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I fenomeni vulcanici
L'attività vulcanica può manifestarsi in modi molto diversi, dalla tranquilla effusione di lava ad esplosioni così violente da sconvolgere un'ampia regione.
Almeno un aspetto del vulcanismo, comunque, appare comune a tutte le sue manifestazioni: è la risalita, dall'interno della Terra, di materiali rocciosi allo stato fuso, mescolati a gas e vapori, tutti ad alte temperature, che, una volta giunti in superficie, si raffreddano rapidamente e si solidificano oppure si disperdono nell'atmosfera.
L'attività vulcanica può innescarsi improvvisamente in qualche settore della superficie terrestre e persistervi per un certo periodo prima di estinguersi per il venir meno, in profondità, delle condizioni che avevano provocato la formazione di magma. In ogni caso, il processo di fusione non trasforma istantaneamente in liquido tutto il materiale roccioso coinvolto, ma procede gradualmente, dando origine a un liquido che si separa via via da un residuo refrattario solido.
Dopo i lunghi tempi necessari per la fusione e la separazione, la risalita del magma è relativamente rapida e avviene attraverso le rocce solide sovrastanti, sfruttando ogni fessura che il magma stesso tende ad ampliare o a generare con la sua spinta. La velocità di risalita di un magma può variare moltissimo e dipende da molti fattori, come la maggiore o minore viscosità del magma, il volume di magma che si forma, la profondità della zona in cui si origina, la temperatura delle rocce attraverso cui risale e così via. La risalita del magma può quindi farsi più rapida o rallentare fino ad arrestarsi, per riprendere successivamente; ad ogni arresto la natura chimica del fuso può cambiare, ad esempio per assimilazione di parte delle rocce con cui viene in contatto.
Gli edifici vulcanici possono sorgere
all'estremità aperta in superficie di un condotto detto cratere (in questo caso
il vulcano che viene a formarsi è definito vulcano
centrale), oppure possono sorgere lungo spaccature che penetrano
profondamente nell'interno della Terra (in questo caso si chiamano vulcani lineari). Il condotto (o camino) vulcanico mette
in comunicazione l'edificio esterno con l'area di alimentazione. Nella sua
risalita il magma può ristagnare in un bacino
magmatico (o camera magmatica)
da dove periodicamente arriva all'esterno e alimenta un'eruzione.
La forma di un edificio vulcanico dipende dal tipo di prodotti eruttati: quando fasi di effusioni laviche si alternano con periodi di emissioni esplosive di frammenti sminuzzati di lava, l'edificio che ne risulta assume generalmente la forma di cono, costituito da un'alternanza di "strati" di lava e di piroclastiti, e viene chiamato vulcano-strato (o vulcano composto); altri edifici vulcanici possono invece presentare una forma appiattita, dovuta alla notevole fluidità delle lave eruttate, in grado di scorrere per molti chilometri in larghe colate prima di consolidarsi (mentre gli episodi esplosivi sono praticamente assenti); si parla in tal caso di vulcani a scudo, e proprio di tale tipo sono i vulcani più grandi della Terra (il maggiore tra essi, il Mauna Loa nell'isola Hawaii, si alza per oltre 4 km sopra il livello del mare, ma la sua base è sul fondo dell'oceano, a oltre 5 km di profondità, per cui in definitiva il suo edificio è alto più di 9 km).
Viene usato il termine magma quando ci si riferisce al materiale fuso presente all'interno della crosta, mentre quando tale materiale fuoriesce in superficie e perde gran parte dei gas e dei vapori che conteneva si parla di lava. Quando la lava trabocca all'esterno di tali condotti, gas e vapori vanno ad arricchire l'atmosfera, mentre i prodotti solidi si accumulano fino a costruire l'edificio vulcanico.
I tentativi di classificare i vulcani in base a qualche loro caratteristica più specifica della generica forma a cono o a scudo hanno portato a distinguerli in base al tipo di eruzione.
I fattori che più direttamente influenzano il tipo di attività vulcanica (e quindi di eruzione) sono la viscosità del magma in risalita e il contenuto in aeriformi, soprattutto acqua. La viscosità varia moltissimo con la natura del magma: è molto elevata nei magmi acidi (che danno origine a lave di tipo riolitico) e molto minore nei magmi basici (da cui derivano lave di tipo basaltico).
Eruzioni di tipo Hawaiiano. Sono caratterizzate da abbondanti effusioni di lave molto fluide che danno origine ai vulcani a scudo. In tali edifici la sommità è occupata da un'ampia depressione detta caldera e delimitata da ripide pareti, formatesi per collasso del fondo rimasto senza sostegno a seguito del drenaggio della camera magmatica verso la superficie di grandi quantità di lava. Sul fondo della caldera, fenomeni di collasso molto minori possono originare un cratere cilindrico, detto cratere a pozzo, sul cui fondo può ristagnare un lago di lava. Dalle lave fluide i gas si liberano in genere tranquillamente ma, soprattutto all'inizio delle eruzioni, nella loro fuga possono trascinare per un tratto getti di lava fusa, facendo innalzare le spettacolari fontane di lava, alte più di 100 m.
