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Le grandi scoperte geografiche




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Le grandi scoperte geografiche


Aria di fermento in Europa

L'età del Rinascimento prodotto dei cambiamenti nella cultura europea, rendendo la visione del mondo antropocentrica, che a loro volta avevano determinato non solo una rinascita delle materie umanistiche, delle scienze matematiche e della tecnica, ma anche un cambiamento fondamentale della mentalità: l'uomo era ormai investito di fiducia, era esaltata la sua creatività, e ciò si traduce in progresso, in apertura degli orizzonti e ampliamento delle conoscenze.

Questo nuovo fervore, unito al miglioramento del settore nautico, grazie all'introduzione dell'astrolabio, al miglioramento della bussola, al miglioramento delle chiglie delle navi, e ad una sempre maggiore precisione delle carte nautiche, consentiva di aumentare sempre di più le distanze percorribili.

Il segno evidente del cambiamento della mentalità Europea è quello del sempre maggiore interesse per l'oriente, testimoniato da alcuni viaggi i cui partecipanti hanno descritto con trattati o libri; ricordiamo, ad esempio, il francescano Giovanni Pian del Carmine, che intorno alla metà del Duecento viaggiò per tutta l'Asia e rimase ospite anche del Gran Khan, ritornato poi in Italia scrisse un libro intitolato 'Storia dei Mongoli' nel quale descrive le abitudini di queste popolazioni con cui venne a contatto. Anche due mercanti veneziani, Matteo e Niccolò Polo, e il figlio di quest'ultimo, Marco, si avventurarono in Asia nel 1271 e lì entrarono a far parte dell'entourage dell'imperatore Kubilay Khan, che affidò loro incarichi di grande fiducia. Marco Polo, poi, parlò di tutte le esperienze da lui vissute durante questo lungo viaggio nel libro 'Il Milione', che divenne attorno al XVI secolo un best- seller dell'epoca, a testimonianza del grande cambiamento avvenuto nella mentalità comune dell'uomo europeo.

La circumnavigazione dell'Africa

Tutte queste esplorazioni erano avvenute battendo percorsi più o meno noti, sempre via terra, ma mai avventurandosi per rotte marittime ignote. Il primo tentativo, in questo senso, venne compiuto dai fratelli genovesi Ugolino e Guido Vivaldi, che tentarono di circumnavigare l'Africa per giungere alle Indie, senza però mai ritornare. Però furono i primi a riproporre questa rotta, già tentata nell'antichità. Successivamente l'interesse per questa rotta aumentò sempre di più per tre motivi fondamentali:

  1. Il desiderio di togliere ai Veneziani il monopolio dei commerci con i paesi orientali, in particolare per quanto riguardava le spezie, che giungevano a Costantinopoli, porta di accesso all'Europa, con cui Venezia aveva rapporti commerciali di favore dopo aver battuto la concorrenza di Genova.
  2. La sempre maggiore richiesta dei beni di lusso provenienti dall'Oriente.
  3. La conquista da parte dei Turchi di Costantinopoli nel 1453, della zona del Bosforo, e della penisola balcanica meridionale, quindi l'impossibilità del passaggio delle merci via terra dall'Asia all'Europa attraversando lo stretto del Bosforo. Le spezie, in particolare, erano prodotte solo in Asia, per cui era necessario ovviare subito a questo problema perché esse erano ormai diventate di fondamentale importanza per le abitudini alimentari degli europei.

Fu proprio a partire dalla seconda metà del '400, cioè dalla conquista dei Turchi di quei territori nominati in precedenza, che l'interesse per la circumnavigazione dell'Africa per giungere alle Indie divenne sempre più concreto. Inoltre l'invenzione della caravella (una nave con lunghezza variabile dai 22 ai 24 metri, che poteva andare sia di poppa (cioè con vento a favore) che di bolina (cioè risalendo il vento contrario) ad una grande velocità, dovuta ad una particolare conformazione della chiglia (cioè della parte immersa della barca), molto stretta e che opponeva minore resistenza all'acqua) fu di fondamentale importanza perché permise ai navigatori di disporre di un mezzo capace di coprire distanze impensabili anche solo un secolo prima.

