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GEOGRAFIA ASTRONOMICA. Le stelle: spettro stellare
Le stelle che si vedono a occhio nudo - circa 6000 - appaiono come punti più o meno luminosi, che, almeno nel caso di quelli più splendenti, mostrano anche colori diversi. L'uso di strumenti sempre più raffinati ha permesso, però, di riconoscere molte altre caratteristiche delle stelle, che in realtà appaiono come un insieme di corpi diversi tra loro per dimensioni, massa, composizione chimica e cosi via.
Magnitudine apparente e assoluta. La diversa luminosità delle stelle determina la caratteristica di suddividere le stelle in classi sulla base del loro splendore, introducendo sei ordini di grandezze: la prima grandezza per le più luminose, la sesta per le più deboli. Il termine "grandezza" è stato sostituito da magnitudine e dà la luminosità di una stella; viene accuratamente misurata con appositi fotometri fotoelettrici. Si è visto, così, che tra ognuna delle sei classi stabilite dagli antichi astronomi vi è una differenza di luminosità di circa 2,5 volte. Ci si è resi conto, però, che alcuni corpi celesti risultavano più luminosi di quelli già inseriti nella prima classe; si è passati ad usare, perciò, anche la magnitudine 0 (zero) e le magnitudini negative. Le stelle più deboli visibili a occhio nudo sono di magnitudine 6,5, mentre le più moderne apparecchiature elettroniche arrivano a percepire immagini di stelle di magnitudine 30, cioè 2,5 miliardi di volte meno luminose delle più deboli stelle visibili ad occhio nudo. Oggi sappiamo che una stella appare più o meno luminosa in parte perché può emettere effettivamente più o meno luce, ma soprattutto perché é più o meno lontana da noi.
Le misure si riferiscono, quindi, alla magnitudine apparente (che si indica con m); per conoscere invece la luminosità intrinseca di una stella, si ricorre alla magnitudine assoluta (che si indica con M), che corrisponde alla luminosità che le singole stelle mostrerebbero se fossero poste a una distanza standard da noi pari a 10 parsec. Il nostro sole, portato alla distanza standard, sarebbe appena visibile a occhio nudo. Esiste una caratteristica delle stelle che consente di suddividere in «classi» e si è potuto stabilire che le stelle appartenenti alla medesima classe hanno, in media, la medesima luminosità intrinseca. Nota la magnitudine assoluta di una stella, in base al suo spettro, è possibile risalire alla distanza della stella, per confronto con la sua magnitudine apparente. Non tutte le stelle hanno una magnitudine costante: di alcune la luminosità si indebolisce e si accresce a intervalli regolari; sono le variabili pulsanti, o variabili intrinseche, che a cicli regolari emettono maggiore o minore energia. Tra esse sono note le variabili tipo Cefèidi, grandi e gialle, che cambiano di splendore con periodi regolari, compresi fra 2 e 50 giorni.
Stelle doppie e sistemi di stelle. Le stelle doppie sono stelle che ruotano una intorno all'altra (o, meglio, ruotano intorno a un baricentro comune). In alcuni casi è possibile distinguere al telescopio i due componenti di un sistema (binarie visibili), altre volte una stella in apparenza singola si riconosce come doppia per le variazioni di luminosità ora descritte (variabili a eclissi); sono noti anche sistemi multipli, con tre o più stelle associate, rilevabili per variazioni di luminosità. Le stelle binarie vengono studiate attentamente perché dall'analisi delle loro orbite è possibile risalire alla loro massa. In molti casi è possibile determinare il diametro delle stelle, il cui valore varia entro limiti molto ampi. Conosciamo stelle piccole, come il sole, o addirittura più piccole della terra; eccezionalmente piccole sono le stelle composte di neutroni.
