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LICEO GINNASIO STATALE CON SEZIONE SCIENTIFICA
"XXV APRILE"
PORTOGRUARO
Approfondimento su:
IL CAMPO MAGNETICO TERRESTRE
INTRODUZIONE
Il campo magnetico (B) è una perturbazione dello spazio generata da corrente elettrica (cariche in moto) o materiali con magnetizzazioni intrinseche.
Si misura in Tesla.
Esso può essere rappresentato con il metodo delle linee di forza, un modello matematico usato per visualizzare i campi.
Inoltre, è un campo vettoriale, cioè per essere completamente definito necessita di una direzione (tangente le linee di forza), un verso (esce dal polo positivo e entra in quello negativo) e un modulo (l'intensità data dal numero di linee di forza per unità di volume).
Il campo magnetico può essere generato da:
calamita: l'attrazione che una calamita esercita su un pezzo di ferro, oppure su una seconda calamita, dimostra l'esistenza di un campo di forze, cui si da il nome di campo magnetico.
Il movimento di cariche elettriche in generale è sempre legato alla generazione di un campo magnetico.
Infatti l'ago di una bussola posta in prossimità del filo percorso da corrente devia dalla posizione d'equilibrio.
Le estremità di una calamita presentano i poli, che vengono denominati polo Nord e Sud, rispettivamente.
Si identifica come polo Nord quell'estremità della calamita che, se lasciata libera di ruotare, si rivolge verso il Nord geografico.
Le linee di forza magnetica possono essere osservate dall'orientamento di un ago magnetico: esso si orienta sempre lungo la linea di forza del campo magnetico, detta anche direzione del campo nel punto considerato.
Secondo la convenzione, le linee di forza escono dal polo Nord ed entrano dal polo Sud della calamita.
Il campo magnetico B (T) prodotto da una corrente I (A) passante per un filo rettilineo alla distanza r (m) del filo è:
m0I |
2rp |
Le linee di forza formano cerchi concentrici centrati sul filo rettilineo che seguono il verso della mano destra.
= permeabilità magnetica del vuoto.
INTRODUZIONE STORICA
Nel corso della storia dell'Umanità si era già supposta l'esistenza di una forza magnetica che agisse sulla superficie terrestre.
Sin dal tempo dei Greci oltre 2500 anni fa erano note le proprietà di un particolare minerale di ferro chiamato magnetite.
Addirittura una prima ipotesi sull'origine del campo magnetico terrestre fu formulata nel 1200 da Pietro Peregrino di Maricourt, il quale, per spiegare l'orientamento verso nord di un ago magnetico, immaginò che al polo vi fossero grandi giacimenti di magnetite.
In seguito, in estremo oriente, venne inventata il
primo prototipo di bussola, perfezionata ad Amalfi nella prima metà del XIII
secolo.
Nel XVI sec. lo scienziato W. Gilbert cercò di studiare e di analizzare dettagliatamente le proprietà della magnetite. A tale scopo predispose dei piccoli cilindri di magnetite che chiamò 'magneti' e nei suoi esperimenti si accorse che la proprietà di attirare la limatura di ferro si concentrava nelle estremità dei magneti, che chiamò poli magnetici e, nella sua opera "De Magnete", asserì che "l'intera Terra è un grande magnete" il cui campo agisce sull'ago della bussola orientandolo in direzione nord - sud.
Solo successivamente si capì che ciò non era vero in quanto la temperatura all'interno del pianeta non consente a nessuna sostanza di mantenersi magnetizzata.
Quando nell'800, si scoprì che un campo magnetico può essere prodotto da una
corrente elettrica, si ipotizzò che il campo magnetico terrestre fosse generato
da correnti prodotte nello stesso strato di ferro fuso che avvolge il nucleo
solido del pianeta, attraverso un meccanismo di geodinamo.
