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IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE IN ITALIA
1. Introduzione
Nei paesi dell'Europa meridionale il fenomeno del commercio equo ha seguito modalità e tempi diversi rispetto ai paesi anglosassoni e mitteleuropei. Nel caso dell'Italia, infatti, l'organizzazione strutturata del movimento avvenne non prima della seconda metà degli anni Ottanta.
I motivi di tale ritardo sono molteplici e attribuibili a ragioni di tipo storico-culturale.
La mancanza di una solida tradizione nel campo della solidarietà internazionale può essere considerato un elemento determinante, così come il posto occupato dall'"etica" nella formazione culturale. Quest'ultimo fattore, infatti, si traduce nella disponibilità ad operare nel consumo scelte di tipo etico.
E' possibile inoltre mettere in relazione il tipo di dominio coloniale esercitato storicamente da un paese con i rapporti mantenuti con il Sud del mondo, in seguito ai processi di decolonizzazione.
Infine lo scontro ideologico che ha caratterizzato i rapporti tra mondo cattolico e Sinistra fino alla fine degli anni Ottanta ha pregiudicato la formazione di alleanze e sinergie nel campo della solidarietà e del sociale. La polarizzazione ideologico-politica, infatti, si estendeva anche alle concezioni delle forme di intervento nella cooperazione allo sviluppo. Ciò si traduceva da un lato nella tensione verso un cambiamento radicale delle strutture politiche, che portava ad una sottovalutazione delle proposte concrete da effettuarsi a livello locale; dall'altro nella promozione di un aiuto di tipo assistenziale ed emergenziale, che prescindeva dalla necessità di introdurre cambiamenti a monte in un'ottica di lungo periodo.
La realtà del commercio equo in Italia può contare oggi sull'esistenza di un variegato associazionismo che si richiama in maniera esplicita ai principi del fair trade. Lo sviluppo delle organizzazioni non profit ha avuto, infatti, ricadute determinanti sul fenomeno sociale del commercio equo: la diffusione dell'informazione avviene non solo grazie alle cooperative e associazioni specificamente dedicate a quest'ultimo, ma anche tramite ONLUS di vario genere che si fanno sostenitrici del movimento. Non si tratta esclusivamente di organizzazioni appartenenti al mondo della cooperazione con i paesi del Sud, ma anche di enti che testimoniano l'impegno della società civile negli ambiti più disparati.
Possiamo constatare, infatti, l'esistenza di una rete che collega i molteplici rami dell'area non profit, funzionando da amplificatore degli ideali e delle istanze che costituiscono il substrato ideale delle associazioni.
E' interessante notare come questa nuova concezione dell'azione civile eticamente orientata rispecchi una visione "globale" dei problemi con cui ci si confronta. L'impegno e le energie impiegate nella ricerca di un miglioramento della qualità della vita, non possono essere considerate monosettoriali e unidimensionali; vediamo, infatti, come si stia diffondendo la consapevolezza dell'interdipendenza degli elementi problematici e della necessità di agire su più fronti contemporaneamente.
Ciò comporta l'instaurarsi di un legame tra le diverse associazioni che, per quanto indiretto, contribuisce comunque all'espansione del campo d'azione e al raggiungimento di un maggior numero di persone nella diffusione del messaggio.
Oggi il commercio equo in Italia rappresenta un giro di affari di circa 25 miliardi di lire, coinvolgendo decine di migliaia di consumatori.
Le strutture principali intorno alle quali ruota il movimento in Italia sono le centrali di importazione e le Botteghe del Mondo. E' indispensabile tuttavia ricordare l'importanza che ha rivestito la finanza etica nei processi di nascita e di affermazione degli organismi di commercio equo.
In anni recenti la vendita dei prodotti equi si è allargata alla grande distribuzione, coinvolgendo catene commerciali quali Coop, Esselunga, etc. Ciò ha significato non solo l'avvio di un acceso dibattito sulle esigenze e la natura del commercio equo e sui rischi connessi all'inserimento dei prodotti nei circuiti commerciali convenzionali, ma anche la necessità di fornire un supporto di certificazione e di garanzia dei requisiti etici dei prodotti. Tale aspetto coinvolge direttamente l'organizzazione di marchio Transfair Italia.
2. La prima esperienza di commercio equo: Sir John
Le prime esperienze di commercio equo in Italia sono riconducibili all'attività della società cooperativa a responsabilità limitata Sir John Ltd, costituitasi nell'ottobre 1976 a Morbegno, in provincia di Sondrio. Il proposito dei soci era quello di fondare una cooperativa di volontari, che avviasse un rapporto di collaborazione con le missioni comboniane presenti nel Sud, sulla base delle esigenze culturali, organizzative, economiche e finanziarie espresse dai Missionari stessi.
L'articolo 2 dello Statuto sociale indica come scopo della società quello di "contribuire al miglioramento sociale dei propri soci () nonché al miglioramento economico e morale della società, formulando progetti operativi idonei a valorizzare la personalità dell'uomo, migliorandone le condizioni di vita e di sviluppo sociale nel suo ambiente con particolare riguardo alle aree del Terzo Mondo".
Si trattava di un'esperienza laica, ma riconducibile alle trasformazioni culturali intervenute nel mondo cattolico in seguito al rilancio dell'impegno sociale proclamato durante il Concilio Vaticano II, soprattutto in ambiti che prima erano di competenza esclusivamente dei religiosi.
Dalle fonti orali prese in considerazione, risultano centrali le motivazioni ideali di tipo religioso e sociale, tradottesi nella volontà di portare avanti un impegno politico per una giustizia "concreta".
L'ambiente in cui si è sviluppata l'esperienza è stato quello di una comunità in cui era forte lo spirito di amicizia e di collaborazione (Valtellina, Valchiavenna, Valli varesine) fra tutti gli strati sociali, fatto testimoniato dalla compresenza nella cooperativa di imprenditori, operai, professionisti, insegnanti, casalinghe, studenti.
Dal punto di vista delle relazioni con l'esterno, risultano molte collaborazioni in ambito laico a livello personale, ma poche nell'ambito istituzionale.
A partire dal 1978 Sir John, grazie alla presenza di Padre Giovanni Abbiati, stabilì relazioni commerciali con una cooperativa di donne bengalesi di Bhabarpara, la Women's Cooperative Society for Jute Handcrafts. Tale cooperativa era formata da tre gruppi di donne, abitanti in tre villaggi diversi, per un numero complessivo di 150 donne. Ogni gruppo era organizzato sullo stile cooperativistico: i membri eleggevano annualmente la presidente e la segretaria, riunendosi settimanalmente per discutere dei problemi interni.
I primi prodotti importati erano borse di juta; Sir John intuì il valore che la vendita di quei prodotti rivestiva sia come mezzo concreto per sostenere le cooperative bengalesi, sia come occasione per sensibilizzare l'opinione pubblica intorno ai problemi dei paesi in via di sviluppo.
L'aiuto e la cooperazione di varie organizzazioni presenti in Bangladesh consentì lo sviluppo delle attività artigianali in diversi villaggi, stimolate dagli ordini di manufatti provenienti dalle organizzazioni di importatori europei.
