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I vulcani




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I vulcani


Un vulcano è una spaccatura della crosta terrestre dalla quale, in determinate circostanze, erutta il magma incandescente, insieme a gas, vapori e materiali rocciosi.

Il magma, termine greco che significa miscuglio o impasto, è una miscela di materiali fusi, compo­sta essenzialmente di silicati e ricca di gas ad altissima pressione. Questa massa si trova entro o sotto la crosta terrestre in zone chiamate serbatoi, camere o focolai magmatici; quando la sua pressione supera quella esercitata dalle rocce sovrastanti, il magma fuoriesce in superficie, perde i gas che conteneva e diventa lava.

Un vulcano si origina quando il calore prodotto dal nucleo centrale della Terra, tendendo a disperdersi, arriva alla superficie con la risalita di rocce fuse attraverso le spaccature della crosta terrestre, dando vita ad un'eruzione che costruisce l'edificio vulcanico.

Approssimativamente un vulcano tipo è costituito da un focolaio o bacino magmatico, che è il luogo dove si accumula il magma proveniente dal mantello; da un condotto o camino vulcanico, attraverso cui i materiali magmatici salgono dal focolaio alla superficie; e da un cratere (dal greco krater = "coppa") che rappresenta lo sbocco esterno del camino e di solito è costituito da una cavità imbutiforme. L'apparato esterno, ossia il cono vulcanico, è prodotto dalla stessa attività vulcanica e può avere dimensioni svariate.

Le eruzioni possono avvenire sia attraverso il cratere principale che attraverso condotti secondari, detti coni avventizi, i quali traggono alimento da diramazioni del condotto principa­le. Talvolta essi si succedono lungo la stessa linea, essendosi originati da fratture laterali del vulcano. Sono questi crateri avventizi che, essendo situati a quote molto basse, hanno prodotto le eruzioni più catastrofiche, perché le loro colate laviche spesso si sono spinte fino al mare e lungo il loro percorso hanno ricoperto, insieme alle colture, vari centri abitati.

I vulcani possono essere: attivi se sono caratterizzati da eruzioni più o meno frequenti, pur senza alcuna regolarità; quiescenti se, per quanto non diano luogo ad eruzioni da alcuni secoli, manifestano segni di vita attraverso emanazioni di gas e vapori; spenti se la loro attività eruttiva è ormai cessata da molti anni e sono assenti anche le emanazioni di gas e vapori.

La distinzione tra vulcani spenti e quiescen­ti, però, è piuttosto difficile. Spesso è accaduto che vulcani considerati estinti, perché restati inattivi per decine di secoli, improvvisamente si sono ridestati con spettacolari eruzioni.

I materiali emessi dai vulcani, oltre ai gas e vapori, sono di due tipi: liquidi e solidi.

I materiali liquidi sono rappresentati dalle lave, che, in base alla quantità di silice contenuta, si distinguono in basiche (con quantità di quantità di silice inferiore al 53%), neutre (53-66%) e acide (oltre 66%). Le lave con basso contenuto di silice provengono da bacini magmatici profondi, hanno colore scuro e sono molto fluide, per cui scorrono piuttosto velocemente sui fianchi del vulcano; quelle ricche di silice, invece, provengono ­da bacini magmatici superficiali, hanno colore chiaro e sono molte viscose, per cui scorrono con difficoltà e si solidificano con rapidità, accumulandosi attorno al cono craterico e provocandone il progressivo innalzamento.

­I materiali solidi, detti anche piroclastici (dal greco pur = "fuoco" e klàsis = "rottura") sono materiali di natura e di grandezza variabili che provengono dalle pareti del camino e dalla base del vulcano, oppure sono frammenti di lave solidificate in aria che le esplosioni lanciano a grande altezza.

A seconda delle dimensioni si hanno le ceneri e le sabbie, cioè particelle finissime di lava polverizzata o minuti frammenti di rocce provenienti dal camino vulcanico e che, proprio per le loro piccolissime dimensioni, possono restare in sospensione nell'atmosfera ed essere trasportate dal vento a grandi distanze; i lapilli (dal greco lapillus = "sassolino") che sono pezzetti di lava di pochi centimetri di diametro, di colore grigio; le pomici, ossia lave vetrose e ricche di gas che, uscendo dal cratere, si espandono in blocchi spugnosi molto leggeri di colore biancastro o grigio; e le bombe vulcaniche, vale a dire brandelli di lava che, quando vengono lanciati in aria durante le eruzioni, roteando assumono forma tondeggiante che conservano anche quando cadono al suolo già solidificati. Altri tipi sono le bombe a crosta di pane che mostrano una superficie vetrosa piena di screpolature attribuibile alla riduzione di volume durante il raffreddamento.