Occorre però attendere fino al 1832 per avere una
esatta configurazione del campo magnetico terrestre ad opera di K. F. Gauss
(1777-1855) che per primo ne tracciò le linee di forza e ne iniziò lo studio
dal punto di vista fisico - matematico.
INTERPRETAZIONE DEL CAMPO MAGNETICO
Il campo magnetico terrestre può essere schematizzato come un enorme dipolo magnetico le cui linee di induzione magnetica escono dal Polo N magnetico ed entrano nel Polo S magnetico su un asse detto geomagnetico.
I punti in cui il diametro terrestre coincidente con la direzione del dipolo incontra la superficie sono detti poli geomagnetici: asse geomagnetico è il diametro terrestre anzidetto ed equatore geomagnetico è il cerchio massimo perpendicolare a questo asse e con centro in quello del dipolo.
I Poli magnetici non coincidono con quelli geografici ma formano un angolo, tra gli assi di rotazione e quello magnetico, di 11°30'.
Per effetto del campo magnetico terrestre un ago magnetico libero di muoversi si dispone parallelo alle linee di forza del campo in dato punto della crosta terreste e sarà verticale ai poli e orizzontale all'equatore (principio base della bussola).
Le linee di induzione magnetica sono orizzontali rispetto alla superficie terrestre solo all'equatore, in tutti gli altri punti la linea di induzione e la superficie terrestre in quel punto formano un angolo detto inclinazione magnetica.
Il polo situato nell'emisfero settentrionale, indicato convenzionalmente con B (boreale), ha polarità negativa e si trova a 78°30' N, 69° W,
mentre l'altro, indicato con A (australe), risulta positivo, con posizione 78°30' S, 111° E.
Quindi una volta individuato il polo nord magnetico, con la bussola, bisogna correggere il dato per poter individuare il polo nord geografico, utilizzando la declinazione magnetica, che è l'angolo che l'ago della bussola forma con il polo nord geografico, in un qualsiasi punto della superficie terrestre; questa ovviamente varia nel tempo e da un luogo all'altro.
È importante ricordare anche che il polo nord magnetico si sposta continuamente intorno al polo nord geografico e, inoltre, oscilla di circa
Se in una bussola l'ago magnetico è libero di
muoversi sia in orizzontale sia in verticale esso non si dispone su un piano
perfettamente orizzontale: nell'emisfero settentrionale la punta che indica il
nord tende verso il basso, nell'emisfero meridionale, invece tende verso il
basso la punta che si orienta verso il polo sud. L'angolo compreso tra il piano
d'inclinazione dell'ago e il piano orizzontale è detto inclinazione magnetica ed è dovuto al fatto che l'ago si dispone
parallelamente alle linee di forza del campo che sono inclinate diversamente in
base alla latitudine del luogo.
STRUTTURA E VARIAZIONI DEL CAMPO MAGNETICO
La composizione del campo magnetico terrestre viene suddivisa dagli scienziati in quattro componenti che sono:
Gli studiosi ritengono che il campo principale rappresenti il 99% di tutto il campo magnetico osservato in superficie. Gli studi hanno dimostrato come il campo sia per il 95% analogo a quello generato da un dipolo situato al centro della Terra il cui asse è inclinato, rispetto all'asse di rotazione terrestre, di circa 11.5°.
È stato così elaborato un modello globale del campo geomagnetico che considera gli effetti del solo campo principale.
Il campo magnetico terrestre è un campo statico ma tuttavia soggetto a variazioni che possono essere: a lungo termine o a breve termine.
una precessione verso ovest dell'asse del dipolo di 0.008% all'anno;
uno spostamento del dipolo verso nord dell'ordine di
una variazione di intensità del campo non dipolare al tasso medio di circa 10 nT all'anno.
