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Il profilo intellettuale di Martha Nussbaum
1. Perché parlare della Nussbaum: il dibattito contemporaneo sugli approcci
Giunti a questo punto, abbiamo costruito una mappa concettuale e storiografica degli studi sulla disabilità; il passo successivo consiste nell'introdurre la filosofa americana Martha Nussbaum, per analizzare i contributi che apporta alla discussione e per far emergere gli aspetti più rilevanti della sua teoria, che ci saranno utili per la trattazione finale sulla costruzione dell'identità sociale delle persone disabili. In particolare, in questo capitolo ci focalizzeremo su: il contesto in cui si inserisce la filosofa, analizzando le varie alternative al suo approccio; il background filosofico che la sostiene; l'approccio fondamentale della sua teoria della giustizia; la critica di paternalismo.
Martha Nussbaum si inserisce nel dibattito contemporaneo sui diritti fondamentali dell'umanità, oltre che con gli approfonditi studi, anche grazie al suo impegno attivo in diverse situazioni e campi di indagine53. Particolarmente prolifico è il suo lavoro sulla questione delle disuguaglianze di genere, data l'attenzione per la condizione delle donne in diverse parti del mondo (specialmente in India) e in differenti contesti (famiglia, educazione, lavoro, attività creative ecc.). Si può affermare che l'attenzione della filosofa si focalizza particolarmente
sulle situazioni di asimmetria; infatti, oltre alle disuguaglianze di genere, fa oggetto del suo lavoro anche molti altri tipi di dislivelli, come il rapporto tra uomini e animali, l'interazione tra diverse culture (sviluppate e in via di sviluppo) e, venendo a ciò che interessa in questa sede, la situazione delle persone disabili all'interno di una società di non-disabili. La sua filosofia si confronta costantemente con quella rawlsiana, la cui teoria della giustizia viene ammirata e considerata la migliore tra quelle disponibili, ma allo stesso tempo, come vedremo, giudicata poco adatta almeno nella trattazione delle asimmetrie appena elencate54. Infatti, la teoria del contratto sociale sostenuta da Rawls si basa sulla stipulazione di un accordo tra individui uguali e l'unico scopo è trarre da esso un reciproco vantaggio. Ne deriva perciò che: chiunque si discosti dal livello di "normalità" e chiunque non possa mettere a disposizione un contributo di cui tutti possano usufruire, traendone vantaggio, sia escluso dal contratto e quindi dalla partecipazione sociale. Proprio per ovviare alle mancanze della teoria sociale di Rawls, la Nussbaum elabora il suo approccio delle capacità, inizialmente allacciandosi al collega e compagno Amartya Sen, per poi spingersi oltre con nuove proposte e notevoli differenze.
Il suo contributo al dibattito contemporaneo sta proprio nella proposta di un approccio per lo studio di vari aspetti riguardanti lo sviluppo della vita umana, che si pone come alternativa a quelli esistenti, spesso inadeguati e fuorvianti. In particolare quelli da lei attaccati con maggiore forza sono: il criterio basato sul Prodotto Interno Lordo (PIL) e la teoria dell'utilitarismo.
Il calcolo della percentuale pro-capite del prodotto interno lordo è
uno dei criteri utilizzati più frequentemente per stabilire il livello di sviluppo di una nazione55. La Nussbaum evidenzia minuziosamente come questo metodo sia in realtà inadeguato per misurare la qualità della vita. Prendendo infatti come esempio una nazione come l'India, in cui convivono nello stesso contesto situazioni di estrema povertà e altre di ricchezza molto elevata, è palese che un dato come il Pil non possa tener conto dei dislivelli, ma debba fornire una media indicativa. Conseguentemente, giacché si può ottenere un valore alto nonostante le forti diseguaglianze e gli squilibri interni, il Pil non è un fedele rappresentante delle varie situazioni in esame. Nonostante ciò è un metodo che viene utilizzato perché offre alcuni vantaggi: per esempio è calcolabile in modo semplice e chiaro, dunque permette un agevole confronto tra diverse nazioni. Secondariamente, non è un dato di facile manomissione e non permette ai paesi di realizzare agilmente un imbroglio sulla propria situazione economica. Allo stesso tempo, però, esso presenta una serie di limiti che non permettono di impiegarlo senza problemi: in primo luogo, non è strettamente necessario che laddove si verifichi un progresso economico si ottengano incrementi nella qualità della vita (es: sanità e istruzione). In aggiunta, questo dato non si riferisce all'effettivo ammontare del reddito famigliare medio, bensì è una cifra lorda che può riferirsi anche ai capitali in mano ai grandi imprenditori, senza coinvolgimento dei singoli cittadini. Infine, il Pil è un indicatore che mette insieme elementi molto diversi tra loro
senza distinzione: è possibile che due paesi abbiano uno stesso Pil, ma all'interno ci siano diverse situazioni riguardo all'istruzione, all'assistenza sanitaria, ai diritti politici, ecc56.
Il secondo approccio messo in questione è quello dell'utilitarismo, il cui principale teorizzatore è Jeremy Bentham. Questo sistema si basa sulla valutazione dell'utilità totale o media, ossia sulla soddisfazione delle preferenze all'interno di una società. Questo criterio, al contrario del precedente, ha certamente il merito di interessarsi maggiormente alle persone, ma la Nussbaum individua tuttavia svariati punti problematici. Primariamente, come il Pil, anche l'utilitarismo non riesce a tenere conto dei vari aspetti della vita e delle differenze sostanziali che si riscontrano nella collettività. Infatti, anche raggiungendo un'alta media di persone che ottengono la soddisfazione della maggior parte dei bisogni e dunque conducono una buona vita, è possibile che in realtà molti ne soddisfino tutti e altri nessuno; oppure può accadere che alcune classi alzino la media perché soddisfano anche bisogni secondari, mentre altre non possiedono gli strumenti nemmeno per soddisfare quelli primari. Ulteriormente, questo metodo presuppone che ci sia un unico parametro di valutazione di ciò che è utile e ciò che ha valore nella vita di ognuno, ma sappiamo che non è affatto così. Non solo le preferenze sono differenti, ma esse si modificano nel tempo e spesso sono determinate da un'aspettativa sociale che indica quali sono i bisogni di un particolare gruppo, senza indagare se sia davvero ciò che essi desiderano (punto di particolare importanza per l'identità sociale dei disabili). L'ultimo aspetto criticato dalla Nussbaum è il fatto che l'utilitarismo pone la soddisfazione come fine ultimo,
indipendentemente da come essa sia raggiunta57. Al contrario, nella prospettiva della filosofa, è la libertà di scelta che deve essere posta come obiettivo; saranno poi i singoli a decidere se soddisfare o no i propri bisogni individuali e a stabilire quali essi siano.
Altri due approcci che la filosofa giudica inadeguati sono gli approcci delle risorse e quelli dei diritti umani. La prima alternativa si basa sulla valutazione dello sviluppo di un paese a seconda di quante risorse possiede (ricchezze e reddito) e di quanto riesce a distribuirle equamente alla popolazione. Si tratta dunque di una "versione egualitaria" 58 dell'approccio basato sul Pil. Il lato positivo di questo programma è appunto che si concentra su una più equa distribuzione, ma, malgrado questo, presenta alcuni difetti: come per il Pil, anche questo approccio è basato sulla ricchezza e non è un buon indicatore della condizione effettiva degli individui. Infatti, le persone richiedono svariate e particolari risorse a seconda delle esigenze; perciò, anche se ci fosse una distribuzione equa di esse, ma questa fosse indifferenziata, accadrebbe che alcuni sono accontentati e altri meno59. Ad esempio un bambino necessita maggiori risorse mirate all'educazione rispetto a un adulto, così come un bambino disabile ha bisogno di più risorse impiegate nelle strutture, che non servono a un bambino non disabile, per avere le stesse opportunità.