Si hanno essenzialmente due tipi di attività vulcanica e sono quella esplosiva e quella effusiva.

La fase eplosiva, detta anche fase pliniana perché minutamente descritta dallo scrittore romano Plinio il Giovane durante la cele­bre eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 d.C., che distrusse Pom­pei, Ercolano, Stabia ed altri centri situati attorno al vulcano, si ha quando il magma che risale è molto viscoso e ricco di gas. In questo caso, al diminuire della pressione, i gas iniziano a liberarsi in singole bollicine, che, a causa dell'alta visco­sità del magma, non riescono ad espandersi liberamen­te: la pressione da essi esercitata deve salire enormemente prima di vincere la resistenza della massa fusa e della spessa crosta già consolidata che ostruisce la parte fina­le del condotto. Quando questo avviene, si verifica una fortissima esplosione che squarcia il cratere e lan­cia in alto una densa nube di vapori e gas, insieme con ceneri, lapilli e bombe vulcaniche. I materiali solidi, raggiunta una certa altezza, rica­dono al suolo; la nube di gas, invece, s'innalza fino ad un'altezza di 10-20 km, formando un enorme pennacchio che viene chiamato pino vul­canico perché si presenta stretto alla base e largo nella parte superio­re. Talvolta, insieme con il gas, fuoriesce anche una densa miscela di magma polverizzato, detta nube ardente, che scende rapidamente lungo i fian­chi del vulcano bruciando quanto incontra sul suo cammino. L'accumulo dei materiali solidificati delle nubi ardenti viene detto ignimbrite (dal latino ignis = "fuoco" e imber = "pioggia").

La fase effusiva, o di deiezione, consiste nell'emissione di lava fluida incandescente che si espande in lingue di fuoco chiamate colate laviche.

La velocità di percorso di una colata lavica è varia perché dipende, oltre che dalla maggiore o minore fluidità, dalla pendenza più o meno ripida del vul­cano; ma in genere è massima in prossi­mità della bocca eruttiva e minima nella parte frontale della colata. Anche l'aspetto di una colata lavica dipende da vari fatto­ri, come la composizione, la viscosità, il contenuto in gas della lava e la morfologia del terreno su cui la colata scende.

Quando la lava che si raffredda è molto fluida la parte esterna si solidifica più rapi­damente rispetto a quella interna, che per un certo tempo resta fluida e conti­nua a scorrere come in un tunnel dalle pareti isolanti. In tal modo, soprattutto lungo i pendii molto scoscesi, la parte interna della colata può restare vuota, per cui si formano gallerie di scolamento. Spesso le lave solidificano anche all'interno del condotto formando i cosiddetti neck, in inglese "collo", che successivamente, se il materiale circostante viene rimosso dall'erosione, affiorano in superficie a forma di colossali guglie. Altre volte, la pellicola superficiale di queste colate, solida ma ancora plastica, viene trascinata dalla lava sottostante, ancora fluida, e si raggrinza secondo una successione di linee arcuate simili a fune, si parla allora di lava a corde.

Se, invece, la lava è più viscosa, la superficie della colata, più rigida, a contatto con l'aria, si frantuma in numerosi frammenti spigolosi e taglien­ti formando ammassi caotici, per cui tale tipo di lava è defi­nita scoriacea; se la viscosità è un po' più accentuata, i frammenti trascinati dalla parte ancora fusa possono essere di grandi dimensioni e si parla allora di lava a blocchi.

Altri tipi di colate laviche sono quella a budella, se, fuoriuscendo liquida dall'interno della colata attraverso fratture del crostone superficiale, crea volute capricciose e figure spesso fantastiche; e a colonne, se risulta fratturata in una serie di colonne prismatiche perpendicolarmente alla superficie di raffreddamento.

Se la colata lavica fuoriesce sul fondo di un oceano, a causa del brusco raffreddamento a contatto con l'acqua, la sua superficie si riveste rapidamente di una crosta vetrosa, che la pressione per l'arrivo di nuova lava dal condotto fa rompere in vari punti: dalle numerose fessure escono fiotti di lava che a loro volta si rivestono di un guscio vetroso, e il processo si ripete. Si parla di lava a cuscini.

