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La coscienza di zeno




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LA COSCIENZA DI ZENO



Un esempio di peccato di gola è presente nel libro di Italo Svevo, dove é preso in considerazione il vizio del fumo: il continuo bisogno di fumare, la voglia di smettere e l'impossibilità a riuscirci.


1 Italo Svevo

Aron Hector Schmitz, il futuro Italo Svevo, nasce a Trieste il 19 dicembre del 1861.

Suo padre era Francesco Schmitz (figlio del funzionario imperiale austriaco) e la madre si chiamava Allegra Moravia.

Svevo era il quinto di otto figli. Trascorre la sua infanzia a Trieste nella casa patriarcale senza alcuna preoccupazione economica e in un'atmosfera gioiosa ed affettuosa malgrado il padre, che, commerciante nel ramo vetrario, non era molto incline alle affettuosità nel rapporto con i figli.

Trieste, in quel periodo, faceva ancora parte dell'impero austro-ungarico, la cui cultura era ammirata dal padre di Svevo.

Francesco voleva che i suoi figli diventassero esperti uomini d'affari. Nel 1874, a tal fine, manda Hector e altri due suoi fratelli in collegio a Segnitz perché riteneva il tedesco una lingua indispensabile per ogni commerciante triestino.

In questo periodo, Aron Hector Schmitz, conosce il primo amore che riporterà poi in L'avvenire dei ricordi. Terminati gli studi collegiali si iscrive all'Istituto Commerciale Giuseppe Revoltella.

Purtroppo, per problemi politici, non poté mai realizzare il sogno di un viaggio a Firenze per apprendere il giusto accento italiano e dovette accontentarsi di una cedenza tipica triestina. Il 2 settembre 1838 dà inizio ad una collaborazione con il giornale irredentista triestino 'L'Indipendente' sul quale pubblicherà recensioni teatrali ed articoli di vario genere con lo pseudonimo di Ettore Samigli. In questi anni comincia la sua attività letteraria ed abbozza ben quattro opere teatrali che però non avranno successo. Nello stesso anno il fallimento del padre lo costringe ad impiegarsi come corrispondente tedesco e francese presso la succursale triestina della banca Union. Molte ore del suo tempo libero le passa nella biblioteca civica dove legge i romanzi classici italiani.

Nel febbraio 1881 lavora a tre novelle (Difetto moderno, La storia dei miei lavori e La gente superiore). In questo periodo conosce e diviene amico fraterno del pittore diciannovenne Umberto Veruda che gli ispirerà il personaggio dello scultore Balli nel romanzo Senilità. Nel 1886 il fratello Elio cade in malattia e muore. Il forte dolore che affligge il suo animo per questa perdita lo segnerà per tutta la vita.

Nel 1890 'L'Indipendente' pubblica a puntate il lungo racconto L'assassinio di via Belpoggio che testimonia la forte influenza di Schopenhauer. Il racconto viene accolto dal pubblico e dalla critica senza particolare interesse.

In questo periodo Hector va incontro a grandi cambiamenti che intaccheranno la sua vita, infatti, nel 1892 muore il padre. Nello stesso anno fa pubblicare, utilizzando le sue finanze, il suo primo romanzo dal titolo Una vita che firma con lo pseudonimo di Italo Svevo che sta a significare nello stesso tempo la sua appartenenza alla cultura italiana, tedesca e slava.

Nel giugno del medesimo anno riceve una lettera di complimenti da parte dello scrittore tedesco Paul Heise che riceverà poi il premio Nobel per la letteratura. Nonostante questo, il libro non riscuote successo tra il pubblico e ne appare solamente una breve recensione di Domenico Oliva sul "Corriere della Sera". Nel 1895 muore anche la madre dello scrittore.

In quest'occasione, rivede la cugina diciottenne Livia Veneziani. Tra i due, ben presto, nascerà un sentimento d'amore che li porterà al fidanzamento ufficiale e, il 30 luglio 1896, al matrimonio. L'anno successivo nascerà la loro figlia.