Colori, temperature e spettri stellari. Con l'impiego di spettroscopi, un qualunque raggio luminoso dà origine a uno spettro, cioè a una striscia formata da bande con tutti i colori dell'iride (dal rosso, che corrisponde a luce con lunghezza d'onda maggiore, al blu, con lunghezza d'onda minore), oppure a una serie di righe luminose, la cui posizione e il cui numero dipendono dalla natura chimica della sorgente luminosa. Gli spettri sono una specie di impronte digitali dei vari elementi chimici e costituiscono un potente strumento d'indagine.
Esaminando le posizioni e gli spessori delle righe negli spettri possiamo determinare gli elementi o i composti chimici del corpo da cui proviene la luce, o delle masse gassose attraversate dalla luce stessa. Ma il «tipo spettrale» dipende dalla temperatura del corpo emittente e le stelle non hanno tutte la stessa temperatura, come rivelano i differenti colori con cui ci appaiono, strettamente legati alle temperature superficiali delle singole stelle. All'analisi spettroscopica, le diverse temperature delle stelle si traducono in differenti tipi spettrali: le stelle vengono perciò classificate in classi spettrali, ordinate in funzione di valori decrescenti della temperatura. La classe spettrale O, per esempio, comprende le stelle a più alta temperatura superficiale: 30 000-60 000 K(kelvin),di colore bianco-azzurro, mentre la classe M contiene quelle più «fredde» (30 000 kelvin), di colore rosso; il nostro Sole appartiene a una classe intermedia, con stelle di colore giallo e temperatura di 5 000-6 000 kelvin. Le analisi spettrali, effettuate su centinaia di migliaia di corpi celesti, mostrano una notevole uniformità nella composizione chimica delle atmosfere stellari (la parte più esterna dell'ammasso di materia di cui è formata una stella). Per la maggior parte tale materia è costituita di idrogeno (H:80%) e di elio (He:19%) mentre meno dell'1% comprende tutti gli altri elementi chimici che conosciamo.
Stelle in fuga e stelle in avvicinamento. Le stelle si muovono nel firmamento, ma nella maggior parte dei casi il loro movimento è per noi impercettibile, a causa della grande distanza. Eppure, vi sono delle stelle della nostra galassia la cui velocità supera i 100 km/s; quelle vicine al sole sembrano muoversi con velocità media di 20 km/s.
Materia interstellare e nebulose
Negli immensi spazi che separano le stelle sono diffusi polveri finissime e gas. Tale materia interstellare risulta spesso concentrata in ammassi di fine materia che hanno un aspetto simile alla nebbia e che vengono chiamati perciò nebulose: ammassi scuri perché privi di luce (nebulose oscure), che si stagliano come ombre su un fondo luminoso di stelle, o debolmente luminosi se attraversati dalla luce di stelle molto brillanti e molto vicine (nebulose a riflessione). Vi sono anche ammassi dotati di una tenue luce propria ( nebulose ad emissione): sono essenzialmente gassosi ed emettono luce per un fenomeno di fluorescenza, provocato nei gas da radiazioni ultraviolette provenienti da qualche stella vicina.
Dalla materia interstellare si sono originate le stelle. Negli astri sono in gioco continuamente quantità enormi di energia, che viene dispersa nello spazio in varie forme ( luce, calore, radiazioni non visibili ecc.). L'enorme massa di gas ad alte temperature che forma il Sole è in "equilibrio meccanico" (non si espande né si contrae). Verso il suo interno, il peso dei gas aumenta ed anche la densità dei gas, sempre più compressi: il Sole finirebbe per "crollare su sé stesso" (collasso gravitazionale) se alla gravità non si opponesse la pressione interna dei gas. Al centro del Sole si raggiungono i 15 milioni di K, mentre la densità arriva a 134 g/cm³. In tali condizioni la materia cambia caratteristiche: non esistono più legami molecolari e il gas è formato da elettroni liberi e da nuclei atomici. Essi sono essenzialmente di idrogeno e di elio e sono in veloce movimento: ogni tanto avvengono tra essi collisioni così violente da provocare una reazione di fusione termonucleare, che trasforma l'idrogeno in elio. Nella reazione di fusione termonucleare 4 protoni, cioè nuclei di idrogeno, si fondono in un singolo nucleo di elio. Ma nel corso della fusione una parte della massa "scompare" e si converte in energia. Per ogni nucleo di He4 che si forma, si perde lo 0,7% della massa, che si converte in energia secondo l'equazione di Einstein: E=mc² dove E=energia; m= massa; c=velocità della luce nel vuoto.
