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Effetti delle non linearità sulle superfici di controllo al bordo d uscita
In questo capitolo si introduce il problema aeroelastico tratta to nel prese nte lavoro. Iniziere mo con una des crizione delle no n lineari tà ae rodinamiche e strutturali che influe nzano il fenom eno del b uzz co nce ntra ndoci prevalenteme nte s ulle onde d'ur to e sul fr eeplay delle superfici di controllo, e, dopo una breve digressione sui flus si tra nsonici e sulle i nterazioni tra urti e stra to limite, passere mo a descrivere più nel dettaglio il fenome no aeroelastico no to come buzz.
Introduzione
Un modello aeroelastico è lineare se tali possono essere considerate tanto l aerodinamica quanto la struttura. Questo non è generalmente il caso di un velivolo reale in cui le condizioni operative e le caratteristiche strutturali possono portare all insorgenza di fenomeni non lineari aerodinamici (onde d'urto, bolle supersoniche etc ) e o strutturali (rigidezze e o smorzamenti non lineari, giochi rigidi etc ). Tra le conseguenze, dal punto di vista della risposta dinamica del sistema , vi è il possibile verificarsi di instabilità aeroelastiche o di altri fenomeni non lineari potenzialmente pericolosi per l integrità del velivolo. Queste instabilità possono essere dovute alle sole non linearità aerodinamiche strutturali o all accoppiamento tra le due.
Nel presente capitolo ci soffermeremo a considerare il buzz un fenomeno tipico delle superfici mobili del bordo d'uscita strettamente legato alla presenza di onde urto. Il primo caso documentato di incidente dovuto al buzz risale al 5 e ha interessato il velivolo militare a getto P 0 sui cui alettoni furono rilevate oscillazioni di bassa ampiezza in condizioni di Mach transonico. All aumentare del numero di Mach l ampiezza di tali oscillazioni crebbe poi fino a portare al danneggiamento delle superfici mobili stesse. In seguito, tramite prove in galleria ], fu chiarito come queste oscillazioni rappresentassero un instabilità indotta dallo spostamento di urti lungo il profilo alare in regime di flusso transonico o debolmente supersonico. In tempi successivi sono stati rilevati altri casi di buzz di superfici mobili come per esempio il buzz di rudder riscontrato durante un volo di prova del T 5 Goshawk.
Sebbene il buzz sia come vedremo un fenomeno essenzialmente legato all interazione tra urti, strato limite e rotazione della superficie di controllo, la presenza di una non linearità strutturale come quella rappresentata dal freeplay può influenzarne significativamente sia l insorgenza sia la dinamica . Ciò è dovuto al fatto che all interno del range del gioco si ha rispetto al caso lineare una variazione del momento di cerniera il quale, come sarà chiarito in seguito, gioca un ruolo fondamentale nella dinamica di questo tipo di instabilit .
Non linearità aerodinamiche
Nell ambito delle non linearità aerodinamiche le onde d'urto rappresentano forse il fenomeno più caratteristico e non stupisce quindi che su di esse si siano concentrati gli studi dei gasdinamici tanto nel passato quanto in tempi più recenti ] ] ] ]. In questo paragrafo ci limiteremo ad esporre le caratteristiche principali delle onde d'urto evidenziandone le differenze rispetto alle perturbazioni di intensità infinitesima senza entrare nello specifico delle relazioni che legano le quantità termodinamiche a valle dell urto con quelle a monte.