Tra le
prime vi sono quelle giornaliere, determinate dalle azioni "mareali" del Sole e
della Luna sulla ionosfera terrestre (lo strato ionizzato presente
nell'atmosfera tra i 50 -
Tra quelle irregolari, vi sono quelle che prendono il nome di tempeste magnetiche che sono collegate ad attività solari particolarmente intense, dette "brillamenti solari", o più in generale all'attività delle macchie solari.
Come ha dimostrato E. N. Parker nel 1958, il vento solare è un plasma
caldo emesso dalla corona solare, costituito essenzialmente da idrogeno
ionizzato (protoni ed elettroni non legati fra loro). Questo flusso di
particelle cariche, emesso dal Sole in direzione radiale con una velocità
variabile da
Un gran numero di protoni e di elettroni energetici del vento solare penetra nel campo magnetico terrestre, dove rimane confinato in due regioni, denominate fasce di Van Allen, dal nome dello scienziato che ebbe l'occasione di scoprirle nel 1958.
FASCE DI VAN ALLEN
La presenza della fascia di van Allen era già stata teorizzata prima dell'era spaziale, ma ottenne una conferma sperimentale solo con il lancio delle missioni Explorer 1 ed Explorer III, sotto la supervisione del prof. James van Allen.
La fascia di van Allen consiste in realtà di due fasce che circondano il nostro pianeta, una interna ed una più esterna. Le particelle cariche sono distribuite in maniera tale che la fascia interna consiste principalmente di protoni, mentre quella esterna consiste principalmente di elettroni.
L'atmosfera terrestre limita inferiormente l'estensione delle fasce ad
un'altitudine di 200-
La fascia di van Allen
esterna si estende ad un'altitudine di circa 10.000-65.000 km ed è
particolarmente intensa tra i
La presenza di diverse categorie di particelle suggerisce che sia stata
generata dalla concomitanza di diversi fenomeni.
La fascia
di Van Allen interna si estende da circa
Rispetto alla fascia interna, quella esterna è più estesa ed è caratterizzata da un livello di energia minore (meno di 1 MeV), che aumenta significativamente solo quando una tempesta magnetica provoca la risalita di nuove particelle dalla magnetosfera.
Le particelle elettrocariche vengono respinte dalle regioni dove il campo magnetico è più intenso, ovvero quelle polari, e continuano a rimbalzare in direzione nord-sud nelle zone tropicali ed equatoriali.
Nel momento in cui la radiazioni solari vengono respinte, principalmente nelle zone polari, si generano quelle che vengono definite "Aurore polari".
La separazione fra la fascia interna e quella esterna è causata dalla presenza di onde radio a bassa frequenza che respingono le eventuali particelle che potrebbero venirsi a trovare in tale regione. Tempeste magnetiche particolarmente intense possono spingere delle particelle cariche in questa zona, ma entro pochi giorni l'equilibrio viene ristabilito.
In passato l'Unione Sovietica accusò gli Stati Uniti di aver dato origine alla fascia di van Allen interna a seguito di test nucleari effettuati nel Nevada; allo stesso modo, l'URSS stessa è stata accusata dagli statunitensi di aver generato la fascia esterna. Non è chiaro come gli effetti degli esperimenti nucleari avrebbero potuto superare l'atmosfera e raggiungere l'altitudine che caratterizza le fasce di radiazioni; certamente non è stata osservata alcuna diminuzione apprezzabile della loro intensità da quando i test nucleari nell'atmosfera sono stati banditi per trattato.
paleomagnetismo
da tempo si è constatato che alcune rocce possiedono una magnetizzazione propria.
Queste rocce cantengono minerali ferromagnetici, cioè minerali che possiedono una magnetizzazione stabile che mantengono, indipendentemente dall'esistenza di un campo magnetico esterno. I minerali ferromagnetici più noti sono la magnetite e l'ematite.