L'ultimo approccio che viene criticato è il più controverso, poiché, nonostante esso presenti delle ambiguità, si collega strettamente con l'approccio delle capacità, anzi quest'ultimo può essere interpretato proprio come una versione del primo. Stiamo parlando dell'approccio basato sui diritti umani, fondato sull'idea che ognuno, in quanto uomo, possieda dei diritti fondamentali, che gli devono essere garantiti e rispettati. Le capacità includono tutti i diritti sia della prima generazione (civili e politici) sia della seconda (economici e sociali); inoltre, sia le capacità che i diritti sono fondamentali per le basi costituzionali. Tuttavia, la Nussbaum individua alcuni aspetti che rendono il suo approccio più adeguato e comprensivo per studiare la realtà sociale e anche meno vincolato da una particolare concezione storica o culturale60. Per prima cosa l'approccio delle capacità si fonda sull'umanità in quanto tale, non sulla razionalità o su altre specificità, includendo nella trattazione anche le persone disabili. Inoltre, esso allarga l'analisi a tutte le altre specie, quindi anche agli animali, poiché secondo questo approccio tutti gli esseri viventi senzienti possiedono diritti e devono essere tenuti in considerazione dalla giustizia. Il linguaggio dei diritti rimane comunque fondamentale, ma il punto che rivendica la Nussbaum è soprattutto il fatto che, mentre nelle rivendicazioni dei diritti spesso si ricerca l'indipendenza da interventi statali, dunque una "libertà negativa" (soprattutto nelle concezioni statunitensi), l'approccio delle capacità ritiene fondamentale l'azione positiva da parte del governo per garantire l'eliminazione delle barriere e l'effettiva possibilità di mettere in pratica i propri diritti61. Ciò ha ripercussioni notevoli specialmente sui gruppi subordinati ed emarginati, come possono essere le donne o i disabili, poiché anche se vengono concessi pari diritti, ma questi non sono seguiti da interventi mirati, non si otterranno risultati concreti nelle vite delle persone.
La Nussbaum, dunque, rifiutando questi approcci per l'analisi dello sviluppo umano, apre uno spazio di discussione in cui la disabilità può entrare ed essere oggetto di studio accurato, operazione impraticabile utilizzando gli altri metodi di indagine. Per capire da quale base parte per giungere alle sue conclusioni, sarà senz'altro utile illustrare i presupposti filosofici che la sostengono nei suoi ragionamenti.
Background filosofico: Aristotele, Stoici, Smith e Marx
Martha Nussbaum è una delle più famose studiose contemporanee di Aristotele: la filosofia dello Stagirita è analizzata in dettaglio e viene riformulata e ripensata in chiave moderna, trovandone utilizzo in vari settori di indagine. In particolar modo, nella maggior parte dei suoi testi, la filosofa si riferisce esplicitamente alle concezioni aristoteliche dell'essere umano, delle emozioni e della filosofia politica. Innanzitutto, nella visione aristotelica, poi ripresa da Marx, l'essere umano è concepito come un'entità da una parte abile e capace (dotato di ragione), dall'altra vulnerabile e indigente; infatti per sopravvivere non ha bisogno solo di cibo e riparo, ma anche di una molteplicità di pratiche che lo rendono "umano". Vedremo che proprio da questo presupposto parte l'approccio elaborato dalla Nussbaum, nel quale vengono individuate le capacità fondamentali che devono essere garantite a ogni persona, per permettere una vita adeguata e dignitosa.
Riguardo al ruolo delle emozioni, Aristotele rappresenta per la filosofa un punto di partenza determinante, poi ampliato attraverso lo studio delle filosofie ellenistiche. Principalmente la concezione che ne segue è il ruolo cognitivo delle emozioni, ossia la possibilità di comprendere la sfera etica grazie al loro studio, poiché anch'esse sono portatrici di contenuti intellettivi. Le emozioni, infatti, sono considerate dalla Nussbaum dei giudizi valutativi sul mondo esterno, analizzando i quali è possibile capire che importanza diamo a un certo oggetto/condizione/situazione, e fanno emergere la nostra natura di esseri incompleti moralmente e bisognosi fisicamente6
Per quanto concerne la concezione della politica, la studiosa trae ispirazione dai ragionamenti aristotelici su come debba essere governata una società: innanzitutto, la preparazione culturale dei politici è imprescindibile per garantire una giusta amministrazione del potere che promuova i corretti valori; altrettanto importante è però l'educazione dei cittadini. Questi ultimi devono avere gli strumenti per prendere decisioni consapevoli e per basare la loro vita sulla scelta e non sull'imposizione esterna, anche se compito dello stato era di fare in modo che le scelte si indirizzassero su un'unica concezione della vita buona63.
Il filosofo greco riveste quindi un essenziale ruolo nei ragionamenti della Nussbaum, ma è altrettanto stimolante notare in quali punti vengono prese le distanze. Per prima cosa, viene rifiutata la ricerca aristotelica di un'unica e universale concezione del bene e della vita buona, in favore di una più aperta concezione dell'azione politica, che deve mirare solo a garantire le capacità e non il loro funzionamento, per lasciare aperto lo spazio di scelta delle singole persone. Questa
concezione rientra nella forma di "liberalismo politico" che rivendica la Nussbaum64. Un altro punto di scissione si trova nella diversa attenzione per le donne: essa rappresenta per la filosofa americana un punto di cruciale importanza. La questione femminile non solo viene analizzata negli ambiti più problematici (famiglia, educazione, lavoro, paesi in sviluppo), ma viene utilizzata anche come criterio discriminatorio per capire che livello di uguaglianza sussiste in una determinata società e contesto. Infatti, più volte la Nussbaum ripete che la politica internazionale dovrebbe essere femminista65, perché solo occupandosi di riportare pari opportunità ci si può confrontare con le problematiche che impediscono la costruzione di una società giusta. Riguardo alla questione della disabilità, le donne rimangono sempre ben a fuoco: da una parte viene preso in considerazione il maggior grado discriminatorio che colpisce le donne disabili rispetto al sesso maschile; dall'altra viene illustrato e studiato il fatto che sono le donne che si prendono carico delle persone disabili, e che per questo spesso mettono da parte lavoro, piaceri, interessi per dedicarsi agli altri: situazione che agli occhi di certe società è quasi un dovere. Nella concezione di Aristotele, come in generale nell'epoca antica, la considerazione delle donne era invece notevolmente scarsa; troviamo appunto che i cittadini attivamente partecipanti in politica dovevano essere unicamente i maschi adulti, liberi e autoctoni (con ulteriore esclusione dei lavoratori manuali), relegando di conseguenza le donne a un ruolo decisamente marginale e dimostrando poca attenzione per
l'uguaglianza umana66.
Uno degli aspetti della filosofia aristotelica che è maggiormente fruttuoso per la Nussbaum è la vulnerabilità umana. Infatti, solo comprendendo che l'uomo è debole e fatto di bisogni, si può avere una corretta visione della vita e di conseguenza avere gli strumenti per migliorarla. Le necessità materiali non sono un fatto accidentale per l'umanità, bensì la caratterizzano: dunque c'è un'urgenza notevole nel provvedere a che ognuno possa soddisfare questi bisogni, in particolar modo chi ha più difficoltà nel farlo. Sempre Aristotele riconosce quindi che l'essere umano è contraddistinto dall'avere bisogno di una molteplicità di funzioni e attività per realizzarsi: avere la possibilità di esprimere se stessi, di interagire, di provare emozioni (in particolare l'amicizia)67.
