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La fotografia come testimonianza
Lo sguardo di Perseo: la fotografia come testimonianza storica
La fotografia non ci dice per forza ciò che non è più, ma soltanto e sicuramente ciò che è stato. Davanti ad una foto, la coscienza non prende necessariamente la via nostalgica del ricordo, ma , per ogni foto esistente al mondo, essa prende la via della certezza. La fotografia è intimamente legata alla Storia.
Citando ancora una volta Barthes:
"Ciò che mi separava da molte di quelle fotografie, era la Storia. Che cos'è la Storia? Non è forse semplicemente quel tempo in cui non eravamo ancora nati? Io leggevo la mia inesistenza negli abiti che mia madre aveva indossato prima che potessi ricordarmi di lei [.] Così, la vita di qualcuno la cui esistenza ha preceduto di poco la nostra tiene racchiusa nella sua particolarità la tensione stessa della Storia, la sua partecipazione. La Storia è isterica: essa prende forma solo se la si guarda, e per guardarla bisogna esserne esclusi. [.] il tempo in cui mia madre ha vissuto prima di me: ecco cos'è, per me, la Storia."
A pochi anni dalla sua invenzione la Fotografia è una tecnologia che riscuote un notevole interesse, non solo privato: essa assurge anche a molti altri ruoli, come ad esempio quello politico, o quello sociale, ma soprattutto la fotografia assume un valore fondamentale, quello storico: essa diventa testimonianza, testimonianza formidabile di fatti accaduti e va ad ampliare le possibilità del materiale documentaristico, che fino a quel momento era stato prevalentemente scritto o al limite iconografico, senza mai toccare una così totale adesione alla realtà.
Eppure la fotografia come documento storico stenta ancora oggi ad affermarsi. Gli storici usano le immagini come corredo ausiliario, quasi mai come documento, come fonte storica autonoma. I motivi principali di tale fenomeno sono diversi: fra essi il fatto che una fotografia coglie una staticità temporale, mentre l'analisi storica presuppone un processo, un flusso temporale; il fatto che la fotografia descrive la superficie, il mondo sensibile, ma oscura la realtà profonda. In realtà entrambe queste proposizioni tendono a nascondere che a storici, economisti e sociologi manca un linguaggio per leggere le immagini nella loro ottica disciplinare.
L'enorme avvolgente sapore dell'archivio totale, del vissuto collettivo che emana dalla fotografia storica, non è ancora riuscito a invadere adeguatamente la nozione di memoria positiva, e sembra piuttosto limitarsi, ogni volta, al ricordo di costume e alla citazione personale. La grande divulgazione della fotografia, insomma, anziché imporsi come il primo, gigantesco archivio della società moderna, ha finito per agevolare l'uso personale e intimistico dell'informazione. Questo grande strumento non possiede ancora la potenza evocativa del documento archivistico e storico tradizionale
Secondo un concetto positivista, ogni immagine dovrebbe valere mille parole; in realtà le immagini sono come i documenti scritti, i documenti d'archivio: di per sé sono muti e dunque occorre un lavoro di destrutturazione, di interpretazione, di critica, di analisi perché riescano a porsi come "una fonte" per la ricostruzione storica.
L'immagine fotografica è una rete di appunti che l'obbiettivo ha schiacciato in una immagine d'assieme. La scomposizione dei diversi tasselli permette di fornire di ciascuna immagine una lettura diacronica e comparativa delle mutazioni strutturali, della cultura e delle mentalità collettive attraverso i cicli generazionali.
La principale difficoltà nell'interpretare e, dunque, nell'utilizzare come fonte storica l'immagine fotografica è la sua natura complessa, per cui la 'verità' che (in quanto mezzo 'immediato' e meccanico di ripresa della realtà) essa indubitabilmente rappresenta è offuscata dall'oscurità dovuta alle sempre diverse condizioni in cui ogni ripresa fotografica è scattata. Lo storico che faccia ricorso alle fotografie come fonte è, insomma, costretto ad affrontare tutte quelle scorie che le reali ed effettive modalità di realizzazione di un'immagine (ma anche le interpretazioni che su di esse si sono accumulate fino ad oggi) frappongono, come distanza, alla loro 'leggibilità'.