Processi di Magnetizzazione delle rocce
Magnetizzazione permanente:
Le modalità attraverso le quali una roccia acquisisce una magnetizzazione permanente possono essere diverse, ma dipendono da un unico fattore: durante le fasi di formazione di una roccia che contiene sostanze magnetizzabili, deve essere presente un campo magnetico esterno, capace di indurre un orientamento ordinato dei campi magnetici associati agli atomi dei minerali ferromagnetici.
La magnetizzazione permanente viene quindi indotta dal c.m.t. esistente al momento della formazione della roccia.
a) materiale non sottoposto ad un
campo magnetico esterno
b) materiale sottoposto ad un campo
magnetico esterno
Da quanto detto precedentemente il punto di Curie corrisponde alla temperatura alla quale scompare il magnetismo permanente, quando si riscalda un materiale magnetico. Una fondamentale proprietà di molte rocce magnetiche è che, raffreddandosi sotto il punto di Curie, acquisiscono una magnetizzazione che ha la stessa direzione del campo magnetico in cui erano immerse al momento del raffreddamento.
Una lava fuoriuscendo da un vulcano, raffreddandosi, "si orienta", assume cioè una magnetizzazione secondo il campo magnetico di quel luogo e di quel momento. Una volta divenuta roccia a meno di essere riportata sopra il punto di Curie, i dati magnetici rimangono registrati in questa lava per sempre, quasi fossero congelati. Questo magnetismo fossile, che si conserva anche se il campione di roccia è sottoposto a modesti disturbi meccanici, magnetici, termici e che quindi permane inalterato anche a distanza di decine o centinaia di milioni di anni, è detto paleomagnetismo.
Soltanto alcuni tipi di rocce risultano utili all'indagine paleomagnetica. Le lave basaltiche, ad esempio, appartengono a questa categoria; esse sono abbastanza ricche di minerali ferriferi ed acquisiscono la magnetizzazione mentre si raffreddano.
Misure paleomagnetiche sono possibili anche su rocce sedimentarie ricche di ossido di ferro.
Alcune di queste possono presentare una magnetizzazione permanente (detta magnetizzazione detritica residua). Questa magnetizzazione viene aquisita durante il processo di sedimentazione, quando detriti e frammenti molto piccoli, contenenti minerali già magnetizzati cadono nell'acqua del mare e tendono a depositarsi secondo il c.m.t. La magnetizzazione detritica è in genere molto più debole della termorimanente.
Principio fondamentale:
La direzione ed l'intensità della magnetizzazione residua è proporzionale e parallela rispettivamente al c.m.t. all'epoca della magnetizzazione.
Procedimento in laboratorio:
eliminare componenti di magnetizzazione secondaria,
determinare i paleo-poli (poli paleo-geomagnetici): risalire ai paleo-poli da un insieme di campioni, tenendo conto dell'inclinazione e della declinazione della magnetizzazione residua di ogni singolo campione.
Sfruttando questa proprietà i geofisici soprattutto negli anni cinquanta e sessanta cominciarono a raccogliere rocce di tutte le età e di varie parti del globo rilevando tre interessanti e sorprendenti fenomeni:
La migrazione (apparente) dei poli,
Le inversioni di polarità,
Le anomalie magnetiche dei fondi oceanici.
Negli
ultimi cinquant'anni vari gruppi di ricercatori indagando sul paleomagnetismo
presente in vari tipi di rocce distribuiti sia sul continente americano sia
europeo, hanno registrato una continua variazione della posizione del polo nord
attraverso le varie ere geologiche.
L'indagine ha rilevato che circa 500 - 600 milioni di anni fa, il polo nord si
trovava lungo l'equatore, nel mezzo dell'attuale Oceano Pacifico, inoltre i
risultati ottenuti dall'analisi delle rocce americane rispetto a quelle europee
davano posizioni diverse per il polo.
La spiegazione del fenomeno comportava due possibili soluzioni: o si facevano migrare i continenti mantenendo fissi i poli, o si facevano migrare i poli tenendo fissi i continenti.
