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Il ruolo del cinema nella società di massa




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Il ruolo del cinema nella società di massa



Il cinema tra il 1920 ed il 1930 accelerò quel processo di massificazione iniziato nella metà dell'Ottocento con la rivoluzione industriale e con la trasformazione intellettuale connessa con l'emergere dei mezzi di comunicazione di massa che applicavano moderne tecnologie alla formazione dell'opinione pubblica ed alla diffusione massificata del messaggio culturale: cinema, propaganda e massa infatti sono fenomeni assolutamente legati tra di loro poiché il primo nasce insieme e per la società collettiva, viene utilizzato sia per allietare le persone, sia per condizionarne il pensiero. La rilevanza sul piano sociale di questo fenomeno fu enorme: basti pensare al fatto che le sale cinematografiche costituivano gli unici luoghi di incontro tra uomini e donne ancora separati da una società tradizionale che non vedeva ancora di buon occhio una promiscuità prematrimoniale tra i due sessi.

Una funzione importantissima che il cinema ebbe per le masse fu quella educativa e divulgativa: la stampa di formazione positivistica lo descrive come veicolo fondamentale per il sapere in quanto costituisce la sintesi perfetta tra il discorso verbale e la rappresentazione iconografica, fa leva sull'emotività di un messaggio ed ha un'impostazione pedagogica (tenta di costruire miti, simboli e valori). E' interessante portare come esempio di divulgazione, la presenza dell'Inno di Mameli prima di ogni proiezione per farlo imparare agli Italiani.

Molti ritennero la funzione informativa del cinema migliore di quella della carta stampata poiché le opere cinematografiche venivano trasmesse su scala mondiale, avevano il vantaggio di poter eliminare distanze spazio-temporali e unificare nella medesima visione i luoghi più eterogenei e lontani tra loro, erano costituite da immagini in movimento, davano l'impressione di immediatezza, di realtà e di verità. Inoltre il cinema nacque come teatro dei lavoratori e dunque compensò l'astrazione e impersonalizzazione della stampa di massa. Per di più la maggior parte della popolazione era analfabeta e dunque non poteva neanche pensare di praticare giornalismo mentre tutti (ma soprattutto ex-fotografi), grazie alla duttilità dell'apparecchio cinematografico, potevano intraprendere la nuova attività produttiva di registi e cineoperatori.

Il cinema, in particolar modo in Italia, ha permesso anche una maggiore uniformazione di uno Stato che non aveva nemmeno 50 anni: gli stabilimenti e gli impianti delle varie fasi della lavorazione dei film vengono accentrati in poche città (ad esempio Roma e Napoli) ma vengono a crearsi contatti costanti e sempre più intimi con tutte le Regioni; le campagne si aprono al progresso ed alle sollecitazioni del nuovo che avanza e cercano di assorbirne i tratti dominanti; i piccoli stati regionali, grazie al potere oggettivante dell'immagine che riesce a trasformare qualsiasi racconto in mito dando un potere trascendente, ritrovavano nei film storici sul passato italiano un'identità nazionale che non era ancora stata ritrovata; grazie al cinema i modelli di comportamento borghese penetrano tra le classi popolari, avviene l'uniformazione accelerata dei costumi e delle mentalità tra masse provenienti dalle aree più diverse. Il moderno mezzo cinematografico e la sua importanza economica, divulgativa e di intrattenimento convinsero l'aristocrazia italiana (che dai moti risorgimentali aveva perso molto potere e importanza) e la nuova borghesia industriale ad investire capitali nell'immagine in movimento che tentò di restituire coesione agli individui all'interno della società di massa.

Ma di fronte a tanto entusiasmo del pubblico che voleva provare uno spettacolo di facile presa senza alcuna pretesa culturale (questo tipo di rappresentazione a volte non produce conoscenze ma sfrutta quelle che già si conoscono, riprende i codici, le esperienze, le forme di cultura popolare scolpite da secoli nelle coscienze), che si avvicinava ai grandi uomini (rappresentati anche nel privato e umanizzati), che cercava emozioni violente, accesso al proibito, infrazione di tabù assai forti nella società contadina di allora, c'era anche chi, come certi operai diffidenti, disprezzava i nuovi media (altri invece apprezzavano la loro funzione propagandistica) poiché li considerava degli strumenti nelle mani delle classi dominanti o di un partito unico, come il Fascismo, che cercavano di ottenere il controllo ideologico delle masse popolari.

Durante la Prima Guerra Mondiale un'intera generazione venne trascinata in quel conflitto estremamente violento e terribilmente logorante. In tutta Europa vennero istituiti Ministeri per la propaganda, vere e proprie macchine di pubblicità il cui scopo era di suscitare l'entusiasmo patriottico nelle masse di uomini/soldati attraverso la definizione di miti che fossero in grado di raggiungere tutti gli strati della società. La produzione filmica si fece quindi imponente e tutti i paesi belligeranti iniziarono la gara per creare nuovi lungometraggi: dunque la Francia produsse film per diffondere nella popolazione l'idea che la colpa della guerra sia dei tedeschi, l'Italia produsse film inneggianti ai valori del risorgimento e della guerra come mito unificante della appena nata nazione. Tutti i film comunque inneggiavano al coraggio dei soldati, all'importanza di sostenere le ragioni della guerra, al valore della patria e dell'odio nei confronti del nemico. L'intento dei film del Dopoguerra, come Roma, città aperta di Rossellini del 1946 o Ladri di biciclette di De Sica del 1948, non era più propagandistico ma quello di mostrare lo squallore di paesaggi devastati dalle bombe ed il dolore di famiglie ridotte sul lastrico (periodo del Neorealismo).



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