Un altro caposaldo della filosofia nussbaumiana è lo stoicismo: esso gioca un ruolo decisivo poiché influisce nell'elaborazione dell'approccio delle capacità e perché permette il perfezionamento di alcuni concetti aristotelici68. Infatti, la Nussbaum riesce a individuare nuovi punti di contrasto con lo stagirita:
- Il concetto di dignità: per Aristotele non rivestiva grande importanza, anzi la società era disegnata come una gerarchia tra diversi tipi di esseri umani, mentre secondo gli stoici è un concetto determinante. Infatti, essi non delineano distinzioni all'interno della specie umana, non stilano una gradazione di valore a seconda dello status che viene rivestito, bensì affermano che ognuno acquisisce pari dignità rispetto all'intera comunità
solo grazie al possesso della capacità di scelta morale (per la Nussbaum solo per il fatto di essere una creatura senziente), meritando di conseguenza pari rispetto a prescindere dalla propria identità sociale. Come la stessa filosofa sottolinea, questa concezione è stata ripresa dai grandi pensatori moderni come Grozio, Rousseau e Kant. Il concetto della dignità è il fulcro della teoria nussbaumiana, poiché è la base da cui parte per tracciare il suo approccio delle capacità.
- Il cosmopolitismo: essere cittadini del mondo è un punto su cui gli stoici fanno leva per mostrare che la nostra specie è un'unica realtà, accomunata proprio dalla condizione umana che la lega. Non solo quindi è necessario costruire una solida comunità nel nostro stato, ma anche al di fuori di esso, impegnandosi per creare un legame morale che unisca il mondo in tutte le sue sfaccettature. I primi impegni sono quindi la non aggressione e l'ospitalità degli stranieri. Tutto ciò era estraneo ad Aristotele, il quale non individuava obblighi etici al di fuori della propria città- stato. Sebbene con molti limiti, gli stoici hanno dunque il merito di avviare una riflessione sulla natura cosmopolita umana e sull'impegno etico che ne deriva.
- Libertà nella "sfera privata": anche se in modo abbozzato, gli stoici compiono un passo ulteriore rispetto ad Aristotele anche dal punto di vista della protezione di uno spazio "privato" (anche se questi termini sono anacronistici) che la società non ha diritto di sorpassare. Sebbene non si tratti di un'elaborazione esaustiva, lo stoicismo ha il merito di evidenziare che per garantire la
giustizia, la scelta del singolo deve rimanere personale e libera69.
Per una completa visione delle principali influenze che accompagnano il lavoro della Nussbaum, anche se non si esauriscono in questo elenco, bisogna senza dubbio nominare Adam Smith, a sua volta rielaboratore dell'aristotelismo e dello stoicismo. La sua utilità si ritrova nell'impegno sia teorico che pratico a trovare soluzioni per i molteplici errori che individua nell'Inghilterra del suo tempo, come le limitazioni al commercio, le leggi invasive, la schiavitù ancora persistente, il salario insufficiente degli operai. Anche se di epoche diverse, possiamo dunque notare come Smith e Nussbaum siano accomunati dalla ricerca per una giustizia e uguaglianza che riguardino tutti i membri della società e che vadano oltre i confini dello stato, cercando di realizzare un governo che promuova e protegga le capacità di base. Smith dunque rifiuta, allo stesso modo della filosofa contemporanea, l'invulnerabilità stoica in favore della concezione aristotelica dell'uomo, secondo la quale è necessario garantire una serie di bisogni fondamentali per fare in modo che l'individuo si sviluppi e che sia in grado di mettere in pratica determinate capacità; inoltre, si avvicina allo stagirita anche per la concezione della dignità umana. Secondo il pensatore, infatti, la dignità è qualcosa di molto delicato e senza un'adeguata istruzione di base può essere messa in pericolo; per esempio la divisione del lavoro e la condizione di povertà diffusa impediscono a gran parte della popolazione di raggiungere un livello minimo di educazione. Smith condanna queste situazioni e ritiene necessario l'appoggio dello stato per lo sviluppo delle capacità basilari (sia fisiche sia intellettuali), in
modo da garantire la conservazione e tutela della dignità70.
Infine, una componente che influisce sui lavori della Nussbaum è senza dubbio la filosofia marxista, in particolare il Marx dei Manoscritti economico-filosofici del 1844, redatti in un periodo in cui il filosofo stava approfondendo gli studi su Aristotele. Infatti, la sua visione viene inserita nel discorso della Nussbaum integrata con quella aristotelica, nel tentativo di elaborare un'idea del funzionamento umano che fosse completa ed esaustiva71. Seguendo questa concezione, viene posta al centro la capacità umana di possedere una forma di appartenenza (a culture/gruppi religiosi/idee ecc.) e di ottenere reciprocità nelle relazioni interpersonali. Questo perché i rapporti con gli altri, nella visione aristotelica-marxista, rappresentano una fondamentale caratteristica umana, che pervade tutti i tipi di capacità: infatti gli esseri umani nascono, crescono e muoiono a contatto con gli altri e risultano fortemente condizionati da questo rapporto. Pensando alla famiglia, probabilmente la prima istituzione sociale con cui ognuno viene in contatto, si nota come essa sia determinante nella formazione di un essere umano e come influisca drasticamente nello sviluppo di tutte le capacità fondamentali7 Anche la famiglia, come tutti i tipi di relazione sociale, deve essere quindi basata su una concezione della persona intesa secondo la filosofia kantiana, ossia legata al fatto che l'individuo sia trattato sempre come fine e mai come mezzo. Ciò implica che non debbano verificarsi gerarchie basate sul sesso, sull'età o sulla posizione sociale, ma che ognuno goda dei propri diritti in modo libero e uguale, dunque che sia considerato individualmente e non come un ingranaggio
che ha senso solo se rapportato all'istituzione più grande73. Esemplare è per la Nussbaum la condizione delle donne, che spesso vengono relegate a una condizione di strumento e non come unità importante in sé, ossia quando la donna assolve il suo ruolo solo se è una buona moglie, madre, figlia, badante, ecc.
La filosofia di Marx è presa perciò molto in considerazione dalla Nussbaum: i rapporti sociali, e di conseguenza anche quelli economici, influiscono sulla persona e la trasformano, soprattutto se si tratta di individui particolarmente vulnerabili. Ritorna perciò la concezione che abbiamo trovato nel modello sociale, dove le persone disabili, a seconda del contesto in cui si trovano, hanno diverse esperienze e differenti prospettive di vita. L'approccio delle capacità della Nussbaum ha ben presente questo fattore, e nel momento in cui illustra le capacità che ogni essere umano ha il diritto di possedere, non dimentica l'importanza dell'ambiente esterno nel garantire l'effettiva possibilità della loro realizzazione fino al raggiungimento di una certa soglia. Inoltre, cruciale è l'importanza della dignità, aspetto che Marx ritrova in Aristotele: ci sono alcune capacità e funzioni umane che se sono assenti rendono la vita indegna di essere vissuta, trasformano l'essere umano in niente più che un animale74. L'approccio delle capacità si fonda proprio su questa idea di dignità, che ritiene ogni persona in possesso di un valore intrinseco e dunque come fine in sé; le capacità fondamentali saranno proprio quelle che sono necessarie per rendere una persona in
grado di condurre una vita dignitosamente umana.