Le onde d'urto sono sostanzialmente delle onde non lineari che si propagano a velocità supersonica e che compaiono in natura ogniqualvolta elementi differenti di un fluido si avvicinano tra loro con velocità maggiori della velocità locale del suono. Ogni improvviso rilascio di energia in un fluido risulta invariabilmente in un urto in quanto tali tipi di onde rappresentano uno dei meccanismi di dissipazione di energia più efficienti riscontrabili in natura. In un certo senso un onda d urto può essere anche interpretata come un fronte d'onda molto sottile attraverso il quale si abbia una brusca variazione delle quantità termodinamiche. Dal punto di vista fisico infatti quando una linea di flusso attraversa un urto si hanno aumenti istantanei di pressione, den sit , temperatura e entropia insieme a una consistente diminuzione della velocit . A causa di questi repentini cambiamenti delle proprietà del flusso le onde d'urto possono essere viste come delle discontinuità con irreversibilità altamente localizzate. L o spessore degli urti si aggira intorno a qualche cammino libero medio ed è generalmente maggiore nei gas poliatomici in quanto la rotazione delle molecole , unitamente al moto vibratorio, richiede un numero maggiore di collisioni per "aggiustare" lo stato di equilibrio a monte dell urto con quello a valle.
La velocità del suono in un gas è notoriamente definita come quella velocità con cui una perturbazione infinitesima si propaga nel gas stesso a seguito delle collisioni tra le sue molecole. Dalle equazioni di bilancio della massa e della quantità di moto applicate ad un onda piana infinitesima è possibile ricavare l espressione per la velocità del
suono in funzione delle variabili termodinamiche:
che per un gas ideale, può essere riscritta come:
Facendo riferimento alla figura 1 si vede come, per un onda piana che attraversi con velocità pari a quella del suono un fluido in quiete, la parte del flusso a valle dell onda, dove cioè sia passata la perturbazione, abbia subìto variazioni infinitesime di velocit , pressione, densità e temperatura rispetto al flusso a monte.
a b)
Fig. 1.1 Propagazione di un'onda piana infinite sima in un flui do in quiete. a) sistema di riferimento solidale al fluido; b) sistema di riferimento solidale all onda.
L'ipotesi di perturbazione infinitesima reca con sé la fondamentale conseguenza che il processo che produce tali variazioni delle proprietà termodinamiche sia del tutt o isoentropico ergo reversibile. Vale inoltre la pena notare che le relazioni scritte per la velocità del suono non distinguono tra onde di compressione ed onde di espansione e l ultima equazione in particolare può essere applicata anche a gas con calori specifici variabili fintanto che l equazione di stato dei gas perfetti possa essere considerata valida.
Se si passa ora a considerare un onda di compressione finita, generata per esempio accelerando fino ad una velocità v un pistone all interno di un condotto orizzontale infinitamente lungo, si ha la situazione di figura . Il problema fu studiato per primo da Riemann il quale stabilì come la perturbazione si muovesse in modo tale che un suo generico punto p, caratterizzato da dati valori di pressione e velocit , si spostasse con
una velocità pari a:
dove con a1 si intende la velocità del suono nel fluido indisturbato.
A partire da questa relazione è quindi possibile ricostruire la forma dell onda ad un generico istante . In particolare risulta evidente come le differenti velocità dei punti dell onda tendano a renderne il fronte anteriore sempre più ripido man mano che la perturbazione si propaga. Infatti, come mostrato in figura, il punto q è caratterizzato da una velocità minore rispetto a p, e ad un tempo successivo si sarà portato in p' avvicinandosi a q che si sarà a sua volta portato in q . Il profilo di velocità risulterà quindi deformato e più ripido. Dal punto di vista puramente matematico si può pensare di giungere alla situazione illustrata in figura 1 c dove sia p sia q hanno sopravanzato il punto a velocità nulla. Si può però dimostrare che nella realtà questo non si verifica in quanto gli elementi fluidi interagiscono fra di loro e si accumulano in un profilo sempre più ripido fino a dar vita in effetti a una transizione discontinua.
Fig. 1.2 Evoluzione di una perturbazione di intensità finita in un'onda d'urto.
Immagine tratta da Rif. 6].
Il risultato derivabile dalla teoria di Riemann è che, a una pendenza infinita del fronte dell onda, corrisponda un onda d'urto nel caso reale. Al contrario di ciò che accade per le onde infinitesime che mantengono invariata la loro forma (in quanto questa non dipende dalla velocit ), nelle onde finite, la presenza nell equazione di bilancio della quantità di moto del termine convettivo non lineare , dà luogo ad un cambiamento dei profili dell onda, portando in particolare ad un aumento della pendenza nelle regioni dove esiste un gradiente.