Eruzioni di tipo islandese. Sono di natura simile a quelle di tipo Hawaiiano, ma la lava fuoriesce da larghe fessure invece che da un edificio centrale; il ripetersi di tali eruzioni dalla stessa fessura porta alla formazione di vasti espandimenti lavici basaltici quasi orizzontali (plateaux basaltici).
Eruzioni di tipo stromboliano. In questo tipo di eruzioni predomina un'attività esplosiva più o meno regolare. La lava ristagna periodicamente nel cratere, dove inizia a solidificare; al di sotto della crosta solida che così si forma si vanno accumulando, però, i gas che continuano a liberarsi dal magma. Nel giro di un breve intervallo la pressione di questi gas cresce fino a far saltare la crosta con modeste esplosioni che lanciano in aria brandelli di lava fusa.
Eruzioni di tipo vulcaniano. Prendono il nome dall'Isola Vulcano, nelle Eolie. Presentano un meccanismo simile a quelle di tipo stromboliano, con la differenza che la lava è molto più viscosa per cui i gas si liberano con molte più difficoltà; la lava solidifica nella parte alta del condotto, formando un <<tappo>> di grosso spessore, e quando i gas - dopo tempi lunghi - raggiungono pressioni sufficienti a vincere l'ostruzione, l'esplosione che ne deriva è violentissima, tanto da coinvolgere, a volte, la sommità stessa del cono.
Eruzioni di tipo vesuviano. Sono caratterizzate dall'estrema violenza dell'esplosione iniziale, che svuota rapidamente un gran tratto del condotto superiore, permettendo al magma di risalire con grande velocità da zone profonde fino ad esplodere, dissolvendosi in una gigantesca nube di goccioline.
Quando tali esplosioni raggiungono il loro aspetto più violento vengono definite eruzioni di tipo pliniano (da Plinio il Giovane, che per primo ne descrisse una nell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.).
Eruzioni di tipo peleeano. Prendono
il nome dalla Montagna Pelée, sull'Isola della Martinica. Sono caratterizzate
dall'emissione di lava ad altissima viscosità e a temperatura relativamente
bassa (600-800°C), che viene spinta fuori dal condotto già quasi solida e forma
cupole o torri alte qualche centinaio di metri. Dalla base di queste ultime
possono sfuggire grandi nuvole di gas e vapori caldissimi, che portano in
sospensione notevoli quantità di ceneri e di lava finemente polverizzata: tali
emulsioni (nubi ardenti discendenti)
rotolano come valanghe lungo le pendici del vulcano e si espandono su vaste
aree con grande velocità.
Vulcano di Stromboli, ottobre 1997. Attività piuttosto intensa dopo un periodo di quiete.
Materiali aeriformi* e materiali solidi** sono i tipici prodotti dell'attività vulcanica.
La natura dei materiali aeriformi non è ancora completamente nota. Sappiamo tuttavia che i prodotti più abbondanti sono il vapor d'acqua e l'anidride carbonica, seguiti dai composti dello zolfo, dell'azoto, del cluoro e del fluoro. I materiali aeriformi contribuiscono a formare gran parte dell'atmosfera e continuano ad alimentarla, e favoriscono la risalita e l'innesco delle eruzioni del magma, entro cui si trovano disciolti.
I materiali solidi sono le colate di lava e le piroclastiti, che si formano per accumulo di frammenti solidi di varie dimensioni.
Altri fenomeni legati all'attività vulcanica sono le colate di fango o lahar (che si formano quando i detriti piroclastici incoerenti assorbono acqua fino alla saturazione, finendo per diventare instabili) e le manifestazioni tardive (gas, acque termo-minerali, geyser).
I molteplici aspetti dell'attività vulcanica, come i numerosi tipi di eruzioni, si possono riferire sostanzialmente a due soli tipi di vulcanismo: effusivo o esplosivo.
Il vulcanismo effusivo si manifesta con gigantesche emissioni di lave fluide (tipicamente basalti). La manifestazione più imponente di vulcanismo effusivo sul nostro pianeta avviene sott'acqua ed è associata a una serie di profonde fessure che tagliano l'intera crosta e che segnano l'asse delle dorsali oceaniche, cioè di quel sistema di fasce rilevato di fondali marini che percorre tutti gli oceani, con uno sviluppo totale di oltre 60.000 km.