Terminata l'attività eruttiva, il vulcano entra nella fase di solfatara, detta anche di quiescenza, che è caratterizzata dalla emissione di gas e vapori.

In base alle modalità con cui l'attività eruttiva si manifesta, si possono distinguere cinque diversi tipi di vulcani: hawaiano, islandese, stromboliano, vulcaniano, pliniano e peléeano .


 Il tipo hawaiano, così denominato dai vulcani dell'arcipelago delle Isole Hawaii , è caratterizzato da abbondanti effusioni di lava molto fluida che trabocca dal cratere in modo tranquillo, senza esplosioni. Di tanto in tanto, tut­tavia, si verificano improvvisi zampilli di materiali incandescenti, detti fontane di lava, che sono lanciati in alto dalla pressione dei gas e pos­sono innalzarsi fino a 300 metri.

La lava di solito forma edifici a scudo, ossia aventi l'aspetto di un piatto rovesciato, e spesso può defluire anche da lunghe fessure laterali, che partono dal condotto centrale.

 Il tipo islandese, presente soprattutto lungo le dorsali oceaniche, è caratterizzato dalla fuoriuscita di grandi quantità di lava fluida da spaccature lineari lunghe anche parecchi chilometri. Il ripetersi di tali eruzioni dalla stessa fessura porta alla formazione di vasti espandimenti lavici basaltici, quasi orizzontali, detti plateaux basaltici, di spessore relativamente modesto. Queste eruzioni lineari, ora limitate soprattutto all'Islanda, un tempo erano molto diffuse: ad esse si devono i vasti altipiani lavici dell'America meridionale (Patagonia), dell'Africa (Etiopia), dell'Asia (Arabia, Siberia, Mongolia, India), della Groenlandia e di tante altre parti della Terra


 Il tipo stromboliano, così denominato dal vulcano Stromboli, nell'arcipelago delle Eolie, è contraddistinto da un'attività eruttiva continua e da esplosioni d'intensità moderata, che avvengono ad intervalli regolari e ravvicinati. Il fenomeno si spiega con il fatto che il magma emesso è piuttosto denso, per cui tende a solidificare nel cratere. Ma di tanto in tanto i gas intrappolati nel camino, raggiunta una determinata pressione, si liberano, lanciando in aria, insieme con una bianca nube di vapore, brandelli di lava fusa che si rivestono di una crosta plastica e assumono una forma affusolata. Esaurita la spinta dei gas che hanno in­nescato l'eruzione, la lava torna a ristagnare sul fondo del cratere e si forma una nuova crosta solida, finché un nuovo accumulo di gas farà ripetere il fenomeno.

Il magma di tipo intermedio, accumulandosi e solidificandosi, forma edifici detti misti o a strati.

 Il tipo pliniano è caratterizzato dalla violenza estrema dell'esplosione iniziale, che svuota rapidamente un gran tratto del condotto superiore: il magma può risalire con grande velocità da zone profonde, fino ad espandersi in maniera esplosiva, uscendo dal cratere, dissolvendosi in una gigantesca nube di minutissime goccioline.


 Il tipo vulcaniano, dall'Isola di Vulcano, nelle Eolie, presenta eruzioni piuttosto rare, ma violente, che sono accompagnate dall'emissione di grandi nubi scure, miste a gas e materiale detritico polverizzato.

Tale comportamento dipende dal fatto che il magma è molto viscoso, per cui tra un'eruzione e l'altra solidifica nel cratere e lo ostruisce, formando un "tappo" di grosso spessore. Quando la pressione dei gas sottostanti diventa tale da vincere l'ostruzione, il magma risale con estrema violenza dalla camera magmatica e viene letteralmente "sparato" verso l'esterno attraverso il condotto; l'esplosione è violentissima, tanto da coinvolgere, a volte, la sommità stessa del cono vulcanico. La colonna di vapori, gas e lava polverizzata sale diritta verso l'alto e può raggiungere i 30 km di altezza prima di collassare. Poi, rimossa l'ostruzione, le colate laviche fluiscono dal cratere, formando edifici a strato, e da fessure laterali, dove possono formarsi crateri avventizi. L'attività del Vesuvio e dell'Etna rientra in questa categoria di eruzioni.