Intorno al 1985 Sir John, divenuto il principale compratore della Women's Cooperative Society si offrì di sostenere le spese di pubblicazione di un catalogo che includesse i prodotti di tutti i gruppi coinvolti nell'esportazione di manufatti. La raccolta delle foto e la preparazione di un listino prezzi dettagliato richiese molto tempo a causa del costante incremento del numero dei gruppi di produttori cui la cooperazione veniva estesa. Tuttavia questa azione costituì il passo decisivo perché la cooperativa del Bangladesh assumesse una forma stabile, adottando nel 1992 il nome BASE (Bangladesh Shilpo Ekota, che significa "Artigiani uniti del Bangladesh") per sottolineare l'esistenza di una nuova entità. Le circa diecimila persone coinvolte nelle attività di BASE vivono e lavorano nella zona di Khulna, nel Sud ovest del Bangladesh.
Oggi la cooperativa Sir John, considerata capostipite del fenomeno del commercio equo in Italia, ha assunto il ruolo di memoria storica del movimento.
Nel 1981 aprì a Bressanone il primo negozio legato al commercio equo, grazie alla centrale di importazione austriaca EZA e agli spazi messi a disposizione dalla chiesa cattolica.
Ma è al 1985 che risale l'apertura della prima vera e propria bottega con personale stipendiato, a Bolzano; si trattava del Dritte Welt Laden Bozen.
Nella seconda metà degli anni Ottanta si svilupparono i primi tentativi strutturati da parte di cooperative e di associazioni di vario genere di intraprendere attività collegate al commercio equo.
3. Le centrali di importazione
Le centrali di importazioni costituiscono un anello fondamentale della rete del commercio equo. Tali organismi si occupano dei contatti con i piccoli produttori, offrendo supporto e collaborazione nell'ottica di una partnership che si confronti non soltanto con gli aspetti economici della relazione, ma anche con il contesto sociale, le esigenze e le necessità degli interlocutori. L'importanza di tali elementi si esplica anche nell'attività politico-culturale che le centrali svolgono direttamente in Italia, fungendo da strumento di pressione sulle istituzioni e promuovendo attività volte alla sensibilizzazione dei consumatori.
Le centrali di importazione rappresentano poi il punto di riferimento delle organizzazioni che si occupano della distribuzione; per quanto riguarda questo aspetto è tuttavia indispensabile analizzare i singoli casi, poiché ogni centrale costituisce una realtà a se stante, dotata di proprie strutture e di un proprio modello organizzativo.
4. CTM ALTROMERCATO
Il Consorzio CTM Altromercato rappresenta la maggiore centrale d'importazione presente in Italia. Si tratta di un soggetto di economia sociale per la cooperazione internazionale, organizzatosi in un consorzio di cui fanno parte attualmente 97 soci; si occupa di commercio equo, finanza etica ed informazione, oltre ad interessarsi di consumo critico, coltivazione biologica, rispetto dei diritti dei bambini, delle donne e di tutte le minoranze.
Organizzatasi sotto forma di cooperativa al momento della fondazione, CTM si è successivamente trasformata in consorzio, cooperativa di secondo livello.
CTM impiega attualmente oltre 40 persone per realizzare le attività di cooperazione e sviluppo prodotti, produzione, importazione, distribuzione, formazione e informazione.
4.1 Le origini
Nel 1987 si incontrarono per la prima volta a Colonia gli operatori italiani che, pur seguendo percorsi differenti e separati e provenendo da varie esperienze di volontariato sociale, si interessavano già alla realtà del commercio equo e solidale. Fu allora che la cooperativa Solidarietà di Rovato, la Mag 3 di Padova, la Coap di Torino, l'associazione Pace e sviluppo di Montebelluna, Sir Jhon e la Bottega di Bolzano si trovarono a prendere in considerazione la possibilità di attuare un coordinamento delle proprie attività, creando un'organizzazione stabile e ben strutturata che si occupasse di commercio equo in Italia.
Nel 1988 viene elaborato ed avviato il progetto di costituzione della cooperativa CTM (Cooperazione Terzo Mondo), in seguito agli incontri avvenuti durante lo stesso anno presso il convento di Rovato.
La fondazione della nuova cooperativa ad opera di Rudi Dalvai, Heinrich Grandi e Antonio Vaccaro rappresenta un momento determinante per gli sviluppi del commercio equo in Italia, proponendosi questa come cooperativa di carattere nazionale, destinata al rifornimento e al coordinamento delle realtà associative operanti sul territorio. L'elemento di novità rispetto alle esperienze precedenti era la valorizzazione delle esperienze locali, unita alla collaborazione con le organizzazioni europee del fair trade. L'appoggio di queste ultime, infatti, ha permesso alla CTM di utilizzare le conoscenze e l'esperienza delle ATO's già affermate, di ottenere inizialmente i prodotti a condizioni agevolate, e di entrare rapidamente in contatto con i produttori già coinvolti nel circuito equo europeo.
Inoltre ha rivestito un ruolo fondamentale per l'affermazione e la diffusione dell'idea del commercio equo la campagna di sensibilizzazione e informazione promossa dalla FOCSIV (il coordinamento cattolico delle ONG di cooperazione Nord/Sud) negli anni tra l'87 e l'89. L'organizzazione di incontri pubblici unita alla presentazione dei prodotti ha permesso, infatti, che si stabilissero contatti con organismi di solidarietà di vario tipo, i quali hanno poi fatto proprio il concetto di commercio equo.
Il culmine della campagna di informazione è stato il "Meeting della solidarietà tra i popoli" svoltosi nel luglio dell'89 a Desenzano del Garda: si trattava del primo incontro ufficiale tra gli operatori interessati allo sviluppo del commercio equo in Italia.
4.2 La struttura organizzativa
Negli anni Novanta la cooperativa sviluppò e definì la propria struttura come centrale d'importazione collegata ad una vera e propria rete distributiva, costituita dalle Botteghe del Mondo ad essa associate.
La centrale è venuta strutturandosi in modo flessibile e scarsamente gerarchizzato. Il presidente della cooperativa riveste il ruolo di coordinatore dell'attività della centrale, occupandosi del coordinamento commerciale nazionale, delle relazioni con l'EFTA e con le altre centrali di importazione.
Il direttore generale si relaziona direttamente con il presidente e con il Consiglio di Amministrazione del consorzio, e ha il compito di elaborare proposte di pianificazione strategica a breve, medio e lungo termine.
Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi, il consorzio agisce per aree di intervento funzionali, in modo da rispondere adeguatamente alle esigenze proprie delle Botteghe del Mondo, dei produttori e dei consumatori.
Le divisioni si suddividono in:
a) commerciale: si occupa principalmente dell'attività di promozione e commercializzazione dei prodotti e del "servizio alle botteghe". La divisione commerciale opera attraverso una suddivisione del campo d'azione in otto aree territoriali (sud, centro, adriatica, nord-est, Lombardia, Adige), che fanno riferimento ad altrettanti coordinatori marketing. Questi ultimi si occupano delle attività di monitoraggio territoriali, dei contatti con nuovi clienti, dell'elaborazione di piani di sviluppo, della partecipazione alle fiere, oltre a partecipare alle riunioni di coordinamento marketing nazionale e alla gestione dei rapporti con i responsabili promozione.