All'inizio si pensava che la migrazione dei poli fosse causata dallo spostamento dell'asse di rotazione terrestre; quando ciò avviene, i poli, che sono i punti in cui tale asse incontra la superficie terrestre, si spostano su di essa compiendovi un certo tragitto.
Già nel 1889 l'astronomo italiano Schiapparelli aveva fatto notare che l'asse di rotazione terrestre può non coincidere con l'asse di inerzia.
I due assi corrisponderebbero solo nel caso in cui le masse che costituiscono
la Terra fossero disposte con perfetta simmetria rispetto all'asse di rotazione
terrestre, il che evidentemente non corrisponde alla realtà. Conseguentemente
il movimento di rotazione non è del tutto regolare, e si è constatato che la
posizione dei poli subisce in effetti dei piccoli spostamenti, dell'ordine di
pochi metri attorno all'asse dell'ellissoide terrestre. In mancanza di
perturbazioni esterne l'asse di rotazione terrestre, in accordo con la legge di
conservazione del momento angolare, rimane praticamente fisso nello spazio.
L'unica ipotesi plausibile per spiegare l'apparente migrazione dei poli è quindi quella di considerare la deriva dei continenti; in realtà sono i continenti che, migrando sulla superficie del globo, si sono mossi rispetto all'asse di rotazione terrestre.
Un particolare aspetto del paleomagnetismo, riguarda le inversioni del campo geomagnetico, riconosciute per la prima volta quando a seguito dell'analisi delle colate laviche degli ultimi cinque milioni di anni si riscontrò direzioni del campo paleomagnetico divergenti di 180°.
Irregolarmente, ma circa ogni mezzo milione di anni, il campo magnetico della Terra cambia polarità (il polo nord diventa polo sud e viceversa), impiegando qualche migliaio di anni ad invertire la propria direzione. Successivamente, usando vari metodi di datazione, si è potuto stabilire che queste inversioni si succedono con lo stesso ordine cronologico, anche in zone assai distanti tra loro e si è ricostruita la storia delle inversioni negli ultimi 5 - 7 milioni di anni.
Si è così trovato che circa la metà di tutte le rocce studiate hanno magnetizzazioni opposta a quella dell'attuale campo magnetico della Terra. Questo implica che il campo magnetico si è "ribaltato", da normale ad inverso piuttosto frequentemente nel passato geologico e che campi magnetici normali o inversi sono ugualmente probabili.
I periodi
più lunghi, dell'ordine del mezzo milione di anni, sono chiamati epoche magnetiche, ognuna con un nome di
un famoso scienziato del paleomagnetismo. Ma durante le epoche si registrano
anche brevi inversioni dette eventi
magnetici che possono durare dai 10.000 ai 100.000 anni. La causa di queste
periodiche inversioni del campo geomagnetico non è ancora conosciuta, tuttavia gli scienziati americani Glatzmaier e Roberts simularono, con diverse
prove, il riscaldamento e una variazione nei movimenti interni del profondo
strato di metallo liquido (nucleo esterno) per verificare quali conseguenze
potrebbero esservi nel campo magnetico terrestre.
Durante queste prove di simulazione si è potuto verificare che l'agitazione
dello strato di metallo liquido che avvolge il nucleo terrestre comporta una
serie di modifiche al campo magnetico terrestre; questo aumenta o diminuisce a
seconda dei casi, i poli magnetici si spostano e in alcuni casi si invertono. Secondo
i due scienziati americani queste inversioni richiedono alcune migliaia di anni
per completarsi e, a differenza di quello che si pensava, non comportano l'azzeramento
del campo magnetico ma una sua modifica.
Durante le inversioni dei poli il campo magnetico non scompare ma modifica la sua struttura e diventa più complesso. Le sue linee di forza in prossimità della superficie terrestre tendono a divenire aggrovigliate e i poli magnetici si spostano prima di completare l'inversione. Non è ancora stato accertato se il campo si affievolisce lentamente per poi aumentare gradualmente nella direzione opposta o se semplicemente si ribalta. Tutto il fenomeno dipende da quella sorta di dinamo che è il nucleo terrestre, la quale, evidentemente, può variare la propria polarità casualmente e con una certa facilità.