Nel mentre comincia la travagliata lotta tra lo scrittore Italo Svevo ed il coscienzioso padre di famiglia Ettore Schmitz. Infatti affiancava al lavoro di banca, l'insegnamento presso l'istituto Revoltella ed un lavoro notturno al quotidiano 'Il Piccolo'.

Nel 1898 appare a puntate sull'Indipendente il suo secondo romanzo, Senilità, che nello stesso anno uscirà in volume presso l'editore Vram, ancora una volta a spese dell'autore. Ettore giura a se stesso di smetterla per sempre con la letteratura.

Nel 1899 lascia il lavoro d'impiegato bancario per affiancare il suocero nella direzione della sua fabbrica di vernici. Da questo momento le sue condizioni economiche subiscono un radicale e netto cambiamento positivo. Nel 1904 l'amico pittore Umberto Veruda muore. L'anno seguente lo scrittore comincia una stretta amicizia con James Joyce, professore d'inglese alla Berlitz School di Trieste, che gli dà lezioni private ed intanto i due si scambiano pareri sulle reciproche creazioni letterarie.

Nel 1915, scoppiata la guerra mondiale che gli irredentisti triestini chiameranno 'quarta guerra d'indipendenza', Ettore si trova improvvisamente solo in una Trieste abbandonata. Joyce è costretto a tornare in Inghilterra, i suoceri si trasferiscono e la fabbrica viene confiscata; non gli resta che il riposo e le sue vecchie passioni, cioè la lettura e lo studio del violino.

Nel 1918 Trieste assume finalmente il titolo di città italiana ed Italo Svevo torna a vivere con la stesura delle prime pagine di La coscienza di Zeno che sarà però pubblicato solo poi nel 1923 ed ancora una volta non riscuoterà successo tra il pubblico.

Joyce, che ha invece apprezzato molto l'opera dell'amico Svevo, riesce ad interessare i critici e letterati parigini all'autore.

In Italia, l'unico ammiratore su cui Svevo può contare, è Montale.

Nel 1927 appare l'edizione francese de La coscienza di Zeno, nella traduzione di Paul-Henri Michel. Nel 1928 inizia il suo quarto ed incompiuto romanzo, Il vecchione. In seguito ad un incidente stradale, Italo Svevo, muore il 13 settembre a Motta di Livenza nei pressi di Treviso.


2 La coscienza di Zeno

Il libro più conosciuto di Italo Svevo è "La coscienza di Zeno" che, come citato in precedenza, compare sugli scaffali delle librerie nel 1923.

Il libro è diviso in sei differenti capitoli. L'autore narra, in prima persona, la vita del signor Zeno.

Zeno è un uomo di mezz'età che ha una grande fortuna monetaria e vive di rendite, senza dover svolgere alcun mestiere.

Comincia a fumare per rivaleggiare con il padre, con il quale non ha mai avuto dei buoni rapporti. Purtroppo il fumo diventerà per lui un vizio che costituirà una delle cose più importanti e irrefrenabili della vita. Si convince poi del rischio che corre nei confronti della sua salute e decide di smettere ma passerà il resto della sua vita a fumare la sua ultima sigaretta.

Si farà poi anche rinchiudere in una casa di cura da cui però fuggirà lo stesso giorno. Tutti i suoi tentativi di far fronte al suo vizio saranno nulli.

Zeno pone il fumo come causa stessa del suo male e quindi cerca di sbarazzarsene, ma finisce con il nascondercisi dietro autoconvincendosi che erano le sigarette la causa dei suoi mali e non l'insieme delle azioni che compiva. Il racconto è interamente narrato sotto forma di una confessione scritta da Zeno al suo psichiatra e prende in considerazione i momenti più importanti della sua vita. Il protagonista scrive come prima cosa della morte di suo padre che, nonostante i perenni litigi che sono scoppiati tra loro in passato, descrive evidenziando il grande affetto che aveva celato per tutti quegli anni. Zeno non riesce a comunicare il grande amore che gli suscita la figura paterna. Una sera sin fa allora coraggio e decide che all'indomani avrebbe parlato di questo al padre. Purtroppo la malattia del padre si manifesterà proprio il mattino seguente ed impedirà il colloquio tra i due. Questa tremenda sfortuna segnerà Zeno per tutta la vita.

