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LE PAROLE,
Il professor Marshall B.
Rosenberg incoraggia l'esercizio della comunicazione nonviolenta soprattutto
nelle conferenze e nei seminari di mediazione tra Paesi in conflitto; egli,
ebreo americano, racconta nel suo libro di un seminario in cui parteciparono
israeliani di varie convinzioni politiche. Essi comunicarono usando
Molti coloni israeliani che si sono stabiliti sulla Riva Ovest credono che facendo questo svolgano un dovere religioso, e sono intrappolati in un conflitto non solo con i palestinesi ma anche con altri israeliani che riconoscono la legittimità della speranza palestinese di avere sovranità in questa regione.
Durante una sessione, il
professore e un suo collaboratore mostrarono un esempio di ascolto empatico
attraverso
Dopo venti minuti, una signora del gruppo dei coloni annunciò che sarebbe stata disponibile a prendere in considerazione la rinuncia alle sue richieste territoriali e a trasferirsi fuori dalla Riva Ovest, in un territorio israeliano internazionalmente riconosciuto, se i suoi oppositori fossero stati in grado di ascoltarla nel modo in cui era appena stata ascoltata.
La questione palestinese
La nascita dello stato d'Israele e la conseguente "questione palestinese" rappresenta senza dubbio un focolaio di tensione nella politica internazionale, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale.
Per poter avere nozioni
sufficienti ad elaborare un giudizio critico su una terra particolarmente calda
come questa, è necessario però partire dal 1918, anno in cui
Gli inglesi avevano dunque il controllo della zona, ma di fatto non furono capaci di mediare tra le contrastanti esigenze della popolazione che andava sempre più dividendosi tra arabi ed ebrei; infatti, mentre nel 1918 la popolazione era costituita per il 91% da arabo-palestinesi e per il 9% da ebrei, alla fine del terribile conflitto globale essa era rappresentata per il 69% da arabi e per ben il 31% da ebrei.
La minoranza ebraica, appoggiata dagli USA, era decisa a proclamare lo stato di Israele, anche a costo di sfidare, oltre alle forti resistenze palestinesi, anche le truppe britanniche che tentavano di limitare l'emigrazione in Palestina degli ebrei profughi da tutta Europa.
Il 15 maggio 1948 gli
inglesi decisero di ritirare i propri uomini da tutto il territorio palestinese
delegando all'ONU la soluzione della questione, sulla base di un documento che
le Nazioni Unite avevano già approvato l'anno precedente; così Gerusalemme fu
dichiarata zona internazionale sotto il controllo diretto dell'ONU e
Il giorno immediatamente precedente al ritiro degli inglesi (14/05/1948), gli ebrei proclamarono unilateralmente lo Stato di Israele, annettendosi un terzo in più dei territori concessi dalla risoluzione dell'ONU; e fu subito guerra.
Nel conflitto
israeliano-palestinese esordì anche
I termini politici della questione erano chiari, e non lasciavano intendere alcuna via d'uscita dalla guerra: gli israeliani non volevano uno Stato in cui i palestinesi avessero pari diritti politici, civili e religiosi; gli arabo-palestinesi, dal canto loro, giudicavano gli israeliani degli usurpatori da cacciare e da eliminare da quello che consideravano il proprio territorio nazionale.
L'11 maggio 1949 Israele fu ammessa all'ONU e nel 1956 intervenne a fianco di Francia e Gran Bretagna contro l'Egitto, per sbaragliarne l'esercito nella penisola del Sinai.
Privi di un proprio Stato nazionale, gli arabi palestinesi cominciarono ad alimentare un'opposizione sempre più violenta allo Stato di Israele, dandosi una rappresentanza politica unitaria legata al movimento di al-Fatah, guidato da Yasser Arafat.
Dopo la guerra dei Sei
giorni del 1967, si delinearono le drammatiche prospettive che riguardavano il
futuro del milione di palestinesi della diaspora: l'Egitto,
Nel settembre 1970,
ribattezzato dai palestinesi il "settembre nero", gli uomini di Arafat furono
disarmati ed espulsi dalla Giordania. I palestinesi reagirono con una
drammatica spirale di sanguinosi attentati terroristici, che colpirono
indiscriminatamente bersagli civili e militari in Israele e nei Paesi
occidentali; ad alimentarli contribuì anche il nuovo regime islamico-socialista
installatosi nel
Nel 1973 le armi ricominciarono a sparare: in concomitanza della decisione presa dagli Stati arabi produttori di petrolio di bloccarne le esportazioni in Europa e in USA, l'esercito egiziano invase il territorio israeliano e diede inizio alla guerra dello Yom Kippur; ancora una volta, però, l'Egitto fu sconfitto e Israele ribadì la sua consolidata supremazia militare su tutta l'area mediorientale.
Il presidente americano Jimmy Carter fece da mediatore tra il presidente egiziano Sadat e il primo ministro israeliano Begin durante gli accordi di Camp David, nel settembre 1978: il trattato prevedeva la restituzione della penisola del Sinai all'Egitto, lo scambio degli ambasciatori e il reciproco riconoscimento diplomatico.