I responsabili promozione hanno il compito di cercare nuovi canali e nuovi clienti promuovendo il commercio equo secondo un progetto territoriale predefinito e concordato con il responsabile dei piani di sviluppo del consorzio. Il responsabile promozione agisce a stretto contatto con la sua Bottega del Mondo di riferimento.
All'interno della divisione commerciale si coordinano le sperimentazioni per l'inserimento dei prodotti nella grande distribuzione.
Il settore Botteghe del Mondo svolge principalmente un lavoro di servizio alle Botteghe socie e non, che va dalla pianificazione dei contratti di zona, ai rapporti di consulenza commerciale, dall'assistenza nella gestione degli ordini, all'evasione nel magazzino, al servizio di assistenza post-ordine ricevuto (trasporto, segnalazione problemi, etc.)
b) prodotti: questa divisione si occupa di tutto il ciclo produttivo del Consorzio, dal produttore alle Botteghe. Opera quindi la scelta dei prodotti, alimentari e di artigianato, da immettere sul mercato, contribuendo a migliorarne la qualità e valutando le quantità da ordinare, sulla base delle statistiche e del feedback provenienti dal settore commerciale. Inoltre si occupa dell'acquisto, della pianificazione, dell'importazione, del controllo qualità per gli alimentari, dello stoccaggio e della distribuzione logistica della merce.
L'istituzione dei comitati di selezione prodotti, coordinati da personale CTM, ma formati da volontari provenienti dalle Botteghe, ha reso possibile una scelta più accorta e condivisa dei nuovi prodotti. Tale scelta tiene in considerazione le esigenze dei consumatori, di cui sono maggiormente a conoscenza gli operatori delle botteghe. Ogni comitato, inoltre, agisce in uno specifico campo d'intervento, sulla base delle proprie competenze.
Relativamente alle esigenze di controllo dei prodotti importati, è stata di recente attivata un'area ricerca e sviluppo, assicurazione qualità, finalizzata alla costituzione di un Sistema Qualità, determinato a partire da standard prefissati. Ciò comporta la messa in atto di un sistema di garanzia del prodotto, a partire dalla lavorazione fino al deposito e alla fornitura.
L'attività di ricerca e sviluppo si riferisce sia alla modifica di prodotti già esistenti, che allo studio e inserimento di prodotti nuovi.
c) comunicazione: questa divisione ha il compito di relazionarsi sia con l'esterno che con i soci interni. Funge da collettore di informazioni tra produttori, lavoratori, soci e Botteghe del consorzio, mass media. La divisione comunicazione si suddivide in un'area comunicazione info, un'area comunicazione marketing, un'area formazione e ricerca fondi.
L'area comunicazione info si occupa della comunicazione istituzionale e sociale, realizzando una circolare mensile, raccogliendo e archiviando informazioni sui progetti e sui prodotti, coordinando le richieste per tesi di laurea e curando i contatti con i media.
L'area comunicazione marketing cura l'aspetto della valorizzazione dell'immagine dei prodotti attraverso il legame con i progetti e l'attenzione al packaging, ma anche quella del consorzio e delle sue attività.
Il coordinamento della formazione e della ricerca fondi si sviluppa in collaborazione con la divisione commerciale, in particolare per quanto riguarda le funzioni dei responsabili promozione. L'obiettivo è quello di offrire attività formative per il personale del circuito delle botteghe e, parallelamente, ricercare possibili canali di finanziamento e di fondi per lo sviluppo del progetto formativo stesso.
I contatti con i gruppi di produttori e l'attività di supporto agli stessi sono a carico, infine, della divisione progetti. Tale divisione coordina le visite ai produttori, valuta le richieste di collaborazione che arrivano al Consorzio e cerca, se necessario, nuovi contatti. Non si tratta di gestione commerciale, bensì di curare le relazioni progettuali con i partner del consorzio, fornendo informazioni per la valutazione dei progetti, selezionando e coordinando i contatti in base alle potenzialità dei prodotti offerti e alla soddisfazione dei criteri del commercio equo e solidale.
4.3 Iniziative e progetti
L'attività del consorzio prevede, oltre alla funzione di centrale di importazione, la messa in atto di progetti e la produzione di materiale informativo relativi al commercio equo e alla conoscenza del consorzio stesso.
-CTM info: l'attività informativo-culturale attuata da CTM prevede la realizzazione di dossier, pieghevoli e in particolare di una rivista specializzata, Altreconomia, che si occupa di commercio equo, finanza etica, globalizzazione, cooperazione con i paesi in via di sviluppo, associazionismo non profit.
Inoltre è prevista l'organizzazione di conferenze, convegni, incontri pubblici e campagne di informazione e sensibilizzazione.
-Progetto alta dignità: la volontà dei produttori del Sud di emanciparsi dallo stato di dipendenza economica, spesso incontra difficoltà di carattere tecnico, dovute a carenze di infrastrutture e di informazione.
CTM ha quindi sviluppato un programma di cooperazione all'autosviluppo, che prevede attività di supporto ai produttori, dall'analisi dei problemi all'individuazione di possibili soluzioni, all'offerta di strumenti utili e concreti.
-Progetto Microcredito: tra i vincoli che ostacolano le possibilità di autosviluppo dei produttori, particolarmente gravoso è quello relativo agli strumenti finanziari.
CTM ha sviluppato questo progetto per far fronte nello stesso tempo all'esigenza dei produttori e alle necessità finanziarie proprie di tutto il circuito del commercio equo, compresi il consorzio stesso e le associazioni/cooperative che gestiscono le Botteghe del Mondo.
Il progetto Microcredito si pone l'obiettivo della raccolta di risparmio e di capitale, da investire secondo tre indirizzi:
a) "Credito Made in dignity": per il prefinanziamento della produzione e per il finanziamento di tutto il ciclo di sviluppo, importazione, distribuzione dei prodotti Altromercato.
b) "Capitali coraggiosi": (capitalizzazione del sistema CTM) per il consolidamento patrimoniale e gli investimenti delle organizzazioni di commercio equo (Botteghe e centrali di importazione).
c) "Banquito": per rispondere in modo diretto, semplice e a tassi equi alle esigenze finanziarie correlate alla crescita delle comunità di produttori.
La politica di cooperazione allo sviluppo svolta da CTM si attua in collaborazione con organismi di vario tipo, nella consapevolezza dell'efficacia di un'azione sviluppata su più fronti e in maniera coordinata.
Made in Dignity è il programma di cooperazione integrata allo sviluppo del consorzio CTM per il periodo 2000-2005. Tale programma si svolge in partnership con altre ATOs, con oltre 200 organizzazioni di produttori, con Organizzazioni Non Governative (tra cui ricordiamo Cesvi, Mlal e Cospe), con Botteghe del Mondo ed in collaborazione con diversi attori socio-economici italiani ed europei. L'obiettivo è quello di contribuire attivamente alla crescita economica e sociale di piccoli gruppi di produttori del Sud, attraverso lo sviluppo delle organizzazioni, della cultura e del commercio equo e solidale.