 Il tipo peléeano dal Monte Pelée, nell'isola della Martinica, ha due caratteristiche principali: estrema esplosività e abbondanti emissio­ni di nubi ardenti. Ciò si deve al magma estremamente viscoso, che blocca la fuo­riuscita dei gas e li costringe ad aprirsi una via al di sotto del tappo crate­rico, per cui le esplosioni si verificano in senso orizzontale anziché verti­cale. Si sprigiona allora una densa miscela di vapori surriscaldati e di ceneri incandescenti, la cosiddetta nube ardente, che scende rapidamente lungo i fianchi del vulcano bruciando quanto incontra sul suo cammino. In seguito si ha la risalita di una cor­rente lavica molto pastosa, detta protusione solida, che si ferma nel cratere e chiude un'altra volta le vie d'uscita ai gas, favorendone così l'accumulo all'interno del camino e creando le condizioni per altre esplo­sioni.





I vulcani attualmente in attività sono circa 700 e la loro distribuzione sulla superficie del globo non è casuale: essi, infatti, sono collegati con zone geologicamente attive della crosta terrestre.

La maggior parte dei vulcani attivi, circa il 60%, è situata attorno all'Oceano Pacifico, dove forma un allineamento noto come «cintura di fuoco del Pacifico», che si estende dalla Catena delle Ande fino all'Alaska. Sono tutti vulcani fortemente esplosivi, localizzati nelle zone in cui la crosta terrestre subisce fenomeni di compressione, come ai margini dei continenti o lungo gli archi insulari.

Diversi sono, invece, i vulcani situati nelle zone in cui la crosta terrestre è soggetta a movimenti di distensione, dove cioè le placche si allontanano una dall'altra.

Fra essi si possono ricordare i vulcani della fascia atlantica, della zona orientale dell'Africa e della zona mediterranea.

Non tutti i fenomeni vulcanici avvengono in corrispondenza dei margini delle placche; esistono, infatti, numerosi altri centri di emissione, che rappresentano appena l'1% del vulcanismo, che sono situati al centro delle placche litosferiche rigide, sia oceaniche che continentali. Essi vengono chiamati punti caldi ed emettono un tipo di lava che è simile a quella basaltica prodotta dai vulcani localizzati lungo le dorsali oceaniche o presso i margini continentali, ma contiene una certa percentuale di metalli alcalini.

La causa della loro formazione non è stata ancora individuata con certezza, tuttavia la maggioranza degli scienziati propende per attribuirla alla risalita in superficie di materiale caldo sotto forma di enormi pennacchi caldi, la cui sommità, giunta sotto la litosfera, si allargherebbe verso direzioni opposte, innescando il processo di espansione; contemporaneamente entro il resto del mantello si verificherebbe un flusso di ritorno discendente di materiale meno caldo.

Quando una placca litosferica, nei suoi lenti movimenti, passa sopra un punto caldo si genera una fila di vulcani che, superata la sorgente vulcanica, diventano spenti e tendono ad abbassarsi. Ciò si verifica perché in corrispondenza del punto caldo la litosfera è meno densa e quindi, per compensazione isostatica, risulta sollevata.

Se la placca litosferica che passa sopra un punto caldo è oceanica, allora si formerà una serie di isole vulcaniche che, con il passare del tempo, sprofonderanno sotto il livello del mare e, per l'azione abrasiva delle onde che ne smantella la sommità, acquisteranno la forma di un cono tronco.

L'esempio più noto di vulcanesimo dovuto ai punti caldi è quello delle Isole Hawaii, che si sono formate con il passaggio della Placca Pacifica su un'unica sorgente calda durante gli ultimi 70 milioni di anni. L'arcipelago è, infatti, composto da un lungo allineamento di isole che presentano un diverso stadio vulcanico. La più meridionale, l'Isola Hawaii, è caratterizzata da un intenso e spettacolare vulcanismo attivo perché si trova ancora sul punto caldo; le più settentrionali sono caratterizzate invece da vulcani spenti o in fase di spegnimento, perché si trovano ormai lontane dal punto caldo. Esse, inoltre, si presentano più piccole e più basse, perché sono state maggiormente erose dagli agenti esogeni a causa della loro più antica formazione. 





Le Hawaii sono isole di origine vulcanica

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