SENESCENZA
DELLA CELLULA
Secondo
una tradizionale classificazione, gli elementi cellulari in rapporto alla loro
capacità riproduttiva e alla rapidità del loro ciclo vitale possono essere
distinti in tre gruppi: labili, stabili, perenni. Elementi labili sono le c.
che si rinnovano velocemente e che hanno quindi rapida senescenza (p. es. le c.
epiteliali dell'epidermide, le c. delle mucose, ecc.). Appartengono alla
categoria delle c. stabili le c. epatiche e quelle renali, che ordinariamente
non si riproducono, ma entrano in vivace attività cariocinetica in situazioni
particolari (p. es. il fegato si rigenera rapidamente dopo asportazione parziale).
Si dicono infine perenni gli elementi cellulari altamente differenziati (p. es.
c. nervose), che vanno incontro alla senescenza e alla morte senza potere mai
riprodursi. Al di là di tale classificazione è oggi opinione comune che
l'invecchiamento non sia una condizione della c. in se stessa quanto un
fenomeno riguardante l'ambiente cellulare nel suo insieme e l'interazione tra
c. e cellula. È noto infatti che colture in vitro di c. animali possono
moltiplicarsi all'infinito qualora siano mantenute in terreni colturali
adeguati e trapiantate periodicamente. D'altra parte nei Protozoi non è
possibile evidenziare, in condizioni ordinarie, il fenomeno della morte
cellulare. Il periodo vitale di questi organismi può essere più esattamente
identificato nel periodo intercinetico che va dall'origine della c.
(divisione di una c.-progenitrice)fino alla divisione della c. stessa. In
questi ultimi anni la senescenza cellulare è stata oggetto di un gran numero di
ricerche di laboratorio che hanno dato corpo a una nuova branca della medicina,
la gerontologia sperimentale. Al momento attuale non è ancora possibile
stabilire se a livello cellulare la senescenza debba essere considerata un
evento 'fisiologico', come appare negli organismi superiori, oppure
un fenomeno patologico. Le osservazioni più recenti consentono tuttavia di fare
alcune ipotesi, tra le quali raccoglie particolari favori la teoria delle
mutazioni somatiche. Secondo questa teoria le c. di ogni organismo subiscono
nel tempo continue mutazioni irreversibili che si trasmettono per via
ereditaria alle c. figlie con la riproduzione. Con l'avanzare del tempo il
numero delle mutazioni cellulari e quindi il numero complessivo delle c. mutate
aumenta progressivamente. Poiché i fenomeni mutazionali sono in genere dannosi
per l'equilibrio cellulare, è probabile che i tessuti si arricchiscano sempre
più di c. in qualche modo difettose. In ciò risiederebbe la principale causa
dell'invecchiamento, che si manifesta poi attraverso la riduzione delle
resistenze tissutali e l'aumento progressivo della suscettibilità agli agenti
che sono causa di malattia. A favore di tale ipotesi vi è l'osservazione che
nei tessuti aumenta, in funzione dell'età, il numero di aberrazioni
cromosomiche le quali possono essere considerate come espressione di fenomeni
mutazionali. È inoltre significativo che l'irradiazione dei tessuti con raggi
X, agenti notoriamente mutageni, acceleri sensibilmente la senescenza
dell'organismo ('invecchiamento da raggi'). In tale circostanza
nell'animale da laboratorio si osserva un significativo accorciamento della
vita del soggetto irradiato pur senza che si manifestino danni cellulari
direttamente attribuibili all'irradiazione. Tra le altre ipotesi chiamate in
causa per spiegare la senescenza delle c. negli organismi pluricellulari si
possono ricordare: l'accumulo intracellulare di scorie metaboliche che la c. è
sempre meno capace di eliminare con il progredire dell'età; quella
autoimmunitaria, secondo la quale in seguito ad alterazioni nucleari si ha la
sintesi di proteine anomale che il sistema immunocompetente non è in grado di
riconoscere e che determinano pertanto risposte anticorpali. Nell'ambito di
tale ipotesi un interessante rilievo è dato dal fatto che le alterazioni
degenerative vasali, tipiche dell'arteriosclerosi senile, hanno alcuni aspetti
in comune con le angiopatie di origine autoimmunitaria (p. es. periarterite
nodosa).