La figura 3 mostra i differenti effetti dovuti al passaggio di un onda acustica e di un onda d'urto all interno di un gas. Il propagarsi di un onda acustica provoca l oscillazione della pressione e della densità lungo un isoentropica ovvero secondo un processo reversibile. Il passaggio di un urto al contrario comporta un aumento di entropia e il gas passa da uno stato 1 a uno stato 2 per poi tornare al livello di pressione e densità iniziale seguendo una differente isoentropica. La principale conseguenza di questo fenomeno è che, come noto, non possono verificarsi espansioni per urto in quanto queste comporterebbero una diminuzione di entropia contravvenendo così al Secondo Principio della Termodinamica.
Fig. 1.3 Rappresentazione del pa ssaggio di un'onda sonora e di un onda d'urto all interno di un gas
inizialmente in quiete. Immagine tratta da Rif. 6].
Non linearità strutturali
Le non linearità strutturali possono essere divise in non linearità distribuite e concentrate , le prime si estendono all intera struttura e si manifestano attraverso complessi comportamenti dei materiali mentre le ultime agiscono localmente. Le non linearità concentrate possono a loro volta essere divise in tre categorie fondamentali [ :
Molle polinomiali;
Freeplay (o gioco ;
Non linearità con isteresi.
Una rigidezza di tipo polinomiale può talvolta essere riscontrata in presenza di grandi deformazioni flessionali delle ali o delle pale dei propulsori (fig. a), mentre, la
presenza di attrito nei cinematismi degli attuatori, può dare origine a fenomeni di
isteresi nelle curve forza-spostamento delle superfici di controllo (fig. b).
a b)
Fig. 1.4 Curve forza-spostamento: a) molla cubica; b) isteresi.
Immagine tratta da Rif. 8].
In questo lavoro ci concentreremo comunque nello studio degli effetti della sola non linearità di tipo freeplay sul comportamento aeroelastico del velivolo, considerando nello specifico il gioco presente nella catena di comando dell attuatore del rudder. Il freeplay può essere causato da un deterioramento delle connessioni della catena di comando o delle cerniere delle superfici di controllo e può causare deviazioni dal comportamento dinamico nominale di entità non trascurabile. Come conseguenza di ci , oltre al possibile instaurarsi dei già citati fenomeni di instabilità aeroelastica, si possono presentare problemi di manovrabilità del velivolo dovuti a una diminuzione delle prestazioni del sistema di controllo. In generale tutti i cinematismi presentano un certo livello di gioco e di questo si tiene conto in fase di progetto tramite l imposizione di opportuni requisiti limitando così il problema della perdita di manovrabilità ai casi di rottura o di estrema usura degli attuatori. La verifica del livello di gioco delle superfici mobili deve quindi essere eseguita più volte durante la vita operativa del velivolo ad opportuni intervalli temporali in modo da monitorare l eventuale deterioramento e assicurarsi che i requisiti imposti risultino rispettati.
L'attuale standard industriale per la misurazione del freeplay delle superfici di controllo consiste nell applicazione di un carico sulle superfici stesse e nella successiva misurazione della corrispondente deflessione in termini di spostamento lineare o angolare. Il tipico apparato di misura fig. . ) è costituito da un RVDT (Rotation Variable Differential Transformer), usato per determinare la rotazione relativa tra la superficie mobile e quella fissa, e da un attuatore idraulico unito a una cella di carico
per la registrazione dell entità delle forze applicate.
RVDT
Load Cell
Fig. 1.5 Apparato di misura del freeplay del rudder.
Immagine tratta da Rif. 9].
In genere si inizia il test di tipo statico a partire da un carico pari a zero aumentandolo poi man mano fino a un valore corrispondente ad una certa percentuale del carico ultimo, quindi si traccia il grafico del momento o del carico applicato in funzione dello spostamento misurato.