Così il re del Portogallo Enrico I, detto non a caso Il Navigatore, compresa l'importanza della via marittima delle Indie, finanziò due spedizioni che avevano come scopo proprio quello di arrivare in Oriente circumnavigano l'Africa. Il primo a tentare tale impresa fu Bartolomeo Diaz nel 1488, ma si fermò al Capo di Buona Speranza, punta estrema dell'Africa, battezzato per questo Capo di Cattiva Speranza. Successivamente Vasco de Gama, portoghese anche lui, nel 1498 riuscì a doppiare il Capo di Cattiva Speranza, che venne ribattezzato per questo di Buona Speranza, e a giungere in India.

Il perfezionamento di questa rotta permise al Portogallo di impiantare delle basi commerciali lungo la costa africana e indiana, che gli permettevano il controllo totale di questa rotta commerciale, anche se essi non divennero mai delle colonie vere e proprie a causa dell'ostilità delle popolazioni locali.

Cristoforo Colombo scopre l'America

Il genovese Cristoforo Colombo, al contrario delle convinzioni dominanti dell'epoca, riteneva di poter arrivare alle Indie navigando verso occidente, convinto che la terra fosse sferica. Sostenuto anche dai calcoli del matematico fiorentino Paolo dal Pozzo Toscanelli, che stimavano il raggio della terra essere molto inferiore di quanto fosse in realtà, Colombo propose il suo progetto al re di Portogallo, convinto che la distanza da percorrere fosse solo di tremila miglia, al contrario delle diecimila occorrenti in realtà. Dopo il rifiuto portoghese, propose il suo progetto ai sovrani spagnoli, incoraggiato anche dall'amicizia con la regina Isabella di Castiglia, che rimase profondamente impressionata dalla sicurezza e dalla religiosità di questo uomo, che riteneva che l'oro e l'argento che avrebbe ricavato dalle terre scoperte sarebbe stato utile per allestire una crociata per liberare la Terra Santa definitivamente.

Colombo dovette aspettare però dieci anni prima di ottenere una risposta, cioè fino al 1492, anno in cui gli Spagnoli fecero capitolare lo stato arabo dell'Ahlambra, riunendo tutto il regno di Spagna. Solo allora i sovrani iberici si decisero a fornire al genovese due caravelle e una nave ammiraglia e soprattutto i fondi per allestire tali navi e l'equipaggio.

Il 3 Agosto 1492 Colombo salpò con la Niña, la Pinta e la Santa Maria verso le Indie. La traversata durò circa due mesi, molti di più di quanti ne avesse previsti il navigatore italiano, visto che i calcoli di Toscanelli lo avevano indotto a pensare che la distanza da coprire fosse molto minore. La sua fortuna fu però quella di partire da Palos e non dalle Azzorre, isole atlantiche già esplorate e abitate, perché in questo modo si ritrovò a navigare con gli alisei, venti equatoriali, in poppa e quindi impiegò meno tempo a completare la traversata. Il 12 ottobre 1492, quando ormai l'equipaggio aveva perso la speranza, le navi avvistarono terra. Colombo era sbarcato su una piccola isola dell'arcipelago delle Antille che lui steso battezzò San Salvador, scoprì poi Haiti e Cuba, ma rimanendo sempre della convinzione di aver scoperto la parte più orientale dell'Asia e non un nuovo continente. Dal 1493 al 1502 compì altre spedizioni, già la seconda con 17 navi in cui erano imbarcati nobili spagnoli, artigiani, contadini, preti, ecc.