3. Approccio delle capacità
Martha Nussbaum si propone dunque di trovare un approccio che possa stare alla base di qualsiasi discorso sulla giustizia, oltrepassando i limiti dei vari approcci esistenti. Come la filosofa afferma con frequenza, questo approccio può essere considerato una teoria parziale della giustizia, poiché, da una parte contribuisce a offrire un metodo per affrontare problematiche internazionali in modo efficace, dall'altra rimane parziale perché si deve arrestare a una soglia (threshold) per far in modo che possa essere applicato a qualsiasi situazione e contesto: oltre quella soglia, vedremo, non si può intervenire seguendo questo metodo, poiché il suo scopo non è creare un'uguaglianza totale, ma quello di garantire a tutti il raggiungimento di un livello accettabile di vita. Il cuore di questo atteggiamento è fondato sulle capacità umane, ossia: "ciò che le persone sono in grado di fare e di essere, avendo come modello un'idea intuitiva di vita che sia degna della dignità di un essere umano"75.
In questo paragrafo cercheremo dunque di capire cosa si intende con queste parole. Innanzitutto, è necessario illustrare quali siano le capacità umane fondamentali che individua la Nussbaum: esse sono
dieci e vengono presentate in un elenco preciso e dettagliato, in cui ci si riferisce alle funzioni umane più caratterizzanti e primarie. Queste capacità sono dunque le seguenti:
- Vita: poter assicurarsi una vita di media durata, senza morti premature o senza motivi per cui si trasformi in una vita indegna di essere proseguita.
- Salute fisica: godere di una buona salute sotto diversi aspetti
(riproduzione, nutrizione, crescita, abitazione).
- Integrità fisica: libertà di movimento, diritto di inviolabilità del proprio corpo, libertà nella vita sessuale e nelle scelte riproduttive.
- Sensi, immaginazione e pensiero: avere la possibilità di usare in modo libero e produttivo la propria inventiva, i propri sensi e la propria ragione, coltivandoli attraverso un'adeguata istruzione di base. Garantire dunque la capacità di esprimere liberamente se stessi, cercare autonomamente il senso della propria esistenza, avvicinarsi senza ostacoli a diverse pratiche religiose/politiche/letterarie.
- Sentimenti: essere liberi di provare, esternare e non vergognarsi di provare sentimenti (amare, soffrire, desiderare, provare rabbia ecc.); poter quindi sviluppare la propria capacità di provare emozioni e non essere inibiti da coercizioni politiche, culturali, fisiche che siano.
- Ragion pratica: avere la possibilità di forgiare da sé la propria
libertà di coscienza, dando un significato alla vita e stabilendo le proprie priorità in modo critico e consapevole.
- Appartenenza: poter socializzare con altri individui ed essere in grado di mettere in pratica forme di interazione e associazione, coltivare amicizie, preoccuparsi degli altri e farsi coinvolgere nelle vite altrui; potersi mostrare pubblicamente senza discriminazione per razza, sesso, religione, orientamento sessuale, dunque rivendicando il rispetto per la propria identità, qualunque essa sia, e nei diversi contesti (famiglia, lavoro, relazioni interpersonali).
- Altre specie: sviluppare la capacità di convivere con altre specie di animali, con il mondo vegetale e in generale con la natura, in modo pacifico e rispettoso.
- Gioco: aver la possibilità di crearsi degli spazi ricreativi, di svago e alimentare la propria mente attraverso esperienze appassionanti e gioiose.
- Controllo del proprio ambiente: possedere la capacità di avere sotto controllo il proprio ambiente sia politico che materiale. Da una parte essere attivamente coinvolti nella vita politica, attraverso la garanzia della libertà di espressione e di associazione; dall'altra poter esercitare il diritto di proprietà e di possesso, aver la possibilità di ottenere un lavoro, non poter essere oggetto di perquisizioni o arresti senza permesso76.
La costruzione di questo elenco ha subito diverse trasformazioni nel corso degli studi della filosofa: come lei stessa afferma, le maggiori modifiche che hanno subito l'individuazione e la definizione delle
capacità appena elencate sono state effettuate dopo il contatto con il contesto indiano e in seguito alla discussione con pensatori di culture diverse. Per esempio a seguito di questi rapporti è stata intensificata l'importanza dell'integrità fisica e del controllo del proprio ambiente, a volte sottovalutate nei discorsi occidentali. Inoltre, notevole attenzione è stata riposta nella salute riproduttiva, includendo non solo la possibilità di partorire in un ambiente sicuro e sterilizzato, ma anche di godere di una vita sessuale senza ingiuste inibizioni imposte dall'esterno e avere pieno accesso a informazioni aggiornate e adeguate sulla sessualità77.
Affrontando l'approccio delle capacità emerge quindi chiaramente l'influenza aristotelico-marxista presente: infatti, esso è basato sul concetto di essere umano caratterizzato da un'irriducibile pluralità di componenti, ciascuna delle quali è indispensabile e deve essere necessariamente coltivata, e la cui vita è contraddistinta sia dalla condizione di bisogno che dalla dignità78. Sarebbe quindi scorretto pensare di compensare una mancanza all'interno di una capacità aumentandone un'altra dell'elenco, poiché ognuna di esse rappresenta un bisogno fondamentale dell'essere umano che non può essere sostituito da altro: per esempio non sarebbe legittimo scambiare la libertà politica con una maggiore ricchezza economica79. In primo luogo perciò le capacità sono indipendenti e necessarie singolarmente, ma secondariamente si rivelano interconnesse e collegate tra loro sotto diversi aspetti. Riflettendoci, appare evidente che garantire libertà di espressione senza assicurare una relativa sicurezza di integrità fisica potrebbe risultare pericoloso; allo stesso modo, per rendere in grado le
donne di staccarsi dal controllo della famiglia o del marito, per garantire loro la possibilità di realizzarsi, trovare un lavoro, svolgere attività ricreative, è l'attuazione di misure di istruzione ed educazione. La complessità che mette in luce la filosofa è di estrema utilità per attuare analisi più precise, come appunto la questione della disabilità, poiché solo evitando di prendere in considerazione le questioni problematiche dividendole in compartimenti stagni, è possibile avere una visione d'insieme adeguata ed esaustiva, che permetta l'individuazione di una soluzione. Facendo un banale esempio, non basta che un disabile abbia il diritto di voto, se poi la struttura dove si svolgono i seggi non dispone delle attrezzature adatte per accogliere una persona che si muove con la carrozzina. Il punto chiave di questo discorso risiede nel concetto della soglia del progetto nussbaumiano, che appunto stabilisce come scopo non la completa realizzazione di una capacità dopo l'altra (puntando prima alla crescita economica, in un secondo momento all'istruzione, in un terzo alle pari opportunità ecc.), ma di farle crescere in simultanea ottenendo in ogni campo un certo livello minimo sufficiente a soddisfare l'ideale intuitivo di vita dignitosa.
Per comprendere meglio il discorso, bisogna continuare la chiarificazione di ciò che rappresenta il concetto di capacità nel lavoro della Nussbaum, suddividendone la definizione in tre grandi gruppi:
- Le capacità di base: sono le capacità che costituiscono gli uomini nelle loro caratteristiche di base, come vedere, sentire o di provare affetto. Può succedere che non tutte raggiungano il pieno funzionamento, ma devono essere comunque oggetto di doveri sociali da parte dell'intera comunità.