Un paragone bellissimo relativo all'istanza etica del lavoro storiografico in rapporto alla fotografia è quello che ci fornisce Georges Didi-Huberman nella sua opera "Immagini malgrado tutto", dedicata alla fotografia come testimonianza degli orrori della Shoah. Lo studioso francese ricorre al mito di Perseo e della Gorgone per descrivere il difficile compito dello storico. Nello scudo dell'eroe antico si riflette l'immagine della Gorgone, simbolo in "Immagini malgrado tutto"della realtà 'inimmaginabile' di Auschwitz. Soltanto facendosi carico di questa immagine, Perseo può usarla per sconfiggere l'indicibilità del Male. Ma il vero atto di coraggio, per Didi-Huberman, non è quello di affrontare la Gorgone con l'astuto mezzo 'tecnico' fornito da Atena, quanto di rivolgersi a guardare l'immagine riflessa nello scudo, che è l'unico modo per poter guardare in faccia il Male. Per questo, per raccogliere l'atto disperato del fotografo di Auschwitz, "noi dobbiamo [.] imparare a maneggiare il dispositivo delle immagini, per sapere che farcene del nostro vedere e della nostra memoria. Dobbiamo imparare, insomma, a maneggiare lo scudo [di Perseo]: l'immagine-scudo", quella immagine che Perseo ha il coraggio di guardare, "malgrado" il rischio di rimanere pietrificato.
Il fotografo che ho scelto per esemplificare il valore della fotografia come testimonianza è Robert Capa. La scelta non è casuale, Capa è quello che potremo definire uno dei più grandi testimoni del nostro secolo: I suoi reportage raccontano ben cinque diversi conflitti bellici: la guerra civile spagnola, la seconda guerra sino-giapponese, la seconda guerra mondiale, la guerra arabo-israeliana del 1948 e la prima guerra d'Indocina
Le tre fotografie che ho selezionato sono testimonianze di altrettanti drammatici eventi: la prima è stata scattata durante le cerimonie per la liberazione della città di Parigi, il 26 Agosto del 1944. Essa ritrae la folla che si getta al suolo e si contorce in un disperato tentativo di salvezza nei confonti della reazione dei tedeschi, che hanno cominciato a sparare sulla folla;
La seconda, scattata nell'Ottobre del '43 nel quartiere napoletano del Vomero, ritrae il dolore dei familiari al funerale di venti giovani partigiani del Liceo San Nazzaro che, guidati dal loro professore, avevano tentato di combattere i tedeschi quattro giorni prima dell'arrivo degli Alleati.
E' una testimonianza indiretta di un fatto storico, estremamente espressiva: la tragedia della guerra non ripresa direttamente sul campo, ma negli occhi dei familiari dei caduti.
La terza immagine ritrae lo sbarco in Normandia delle truppe americane: "L'Operazione Overlord" scattò all'albe del 6 Giugno del 1944 (lo scatto risale per l'appunto a questa data): varie armate presero terra sulle coste della Normandia, cogliendo di sopresa i tedeschi. Vennero impiegate una straordinaria quantità di forze: 3 milioni di uomini, 1200 navi da guerra, 13000 aerei, migliaia di mezzi anfibi. L'immagine ritrae la prima ondata di truppe americane all'alba.
Di seguito le immagini.
1944, la liberazione della città di Parigi.
1943, funerale di venti giovani studenti napoletani insorti contro le truppe d'occupazione
1944, sbarco in Normandia
Un viaggio sul pianeta Rosso: la fotografia come testimonianza per l'indagine scientifica
Nei sui innumerevoli risvolti e nelle sue concrete applicazioni, la fotografia non vale solamente come testimonianza storica: essa è un elemento prezioso anche nell'indagine scientifica, e specialmente in quel settore della scienza che prende il nome di "Geologia dei pianeti" e che indaga, attraverso l'impiego di sonde, che l'odierna tecnologia tende a rendere sempre più precise, la strutture dei pianeti del sistema solare. Tra tutte le apparecchiature delle quali tali sonde sono dotate per effettuare rilievi quelle fotografiche sono senz'altro importantissime: esse vengono inviate in tempo reale ai centri di osservazione e ci permettono di seguire paso passo il lavoro operato dalla sonda, oltre ad inviarci un'innumerevole quantità di dati visivi che possono poi essere confermati o confutati attraverso altre indagini. In questo modo, negli ultimi vent'anni, le conoscenza geologiche sui pianeti del sistema solare si sono notevolmente accresciute.
Ho scelto di proporVi una galleria di fotografie più o meno recenti realizzate dalle sonde su Marte, il pianeta che senza alcun dubbio da sempre esercita il maggior fascino sugli studiosi, anche per discutere relativamente a quella che è l'importanza di determinate scoperte e delle ipotesi che grazie ad esse è possibile fare.
Le immagini che vediamo sopra risalgono a pochissimi giorni fa (2 giugno 2008), sono piccole e non molto definite, ma se le prime ipotesi degli scienziati fossero confermate si tratterebbe di qualcosa di eccezionale: sarebbero la testimonianza che su Marte è finalmente stato rinvenuto del ghiaccio.