Vista questa scoperta, Spagna e Portogallo firmarono il Trattato di Tordesillas in cui si stabiliva che tutti i territori alla destra della raya, cioè di una linea immaginaria tracciata lungo l'Oceano Atlantico, erano colonizzabili dai Portoghesi, che perciò si assicurarono la possibilità di continuare il loro monopolio sulla rotta attorno all'Africa; al contrario, alla sinistra di questa linea, quindi in America, i territori potevano essere colonizzati dagli spagnoli. Si delinearono in questo modo i primi due imperi coloniali: quello spagnolo nell'America centro meridionale e quello portoghese, già presente in Asia e in Africa ma limitato in Brasile nell'America.

Tornando a Colombo, nel 1504, anno del suo definitivo ritorno in Spagna, venne arrestato per futili motivi (suo fratello, in sua vece, aveva fatto impiccare un contadino ribelle nel ducato a lui donato come ricompensa pattuita per le scoperte effettuate) perché si era fatto molti nemici e la sua protettrice, la regina Isabella, era morta. Morì nel 1506, dimenticato da tutti, ma la sua scoperta fu di tale importanza che la data della sua impresa è stata adottata convenzionalmente come l'inizio dell'età moderna, perché i risvolti per la scienza, la tecnica, la cultura e l'economia furono fondamentali per il loro progresso.

Altre esplorazioni dopo la scoperta di Colombo

L'italiano Amerigo Vespucci circumnavigò tra il 1499 e il 1502 l'America in due successivi viaggi e redasse una cartina molto dettagliata, per questo il nuovo continente venne chiamato America o Terra di Amerigo. La conferma che le terre scoperte rappresentassero un continente venne da Vasco Nunez de Balboa, il quale attraversò lo stretto di Panama via terra e si ritrovò davanti un altro sterminato oceano, che da lui fu battezzato Pacifico perché appariva molto calmo.

Nel 1519 il portoghese Ferdinando Magellano tentò il giro del mondo via mare, che però non venne concluso da lui stesso ma dai superstiti della spedizione, tra cui l'italiano Pigafetta, autore di un celebre diario di questa missione: Magellano, infatti, era morto durante una sosta di scalo nelle Filippine ucciso durante una rivolta indigena.

Nel 1500 i portoghesi cominciano ad insediarsi nel Brasile, che poteva essere colonizzato perché si trovava alla destra della raya.

Scoperta o conquista?

La scoperta dell'America da parte di Colombo può essere definita tale oppure è da considerarsi una conquista. Scoperta geografica, innanzitutto, significa cercare, trovare e tornare indietro per riferire. Al contrario conquista significa prendere possesso dei territori scoperti. L'impresa di Colombo può essere difesa come una scoperta scientifica, vista la sua straordinaria importanza, ma l'azione dei conquistadores, può essere solo considerata una conquista spietata, viste le enormi conseguenze che ebbe.

Non sappiamo se lo stesso Colombo avesse in mente solo di scoprire territori o li volesse conquistare, fatto sta che uno dei suoi argomenti più convincenti per trovare un finanziamento in Spagna fu quello delle possibili rendite in oro e argento che potevano fornire alla Spagna i fondi necessari per organizzare una crociata. Lui stesso, inoltre, domandò e ottenne delle bene precise condizioni per la sua impresa, una delle quali era appunto che a lui sarebbe spettato un 10% dell'oro e l'argento estratto nelle terre a lui scoperte e che sarebbe stato viceré delle stesse. Insomma, per essere viceré di un qualsiasi territorio bisogna prima averlo conquistato. Ma molto probabilmente neanche lui si aspettava la violenza che si sarebbe consumata di li a poco ad opera dei conqistadores.

I conquistadores

Dalla Spagna molte persone di ogni classe sociale giunsero in America attratti dal mito di una facile ricchezza e a causa di un aumento demografico in Spagna non sostenuto da un'eguale disponibilità di risorse. Preti, contadini, artigiani ma soprattutto nobili in cerca di quel feudo che non avevano trovato in Europa (i figli cadetti non ricevevano l'eredità della famiglia). Essi arrivavano con in mano l'autorizzazione del re dell'assegnazione di un encomienda o di un repartimiento. Il possessore di un encomienda poteva sfruttare una terra assegnata come il vecchio feudo europeo, poteva quindi imporre tasse o esigere corvées. Chi aveva un repartimiento poteva invece costringere gli abitanti di zone non comprese in una encomienda ai lavori forzati.