Anche se ci muoviamo nell'ambito delle
ipotesi, perché pur sempre di ipotesi si tratta, gli studi di Glitzmaier e
Roberts dimostrerebbero che l'inversione dei poli magnetici non dovrebbe avere
conseguenze devastanti per la vita sulla Terra, anche perché darebbero ragione
del fatto che se anche ci fossero state almeno due inversioni nell'ultimo
milione di anni, la razza umana non si è estinta. Tale fenomeno
porterebbe tuttavia la Terra ad avere una minore schermatura contro il vento
solare e questo potrebbe comportare un assottigliamento dello strato di ozono e
una maggiore penetrazione delle radiazioni ultraviolette che determinerebbe un
aumento delle malattie tumorali.
Il fenomeno inoltre potrebbe avere anche effetti sulle specie animali che
impiegano il campo magnetico per il proprio orientamento (le balene, le
tartarughe, alcune specie di uccelli migratori).
Strettamente collegate all'inversione di polarità sono le strane ed importantissime anomalie magnetiche riscontrate sui fondali oceanici.
Durante la perlustrazione dei fondi oceanici, gli oceanografi scoprirono delle anomalie magnetiche distribuite in modo assai caratteristico. Queste anomalie rappresentano delle piccole deviazioni dei valori medi dell'intensità del campo magnetico terrestre. In un'area con anomalia positiva, il campo magnetico terrestre ha intensità maggiore del normale, mentre in un'area con anomalia magnetica negativa, l'intensità è minore del normale.
La lava
proveniente dal sottosuolo che solidifica registra le inversioni del campo
magnetico terrestre e si formano delle fasce di fondale (larghe da
Correlando queste inversioni con la scala dei tempi geomagnetici, è stato
possibile datare i fondi oceanici e si è constatato che i fondali oceanici non
hanno un'età superiore a 200 milioni di anni nelle parti più antiche, età che è
molto diversa da quella registrata per alcune rocce continentali che arrivano a
3,8 miliardi di anni. Questo significa che il fondo oceanico è cambiato molte
volte nel corso della storia della Terra.
Altro interessante aspetto delle anomalie magnetiche dei fondi oceanici è che è possibile ricostruire la posizione dei continenti, l'uno rispetto all'altro, in un dato momento della storia della Terra. Spostando e facendo coincidere con l'asse della dorsale le anomalie associate allo stesso periodo temporale, si ottiene il profilo del fondo oceanico in quel particolare tempo geologico e quindi anche i profili delle terre emerse.
IPOTESI SULL'ORIGINE DEL CAMPO MAGNETICO
La
prima e anche la più semplice interpretazione che è stata data al magnetismo
terrestre è che, al centra della Terra, il nucleo ferroso si comporti come un
dipolo permanente.
questa ipotesi è caduta quando è stato dimostrato sperimentalmente che la
magnetizzazione di qualsiasi sostanza scompare al di sotto del punto di Curie,
che per qualsiasi sostanza è molto più basso della temperatura che si ritiene
sia presente nella parte più interna della Terra.
Nel 1919 Josehh Larmor (1857-1942), fisico
all'Università di Cambridge, fornì una nuova ipotesi sull'origine del campo, egli
ricondusse cioè il campo magnetico terrestre ad un effetto dinamo.
Il fisico statunitense Walter M. Elsasser e il geofisico inglese Edward C.
Bullard, allora rispettivamente all'Università della California a San Diego e
all'Università di Cambridge, hanno ripreso questa idea cinquant'anni fa e
l'hanno applicata alle condizioni terrestri.