Nel 1992 CTM ha aperto un nuovo canale distributivo, quello della vendita per corrispondenza, che permette di estendere le possibilità di acquisti equi anche alle zone meno coperte dalla rete delle botteghe. Il catalogo dei prodotti venduti in questo modo è diventato un mezzo per consolidare la collaborazione con varie organizzazioni non governative, interessate alla realtà del commercio equo.
4.4 I produttori partners di CTM: comunità del Sud e cooperative sociali
Sono stati avviati, dalle origini ad oggi, progetti di cooperazione con 600 comunità di produttori organizzate in oltre 150 gruppi, presenti in quaranta paesi dell'America Latina, Asia e Africa.
I produttori partners di CTM sono stati catalogati in base alla loro struttura organizzativa:
a) Piccoli nuclei familiari, gruppi di produttori
b) Cooperative, associazioni riconosciute (tra i 10 e i 50 soci)
c) Federazioni di comunità, di associazioni e di cooperative
d) Realtà di servizio ai produttori, a volte promosse da singole persone o da ONG locali, strutture di marketing
e) Piccole imprese vere e proprie (a volte anche di carattere familiare)
f) Società pubbliche, imprese di maggiori dimensioni
g) Organizzazioni di lavoro con i disabili
h) Fondazioni, ONG, enti sociali e/o religiosi, sindacati.
Nella tabella 23 sono riassunti i dati raccolti nel 1996 relativamente alle tipologie di produttori con cui è stata avviata una relazione o nei diversi continenti (l'India è trattata a parte per la sua importanza numerica).
Tipologie dei produttori
Tabella 23: Tipologie dei produttori nei continenti
Fonte: Volontari per lo sviluppo, febbraio 1997
Ne risulta la predominanza della forma cooperativa (tipologie B e C), seguita dalle strutture di commercializzazione e marketing di servizio ai produttori (D), spesso promosse dai produttori stessi, e dalle realtà legate a fondazioni, sindacati, ONG, enti religiosi (H). I gruppi informali risultano essere solo tre, poiché molti dei produttori di questo tipo si appoggiano alle strutture della tipologia D. Le imprese vere e proprie sono 18, mentre le organizzazioni di lavoro con i disabili sono 6.
Dalla stessa tabella emerge un dato relativo alla distribuzione geografica dei gruppi di produttori: l'area più rappresentata è data dall'America Latina con 59 gruppi (24 nel Sudamerica e 35 nel Centro America); segue l'Asia con 53 gruppi, di cui 32 nella sola India, quindi l'Africa con 26 gruppi.
CTM, in linea con lo spirito del commercio equo, ha associato agli acquisti dai produttori del Sud quelli di prodotti provenienti da cooperative sociali. Il tentativo di costruire un sistema socio-economico che metta al centro le persone ha spinto infatti il consorzio ad allargare il rapporto commerciale a quelle realtà produttive che anche in Italia lavorano per costruire un'economia a misura d'uomo. Ciò ha portato all'apertura di un canale che consenta alle Botteghe di inserire prodotti "sociali" nei propri spazi di vendita. Gli interlocutori privilegiati sono comunità organizzate secondo principi di democrazia di base che prevedono la partecipazione collettiva al processo decisionale e che perseguono logiche di autosviluppo. In particolare, secondo il documento redatto da CTM sull'argomento, si preferiscono le associazioni e le cooperative che promuovono la formazione professionale e l'inserimento lavorativo di cittadini stranieri provenienti dal Sud del mondo, o che offrono lavoro a persone svantaggiate.
4.5 Fatturato
Figura
3: Vendite 1999/2000 per prodotto
PROVINCIA |
FATTURATO NETTO ALL'INGROSSO |
Milano |
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Bolzano |
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Trento |
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Brescia |
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Genova |
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Bergamo |
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Roma |
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Torino |
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Verona |
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Varese |
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Treviso |
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Como |
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Vicenza |
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Cuneo |
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Bologna |
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Macerata |
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Venezia |
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Padova |
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Lecco |
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Bari |
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Novara |
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Napoli |
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Udine |
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Alessandria |
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Modena |
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Firenze |
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Sondrio |
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Savona |
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Cremona |
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Pordenone |
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Tabella 24: Fatturato CTM per provincia
Fonte: CTM Rapporto annuale 1999/ 2000
indicano infatti un aumento
costante delle vendite dai 2,5 miliardi del 1990 ai 18,3 miliardi del 1999 (figura
4).
2,5 4,1 6,2 7,8 9,6 10,8 11,4 12,8 13,8 16,2 18,3
Figura 4: Fatturati CTM (in miliardi di lire
Fonte: Rapporto annuale 1999/2000, CTM
Analizzando i dati relativi al fatturato realizzato nelle singole province, risulta il persistere di una forte disomogeneità nelle diverse aree geografiche italiane (tabella 24).
5. COMMERCIO ALTERNATIVO
Commercio alternativo, cooperativa senza fine di lucro, nacque a Ferrara nell'aprile del 1992, dalla fusione di nove organismi di cooperazione e solidarietà. L'origine della cooperativa è da ricercarsi nell'Associazione Ferrara Terzo Mondo, fondata nel 1985, che si occupava delle problematiche relative al Sud in generale e, a partire dal 1987, di commercio equo e solidale.
Commercio Alternativo, che oggi si caratterizza come network composto da 55 organismi associati, si propone di valorizzare al massimo la soggettività degli "operatori-fulcro", cioè delle Botteghe, degli spacci e dei gruppi d'acquisto, ritenuti i veri protagonisti del circuito commerciale. Le dichiarazioni di principio della cooperativa costituiscono la testimonianza di una filosofia "operativa" che vuole essere polemicamente divergente da quella attribuita a CTM.
Commercio Alternativo si dichiara infatti "contraria a qualsiasi forma di monopolio o di esclusiva commerciale, costrizioni improprie e dannose che tendono a limitare le possibilità di sviluppo dei produttori, che creano rendite di posizione tra gli importatori e che vanno a scapito dei consumatori in termini di prezzo e di trasparenza".[1]
La sede di Ferrara ha un magazzino merci e uno show-room gestiti da cinque dipendenti. Nel corso degli ultimi anni sono stati costituiti altri sette depositi, che importano direttamente i prodotti da oltre 50 organismi di produttori del Sud del mondo. La centrale non si limita ad acquistare per il proprio deposito, ma si occupa anche delle pratiche di sdoganamento, facilitando l'approvvigionamento degli altri organismi locali che operano sul territorio.
Caratteristica distintiva di Commercio Alternativo è dunque il "decentramento operativo": si cerca di limitare la crescita della sede centrale e si punta allo sviluppo dei soci e delle sedi periferiche. L'organizzazione decentrata permette agli operatori di intraprendere contatti diretti con i produttori, garantendo pluralità al movimento. L'obiettivo dello sviluppo del commercio equo si esplica dunque nella promozione della soggettività, in modo tale da rendere gli organismi e le associazioni di commercio equo protagonisti del movimento. A tale scopo la cooperativa ha fissato alcuni criteri guida della propria attività:
1) consolidamento degli organismi di produttori con cui Commercio Alternativo è in relazione, attraverso la continuità del rapporto e l'aumento delle vendite
2) ricerca di nuovi produttori da inserire sia nel circuito del commercio equo che in quello del mercato convenzionale
3) appoggio tecnico-commerciale ai produttori
4) sviluppo di prodotti alimentari che siano il frutto della
produzione di diversi organismi, eventualmente insieme a prodotti italiani provenienti da agricoltura biologica o da cooperative sociali
5) sostegno a organismi italiani interessati al mondo del commercio equo
6) produzione di materiale informativo rivolto sia ai consumatori sia agli operatori del settore
7) promozione di campagne locali e nazionali volte alla diffusione dei principi del commercio equo.