Di fatto queste autorizzazioni regie non furono altro che una legalizzazione delle efferatezze commesse dai conquistadores, che erano appunto questi avventurieri, in genere nobili, venuti a conquistare le terre scoperte per renderle appunto encomiende. Vanivano armati di tutto punto pronti a sostenere delle vere e proprie guerre.

Sicuramente uno dei più feroci fu Hernan Cortes, che nel 1519, il soli quattro anni, riuscì a distruggere il regno azteco, che aveva conosciuto una grossa fase di splendore e di espansione attorno al XIV secolo. Tra il 1524 e il 1526 Fancisco Montejo sottomise i Maya, popolazione di grande cultura ma ormai in decadenza. Francisco Pizzarro sottomise tra il 1531 e il 1536 l'impero degli Incas, anch'esso molto evoluto dal punto di vista tecnologico e scientifico.

Una volta distrutte politicamente queste civiltà, i conquistadores le distrussero anche fisicamente costringendole a condizioni di vita a dir poco disumane. Animati dal loro cieco eurocentrismo, essi non considerarono quelle persone come uomini ma come selvaggi perché la loro cultura appariva ai loro occhi inferiore a quella europea di cui erano portatori: per questo vennero imposte agli indios condizioni di vita peggiori anche di quelle delle bestie da some. Essi erano costretti a lavorare numerose ore al giorno, senza potersi riposare, ridotti in uno stato di schiavitù e sotto alimentati. Inoltre le malattie banali che gli europei avevano portato con sé divennero fatali per il loro sistema immunitario, abituato a ben altre tipologie di virus e batteri (in compenso, gli europei hanno riportato in patria la sifilide, che allora e fino a quasi tutto il Novecento risultò incurabile). Debolezza del sistema immunitario, stress fisico provocarono, assieme alle uccisioni volontarie dei conquistadores un vero e proprio sterminio degli indios: aztechi si ridussero da 25 milioni a poco più di un milione, gli abitanti di Haiti da un milione a sessantamila: Davanti a queste cifre c'è da rimanere impressionati, eppure la Chiesa non si scandalizzò più di tanto, visto che essa stessa partecipò all'evangelizzazione forzata di questi indios, che venivano costretti a battezzarsi. Solo nel 1552 ci fu un prima reazione con il frate domenicano Bartolomé de Las Casas, che denunciò tale sterminio e anzi propose, non pensando alle conseguenze, di andare a prendere in Africa gli schiavi necessari per il lavoro in America, visto che gli autoctoni erano per così dire 'debolucci'.

I reali di Spagna, resisi conto della situazione, promulgarono nel 1542 le Nuove Leggi, con le quali limitava la libertà concessa agli encomienderos dando agli indigeni diritti simili ai cittadini di Spagna, istituendo anche dei tribunali per giudicare eventuali altri abusi. Seppur meritorie, queste leggi non furono ispirate da carità cristiana o civile, ma semplicemente dall'esigenza di imporre l'autorità della corona su queste terre che altrimenti sarebbero scappate di mano. Infatti, le condizioni degli indigeni non migliorano più di tanto, come testimonia de Las Casas.

Le civiltà pre-colombiane: Maya, Aztechi e Incas

La più antica di tutte le civiltà precolombiane fu quella dei Maya, insediatasi nella penisola dello Yucatan, che non costituì mai un impero, ma fu sempre divisa in città-stato comandate da un re-sacerdote. Le città erano dei veri e propri centri religiosi, abitati dai soli sacerdoti e a cui affluivano gli abitanti delle campagne per le cerimonie, i mercati e l'amministrazione della giustizia. La cultura dei Maya era molto sviluppata nel campo astronomico, scientifico e matematico (studi effettati ipotizzano che questa popolazione abbia introdotto l'uso dello zero 700 anni prima che gli Arabi ne carpissero il funzionamento dagli Indiani). La storia di questa popolazione si può dividere in due fasi: Antico impero (III- X sec. d.C.), che terminò con l'acuirsi di una lenta crisi dovuta, si crede, ad un aumento demografico non compensato dall'aumento di produzione agricola, e Nuovo Impero, in cui avvenne una sorta di rinascita di questa civiltà, vanificata poi da guerre civili e da catastrofi naturali nel '400.