Intanto, però, in un altro Stato confinante con Israele la situazione si complicava: nel Libano.
Esso era una repubblica parlamentare, con la rappresentanza politica e le principali cariche istituzionali assegnate in quote proporzionali alle due principali confessioni religiose in cui si divideva la popolazione, cristiani e musulmani. Il fragile equilibrio che queste due diversissime culture erano riuscite a costruire risultò visibilmente alterato a vantaggio dei musulmani con l'arrivo in massa dei profughi palestinesi scacciati dalla Giordania e dagli altri Paesi arabi, dando luogo a drammatici contraccolpi.
Inoltre nel 1982 le truppe israeliane invasero il Libano meridionale, occupando anche Beirut, per distruggere le basi da cui partivano i terroristi palestinesi.
Nel 1992 ci fu un segnale per una propizia inversione di tendenza: dopo il successo elettorale di Rabin, fu varato in Israele un governo di coalizione e si avviò un cauto processo di pace.
Il governo israeliano e i rappresentanti palestinesi dell'OLP sottoscrissero nel 1993 un accordo che prevedeva il ritiro di Israele dalle sette principali città della Cisgiordania e la nomina di un Consiglio dell'autonomia, organo rappresentativo della popolazione palestinese residente nei territori autonomi.
Israele riconosceva dunque l'OLP come legittimo rappresentante del popolo palestinese, e l'OLP accettava la sovranità di Israele, impegnandosi a ripudiare la violenza; però l'assassinio di Rabin, avvenuto per mano di un estremista ebreo il 4 novembre 1995, mise in crisi il processo di pace.
Nel 1996 Yasser Arafat
divenne capo del Consiglio dell'autonomia, e quindi fu eletto alla guida della
popolazione palestinese; pochi mesi dopo il governo israeliano passò nelle mani
del partito conservatore dei Likud. Tuttavia questi avvicendamenti non
sembrarono rallentare il processo di pace fortemente incoraggiato da Bill
Clinton, presidente degli USA; egli convocò una nuova conferenza a Camp David
nel
Si accesero drammatiche
insurrezioni, alimentate da terroristi suicidi che falciarono centinaia di
vittime tra i civili israeliani. Le risposte israeliane furono durissime, e
tutti i territori palestinesi,
Ormai gli accordi di pace erano stati compromessi dalla difficilissima situazione politica ed economica.
Quando nel 2003 morì
Yasser Arafat, la questione palestinese si fece ancora più complicata con il
rafforzamento costante del potere di Hamas. Il bipartitismo critico durò fino
alle recenti elezioni del
Nel periodo in cui i due
poteri palestinesi si affrontavano soprattutto riguardando
Nel 2008 Israele mandò a Gaza una campagna militare che sancì di fatto lo scoppio della Guerra di Gaza, i cui scontri hanno fatto contare numerosissime morti di militari e soprattutto di civili. La popolazione residente vive costantemente bersagliata da difficoltà di sopravvivenza, i bambini giocano in mezzo ad una terrificante guerra di cui neanche gli adulti riescono ancora a capire il senso.
Perché, in definitiva, chi ne ha colpa? I combattenti palestinesi vengono guardati come terroristi dai telegiornali di tutto il mondo, ma in fondo c'è da chiedersi se combattere per la propria terra sia davvero un atto di terrorismo. È vero, i loro attentati colpiscono spesso ambienti civili, ma vien da pensare se allora anche gli americani avrebbero dovuto essere definiti terroristi quando il presidente Truman fece lanciare le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Questa non vuole essere assolutamente una giustificazione per i terribili atti che Hamas sta compiendo sui territori israeliani, ma si vuole porre come riflessione su come l'Europa si faccia inevitabilmente influenzare dalla superpotenza statunitense che appoggia Israele.
Fotografia
di una bambina palestinese
Le potenze uscite vincitrici dalla Seconda
guerra mondiale decisero, ai tempi, di ridisegnare le cartine politiche e di
permettere agli ebrei, vittime principali del massacro nazista oggi noto come
Olocausto, di avere una propria terra.
I loro rappresentanti si
sedettero a tavolino, e con matita e righello ristabilirono territori e
confini;
Però non avevano considerato le persone che da anni, generazioni, secoli, abitavano quella zona; per loro quel territorio non era deserto, era la loro casa.
Gli ebrei che arrivavano da tutta Europa, dal canto loro, vedevano la propria legittimità nella Terra Promessa e vivevano ancora nell'amarezza e nel dolore della perdita dei loro cari, delle loro radici e della grande ferita nella loro dignità.
Eppure qualcuno deve assumersi la responsabilità di questo sbaglio, perché non è possibile pensare di dover continuare a vedere persone costantemente massacrate, senza acqua, senza luce, senza casa.
Le grandi potenze internazionali devono intervenire in questo conflitto che ormai si è tramutato in un radicato odio razziale, perché hanno sbagliato a non impedire in tempo a Hitler di perseguitare delle persone dalla grande dignità e tradizione e hanno cercato di rimediare ai loro errori in un modo altrettanto sbagliato: ora non ci sono solo vittime, ma anche vittime delle vittime.
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