Dal punto di vista della struttura organizzativa, la cooperativa
è formata da un Settore Progetti, un Settore Commerciale e un Settore Informazione per coordinare i lavori ed elaborare le linee decisionali da presentare al Consiglio d'Amministrazione.
6. ROBA DELL'ALTRO MONDO
La cooperativa Roba dell'Altro Mondo nacque ufficialmente nel 1996 come braccio commerciale dell'Associazione RAM, attiva dal 1988 e impegnata nel settore del turismo etico, oltre che nel campo del commercio equo. Roba dell'altro Mondo si distaccò ben presto da RAM per divergenze nelle rispettive gestioni economico-politiche.
Oggi è una piccola società cooperativa formata da quattro soci lavoratori (più due collaboratori ed un obiettore di coscienza).
La gestione dell'attività è suddivisa in settori, ognuno dei quali è affidato ad un socio: il settore contabilità, seguito dal presidente della cooperativa, il settore marketing e design, il settore vendite e magazzino, il settore politico e delle relazioni esterne. La gestione dei progetti avviene invece collegialmente.
La cooperativa tratta esclusivamente articoli di artigianato, in particolare con il Sud Est asiatico, tuttavia è stato avviato recentemente un progetto nella provincia del Granma di Cuba, all'interno di un programma di sviluppo delle Nazioni Unite. E' in corso anche la valutazione della possibilità di instaurare relazioni con l'Algeria, in collaborazione con un comune ligure.
La filosofia di azione della cooperativa predilige la collaborazione con ONG locali, che svolgano la funzione di contatto sul posto, in grado di monitorare l'ambiente e di valutare le possibilità di avviamento di un progetto di sviluppo.
L'attività in Italia è rivolta per scelta quasi esclusivamente alle Botteghe del Mondo, anche se vengono servite alcune botteghe private e associazioni come Legambiente. Inoltre è in corso lo studio delle possibilità di apertura al settore biologico, soprattutto per quanto riguarda la vendita di cesteria varia.
L'andamento delle vendite a livello nazionale tende ad essere più significativo al Centro e nel Nord Ovest, con livelli relativamente inferiori nel Nord Est e al Sud. Il fatturato è in crescita costante dal 1997 ad oggi: dai 350 milioni circa del 1997 la cooperativa è passata ai 400 milioni del 1998, ai 500 del 1999 fino ai previsti 600 del 2000.
Tale aumento è da mettersi in relazione con il miglioramento della gestione del magazzino, che ha significato nuovi prodotti e nuove schede, ma anche con il sistema di gestione delle giacenze, la possibilità di utilizzo delle rete web per acquisti on line da parte delle Botteghe, fino al cambiamento del magazzino che ha aumentato la capacità dell'organizzazione di far fronte alle richieste e agli ordini in crescita.
L'attività svolta a livello politico ha permesso parallelamente la partecipazione della cooperativa alla discussione relativa alla stesura della Carta dei Criteri del commercio equo, la collaborazione con il coordinamento politico delle Botteghe del Nord Ovest, e il coinvolgimento nel progetto di rinnovo della rivista Altreconomia, in qualità di coeditrice.
Infine Roba dell'Altro Mondo ha svolto un ruolo trainante all'interno del mondo equo e solidale sul tema delle biotecnologie.
7. EQUOMERCATO
La nascita della cooperativa Equomercato risale al 1993 ed è da attribuirsi allo sviluppo della Bottega del mondo "Il Ponte" di Cantù (CO). La motivazione fondamentale fu la volontà di costituire un punto di riferimento per tutti i gruppi che si occupavano di commercio equo nella zona di Como, offrendo loro un appoggio e la possibilità di rifornirsi della merce proveniente dal Sud. La costituzione di Equomercato avrebbe inoltre significato un rafforzamento dei legami con i produttori e i volontari attivi nel Sud e la creazione di posti di lavoro "intelligenti".
Equomercato è una cooperativa senza fini di lucro che conta attualmente quattro dipendenti e diciassette soci, finalizzata alla costruzione di uno spazio di mercato le cui regole si basino "sul benessere sociale e non sul profitto"[2].
Le attività svolte sono quelle di importazione di prodotti alimentari e di artigianato da venticinque produttori del sud, di produzione di schede informative, di offerta di consulenza tecnica e di organizzazione di viaggi di turismo responsabile in Chiapas.
Caratteristica distintiva di Equomercato è la particolare attenzione rivolta ai piccoli progetti che non si possono definire di commercio equo a causa di problemi organizzativi e di produzione. L'intento della cooperativa è quello di aiutarli a svilupparsi per renderli capaci di rapportarsi al commercio equo mondiale, in modo da creare nuove prospettive di lavoro e di sviluppo.
L'analisi dei fatturati di vendita degli ultimi tre anni indica un aumento costante da un miliardo e 556 milioni registrati nel '98, a un miliardo e 763 milioni del '99, fino a un miliardo e 883 milioni nel 2000.
8. EQUOLAND
La cooperativa senza fine di lucro Equoland nacque nel 1995 dalla naturale evoluzione dell'associazione Firenze Terzo Mondo, figura che rimane tra le più dinamiche realtà del commercio equo.
Equoland importa da circa trenta paesi del Sud, senza intermediari. Nell'ultimo anno ha effettuato importazioni da oltre cinquanta organismi di produttori, per più di quattromila articoli di artigianato.
Attualmente la cooperativa si avvale per la gestione della cooperativa della collaborazione di cinque addetti fissi, oltre ai cooperatori, e distribuisce alle Botteghe del Mondo prodotti per un valore netto di circa 1400 milioni l'anno, su tutto il territorio nazionale. Inoltre contribuisce a campagne di educazione al consumo e alla riflessione sui principi del commercio equo.
9. FINANZA ETICA E COMMERCIO EQUO E SOLIDALE: CTM-MAG
Nel maggio 1989 la cooperativa Mag3 di Padova diede vita insieme agli altri promotori del commercio equo e solidale alla cooperativa finanziaria CTM-MAG, con lo scopo di raccogliere risparmio dai soci per sostenere lo sviluppo del commercio equo e in particolare di CTM.
Si trattava della prima MAG a carattere nazionale, con sede legale a Bolzano e sede operativa a Padova. Gli obiettivi erano quelli di ottenere risorse per pagare l'importazione dei prodotti, per la rete produttiva e per finanziare i produttori.
Da allora CTM-MAG ha svolto la funzione di strumento finanziario, riuscendo a realizzare in breve tempo una rete di raccolta nazionale. La raccolta del risparmio avviene attraverso venti collettori autorizzati, che rappresentano i soci referenti del consorzio; tali collettori sono cooperative del commercio equo che hanno aperto all'interno delle botteghe del mondo uno sportello per raccogliere il risparmio dei soci.