- Le capacità interne: queste a contrario delle prime si sviluppano con il tempo, ossia crescono insieme alla persona stessa. Prendendo come esempio la riproduzione, siamo di fronte a una capacità che non ha bisogno di grandi spiegazioni per essere funzionante (sebbene siano necessarie le informazioni e i servizi per renderla sicura e protetta), bensì si acquista con l'esperienza e con l'arrivo della pubertà. Ovviamente è necessaria la possibilità che avvenga l'esercizio effettivo di tale capacità affinché si tramuti in un funzionamento duraturo; dunque se una donna subisce una mutilazione o è affetta da una malattia particolare, potrebbe non essere in grado di riprodursi, non esercitando la sua potenziale capacità interna.
- Le capacità combinate: con questo termine si indicano le capacità interne combinate alle condizioni esterne che permettono l'esercizio di quella particolare funzione. Tornando all'esempio della riproduzione, se una donna è perfettamente in grado di riprodursi ma vive in un contesto dittatoriale dove se è di una determinata etnia non può avere figli con un uomo autoctono, è l'ambiente che le impedisce di esercitare la capacità interna. La stessa cosa vale per la libertà di espressione: pur avendo la capacità interna, se si è repressi da una cultura oppressiva, non potrà essere messa in pratica80.
Insieme alla Nussbaum possiamo quindi ricavare alcune conclusioni: innanzitutto l'impegno di un buon governo deve essere quello di fare in modo che le capacità interne siano affiancate da un ambiente favorevole alla loro applicazione; citando l'esempio della Nussbaum, se un bambino nella fase critica non dovesse essere circondato da persone che parlano, non imparerà a farlo, dunque la capacità interna non si paleserà. Conseguentemente, ne deriva che la lista delle capacità citate precedentemente è composta da capacità combinate, poiché per realizzarle non basta fare in modo che ogni persona le sviluppi internamente, ma è necessario che l'ambiente esterno sia altrettanto adeguato e ben disposto per sostenere queste capacità. Se una società è governata da una dittatura, la libertà di espressione sarà una capacità che non è possibile esercitare, sebbene sussista come capacità interna. È anche vero che se una generazione nasce e vive sempre sotto una forma di governo oppressiva potrebbe non sviluppare mai una capacità interna di libera espressione e anche se a un certo punto in tarda età dovesse esserci il ritorno di una democrazia potrebbero non essere in grado di attuarla.
Spingendoci oltre e cercando di collegare il discorso della Nussbaum al nostro primo capitolo, si potrebbe affermare che questa considerazione così forte dell'ambiente circostante si avvicina alla concezione del modello sociale. Avevamo visto infatti che la disabilità secondo questo metodo è un prodotto della società: la menomazione senza ostacoli esterni non si trasforma in disabilità. Sicuramente la Nussbaum, anche per via dell'influenza della filosofia di Marx, potrebbe essere d'accordo con questa concezione, tuttavia non ne fa mai accenno nei suoi lavori; ciò che appare evidente è la necessità di far crescere contemporaneamente capacità e ambiente per renderli funzionanti, poiché il tipo di capacità che più di tutto sono analizzate sono appunto quelle combinate. Senza dubbio, ciò che alla filosofa preme sottolineare è l'assoluta importanza della cultura umanistica per ottenere la formazione di un'organizzazione internazionale che miri alla giustizia. La filosofa denuncia più volte il fatto che la cultura occidentale trascura l'educazione umanistica puntando tutte le risorse su quella scientifica e tecnica; sebbene queste siano determinanti per lo sviluppo di un paese, se fatte crescere in modo isolato e fine a se stesso non bastano per assicurare un reale miglioramento della qualità della vita. Al contrario, i paesi orientali mantengono una profonda attenzione per lo studio delle loro tradizioni storiche, culturali, letterarie, cosa che, se indirizzata verso il dialogo e la curiosità per culture diverse, ha il merito di ottenere menti più consapevoli e più aperte81. Potremmo dedurne che le problematicità degli argomenti "critici", come la disabilità, trarrebbero vantaggi da una maggiore consapevolezza e apertura mentale, poiché molte delle dispute nascono proprio da pregiudizi culturali e dalla tendenza a relegare l'argomento al campo strettamente medico, per liberarsi del problema di inclusione.
Tornando all'approccio delle capacità, è opportuno specificare che esso è il frutto di una collaborazione con Amartya Sen, uno dei principali fautori di questo sistema, da cui la Nussbaum prende l'avvio per poi elaborare una versione più completa e, a suo dire, più efficace di esso. Sebbene l'origine sia la stessa, le concezioni finali dei due autori risultano quindi differenti sotto molti aspetti. Il punto più importante di discordanza è lo scopo che si prefiggono i due autori. Sen elabora l'approccio con l'intento di farne un uso comparativo, ossia di stabilire,
attraverso l'analisi di cosa le persone sono in grado di fare ed essere (capacità), quale sia il tenore di vita esistente8 La Nussbaum, intuendo il potenziale di questo metodo, si propone di superare il mero utilizzo di confronto, in vista di una più fruttuosa analisi della situazione con fini pratici di miglioramento, ossia di farne un uso normativo. Ancora una volta, il concetto di soglia è determinante. Infatti, Sen mira a una completa uguaglianza delle capacità, ma come abbiamo visto, la Nussbaum sostiene che sia più importante garantire una soglia minima poiché, oltre a essa, saranno gli stessi individui a decidere autonomamente cosa sviluppare maggiormente, dato che, disponendo di tutte le capacità nella giusta quantità, saranno perfettamente in grado di farlo. Per questo dunque la teoria della giustizia nussbaumiana è solo parziale: perché ammette l'esistenza di disuguaglianza al di sopra della soglia.
Un altro punto divergente tra i due pensatori è il fatto che Sen non si è preoccupato di stilare una lista delle capacità fondamentali e inoltre non compie la distinzione tra quelle di base, interne e combinate. Egli si limita a stabilire come obiettivo la libertà in sé, lasciando che siano le singole realtà nazionali a stabilire su quali capacità puntare e a quale concezione di vita buona aspirare (appunto perché fa un utilizzo comparativo e non normativo della sua teoria). La Nussbaum si discosta da questa prospettiva, che all'apparenza pare più democratica, perché, lasciando che ognuno stabilisca la propria "gerarchia di libertà", si corre il rischio di incrementare arbitrariamente alcune libertà piuttosto di altre, limitando o sopprimendo del tutto altri tipi di libertà. Senza dubbio è inevitabile che ci sia un restringimento di qualche libertà se si
vuole ottenere una società giusta; per esempio per fare in modo che avvenga un'uguaglianza di genere è necessario limitare la libertà maschile sul corpo e la mente della donna. Proprio perché ciò è imprescindibile, bisogna distinguere con attenzione quali sono le libertà fondamentali rispetto a quelle che non lo sono, o che addirittura danneggiano l'uguaglianza83. Inoltre, nel lavoro di Sen non si nota la distinzione tra capacità e funzionamento, di importanza cruciale per la Nussbaum, che finora abbiamo dato per scontato ma che merita una trattazione più specifica, ciò che avverrà nel prossimo paragrafo, poiché si rivelerà utile per il discorso sulla disabilità.