In presenza di freeplay si ha, nell intorno dell origine della curva carico-spostamento, un range di deflessione, generalmente piccolo, in cui la rigidezza è prossima allo zero. Dal punto di vista matematico, nel caso di rigidezza nulla all interno del range di freeplay, si può rappresentare il gioco come una soglia ovvero come la sovrapposizione delle caratteristiche di un blocco lineare e di un elemento di tipo saturazione (fig. ):
M
Fig. 1.6 Rappresentazione del freeplay
analiticamente otterremo:
dove con k e ak si sono indicate le rigidezze dei tratti rispettivamente esterno ed interno al range di freeplay.
Interazione urto strato limite
Nel descrivere l evoluzione e le caratteristiche fondamentali del campo transonico abbiamo per semplicità trascurato gli effetti della viscosit , ignorando quindi la presenza dello strato limite attorno al corpo. Nella realtà la presenza dello strato limite e l esistenza di fenomeni di interazione con le onde d'urto che si generano in un flusso transonico possono variare il comportamento di un profilo modificandone anche di molto le prestazioni. L'incontro tra un onda d'urto e lo strato limite può dar vita a fenomeni talvolta molto complessi [ ][ ] . L'urto sottopone lo strato limite ad un gradiente di pressione avverso che può fortemente distorcere il profilo di velocit . Allo stesso tempo, nei flussi turbolenti, l onda d'urto ha l effetto di accrescere la generazione di turbolenza amplificando così la dissipazione viscosa e aumentando di conseguenza la resistenza delle superfici aerodinamiche. Questa interazione, che si manifesta tramite un accoppiamento tra il flusso nello strato limite e il contiguo flusso non viscoso, può influenzare fortemente le condizioni attorno ad un profilo transonico specialmente se l urto è abbastanza forte da indurre il distacco dello strato limite. Conseguenza di ciò può essere un repentino cambiamento della struttura del flusso con formazione di forti vortici e produzione di potenzialmente pericolose instabilit .
L'interazione urto-strato limite può dare quindi origine a diversi fenomeni:
Lo strato limite inizia a risentire dell aumento di pressione a valle dell urto più a monte dell urto stesso generando così un urto obliquo di coalescenza avente forma a lambda. In questa configurazione a lambda la compressione avviene in parte attraverso l urto obliquo e in parte attraverso quello normale.
Se l onda d'urto è sufficientemente intensa può provocare il distacco dello
strato limite in quanto, la perdita di energia subita dalle particelle che attraversano l urto, può essere tale da non permettere più alle particelle stesse di risalire il gradiente di pressione avverso presente nella parte posteriore del profilo provocando il così detto stallo d urto.
Il distacco dello strato limite può talvolta assumere carattere non stazionario infatti, il conseguente aumento di pressione a valle dell onda d'urto, tende a far retrocedere l urto stesso verso il bordo d'attacco e a diminuirne l intensità favorendo così il riattacco dello strato limite. La conseguenza di tutto ciò è l instaurarsi di uno stato di vibrazione, buffeting, dovuto alle forti variazioni locali della pressione.
6 Buzz delle superfici di controllo
Il termine buzz è storicamente usato in letteratura per indicare un particolare tipo di flutter a un grado di libertà che si può manifestare sulle superfici di controllo poste in corrispondenza del bordo di uscita di ali e code orizzontale e verticale (flap, alettoni, equilibratore e timone) in condizioni di volo transonico o debolmente supersonico. Questo fenomeno consiste in un oscillazione autoeccitata della superficie mobile attorno al suo asse di cerniera e ricade in quella categoria di instabilità aeroelastiche nota come LCO (Limit Cycle Oscillation) . Fin dai primi test avvenuti in seguito all incidente del P 0 è risultato chiaro come il manifestarsi di questo flutter a un grado di libertà fosse associato a un Mach critico piuttosto che a una velocità critica di flutter. In particolare fu evidenziato come l insorgere di questo tipo di instabilità dipendesse fondamentalmente dalla sezione dell ala, dall incidenza e dal numero di Mach. I primi studi al riguardo furono compiuti in un periodo che va dagli anni 0 agli anni 0 tramite test in galleria del vento. Le prove di galleria effettuate da Erickson e Stephenson [ ] sulla semiala del P- 0 incastrata ad entrambe le estremit , dimostrarono come l instabilità non dipendesse dall interazione tra i gradi di libertà flessionale e torsionale dell ala e della superficie mobile stabilendo così l effettiva natura ad un unico grado di libertà del fenomeno.