Le profonde trasformazioni legislative che interessarono il settore finanziario negli anni 1991-93 (legge 197/91, e Testo unico in materia bancaria e creditizia entrato in vigore il 1 gennaio 1994), ebbero ripercussioni sull'assetto e i margini d'azioni delle mag.
La "legge antiriciclaggio" del 1991, infatti, obbligava tutte le finanziarie, comprese le cooperative finanziarie, a possedere entro il 15 luglio 1993 un miliardo di capitale sociale. Ciò creò notevoli difficoltà alle MAG, poiché erano poco capitalizzate, tendendo prevalentemente a raccogliere il risparmio nella forma di depositi, e non il capitale sociale. Il raggiungimento del miliardo di capitale sociale fu raggiunto, nel caso della CTM-MAG, grazie allo sforzo ulteriore sostenuto dai sostenitori.
Il Testo Unico obbligò poi le MAG ad effettuare esclusivamente l'attività finanziaria, impedendo così la prestazione di servizi di consulenza di vario tipo.
Ciò condusse alla scorporazione dell'attività di servizi e alla costituzione di un'apposita realtà in grado di fornirla, la CTM-MAG Servizi.
L'obbligo normativo contenuto nel regolamento del 12 dicembre 1994 da parte della Banca d'Italia, impose infine il divieto per le cooperative finanziarie di raccogliere risparmio fra i soci in misura superiore alle effettive esigenze di funzionamento della cooperativa stessa. Ciò portò alla decisione di trasformare la CTM-MAG da cooperativa in consorzio, i cui soci sono esclusivamente persone giuridiche, poiché in questo caso la raccolta di risparmio e il suo impiego sono liberi. In tal modo il consorzio potè raccogliere il risparmio presso persone fisiche attraverso le cooperative o associazioni socie, le quali depositarono al consorzio le eccedenze rispetto alle proprie esigenze di funzionamento.
Il consorzio CTM-MAG ha finanziato, tra il 1989 e il 1997, 405 progetti per un valore di prestiti pari a 43 miliardi, non solo nell'ambito del commercio equo e solidale, ma anche nell'ambito della cooperazione sociale.
9.1 Il progetto "Banca Etica"
Parallelamente alla ristrutturazione della CTM-MAG in base alle trasformazioni legislative, nella seconda metà degli anni Novanta è andato concretizzandosi il tentativo di aprire nuove strade alla finanza etica, con la promozione di una Banca Etica nella forma di una banca di credito cooperativo.
Il 24 dicembre 1994 si costituì, grazie anche all'apporto decisivo di CTM-MAG, l'Associazione "Verso la banca etica", che definì le tappe costitutive di Banca Etica, preparò uno studio di fattibilità e lo statuto della Banca, presentati poi alla Banca d'Italia.
Nel giugno '95 nacque la cooperativa "Verso la Banca Etica", soggetto imprenditoriale con l'obiettivo della raccolta del capitale sociale necessario alla costituzione di una banca di credito cooperativo. Alla sua fondazione parteciparono 21 organizzazioni provenienti dal mondo dell'associazionismo, della cooperazione e da esperienze di finanza alternativa, tra cui, oltre a CTM-MAG, la stessa CTM, Acli, Arci, Agesci, Mani Tese.
A causa dei limiti di operatività territoriale delle banche di credito cooperativo, l'obiettivo divenne nel 1996 quello di costituire una banca popolare cooperativa , che avrebbe permesso un'operatività ampia ed estesa al territorio nazionale. Il capitale necessario passò in questo modo da 2 miliardi a 12,5 miliardi.
Nei due anni successivi proseguì la raccolta del capitale, affiancata da un lavoro di definizione della futura operatività e dei servizi che avrebbe offerto Banca Etica.
Il 30 maggio 1998, raggiunta la somma di capitale prevista, l'assemblea soci della cooperativa "Verso la Banca Etica" approvò lo statuto, e quindi la trasformazione in "Banca popolare Etica", e venne eletto il primo consiglio d'amministrazione.
Da quel momento iniziò l'iter istituzionale per ottenere l'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria, firmata poi dal governatore della Banca d'Italia nel dicembre 1998. Si trattò di una fase in cui CTM-MAG, in quanto sede operativa e base sociale, rivestì un ruolo fondamentale grazie alle conoscenze, all'esperienza e alla professionalità messe a disposizione della neonata banca. Il legame che univa il consorzio CTM-MAG e la Banca Popolare trovò conferma nel fatto che la presidenza di quest'ultima sarebbe stata affidata all'ex-presidente e fondatore di CTM-MAG, Fabio Salviato.
L'apertura del primo sportello della Banca Popolare Etica è avvenuta l'8 marzo 1999 a Padova.
Da quel momento l'amministrazione del consorzio si è impegnata a costruire insieme ai dirigenti di Banca Etica le basi di collaborazione, rivolte alla cooperazione internazionale e al microcredito nei paesi in via di sviluppo.
Con la costituzione di Banca Etica, infatti, CTM-MAG è stata in grado di riqualificare la propria operatività originaria, che è quella nei confronti delle popolazioni del Sud del mondo. Uno degli strumenti finanziari utilizzati dal consorzio è il microcredito.
9.2 Il "Programma Microcredito"
Nella seconda metà degli anni Novanta il consorzio CTM-MAG ha dedicato attenzione e risorse al settore della microfinanza e del microcredito.
L'obiettivo era quello di canalizzare fondi in organizzazioni di microcredito che offrissero servizi finanziari direttamente ai microimprenditori.
Uno dei problemi principali per i produttori del Sud è quello dell'accesso al credito e ai finanziamenti necessari per avviare attività microimprenditoriali. Accanto all'attività agricola tradizionale esiste infatti un settore costituito da microimprese, piccole attività produttive organizzate ed informali. Si tratta di attività a bassa tecnologia e ad alta intensità di lavoro (vendita ambulante di prodotti locali, lavorazione di agrumi e riso, produzione di manufatti, servizi di manutenzione, etc.).
Spesso le organizzazione microproduttive informali, formate da donne, rappresentano la tipologia di clienti più coinvolta nel circuito della microfinanza. Incrementare la disponibilità di servizi finanziari accessibili alla microimprenditorialità nei paesi del Sud significa ridurre gli spazi occupati dal credito usuraio, spesso unica fonte finanziaria per il settore informale.
Nel contesto generale di questo settore CTM-MAG si è posizionata come fonte finanziaria di secondo livello, sostenendo organismi locali di microfinanza dei paesi in via di sviluppo (Fondi rotativi, ONG, Cooperative finanziarie, Casse rurali, banche specializzate), appoggiandosi a propri uffici tecnici regionali, con compiti di valutazione, monitoraggio,e sviluppo del portafoglio finanziario, oltre che di coordinamento e collegamento con le esperienze di produzione del commercio equo e solidale.
Il portafoglio microcredito era diversificato e si strutturava su due livelli: il primo, detto "greenfield", era rivolto a realtà di microfinanza ancora limitate come ampiezza di portafoglio e numero di clienti serviti, ma con buone opportunità di sviluppo legate principalmente all'accesso al credito. La funzione di CTM-MAG era quella di offrire alle organizzazioni attive nell'economia informale nei paesi del Sud una fonte finanziaria accessibile ed efficiente. Si trattava quindi di un settore molto rischioso.