Gli Aztechi erano originari dell'America Settentrionale, ma si erano insediati nel Messico centrale a partire dal XIII secolo, e dopo molte resistenze da parte delle popolazioni locali, che li avevano ridotti a vivere nelle sole alture, riuscirono ad estendere il proprio dominio su tutto il Messico centrale con Montezuma II (1440). La società era divisa in clan, che possedevano un quartiere della città, proprie terre e case. Il consiglio degli anziani amministrava tali risorse, e le assegnavano a chi decidevano loro, inoltre esso stabiliva anche i vari momenti della vita del clan, a partire da quelli religiosi, di cui determinava i riti. Anche dal punto di vista politico il clan era l'unità fondamentale: era riconosciuto re colui che era eletto da un consiglio formato dai singoli membri di ogni clan. Ma con l'espansione questo popolo perse la sua organizzazione e finì per acquistare una forma di governo oligarchica, in cui il comando era in mano ad alcuni famiglie che erano diventate più potenti delle altre.

La religione atzeca contemplava un dio 'duale', cioè principio fecondatore e madre universale genitrice allo stesso tempo che avrebbe dato vita ad altre divinità, così bellicose che avevano creato e distrutto l'universo quattro volte. Era però necessario ricomporre i vari odi, e quindi questi dei diedero origine ad un quinto universo, la cosiddetta 'quinta era', che rappresentava quella attuale. Ma questo universo era immerso nelle tenebre, e solo il sacrificio di due di questi dei permise al fuoco di originare il sole e la luna. Ma i due astri erano immobili, perciò gli altri dei si sacrificarono per dare loro la vita, cioè il movimento. Nel timore che tale soffio vitale di esaurisse gli Aztechi ricorrevano a sacrifici umani volti ad alimentare tale vitalità.

Gli Incas erano una popolazione che si era insediata sul versante andino occidentale nello stesso periodo degli Aztechi, dando origine ad un vero e proprio impero, in cui il potere politico era in mano al solo sovrano, con conseguente limitazione della libertà individuale. Il re era proprietario di un terzo del territorio, l'altro terzo era del clero, e il restante veniva distribuito alle famiglie in questo modo: un lotto per ogni figlio maschio, mezzo per ogni figlia femmina. Ogni transazione commerciale, ogni nascita e morte erano registrate, ma non sapendo scrivere, essi usavano per tali registrazioni delle cordicelle con dei nodi.

Il paese era solcato due strade principali, una lungo le Ande (non è facile costruire su una catena montuosa irregolare e elevata) e una lungo la costa, comunicanti fra loro mediante strade secondarie. Questo sistema di comunicazione favoriva da una parte il governo assolutistico del re, dall'altra i commerci, consistenti soprattutto in prodotti artigianali ed agricoli, in particolare del gauno, un concime ricavato dagli escrementi di uccelli marini diffusissimi nella costa.

Colonizzazione inglese, francese e olandese.

In questo periodo anche Inglesi, Francesi e Olandesi gettarono le basi per il loro grandissimi imperi coloniali. Essi, però, lasciarono in mano a delle organizzazioni private lo sfruttamento di quelle terre. Un esempio fu quello dell'Inghilterra, che dall'inizio del Seicento aveva affidato la colonizzazione della zona dell'Oceano Indiano e del Pacifico alla Compagnia delle Indie orientali, mentre la Compagnia delle Indie occidentali doveva occuparsi della zona atlantica.