Attualmente la nostra stella perde per ogni secondo 4,5 milioni di tonnellate di massa, che viene convertita in energia; nato circa 5 miliardi di anni fa, il Sole può durare (nell'attuale stadio) per altri 5 miliardi di anni. Anche le singole stelle hanno una loro evoluzione, che si svolge nell'arco di tempi lunghissimi. La chiave per leggere l'istantanea del nostro Universo è stata fornita dagli astronomi E. HERTZSPRUNG e N.H. RUSSELL, che, indipendentemente l'uno dall'altro, hanno ideato un diagramma (diagramma H-R) in cui si possono collocare le varie stelle, ponendo in ascissa la loro temperatura (da cui dipende il loro colore e la loro classe spettrale) e in ordinata la luminosità (posto il Sole=1). Nel diagramma H-R in grandissima parte le stelle si raccolgono lungo una fascia, chiamata sequenza principale, disposte secondo un ordine regolare, mentre altre si riuniscono in gruppi che occupano settori specifici del diagramma.
Le fucine delle stelle sono le nebulose, formate di polvere e gas freddi (soprattutto idrogeno: oltre il 90%). E' probabile che le stelle nascano dai cosiddetti globuli di Bok, veri addensamenti di grandi quantità di polveri e gas che appaiono come nuclei oscuri all'interno della diffusa luminosità delle nebulose. All'interno dei globuli possono innescarsi moti turbolenti, che frammentano i globuli in ammassi più piccoli, all'interno dei quali la reciproca attrazione gravitazionale tra le particelle della nebulosa, costrette ad avvicinarsi, dà inizio ad un processo di aggregazione. Con il proseguire dell'addensamento e della contrazione, l'energia gravitazionale si trasforma in energia cinetica e di conseguenza aumenta la temperatura del corpo gassoso, che si trasforma in una protostella, da cui partono gran copia di radiazioni infrarosse. Se la massa iniziale è scarsa la temperatura non arriva a far innescare le reazioni termonucleari: la contrazione si arresta e il corpo si raffredda, lasciando un' oscura nana bruna (una "stella mancata").
Se invece la massa è sufficiente, continua a riscaldarsi, fino a raggiungere temperature di 10 milioni di K, sufficienti a fare innescare il processo termonucleare di trasformazione dell'idrogeno in elio. Il calore liberato da tale reazione fa aumentare la pressione dei gas verso l'esterno, fino a compensare la forza di gravità: si giunge cosi a una fase di stabilità. Le stelle gialle rimangono nella sequenza circa 10 miliardi di anni. Quando quasi tutto l'idrogeno è ormai consumato, il nucleo di elio che si è formato finisce per collassare, cioè per contrarsi su sé stesso; in tale processo si riscalda progressivamente fino a temperature di 100 milioni di K, sufficienti ad innescare nuove reazioni termonucleari, che trasformano l'elio in carbonio. Per l'alta temperatura, l'involucro gassoso esterno della stella si espande enormemente: la superficie si dilata e si raffredda, finché la forza di gravità ferma l'espansione e si raggiunge un nuovo equilibrio. La stella è entrata in una nuova fase e appare come una gigante rossa (come le variabili Cefèidi). Se la massa iniziale della stella è molto grande si innescano via via, con il continuo aumento di temperatura, altre reazioni nucleari, che producono nuovi elementi chimici: ma prima o poi il combustibile nucleare si esaurisce e la stella sotto la pressione del suo enorme campo gravitazionale non più contrastato, deve lasciare la fase di gigante rossa per avviarsi alla fine.