Parallelamente si sviluppò un livello "consolidato", che offriva finanziamenti e collaborazione progettuale a organizzazioni più esperte, con un'attività ampia e che quindi presentavano per il consorzio un grado di rischio molto inferiore.
Questa diversificazione permise a CTM-MAG di affrontare il programma microcredito con un portafoglio bilanciato e non troppo rischioso.
L'approccio di CTM-MAG al microcredito si caratterizzava, rispetto a quello "tecnico" proprio del mondo anglosassone, per una maggior attenzione all'impatto socio-ambientale dei progetti e delle organizzazioni sostenuti. La valutazione di questi aspetti si affiancava quindi a quella tecnico-economica, portando ad un'introduzione dei principi dello scambio e della finanza etica nel campo del microcredito.
A partire dal dicembre 1998 CTM-MAG promosse la costituzione di un coordinamento con le ONG italiane di sviluppo, le cui attività riguardassero anche il campo del microcredito. L'obiettivo dello sviluppo di un'azione coordinata era proprio quello di coniugare le competenze e i mezzi delle ONG nelle attività di individuazione, valutazione, monitoraggio e assistenza sul campo, con le funzioni tecnico-finanziarie del Consorzio e delle istituzioni di microfinanza. Tale azione coordinata sarebbe stata lo strumento attraverso cui "contestualizzare" maggiormente il microcredito ed i suoi effetti nella complessità degli ambienti cui si rivolge, grazie ad analisi di sostenibilità socio-ambientale e di valutazione di efficacia/impatto "reali" e significative.
Nel 1998-99 il progetto comune tra CTM e CTM-MAG entrò in crisi e le due organizzazioni presero strade diverse. CTM-MAG nel maggio 1999 si è trasformata in Etimos, "Etica, Microcredito, Organizzazione, Solidarietà". CTM ha invece mantenuto il proprio impegno nelle attività di finanziamento alle imprese del Sud attraverso mezzi propri.
10. Le Botteghe del Mondo
"Botteghe del Mondo" è il nome che i negozi del commercio equo si sono dati nel giugno 1996 a Noventa Padovana, durante la II Fiera nazionale del commercio equo e solidale. Le Botteghe rivestono un ruolo cruciale nel circuito, poiché costituiscono lo sbocco commerciale che rende possibile la vendita dei prodotti.
La rete dei punti vendita copre oggi tutto il territorio nazionale, anche se la distribuzione non è uniforme, rispecchiando piuttosto in parte lo sviluppo storico del movimento, in parte le aree più ricche del paese (v. figura 5).
I punti vendita sono oggi più di 270, coinvolgono circa un centinaio di dipendenti e si avvalgono dell'apporto di oltre tremila volontari.
Ogni Bottega ha una propria storia e origine socio-culturale, fatto che rende difficile l'individuazione di una "bottega-tipo", nonché la rappresentazione di un modello attraverso un'unica definizione. Si tratta di esperienze eterogenee, avviate a partire da un gruppo di persone, spesso già impegnato nel sociale, nella solidarietà internazionale, nell'attività politica ambientale e pacifista, o nell'impegno missionario ed ecclesiale. L'elemento che accomuna i protagonisti è il desiderio di attuare scelte economiche concrete e quotidiane coerenti con una forte idealità, desiderio che si trasforma nella volontà di associarsi per avviare una Bottega. Spesso il primo passo è quello di aprire uno spaccio che venda ai soli soci, in modo da garantire un contenimento iniziale dei costi e da evitare procedure burocratiche complesse.
Figura
5: La distribuzione delle Botteghe del Mondo in Italia
Il personale attivo nei punti vendita è costituito in minima parte da lavoratori retribuiti, essendo predominante invece la componente di volontariato. In alcuni casi, per altro minoritari, le associazioni o
cooperative si sono trasformate attuando scelte imprenditoriali che hanno comportato l'acquisto di negozi, la stipulazione di contratti in affitto a prezzi di mercato e l'assunzione di personale qualificato. Ma più spesso si verificano casi di piccole associazioni che hanno mantenuto l'impostazione originaria, basata sull'utilizzo di lavoro volontario, senza obiettivi di sviluppo a medio e lungo termine.
E' frequente nel mondo delle botteghe la coesistenza di un'anima che spinge verso modelli imprenditoriali finalizzati alla crescita, e di
una che incarna sia il timore che la difficoltà reale di crescere.
Le Botteghe acquistano i prodotti principalmente dalle centrali di importazione; una parte minore dell'artigianato e degli alimentari è importata direttamente dalle singole Botteghe.
Da una ricerca effettuata nel 1997 su un campione di Botteghe, risulta che l'86% delle botteghe contattate ha contatti diretti con artigiani, una minoranza con contadini o con entrambi. Il motivo della disparità delle cifre è da imputarsi alle difficoltà di approvvigionamento, di conservazione e ai controlli sanitari previsti dalla legge relativi ai prodotti alimentari; ciò significa che è più facile per una singola Bottega impegnarsi nell'importazione diretta di manufatti artigianali, piuttosto che di alimenti.
L'avvio di progetti di importazione diretta da parte di una Bottega assume un significato particolarmente importante, poiché rappresenta il momento in cui quest'ultima assume un ruolo attivo e di protagonista nella gestione delle proprie risorse. Tuttavia le Botteghe acquistano la maggior parte dei propri prodotti dalle centrali di importazione, soprattutto da CTM (100 botteghe ne sono socie), e a seguire da Commercio Alternativo, Equoland, Equomercato e Roba dell'Altro Mondo.
La consapevolezza di come il commercio equo sia parte di un circuito più vasto e comprensivo di tutte quelle persone che hanno costruito le proprie attività sul rispetto di principi, quali la salvaguardia dell'ambiente e il rispetto dei diritti umani, ha fatto si che alcune Botteghe vendano anche prodotti biologici e dell'economia solidale in generale. Tale scelta, però, dipende esclusivamente dalle decisioni e dagli atteggiamenti nei confronti di tale questione adottati dalle singole Botteghe.
Oltre alla funzione commerciale, che va dall'importazione diretta alla vendita dei prodotti, le Botteghe si occupano anche della raccolta di risparmio, inserendosi a pieno titolo nel circuito della finanza etica, in quanto soci referenti di CTM-MAG.
Esiste un altro ambito nel quale la funzione delle Botteghe assume un'importanza cruciale: si tratta dell'aspetto culturale e dell'informazione al pubblico. Lo scopo è quello di favorire processi di coscientizzazione, diffondendo materiale informativo (relazioni, libri, schede, riviste, materiale trasmesso via Internet), promuovendo campagne di sensibilizzazione, convegni, incontri, banchetti, organizzando mostre e serate culturali per far conoscere le tradizioni dei popoli del Sud.