Anche Olanda e Francia, visto il successo della strategia inglese, si affrettarono a mettere a punto compagnie mercantili di simile fattura, anche se la Francia commise l'errore di statalizzare troppo la sue compagnie, eliminando quell'elemento di vitalità e di concretezza estrema che solo una compagnia totalmente in mano ai privati poteva avere (maggiori commerci equivalevano a maggior guadagno).

Queste organizzazioni ebbero una grande fortuna perché ottennero condizioni favorevoli dalla madrepatria in cambio dell'esclusiva dei commerci fra madrepatria e colonie. Ciò permise in breve tempo alle compagnie mercantili di espandersi e di diventare delle imprese economiche di rilevanza importante, perché con il loro indotto non solo incrementavano i commerci ma anche la ricchezza della madrepatria. In particolare in Inghilterra, i capitali accumulati permisero poi la rivoluzione industriale, visto che vennero investiti nel settore secondario.

Conseguenze delle scoperte geografiche

Le scoperte geografiche in breve tempo cambiarono radicalmente l'Europa e la sua economia, apportando conseguenze rivoluzionarie per la nostra storia. Dal punto di vista economico si ebbe:

  1. Lo spostamento dei traffici commerciali dal Mediterraneo all'Atlantico, con conseguente danno per quei paesi che invece erano stati protagonisti del mare nostrum, in particolare dell'Italia.
  2. L'arricchimento degli stati bagnati dall'Atlantico, fino ad allora tagliati fuori dai traffici commerciali provenienti dall'oriente attraverso il Mediterraneo.
  3. Lo sviluppo delle compagnie mercantili, che permisero l'accumulo di capitali che sarebbero stati riutilizzati per l'industrializzazione del '700.
  4. L'afflusso di oro e argento dalle miniere americane causò il crollo dei prezzi, perché aumentò il flusso del denaro circolante.
  5. Il cambiamento della produzione agricola, con l'aumento della disponibilità di prodotti già presenti nel vecchio continente (come canna da zucchero, vite, lino, canapa, caffè), trapiantati in America, da cui vennero importate coltivazioni come quella del mais, del pomodoro, del tabacco e della patata. Quest'ultima si diffuse molto nel Nord- Est europeo, vista la rendita quattro volte superiore al frumento e soprattutto anche resisteva al gelo.

Dal punto di vista politico si ebbe:

  1. La formazione di vasti imperi coloniali (spagnolo, portoghese, inglese e francese).
  2. L'inizio di conflitti armati per il possesso delle colonie.

Invece, dal punto di vista sociale si ebbero:

  1. La tendenza all'immigrazione verso i nuovi territori.
  2. La sempre maggiore importanza delle della borghesia, in contrasto con la vecchia aristocrazia, sempre più legata alla sola rendita delle terre coltivate.
  3. L'estinzione totale o parziale delle popolazioni dell'America meridionale di cui abbiamo parlato in precedenza.
  4. Il 'fiorire' del commercio degli schiavi dall'Africa.

Dal punto di vista tecnico e scientifico le scoperte geografiche ampliarono le conoscenze, proprie perché si potettero verificare delle situazioni diverse da quelle europee. La necessità di dover coprire distanze navali maggiori determinò un'applicazione tecnica non indifferente dei progressi scientifici raggiunti. Proprio per questo la data della scoperta dell'America viene presa come spartiacque tra Medioevo ed Età moderna.

L'Italia rimane a questo punto tagliata fuori da ogni commercio e da ogni esplorazione, perché non ha sufficienti risorse economiche da profondere in tali imprese e per la sfavorevole posizione geografica. Questo è l'inizio della fine per la nostra penisola, perché comincia a perdere anche importanza dal punto di vista culturale e artistico. Infatti le scoperte geografiche hanno anche l'effetto di ampliare gli orizzonti culturali, svecchiando così un patrimonio di tradizioni che fino ad allora aveva impedito lo sviluppo di una scienza veramente moderna.


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