Dopo la fase di gigante rossa l'evoluzione stellare segue vie diverse a seconda della massa iniziale della stella.
Stelle con massa iniziale poco inferiore a quella del Sole devono collassare, gradualmente, fino a divenire corpi delle dimensioni della terra, le nane bianche, che ormai prive di una fonte di energia nucleare, sono destinate a raffreddarsi lentamente.
Stelle con massa iniziale come quella del Sole o alcune volte maggiore: finiscono ugualmente come nane bianche, ma prima attraversano una fase particolare. Arrivate allo stadio di giganti rosse, finiscono per espellere i loro strati più esterni che, trascinati via da un imponente vento stellare, danno origine a nubi sferiche di gas in espansione, chiamate nebulose planetarie. Dopo alcune migliaia di anni, la fusione nucleare si esaurisce e la stella inizia a raffreddarsi; alla fine, la nebulosa scompare e la stella centrale, compatta e nuda, diventa una nana bianca. In alcuni casi si osservano invece vere e proprie esplosioni stellari che si manifestano con un improvviso aumento di luminosità: in poche ore lo splendore di una stella aumenta di 150 000 volte e rimane tale per qualche settimana, per poi declinare e tornare ai livelli originari nel giro di un anno. Tali stelle sono dette novae (dal latino nova, cioè "nuova").
Se la massa della stella supera di almeno una decina di volte quella del Sole le temperature interne arrivano gradualmente a miliardi di gradi, facendo innescare via via nuove reazioni termonucleari con la formazione di nuovi elementi, ma il collasso si fa così rapido e violento da liberare infine una enorme quantità di energia che provoca una immane esplosione: la stella, definita supernova, si disintegra e la sua materia viene lanciata nello spazio. Il materiale che rimane dopo l'esplosione collassa e raggiunge una densità inconcepibile, fino a un milione di volte maggiore della densità del nucleo di una nanna bianca. In tali condizioni, elettroni e protoni si fondono e si forma una stella di neutroni.
Se la massa originaria della stella è qualche decina di volte quella del Sole dopo la fase di supernova il collasso gravitazionale non trova più forze sufficienti a contrastarlo: la contrazione prosegue, la densità continua ad aumentare e si forma un corpo sempre più piccolo, circondato da un campo gravitazionale immenso. È come se si trasformasse in un vortice oscuro in grado di attirare dentro di sé e di far scomparire qualunque corpo o particella entri nel suo raggio d'azione;neanche le radiazioni, compresa la luce, potrebbero uscire da un buco nero (black hole).
Atomi "riciclati"
L'energia delle stelle è dovuta a reazioni termonucleari, ma queste reazioni non producono solo energia: si originano, infatti, anche nuovi elementi, come l'elio. In stelle di grande massa e a temperature sempre più alte, nuove reazioni nucleari possono produrre via via tutti gli elementi chimici conosciuti, fino al ferro. Per la stessa via non possono formarsi, invece, elementi più pesanti: per la loro nascita servono energie e condizioni tali che si trovano solo nelle prime fasi dell'esplosione di una supernova, quando le temperature arrivano a centinaia di milioni di gradi. Questi elementi, appena formati e subito dispersi nello spazio dalla violenta esplosione, finiscono per mescolarsi alla materia interstellare. Da essa si formano le nebulose, e quando da una nebulosa nasce una nuova stella, gli atomi di quegli elementi vengono "riciclati" ed entrano a far parte della massa del nuovo astro. Si spiega, cosi, perché nel Sole, che è ancora nella fase precoce di trasformazione dell'idrogeno in elio, si riconoscano le tracce di oltre 60 elementi: il nostro astro è una stella "di seconda mano" in cui compaiono atomi frutto di antichissime esplosioni stellari.
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