roma, Gentile cominciò ad elaborare il principio dell''atto puro' e a pubblicare una serie di opere teoriche in cui esponeva la propria filosofia; si dedicò allo studio della cultura filosofica nazionale cercando di far emergere una tradizione di pensiero italiano parallela a quella tedesca.
All'avvento del fascismo, Gentile entrò nel governo come Ministro della Pubblica Istruzione (1922-24), realizzando quell'ampia riforma della scuola che porta il suo nome.
Nominato senatore nel 1922, Gentile, dopo il delitto Matteotti lasciò il governo, si allontanò dalla politica attiva e s'indirizzò ad una militanza di carattere soprattutto culturale, non priva tuttavia d'importanti risvolti amministrativi; il regime mussoliniano gli conferì incarichi di grande prestigio, facendolo direttore dell'Enciclopedia Italiana.
Gentile, che aveva confermato la sua adesione al fascismo anche dopo l'8 settembre 1943, fu ucciso da un gruppo di partigiani a Firenze il 15 aprile 1944.
La teoria dell'educazione
Per Gentile pedagogia e filosofia coincidono, poiché entrambe hanno la funzione di rendere l'uomo consapevole di essere unità tra pensiero e realtà nell'atto del pensare.
In realtà il filosofo italiano è decisamente ostile a quella 'pedagogia' che aveva preteso di configurarsi come scienza autonoma. Egli combatte a fondo il pedagogismo, vale a dire la pretesa di istituire una scienza dei metodi d'insegnamento e parimenti combatte il pedologismo cioè la pretesa di studiare sistematicamente gli stadi evolutivi che percorre lo spirito umano nel suo processo di formazione. In realtà non si può, secondo il filosofo italiano, considerare lo spirito come un'entità naturale, astratta e inerte, e imporgli dall'esterno delle leggi a cui debba conformarsi. L'educazione presuppone la libertà, perché l'atto di pensare è un atto libero che mira alla libertà e intende formare un uomo libero e padrone di sé. Lo spirito, nella sua assoluta libertà, crea continuamente se stesso in forme sempre nuove. L'unico approccio possibile alla realtà dello spirito è quello filosofico e la pedagogia, pertanto, non può essere altro che la filosofia stessa in quanto considera il farsi dello spirito in quel concreto rapporto tra maestro e allievo che è l'atto educativo.
Il rapporto di educazione si presenta come un rapporto tra insegnante e allievo, ma la dualità dei due protagonisti si risolve in un'unica attività; nell'atto educativo infatti la mente dell'insegnante e quella dell'allievo divengono una mente sola: 'la mente oggettiva che viene costruendo la verità'. Sia l'insegnante che lo studente negano quindi la loro 'soggettività naturale' innalzandosi a quella unità superiore, che è unione con l'oggettività. Con l'atto educativo si realizza una sintesi a priori tra la mente del maestro e quella dell'allievo: una fusione attraverso cui la conoscenza non viene attinta dai manuali scolastici, ma viene creata ex novo in una "solitudine trascendentale" libera da influenze e condizionamenti esterni.
Queste opinioni di Gentile sono le premesse pedagogiche della riforma della scuola del 1923 di cui il filosofo, in quanto ministro dell'educazione, ne fu l'autore.
Considerando la filosofia di Gentile appare evidente che egli non riconosce valore formativo alla scienza, ma alla filosofia. Come conseguenza, nell'ambito culturale assume particolare importanza il liceo classico (come scuola destinata alle classi superiori della nazione) e in esso l'insegnamento della filosofia e della cultura storico- letteraria; non c'erano programmi di insegnamento, ma solo programmi di esame. Lo studio si basava sulla lettura diretta dei classici, filosofici e letterari, allo scopo di "rivivere la vita dello scrittore nella sua pienezza". Il sapere tecnico- scientifico, esaltato dal Positivismo, assume invece un ruolo secondario destinato alle classi inferiori. Anche l'insegnamento (obbligatorio) della religione nella scuola elementare assume una funzione importante, poiché aiuta i bambini a cogliere la dimensione dell'assoluto che sarà fornita nell'insegnamento successivo della filosofia.
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