Abbiamo quindi affrontato l'approccio delle capacità nelle sue principali caratteristiche; ciò che si è potuto intuire è che ogni qualvolta si presenti la questione di ciò che riguarda i disabili, si aprono problematiche che complicano la situazione. Si intuisce quindi come il discorso sulla disabilità sia emblematico, perché, mentre da una parte può apparire semplice garantire le capacità fondamentali alla maggior parte delle persone (almeno in via teorica), dall'altra non è così banale trovare un modo per assicurare lo stesso a chi differisce dalla massa. La Nussbaum ha il merito di riconoscere questo problema e proprio qui sta la sua differenza rispetto a John Rawls. Infatti, si potrebbe concludere, come fa il filosofo statunitense, che la miglior tattica sia quella di risolvere prima le questioni per la maggior parte degli individui, ossia le persone "normali", facilmente raggruppabili e con problematiche simili, lasciando a un secondo momento la trattazione dei problemi di una "minoranza" con problemi specifici. Avendo illustrato la filosofia nussbaumiana, è evidente che questo metodo non è adeguato. I
problemi dei disabili non fanno parte di una tematica di nicchia, che può essere affrontata singolarmente in una fase successiva; al contrario, è urgente mettere sulla stessa bilancia i diritti di ogni membro della società.
Innanzitutto, la disabilità non riguarda affatto una piccola minoranza di persone, bensì interessa gran parte della popolazione mondiale: da una parte, perché il numero di persone con problemi di salute (fisica e mentale) è in aumento, dall'altra perché ogni essere umano attraversa fasi della vita in cui si ritrova a non essere indipendente e ad aver bisogno di assistenza e di servizi adeguati. Pensiamo ad esempio all'infanzia, l'età in cui si è totalmente in balia di chi si prende cura di noi; ancor più evidente è il caso della vecchiaia, fase in cui a causa del deperimento fisico e di altri vari motivi, si incorre in situazioni di disabilità (soprattutto attualmente, in un periodo storico in cui l'età media avanza costantemente). Inoltre, malattie, incidenti, casi della vita sono tutti episodi in cui l'uomo "normale" fa i conti con situazioni che lo fanno differire dallo standard regolare. Quindi, come si può escludere dall'esame qualcosa che riguarda tutti, direttamente e anche indirettamente? Risolvere i problemi solo per le persone "normali" equivale quasi a dire che si prende in considerazione esclusivamente chi soddisfa tutte le caratteristiche di un uomo ideale, ma probabilmente non esiste nessuno in grado di farlo. Come già abbiamo affermato, la Nussbaum sostiene piuttosto una trattazione che potremmo definire "per via parallela", ossia che sviluppa tutte le capacità contemporaneamente fino alla soglia minima, contrastando il metodo che si occupa singolarmente di ognuna di esse in successione partendo dalle situazioni standard, tralasciando quelle giudicate atipiche.
Anche il procedimento che prevede l'utilizzo del cosiddetto "velo di ignoranza" non soddisfa le perplessità della filosofa. Nonostante a prima vista esso sembri garantire una base imparziale, dopo una più accurata analisi, emergono le carenze. L'espediente del velo rawlsiano consiste nel pensare che all'origine della teoria della giustizia (posizione originaria) si suppone di essere completamente all'oscuro della propria condizione sociale ed economica, ignorando quindi quali siano gli interessi da proteggere che potrebbero favorire la propria situazione84. La Nussbaum riconosce che in questo modo emerge una forma di solidarietà verso chi non ha ogni fortuna, ma allo stesso tempo denuncia la ristrettezza di tale visione, perché tralascia chi è particolarmente lontano dalla normalità: le persone disabili hanno bisogno di un'attenzione mirata per far sì che raggiungano un livello pari a tutti gli altri membri, altrimenti si corre il rischio che, partendo da una situazione di ignoranza e disinteresse per condizioni particolari, si favoriscano le posizioni più vicine agli standard di normalità e venga mantenuto un particolare status quo.
Nonostante ciò, Rawls rappresenta per la filosofa un importante punto di riferimento; messo in relazione con tutti gli altri approcci della giustizia, il suo è il migliore esistente, nonostante alcuni difetti. L'approccio delle capacità riprende per l'appunto la concezione dei beni fondamentali rawlsiana, secondo la quale sussistono dei beni di cui ogni persona ha bisogno per realizzare qualsiasi cosa nella vita, così come afferma la Nussbaum in merito alle capacità. Per Rawls questi beni sono ad esempio la libertà di parola, la ricchezza, il reddito, il rispetto di sé, la
salute: se si verifica una loro distribuzione ineguale si ottiene una società ingiusta. La differenza sta nel carattere di concretezza che il filosofo attribuisce a queste necessità, parlando di beni che possono essere distribuiti come se fossero oggetti (nessun governo può garantire la salute a tutti i cittadini). La Nussbaum perciò insiste sull'esigenza di puntare sulle opportunità e capacità più che su "beni", in modo da mettere nella condizione, ad esempio, di preservare la propria salute e di avere i mezzi per ristabilirla in caso ce ne fosse il bisogno e la volontà85.
Un altro aspetto che viene ripreso dalla teoria ralwsiana è la concezione di liberalismo politico, che diventa un elemento cardine dell'approccio: esso è una forma di liberalismo progressista, ossia una concezione che si basa sul rispetto della libertà di scelta, quindi della persona nella sua totalità e della concezione della vita che predilige. Il liberalismo politico si basa quindi su tre fattori: la pari dignità, il rispetto reciproco e la libertà86. Rawls dunque supera la carenza di Aristotele nel dare importanza alla libera scelta, enfatizzando la necessità di fornire a ogni individuo la capacità di prendere decisioni in autonomia per ciò che riguarda i fini personali e le priorità da stabilire nella propria vita87. Questo aspetto è irrinunciabile per la Nussbaum, ben rappresentato dalla sua decisione di costruire una parziale teoria della giustizia, dove solo le capacità vengono garantite e non il funzionamento, di cui ci
occuperemo nel prossimo paragrafo.
4. Critica del paternalismo: valori universali e funzionamento
Nel seguente paragrafo ci occuperemo della critica che più facilmente può essere rivolta al metodo nussbaumiano e al relativo approccio delle capacità. Dopo l'excursus sulla teoria parziale della giustizia della Nussbaum, si può concludere infatti che si tratta di una teoria normativa e sostanziale, ossia che fornisce dei contenuti precisi, senza lasciare la possibilità di stabilirli dalle singole nazioni o culture; per questo motivo le viene immediatamente mossa la critica di imperialismo e paternalismo. Lo scopo della filosofa è precisamente quello di elaborare una base normativa dalla portata universale e interculturale, che oltrepassi qualsiasi tipo di barriera, che essa sia culturale, religiosa o nazionale. Questa base normativa non è data da altro se non dalle capacità universali individuate in precedenza, che non solo trovano utilizzo per confrontare le varie nazioni e misurare la qualità della vita che sussiste al loro interno, ma anche e soprattutto per agire laddove si riscontrerà una carenza in determinati campi. La critica si inserisce nell'affermazione della Nussbaum secondo cui queste capacità sono universalmente valide, a prescindere da qualsiasi convinzione o tradizione particolare. Ma cosa toglie il dubbio che questa teoria non sia un'imposizione da parte di un'ideologia occidentale, pretendendo di essere imparziale88? Le accuse rivolte alla filosofa sono quelle di occidentalizzazione e colonizzazione, poiché la studiosa si occupa prevalentemente delle situazioni critiche che
riguardano le donne in India; essendo che la cultura e le tradizioni sono molto differenti dalle nostre, risulta facile considerare chiunque tenti di costruire una teoria contenutistica come persona irrispettosa della diversità in quanto tale, poiché è possibile che civiltà dissimili non condividano gli stessi valori.
