Aztechi
Aborigeni americani appartenenti al gruppo
Nahua che intorno ai primi anni del XVI sec., quando i primi conquistadores
bianchi giunsero nella Nuova Spagna, formavano un vasto e potente «impero»
esteso nel Messico meridionale, parte dell'attuale Guatemala e Honduras.
Provenienti probabilmente dal Messico settentrionale (per quanto essi stessi,
nel corso della loro storia, abbiano elaborato fantastiche leggende tendenti a
rendere mitica la propria origine), già molti anni prima dell'era cristiana
sapevano coltivare il mais ed erano abituati ad una vita sedentaria. Per lungo
tempo vissero oscuramente tra le altre genti parlanti i dialetti Nahua, come i
Tepaneca, gli Huexotzinca, i Tlazcaltcca, i Chalca all'ombra della grande
civiltà dei Maya (v.) e dei Toltechi (v.), ma verso il XIV sec., allorché i
Maya, spinti dalla fame di campi da coltivare a mai o forse da terremoti,
avevano già abbandonato le grandiose città che essi stessi avevano costruito ed
il dominio dei Toltechi s'andava disintegrando, ebbe inizio la potenza degli
Aztechi In tali anni un gruppo azteco si stabilì su una paludosa isola della
parte occidentale del lago Tezcoco e vi fondò la città di Tenochtitlan (il
cactus sulla roccia), detta poi anche Messico (casa del dio della guerra). La
nuova città divenne il centro dell'espansione militare azteca. In un primo
tempo gli Aztechi formarono una lega offensiva-difensiva con altre città quali
Tezcoco, un altro grosso centro sul lago, e Tlacopan (attuale Tacuba), ma già
alla fine del XV sec. erano in realtà gli unici dominatori di tutta la regione.
Oltre che nella valle del Messico, essi estesero rapidamente il loro potere
nello Yucatan e nel Guatemala. Le città soggette pagavano un tributo in uomini
e merci. L'organizzazione dei popoli vinti fu compiuta soprattutto con
Montezuma I (1440-69) e Montezuma II, due tlatuani cioè signori degli Aztechi
Lo stato azteco non era uno stato nel nostro
senso. Esso non aveva una vera e propria continuità territoriale ed una vera e
propria amministrazione centrale, ma era piuttosto costituito da un insieme di
comunità tribali rette da clan, soggette alla casta dominante che si manteneva
al potere con la forza delle armi. Nelle stesse città azteche tutto apparteneva
alla ristretta classe dei nobili, cioè gli almehnoob (quelli che hanno madre e
padre, e possono vantare quindi un'origine), da cui provenivano i sacerdoti ed
il principe ereditario, l'halach uinich (il vero uomo) dei Maia ed il tlatuani
degli Aztechi. La massa della popolazione era costituita da semischiavi e da
schiavi abitanti in sudice capanne. Nobili e sacerdoti risiedevano invece in
grandi edifici fortificati posti al centro, dove sorgevano anche i templi.
Oltre che sulle armi, il potere azteco si basava anche sul terrorismo religioso
e sull'abbaglio di un enorme fasto, reso possibile dallo sfruttamento senza
pietà di tanti soggetti. Come i Maia ed i Toltechi, costruivano grandi piramidi
con scalinate che portavano agli dei, al sole ed alla luna, orientate secondo
calcoli astronomici. Affermavano che il mondo poteva finire ogni 52 anni e solo
essi potevano allontanare la catastrofe. A tal fine sulle gradinate delle
piramidi i loro sacerdoti eseguivano sanguinosi sacrifici scorticando vivi in
gran numero uomini e donne, di cui poi indossavano le pelli, in onore di Xipe
Totec (nostro signore lo scorticato), dio della terra e della primavera.
Schiavi, prigionieri di guerra ed ostaggi fornivano le vittime per i sacrifici
divenuti sempre più sanguinosi, dopo che aveva avuto inizio il dominio feudale
degli Aztechi Cortez (v.) conquistò i territori dominati dagli A. e distrusse
la loro capitale, non solo per l'abilità e diplomazia di cui seppe far uso, il
terrore che seppe ispirare con le armi da fuoco e i cavalli, ma anche perché
bastò una piccola scintilla perché tutto l'enorme escrcito degli oppressi, dei
nullatenenti si rivoltasse contro i propri sfruttatori ed aguzzini
travolgendoli.
Dopo la conquista spagnuola, nomi e parole
azteche si diffusero per tutta l'America centrale. Alcune parole come coyote,
tomato (pomodoro), chocolate divennero di uso internazionale. Gli Aztechi, come
le genti già a loro soggette, passarono sotto la miserevole dominazione
spagnuola che li ridusse in uno stato di semischiavitù. Vivono oggi nel Messico
circa un milione e mezzo di lontani discendenti della gente Nahua, ed ancora
conservano nei loro dialetti parte della lingua uto-azteca.
Archeologia.
Per
quanto la civiltà azteca, come quelle maia, inca e tolteca, si sia spenta meno
di 5 secoli fa, pure la sua ricostruzione si è presentata difficile e restano
tuttora non pochi punti oscuri. Il fatto è che queste civiltà vennero spezzate
nel sangue dagli Spagnuoli e soprattutto vi fu, dopo quello dei soldati,
l'accanimento dei gesuiti che bruciarono e distrussero manoscritti e
figurazioni. In quest'opera di «cancellazione» eccelse il vescovo Diego de
Landa che fece dare alle fiamme un numero enorme di documenti maia ed aztechi.
Pure restano avanzi e rovine grandiose. Tenoctitlan, la capitale degli Aztechi
fondata nel 1325, sorgeva in una laguna su isolette congiunte da dighe e
canali, con ponti e strade lungo le dighe. Le case dei nobili e dei sacerdoti,
costruite in pietra bianca, erano a più piani con stanze riccamente ornate di marmi,
stucchi, alabastri. Al centro s'innalzavano i templi, tra cui il gran tempio
formato da 5 piramidi con base quadrata sovrapposte l'una all'altra ed una
grande terrazza sull'ultima. L'acqua per questa città di circa 100.000 -
300.000 ab. era portata da perfetti acquedotti. Poiché gli Aztechi non usavano
animali, tutto il materiale per queste costruzioni era stato trasportato dagli
schiavi, ed è da presumere che le piramidi azteche siano costate forse più
sudore e sangue umano che quelle egiziane. Tra le rovine ritrovate in varie
parti del Messico, notevoli anche quelle d'un edificio nella valle del fiume
San Juan (Nuovo Messico negli U.S.A.), di ampio perimetro e capace di 500
stanze. L'età di queste rovine è molto remota, certamente prima di Cristo; esse
appartengono comunque alla cultura azteca.