All'interno della Terra, e precisamente nel nucleo, esisterebbe una specie di dinamo (teoria della "dinamo autoalimentata" proposta da Bullard nel 1948) capace di produrre correnti elettriche generanti a loro volta il campo magnetico da noi misurato. Questa dinamo autoeccitante sarebbe costituita dal nucleo, fluido e ricco di ferro della Terra, rimescolato da continui moti convettivi prodotti dal calore radioattivo generantesi dal nucleo stesso.
Fluidodinamica: liquido in rotazione tra due termostati a diversa temperatura
sviluppa moti vorticosi.
Nel nucleo terrestre: la
simmetria assiale induce
moti vorticosi a
colonna con asse parallelo
all'asse di
rotazione (conferma in laboratorio).
Tutto avrebbe inizio con la presenza di un casuale, anche se piccolo, campo magnetico che interagirebbe col ferro fluido in movimento, producendo correnti elettriche che a loro volta creerebbero un ulteriore campo magnetico, iniziando così un processo a catena autosostenuto, la già citata dinamo autoeccitante.
Il modello a dinamo è oggi il modello più probabile che possa spiegare il cmt.
Esso predice che l'origine del cmt è nel nucleo esterno liquido e prevede che il moto ciclico di un fluido elettricamente conduttore, sotto condizioni specifiche, genera un campo magnetico e lo mantiene tramite un processo di retroazione.
a) A causa della forza di Lorentz: F = q (E +v x B), le cariche sulla superficie circolare subiscono
ruotando una accelerazione e si stabilisce lungo il circuito una differenza di potenziale;
b) Il circuito esterno garantisce la continuità al flusso di corrente;
c) La corrente indotta genera a sua volta un campo magnetico che rinforza il campo originale;
Il comportamento delle correnti elettriche e dei campi magnetici in conduttori elettrici in movimento - quali i fili metallici o i metalli fusi - viene determinato da tre leggi fondamentali dell'elettrodinamica:
A causa della rotazione del pianeta, che nel nucleo fluido raggiunge
una velocità media dai 10 ai
Charles Carrigan e Friedrich Busse riuscirono a confermare in modo convincente questi modelli grazie agli esperimenti che realizzarono alla fine degli anni settanta all'Università della California. In questi esperimenti Carrigan mise in rapida rotazione (circa 1000 giri al minuto) un liquido che riempiva una cavità a forma di guscio sferico.
Riscaldando la superficie esterna e raffreddando quella interna produsse un gradiente di temperatura in grado di determinare una corrente di convezione termica. Parallelamente all'asse di rotazione del liquido si formarono vortici cilindrici.
Grazie all'aiuto di potenti computer per rielaborare i dati questi esperimenti forniscono la chiara prova sperimentale che correnti vorticose in un conduttore quasi omogeneo possono produrre spontaneamente un campo magnetico permanente.
Confermano al contempo, in virtù dell'analogia con le ipotizzate strutture di corrente nel nucleo terrestre, il modello di una geo-dinamo.
DETRMINAZIONE DEL CAMPO MAGNETICO
T ESPERIENZA DI BIOT-SAVART
Secondo la legge introdotta dai Biot e Savart a seguito del passaggio di corrente attraverso un filo rettilineo si genera un campo magnetico concentrico al filo.
Un ago magnetico avvicinato a questo campo viene perturbato e ruota fino a trovare un punto di equilibrio.
Per riuscire a dare un'approssimazione del campo magnetico terrestre è necessario:
Allineare un ago magnetico orientato su un foglio di carta millimetrata in modo che sia parallelo ad un linea retta del foglio;
Posizionare l'ago magnetico ed una distanza r da un filo rettilineo inizialmente non percorso da corrente;
Far passare una corrente I attraverso il filo e calcolare l'angolo di cui viene deviato l'ago una volta raggiunto l'equilibrio.
B0=BT*tgg BT=B0*ctgg
Bmax = 0.00005 T = 0.5 Gauss
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