La Nussbaum ribatte a queste obiezioni con forza, giudicandole errate e superficiali, e offrendo diversi argomenti. Innanzitutto, occorre illustrare nel dettaglio un elemento basilare nella teoria nussbaumiana, che finora abbiamo lasciato in sospeso, ossia il rapporto che sussiste tra capacità e funzionamento. Non è infatti un caso che la filosofa ritenga che le prime e non il secondo siano l'obiettivo politico appropriato: ciò deriva dalla decisione di puntare su quello che le persone sono in grado di fare/essere e non su ciò che effettivamente fanno/sono. Questo significa che, elencando le capacità fondamentali, non si pretende che ogni individuo porti a termine ogni possibilità che gli è concessa, ma che, nel caso intendesse farlo, non ne è impedito in nessuna maniera. Non è detto che, se vige la libertà di espressione, ogni membro della società è obbligato a esprimere la propria opinione e a farla sapere al resto della società; se esiste la libertà religiosa, non segue che ognuno debba scegliere una religione da seguire o che debba approvare tutte le religioni esistenti, ma che è libero di scegliere per sé. Allo stesso modo, garantire a una persona disabile, ad esempio, il diritto di fare una domanda per una borsa di studio per frequentare l'università all'estero, non significa che il suddetto sia obbligato a farlo, ma che nel caso compisse questa scelta avrà a disposizione i servizi adatti che gli permetteranno di approfittare dell'opportunità come qualsiasi altro studente.
Il punto cardine di questo discorso sta nel realizzare che puntare sulle capacità piuttosto che sul funzionamento permette di rendere disponibile a tutti la libertà di scelta, e come afferma la filosofa:
"possiamo dire che un impegno al rispetto delle scelte altrui non sembra incompatibile con l'accettazione di valori universali, poiché sembra sostenere esplicitamente almeno un valore universale: il valore di poter pensare e scegliere per conto proprio"89.
Tutto questo non toglie che ci siano casi in cui debba essere garantito il funzionamento vero e proprio: in primo luogo, ovviamente, i bambini, i quali devono essere assistiti dalla famiglia, e nei casi in cui serva dallo stato, per far sì che le loro capacità raggiungano un funzionamento effettivo. Interessante è il suo accenno al fatto che anche le persone con disabilità mentali devono subire un "restringimento nella gamma delle scelte"90, proprio per garantire loro integrità fisica e dignità. Probabilmente questa affermazione risiede nella convinzione che alcuni tipi di disabilità mentale sono talmente gravi che non permettono l'esercizio della libertà di scelta e, per evitare che queste persone non siano sopraffatte dalla loro condizione, vengono promosse assistenze che prendono decisioni in loro vece, presupponendo cosa sia il loro bene. Ciò è condivisibile, ma deve appunto limitarsi a casi limite che non permettono l'interazione con il diretto interessato. Analizzeremo la questione più approfonditamente nei prossimi capitoli.
Tornando all'accusa di imperialismo, la Nussbaum prende in considerazione tre argomenti principali che le vengono rivolti e che a suo avviso sono meritevoli di una certa attenzione. Essi sono: l'argomento sulla cultura, l'argomento sul valore della diversità e l'argomento sul paternalismo. Questi in particolare si riferiscono alle critiche rivolte all'individuazione di criteri universali per valutare qualitativamente la condizione delle donne all'interno di una società, ma potrebbero essere destinate allo stesso modo alle discussioni sulla disabilità.
Il primo argomento sostiene che non si possa (e debba) intervenire dall'esterno su tradizioni storiche e culturali, dove per esempio le donne hanno un ben radicato ruolo o dove i disabili sono concepiti in un determinato modo. Secondo questa visione, intromettersi in tal modo rischia di imporre presuntuosamente una visione delle cose che deriva da un'altra tradizione, che non è detto che sia quella corretta. A questo argomento la Nussbaum risponde che non si tratta di una semplice contrapposizione di tradizioni, bensì di una volontà di andare oltre le culture per individuare situazioni di insoddisfazione e di protesta spesso ignorate. Per esempio molte donne in India non hanno la possibilità di accedere all'istruzione, al mondo del lavoro e ad avere momenti ricreativi, perché relegate al ruolo di custodi del focolare, conducendo una vita di rispetto silenzioso e di sacrificio. Garantire loro il diritto di educazione, di libertà di espressione e via dicendo significherebbe permettere la realizzazione del proprio sé e stabilire autonomamente quali sono i fini della vita. Allo stesso tempo è doveroso sottolineare che, anche permettendo che il sesso femminile sia libero di vivere la propria vita in modo indipendente e autonomo, ciò non esclude a chi lo desidera di portare avanti la tradizione come prima91. Questo si adatta perfettamente al discorso sulle donne che si occupano delle persone disabili: l'immaginario comune vuole che siano esse, e non gli uomini, a sacrificare tutto per occuparsi di una terza persona e rinunciare alla propria realizzazione personale. Nessuno vieta che qualcuno scelga questa strada, ma bisogna fare in modo che sia una decisione presa consapevolmente e liberamente, non che sia frutto di un'oppressione culturale, e che siano presenti forme di servizio e assistenza adeguati9
Chi accusa la Nussbaum di paternalismo difende solitamente una posizione relativistica, secondo la quale non è possibile intromettersi nelle culture straniere poiché esse sono basate su principi e valori che gli outsider (chi non ne fa parte) non possono comprendere. La filosofa però controbatte che tale visione viene spesso confusa con la tolleranza e il rispetto per la diversità, mentre in realtà ciò che essa promuove è la prosecuzione dello status quo vigente, senza alcun tentativo di migliorare gli aspetti decadenti di una società. Il relativismo sostiene che l'unica possibilità di trovare i criteri normativi per una società deve provenire dall'interno della società stessa, ma ciò è impensabile, sia perché le culture non sono mai incontaminate del tutto (soprattutto ai nostri tempi), sia perché, anche se si parla di relativismo, molte tradizioni pretendono di essere valide in modo assoluto. Nella sua opinione, per ottenere valori che riguardino il rispetto per la diversità, è necessario proprio oltrepassare il relativismo e promuovere norme più generali contro l'intolleranza.
Il secondo argomento si fonda sul valore della diversità, in quanto portatrice di ricchezza, giudicata come buona in sé. Spesso per avvalorare questa tesi, viene paragonata la diversità culturale a quella linguistica, considerata come caso esemplare di patrimonio da preservare ad ogni costo. La Nussbaum afferma però che proprio in questo paragone si individua cosa fa cadere l'argomento: le due diversità infatti non sono accomunabili, poiché mentre le lingue non possono causare alcuna ingiustizia o danno a persone, spesso le culture sono le maggiori responsabili di esiti simili. Ne segue che rispettare la diversità culturale non implica presupporre che essa non possa essere messa in discussione, bensì significa essere disposti al dialogo e ad apportare cambiamenti qualora proprio una certa tradizione fosse causa di iniquità93 (pensiamo ad esempio alla schiavitù o alla pena di morte).
L'ultimo argomento si riallaccia al discorso iniziale sulla libera scelta. Le accuse di paternalismo rimproverano all'approccio delle capacità di dimostrare poco rispetto per l'altrui possibilità di scegliere autonomamente, imponendo una visione del mondo estranea. In seguito, abbiamo visto che la teoria della Nussbaum si propone l'esatto contrario, e per farlo mette al primo posto il valore universale della libera scelta, che, anche se può apparire una contraddizione, è la necessaria individuazione di un terreno comune da cui partire per affrontare le problematiche della vita umana. Un atteggiamento paternalistico ordina esplicitamente cosa ognuno deve fare e deve essere, mentre l'approccio delle capacità si ferma sulla soglia, lascia che siano i singoli a decidere i propri fini e obiettivi, una volta che sia garantita loro una vita dignitosa94.