Successivamente Lambourne fu il primo a tentare una classificazione del buzz notando come questo si potesse manifestare in condizioni di flusso diverse [ ]. Dagli esperimenti da lui condotti su due differenti profili alari flappati emerse in particolare come l insorgenza del buzz fosse legata alla presenza di onde d'urto in flussi transonici o debolmente supersonici. Il fenomeno risultò inoltre caratterizzato da un accoppiamento tra l oscillazione della superficie mobile e quella degli urti. Nello specifico infatti, per una deflessione positiva dell alettone, si evidenziò uno spostamento in direzione del bordo d'attacco dell ala , per un onda d'urto sul dorso (verso il bordo d'uscita del flap per un onda sul ventre , e viceversa per una deflessione negativa (fig. ).
Fig. 1.11 Accoppiamento tra l oscillazione del flap e quella delle onde d'urto.
Immagine tratta da Rif. 13].
Una caratteristica fondamentale del buzz è che queste oscillazioni della superficie mobile e delle onde d'urto risultano sfasate l una rispetto all altra (fig. ).
Come accennato in precedenza, i risultati dei test eseguiti da Lambourne suggerirono
Fig.
1 12 Differenza
di fase tra
l oscillazione del flap e dell'urto.
Immagine tratta da Rif. 13].
come, all aumentare del numero di Mach asintotico, si potessero individuare 3
differenti tipologie di buzz legate alle condizioni di flusso attorno alla superficie mobile (fig. ):
Buzz di tipo A: per leggermente superiore al valore critico per l instaurarsi dell instabilit , l onda d'urto si posiziona a monte dell asse di cerniera lasciando il flap in condizioni di flusso subsonico. Il fenomeno del buzz risulta in questo caso dominato dall interazione instazionaria tra urto e strat o limite. L'oscillazione della superficie mobile infatti produce un oscillazione anche nell intensità degli urti provocando un continuo distacco e riattacco dello strato limite. La separazione del flusso genera a sua volta un momento di cerniera che
porta il flap ad oscillare rialimentando così il processo.
Buzz di tipo B: aumentando si creano, tra asse di cerniera e bordo d'uscita della superficie mobile, onde d'urto posizionate generalmente sia sul dorso sia sul ventre del profilo. La superficie mobile risulta quindi immersa in un flusso in parte subsonico e in parte supersonico. Anche in questo caso si ha separazione indotta dall urto ma il fenomeno sembrerebbe governato più che altro dall oscillazione delle onde sulla superficie del flap e dal momento di cerniera da essa derivante. L ampiezza e la frequenza del buzz possono in questo caso essere influenzate dalla separazione del flusso ma l instaurarsi
dell instazionariet non risulta dipendente da fenomeni viscosi.
Buzz di tipo C: per ancora maggiori le onde d'urto sul dorso e sul ventre si posizionano in corrispondenza del bordo d'uscita del flap lasciando la superficie di controllo interamente immersa in un flusso supersonico. In questa tipologia di buzz l interazione tra urti e strato limite non sembrerebbe giocare un ruolo fondamentale.
Fig. 1.13 Classificazione del buzz. Immagine tratta dal Rif. 12].
Il valore del numero di Mach asintotico per il quale si verifica il buzz dipende in generale dall angolo di incidenza del profilo diminuendo all aumentare dell incidenza. Inoltre la geometria del profilo, in particolare il rapporto tra spessore e corda, può influenzare la tipologia del fenomeno. Il buzz di tipo A, per esempio, si riscontra prevalentemente nei profili spessi .
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