Dalla ricerca di cui dicevamo sopra risulta che i 2/3 circa si trovano nel centro delle città o nelle sue vicinanze; l'indagine relativa ai locali e agli spazi utilizzati per le Botteghe ha rilevato, inoltre, che il 44% del campione ha locali di piccole dimensioni (sotto i 31 mq), mentre solo 1/4 delle botteghe supera i 60 mq. L'esiguità degli spazi comporta scelte restrittive sia sulla quantità della merce sia sul tipo di oggetti la cui esposizione è possibile nel negozio. Riguardo alle modalità e ai tempi di apertura delle botteghe, dalla ricerca è risultato che il 76% del campione osserva il normale orario di apertura dei negozi tradizionali, nonostante che molte botteghe siano gestite esclusivamente da volontari
Il coordinamento delle Botteghe è affidato all'Associazione Botteghe del Mondo, costituita nel 1991, con sede legale a Trento e sede operativa a Reggio Emilia. Tra gli obiettivi dell'associazione troviamo la promozione del commercio equo attraverso attività di informazione, formazione e educazione, in modo da accrescere la coscienza civile intorno alle problematiche connesse allo sviluppo. Il raggiungimento di riconoscimenti istituzionali a livello locale, nazionale ed internazionale è un altro degli scopi delle attività dell'associazione; si tratta, infatti, di un modo per attribuire maggiore visibilità e credibilità "ufficiale" al movimento.
Risulta inoltre fondamentale il mantenimento di un dialogo costante sia con le centrali d'importazione italiane, in modo da coordinare le attività e da perseguire linee di sviluppo comuni, sia con le associazioni e gli organismi, nazionali ed esteri, che hanno finalità simili.
In quest'ambito rientra il rapporto con NEWS!, l'organismo di coordinamento europeo delle associazioni nazionali delle Botteghe. NEWS! e' infatti promotrice delle campagne intraprese dal '95 ad oggi in Italia, tra le quali ricordiamo le fiere nazionali del commercio equo e solidale "Tutta un'altra cosa", che si svolgono con cadenza annuale, organizzate in ogni regione attraverso una o più Botteghe. L'associazione italiana si occupa del coordinamento nazionale delle campagne promosse da NEWS, della traduzione del materiale e della sua diffusione, dell'informazione al pubblico e dell'organizzazione di eventi di richiamo (tra cui ricordiamo la sopraccitata "Giornata europea delle Botteghe del Mondo").
Riguardo all'organizzazione interna dell'associazione, esistono una serie di uffici che si occupano di settori specifici, come la scuola, le campagne e i rapporti internazionali, l'editoria-comunicazione-formazione, i rapporti con le istituzioni, l'ufficio certificazioni.
Infine l'associazione promuove i contatti diretti e il sostegno ai piccoli produttori.
11. Transfair Italia
L'organizzazione di marchio italiana è nata nel 1994, in seguito all'esigenza di fornire un certificato di garanzia ai prodotti del commercio equo venduti in Italia. Hanno partecipato alla sua fondazione le centrali di importazione, le Botteghe del Mondo, alcune ONG (Mani Tese, Acra, etc) e importanti associazioni civili interessate al commercio equo (Arci, Acli, Agesci, CGM, Pax Christi, Ancc, etc.), cooperative sociali e produttori biologici.
Per avviare l'attività di certificazione si è rivelato fondamentale il sostegno finanziario del consorzio CTM-MAG.
Dopo un primo periodo in cui l'associazione si è trovata ad affrontare difficoltà dovute alla scarsa conoscenza del mercato e alla carenza di risorse, il primo prodotto a marchio "Transfair" è stato immesso sul mercato equo verso la fine del 1995. Si trattava del caffè, e il primo licenziatario ad utilizzare il marchio fu CTM sulla sua gamma di caffè. Nello stesso periodo la COOP Italia, gruppo della grande distribuzione, iniziò a commercializzare un tipo di caffè, chiamato "Solidarietà", certificato da Transfair.
Nel corso del tempo anche altri prodotti hanno potuto rientrare
tra quelli garantiti dal marchio, come tè, miele, cioccolata, cacao, e, a partire dal 2000, succhi d'arancia e banane. Attualmente i prodotti sono presenti in circa 3500 punti vendita su tutto il territorio nazionale, e il numero dei licenziatari,
LICENZIATARI MARCHIO TRANSFAIR |
PRODOTTI |
COIND (Bologna) |
Caffè convenzionale e biologico, caffè bar, tè, cacao, cioccolato |
CTM-ALTROMERCATO (Bolzano) * |
Caffè convenzionale e biologico, tè, miele, caco, snacks |
EQUOMERCATO (Cantù) * |
Caffè biologico |
MOKAFE' (Cuneo) |
Caffè, dolci a base di caffè e cacao |
GOPPION CAFFE' S.p.A. (Treviso) |
Caffè convenzionale e biologico, caffè bar |
EKAF S.p.A (Genova) |
Caffè |
POMAPADOUR TEEKANNE S.r.l (Bolzano) |
Tè |
GIARDINO BOTANICO DEI BERICI (Vicenza) |
Tè di vario tipo |
ICAM S.p.A (Lecco) |
Cioccolato |
CONAPI S.c.a.r.l (Bologna) |
Miele convenzionale e biologico |
MONDOVERO S.r.l (Bologna) |
Caffè, tè, miele, cacao, cioccolato |
BODETA SUSSWAREN Gmbh (Germania) |
Caramelle |
CARAMELLAMANIA (Modena) |
Dolciumi, caramelle, snacks |
FRUTTAGEL (Ravenna) |
Succo d'arancia |
CAFFE' AUGUST (Brescia) |
Caffè biologico, caffè bar |
*Organizzazione di commercio equo (ATO)
Tabella 25: Licenziatari del marchio Transfair (al 10/2000)
a settembre 2000, è salito a undici.
L'esistenza di un marchio ha lo scopo di offrire ai produttori del Sud un accesso al mercato che sia il più ampio possibile, garantendo una distribuzione controllata, ma non limitata ai punti vendita specializzati.
L'associazione Transfair non produce, non vende, non distribuisce nè commercializza, ma promuove la diffusione dei prodotti, controllandone la conformità ai criteri del commercio equo e solidale.
Transfair Italia aderisce all'associazione Transfair International, di cui condivide le finalità e dalla quale ha ottenuto la licenza dell'uso del marchio, con facoltà di concederlo in sublicenza. I sublicenziatari, ai fini di evitare eventuali conflitti di interessi, non partecipano al direttivo di Transfair Italia, pur avendo la qualifica di soci. Il direttivo, infatti, verifica le possibilità di concessione del marchio, controllando che le aziende licenziatarie non risultino responsabili di comportamenti non leciti o inaccettabili dal punto di vista etico. Ricordiamo che, infatti, licenziatari del marchio non sono soltanto organizzazioni del commercio equo, ma anche aziende che applicano le regole del fair trade soltanto ad alcuni dei propri prodotti. Tuttavia le condizioni dell'acquisto e i controlli cui sono sottoposti produttori, importatori e licenziatari sono identici per tutti, e sono affidati a FLO per quanto riguarda i produttori (i produttori devono essere iscritti negli appositi Registri Internazionali), importatori, e trasformatori, e alle strutture nazionali -nel nostro caso a Transfair Italia- per quanto riguarda i licenziatari.
Le royalties derivanti dalle concessioni del marchio servono per coprire i costi di monitoraggio e per garantire il corretto uso del marchio.
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