Le immagini sono state scattate dall'apparecchiatura fotografica della sonda Phoneix, nell'artico marziano dal lander, per verificare di aver messo in buona posizione le sue tre gambe metalliche. Essse hanno messo in luce una superficie piatta e riflettente, che alla Nasa guardano ora come fosse l'indicazione verso una terra promessa. Sono due placche, grandi circa un metro quadrato ciascuno, ma sono contigue, chiare, piatte e circondate ai bordi dal terriccio rosso rimosso dai retro-razzi che il 26 maggio hanno frenato l'atterraggio della navicella sul Pianeta Rosso. Insomma, i motori hanno soffiato via lo strato di terriccio e polvere che ricopre una superficie chiara, levigata e riflettente. La copertura dei ghiacciai non è un evento sconosciuto sul nostro pianeta: in Islanda il ghiacciaio Vatnajokull è un'enorme distesa di ghiaccio nero come la polvere vulcanica portata dal vento che lo ricopre e costituisce una straordinaria attrattiva.
Per sapere con cosa davvero abbiamo realmente a che fare serve che il braccio meccanico della sonda faccia il suo lavoro, raccogliendo il materiale fotografato. Phoenix è un robot sofisticato che ospita tutti gli elementi costruiti su misura per analizzare ciò che il braccio raccoglie. Grattare, scavare, sollevare un campione, portarlo sulla base della navicella, inserirlo in un piccolo forno che dovrà sciogliere il materiale e metterlo a disposizione degli strumenti di analisi.
La missione Mars Exploration Rover è partita invece nel giugno 2003 con l'invio, sul pianeta rosso, di due robot gemelli, Spirit e Opportunity, con il compito specifico di analizzare le rocce che costituiscono il suolo di Marte per cercare di rinvenire tracce della passata presenza d'acqua.
Questa immagine è stata scattata da Opportunity nel cratere marziano "Meridiany Planum", nel marzo 2006. E' chiaramente visibile che il cratere ha una struttura stratificata, come se diversi strati fossero stati deposti l'uno sopra all'altro ad intervalli regolari nel corso di più millenni. Una cosa del genere sarebbe potuta accadere se nell'area si fosse verificata un'alluvione e i sedimenti si fossero via via depositati al recedere delle acque.
La fotografia, originariamente in bianco e nero, riproduce il colore realistico del suolo marziano, ed è stata composta attraverso un collage di numerose immagini separate scattate dalla Pancam (questo è il nome della fotocamera panoramica di Opportunity).
Ecco un'altra prova della passata presenza di acqua su Marte, individuata da Opportunity mentre raggiungeva un altro cratere del pianeta, il cratere Victoria. Le piccole sfere che vedete nell'immagine, soprannominate bluberries, che in inglese significa mirtilli, non sono altro che concrezioni: strutture che si formano quando l'acqua deposita minerali in strati successivi attorno ad un granello di sabbia. La componente principale dei bluberries si è dimostrata essere l'ematite.
Quest'immagine raffigura il cratere Victoria, nell'emisfero settentrionale di Marte ed è stata scattata dalla sonda in orbita Mars Global Surveyor.
Ad ottobre 2006,
dopo 21 mesi di esplorazioni, Opportunity si è avvicinato a questo cratere, che
probabilmente resterà la sua destinazione finale. Esso è un sito molto
interessante dal punto di vista geologico in un raggio di
Il cratere ha un
diametro di circa
Conclusioni.
Ci sono molti aspetti che riguardano la fotografia. Tantissime cose ruotano attorno ad essa. In questo percorso ci sono, insieme, i grandi sistemi filosofici dell'antichità e i dubbi esistenziali dell'uomo moderno;ci sono le culture classiche, le più affascinanti di tutti i tempi; c'è la nostra cultura letteraria in tutta la sua originalità, nozioni di fisica e di matematica; c'è il cosmo e c'è la storia; si fondono insieme la puntualità e l'universalità, l'arte e la scienza, la tecnica e il sentimento. Tutto questo rimanda ad una unica cosa, e molte altre riflessioni ci sarebbero da fare, molti altri collegamenti, se solo ce ne fosse il tempo.
La Fotografia non è "solo" arte. Non è "solo" fisica, né "solo" chimica.
La Fotografia è l'essenza stessa di ciò che collega la vita alla morte: la capacità di catturare per l'eterno.
"Fotografare, è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi, e il cuore"
Henry Cartier-Bresson
Bibliografia delle fonti
Baldi, Giusso, Mazzetti, Zaccaria "Dal testo alla storia dalla storia al testo"
Biagio Conte, Emilio Pianezzolla "Letteratura latina"
Georges Didi-Huberman "Immagini malgrado tutto"
Havelock "Cultura orale e civiltà della scrittura"
Mario Casertano, Gianfranco Nuzzo "Storia e Testi della letteratura Greca"
Nicola Abbagnano,Giovanno Fornero "Itinerari di filosofia"
Palmieri, Parotto "Geologia dei pianeti"
Roland Barthes "La camera chiara"
Roland Barthes "Miti d'oggi"
Vincenzo Rosato "L'avventura letteraria del 900 italiano"
Per le immagini
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