Se i materiali eruttati (basalti) si trovano a notevole profondità, in modo che la presiione dell'acqua sovrastante impedisca la fuga tumultuosa di gas, la lava fluisce tranquillamente dalle fessure e si consolida con le tipiche strutture <<a cuscini>>; se però l'eruzione sottomarina avviene a profondità moderata, quindi sotto modeste pressioni, l'emissione della lava è accompagnata da esplosioni che liberano alla superficie del mare nubi bianche di vapore acqueo. La lava si accumula e l'edificio, inizialmente sottomarino, può arrivare ad emergere dal mare (così è nata dal mare, nel 1963, l'Isola di Surtsey, al largo delle coste dell'Islanda).
Uno degli esempi meglio studiati di vulcanismo effusivo è quello delle Isole Hawaii. L'origine di tali edifici non è collegata a una dorsale oceanica, ma è associata all'attività di un punto caldo (i punti caldi sono zone ristrette della superficie terrestre caratterizzate da vulcanismo attivo persistente da milioni di anni).
Il vulcanismo esplosivo ha invece origine dalla risalita di magmi altamente viscosi. La pressione dei gas deve salire enormemente per far sì che essi possano espandersi liberamente, in quanto deve vincere sia la resistenza della massa fusa, sia quella della crosta già consolidata che ostruisce la parte finale del condotto. Quando ciò si verifica, ha luogo una fortissima esplosione che determina la formazione di una nube ardente (formata da gas, vapori e materiali solidi in sospensione). Quando la nube perde energia e i gas si disperdono, la colonna di materiale solido ricade sul vulcano (nube ardente ricadente) e scorre velocemente lungo le sue pendici, formando colate piroclastiche (o flussi piroclastici), finché queste non si arrestano e originano un accumulo di piroclastiti. Se l'esplosione avviene lateralmente, a causa di una parziale ostruzione del cratere, la nuvola rotola lungo il pendio con grande velocità (nube ardente discendente).
La forma più devastante di queste esplosioni è però quella delle nubi ardenti traboccanti, che fuoriescono da fessure lunghe vari chilometri, invece che da condotti centrali: hanno maggior energia degli altri tipi di nubi e si spingono addirittura a centinaia di chilometri di distanza dal punto di emissione. L'accumulo piroclastico che si forma è detto ignimbrite ("pioggia di fuoco").
Il vulcanismo idromagmatico è dovuto all'interazione tra magma a modesta profondità e l'acqua che permea le rocce (acqua di falda). Il brusco passaggio dell'acqua allo stato di vapore genera enormi pressioni che possono far saltare l'intera colonna di rocce sovrastanti, aprendo un condotto verso l'esterno. Dal cratere esce con grande violenza una colonna di vapore che trascina con sé frammenti di rocce. Dalla base di tale colonna parte con violenza un base-surge, una specie di onda d'urto concentrica, tipica di esplosioni violente, che dà origine a una densa nuvola.
Veduta aerea del Vesuvio.
Tra i crateri di origine idromagmatica è presente il Vesuvio, la cui eruzione nel 79 d.C. ebbe tragiche conseguenze proprio per l'innescarsi di una forte attività idromagmatica. L'eruzione, iniziata con una forte fase pliniana e proseguita con violente esplosioni idromagmatiche, fece collassare la sommità del cono: si formò un'ampia caldera sfondata verso mare, all'interno della quale si alzò un nuovo cono vulcanico.
La distribuzione dei vulcani non è casuale né uniforme, ma tende a concentrarsi in lunghe fasce o catene di edifici. Si possono distinguere tre diverse situazioni geografiche cui risultano associati i fenomeni vulcanici:
Vulcanismo lungo le dorsali oceaniche. E' il tipo di vulcanismo più esteso. Si tratta di un vulcanismo sottomarino effusivo e persistente lungo decine di migliaia di chilometri, anche se in pratica invisibile (in qualche caso è arrivato a manifestarsi sopra il livello del mare, ad esempio in Islanda, nelle Azzorre, nelle Isole Galàpagos).
Vulcanismo lungo il margine di un continente o lungo catene di isole. Più del 60% di tali vulcani si trova lungo il margine dell'Oceano Pacifico, dove formano la cosiddetta cintura di fuoco; sono tutti vulcani altamente esplosivi, i cui prodotti, in gran parte piroclastici, sono di natura da intermedia ad acida (andesiti e rioliti), anche se non mancano prodotti più basici (basalti).
Vulcanismo in centri isolati ("punti caldi"). In tale tipo di vulcanismo prevalgono effusioni di lave basaltiche. Esistono numerosi centri di emissione di prodotti vulcanici posti in piena area oceanica o all'interno di un continente: tra quelli oceanici, il centro più esteso è quello, già citato, delle Isole Hawaii; tra quelli continentali, il più spettacolare si trova in Africa, nel gruppo Tibesti-Hoggar (almeno a giudicare dai prodotti, poiché è un centro ormai estinto).
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