Nei capitoli a seguire elencherà diversi altri momenti che hanno caratterizzato la sua vita. Parlerà del suo matrimonio con Augusta, anche se il suo interesse era più direzionato verso la sorella, Ada, che amerà platonicamente anche quando lei sposerà il suo amico Guido e concepirà due gemelli.

Parlerà della sua amante che frequenta poi per qualche anno fino a che non capirà che effettivamente l'amore che ha per la moglie è assai più importante di quanto credeva.

Zeno poi entra nella società di Guido, il marito di Ada, per il solo scopo di trovare un qualche passatempo, un'occupazione. La società però non ha un grande successo e dopo una serie di acquisti andati male rischia di fallire. Vedendo questo possibile pericolo Guido comincia a giocare in borsa ed inizialmente ottiene alcuni modesti successi che però precederanno, anche in questo campo, delle ingenti perdite e Guido tenterà un finto suicidio.

Arrivata la richiesta di rimborso delle perdite subite Guido chiede a Zeno un prestito che egli gli concede, ma la moglie Ada rifiuta di fornire la seconda parte della somma per sanare il debito. Allora il marito tenta la via di un altro suicidio simulato attraverso l'ingestione di un potente sonnifero, il Veronal, che se preso in grandi dosi, produce effetti devastanti per l'organismo. Per sbaglio ne assume troppo e muore.

Zeno quindi comincia a lavorare per due per riuscire a sanare il debito. È proprio per questo che si dimentica del funerale dell'amico e collega; Ada proverà poi per lui un profondo odio e disprezzo che da Zeno verrà visto come un'ingratitudine.

Messo a confronto con questa disgrazia, il protagonista si accorgerà solo allora dell'originalità della vita. Si accorge solamente ora che è impossibile definire ciò che è bene e ciò che è male; infatti prima pensava che la vita fosse crudele e giusta. Ora Zeno pensa che "la vita non è né bella né brutta, ma è originale!".

Nell'ultimo capitolo delle sue memorie di Svevo riconosce di non essere affatto guarito e si fa visitare da un dottore che lo definisce in perfetta forma. Intanto è l'anno 1915 e l'Italia si trova in guerra. Zeno viene trasferito con la famiglia a Trieste. In queste ultime pagine egli scrive di essere finalmente riuscito a liberarsi dal peso della sua "malattia" e di quanto si senta fortunato in mezzo ai dispiaceri della guerra che lo circondano. Svevo, tramite il protagonista, esplica la sua visione pessimistica della vita. Quella malattia quindi è considerata come attributo inscindibile alla vita, che quindi diventa a sua volta 'malattia', sempre mortale. In un certo qual modo così non è per Zeno, che dalla guerra trae la sua guarigione. Questo strumento di cura, crudele, sottolinea ancora una volta il pessimismo dell'autore.

Le importanti tematiche che vengono prese in considerazione dal romanzo di Svevo sono quelle della cura dei propri problemi tramite la scienza e la psicoanalisi, ma particolarmente compare la tematica della malattia intesa come qualcosa che accomuna l'intera società. La malattia fa sì che la vita sia più difficile, quindi l'uomo si sottrae da essa pensando di essere incapace di fronteggiare la malattia per viverla.


3 Stile di scrittura

Nel romanzo, Italo Svevo compare come narratore onnisciente, capace di dare a tutto un significato e che interviene con alcune riflessioni personali sempre espresse tramite i personaggi del romanzo a volte con discorso diretto e a volte con il discorso indiretto.

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