Attraverso la reazione alle critiche indirizzate al suo approccio, la Nussbaum sottolinea maggiormente il carattere universale della sua teoria. Tutto il discorso ruota intorno al liberalismo politico ripreso da Rawls, il quale, abbiamo visto, si basa sul rispetto di ogni membro della società e che non permette che la politica si appoggi a una specifica dottrina religiosa o culturale. Il passo ulteriore a cui sia lei che Rawls aspirano è il consenso per intersezione (overlapping consensous), ossia un processo che, per mantenere in equilibrio la società, pone come protagonisti gli stessi membri della collettività, che idealmente mettono a confronto le proprie idee e cercano un accordo stabile, per far sì che venga mantenuto l'ordine nonostante la pluralità interna95. Questa prospettiva però, nell'opinione della Nussbaum, rimane un'utopia e inoltre mostra ancora una volta la poca considerazione rawlsiana per chi non soddisfa le qualità di persona "ragionevole, razionale, libera e uguale"96, come avviene per la teoria del contratto sociale.
In ogni caso, l'accusa di imperialismo secondo la Nussbaum cade, poiché l'approccio delle capacità è un'argomentazione filosofica e, in quanto tale, suscettibile di critica e revisione; l'elenco stilato infatti è sempre in aggiornamento e aperto a modifiche. Inoltre, esso rimane abbastanza generico apposta per dare la possibilità ai singoli di specificarlo in autonomia. Infine, lo scopo di questa elaborazione non è di tipo metafisico e dottrinale, bensì ha fini assolutamente pratici e politici97. La Nussbaum costruisce una teoria parziale della giustizia con
un'intenzione pragmatica, senza assumere alcuna particolare posizione rispetto a questioni religiose, scientifiche ecc. Il suo progetto filosofico assume valore politico pratico98.
All'inizio di questo capitolo abbiamo illustrato i vari approcci criticati dalla filosofa americana, ma anche detto che la sua elaborazione non è esente da valutazioni negative, cosa di cui lei stessa è consapevole. Oltre all'accusa di imperialismo infatti vengono contestati altri aspetti problematici della sua concezione: innanzitutto, la difficoltà nel misurare le capacità. Affrontando il metodo basato sul calcolo del Pil o sulle risorse, emerge la facilità nell'ottenere dati facilmente obiettivi e confrontabili; al contrario, quando si parla di opportunità e di capacità non si può avere a che fare solo con numeri, bensì vengono coinvolti fattori molteplici e di differente natura. Esistono alcuni tipi di classificazione che tentano di tradurre in cifre la situazione di un paese, come l'Isu (Indice di Sviluppo Umano) o l'Isg (Indice di Sviluppo di Genere), i quali incrociano dati sull'aspettativa di vita, il grado di istruzione, il Pil e altri99. Questi però rimangono comunque degli indicatori e non rappresentano uno specchio della realtà. Nell'opinione della Nussbaum, tuttavia, non sempre un metodo di misurazione quantitativo ha più valore di uno qualitativo. Infatti, specialmente poiché lo scopo è studiare lo sviluppo umano e contribuire a esso, risulta significativo confrontare elementi di varia natura (le carte costituzionali dei paesi, i resoconti di studi, materiali sociologici ecc.) e attuare una "forma discorsiva di analisi"100 per vedere se sono necessari o meno interventi e per proseguire nella ricerca.
Un'altra forte obiezione all'approccio delle capacità è il suo arenarsi di fronte al limite della "soglia", questione su cui ritorneremo anche in seguito. Abbiamo visto infatti che una delle differenze tra la filosofa e Rawls risiede nel diverso scopo che si prefiggono: mentre il secondo aspira alla piena uguaglianza, la Nussbaum mira a una traguardo minimo, che garantisca una vita dignitosamente umana. Non viene vagliato lo spazio che si espande oltre questo soglia: possono benissimo verificarsi differenze di reddito, di risorse ecc. Secondo la filosofa, questa non è una mancanza, ma la garanzia di lasciare piena libertà di scelta alle persone, salvaguardare la totale decisione autonoma in merito alle priorità della propria vita (puntare sul lavoro, sulla famiglia, sulla scoperta del mondo, sulla ricchezza) e ulteriormente concedere maggiore spazio alle più diverse concezioni culturali e religiose. Se invece si dovesse, forzatamente, imporre una assoluta uguaglianza, potrebbe verificarsi la situazione di obbligare popolazioni diverse ad assumere uno stile di vita uniforme, che magari non si addice alla loro tradizione. Allo stesso tempo, la Nussbaum riconosce che ci sono settori in cui è necessario puntare alla totale equità, come ad esempio il diritto di voto: non basta arrivare a una soglia minima, ma è necessario che tutti i membri abbiano lo stesso identico diritto di voto, senza nessuna differenza dovuta allo status o ad altro.
Siamo arrivati quindi ad avere un quadro della filosofia nussbaumiana riguardo ai problemi della giustizia, con particolare attenzione verso quelle situazioni di asimmetria che non rientrano nei canoni standard dell'uomo adulto, libero, ragionevole e sano. Non ci resta dunque che analizzare in che modo si costruisce un'identità sociale: se è un processo che coinvolge tutti i membri della società o se viene imposto; se deriva da un'idea di vita buona e chi non rientra nei criteri viene emarginato ed etichettato; se la stigmatizzazione può essere eliminata attraverso una maggiore consapevolezza di questo processo; se e come la dignità influisce nella percezione del proprio sé; se e in che modo influiscono emozioni come il disgusto e la vergogna nella definizione della propria identità; ecc.
Prima di proseguire, potrebbe essere utile soffermarsi su questioni di carattere metodico. La Nussbaum, infatti, ricorre assiduamente nei suoi scritti al metodo narrativo, poiché rappresenta per lei uno dei modi migliori per coinvolgere e rendere comprensibili le sue teorie ai lettori. Spesso i suoi lavori sono perciò intramezzati da veri e propri racconti su situazioni particolari e personali, che esemplificano in maniera chiara ciò che la filosofa si propone di spiegare. Per esempio si possono leggere le storie di donne indiane come Vasanti e Jayamma101, o di
Sesha, Arthur e Jamie102, bambini con diversi tipi di sindromi e menomazioni. Probabilmente il motivo, oltre che per rendere accessibili i suoi ragionamenti, sta nel fatto che lei ripone grande attenzione alle persone in quanto tali: il suo intento è quello di rendere la vita dei singoli dignitosa e meritevole di essere vissuta, ma non secondo una visione generale, bensì nell'opinione del diretto interessato. Non esiste una vita ideale a cui aspirare, e, anche se si fosse convinti di questo, è necessario lasciare che gli altri seguano differenti strade, poiché ciò che qualcuno considera una vita decorosa per altri potrebbe essere inaccettabile, e imporre una determinata visione delle cose rischia di rendere l'esistenza intollerabile (pensiamo ad esempio alla trasfusione di sangue per i testimoni di Geova o all'aborto per i cristiani). Lo scopo
non è quindi quello di imporre un'interpretazione della vita buona e giusta, ma quello di rendere ognuno in grado di deliberare liberamente e autonomamente in merito alle scelte della propria vita.
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