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SENESCENZA CELLULARE
La senescenza cellulare può essere definita come un arresto stabile del ciclo cellulare accompagnato da cambiamenti fenotipici standardizzati (Campisi e d'Adda di Fagagna, 2007). E' stato visto che questo fenomeno, scoperto da Hayflick in cellule diploidi coltivate in vitro, è dovuto all'accorciamento dei telomeri (Kuilman et al.,
Tuttavia esistono anche altri stimoli legati all'invecchiamento che possono innescare la senescenza, indipendentemente dal processo telomerico. Di notevole importanza in questo senso è il danno al DNA non telomerico e la derepressione del locus INK4/ARF2, codificante due oncosoppressori, che si osservano con l'invecchiamento cronologico e che sono in grado di indurre senescenza (Fig. ) (Collado et al., 20 7).
Fig. 9: Rappresentazione schematica della senescenza cellulare. Molti stimoli sia di natura esogena che endogena possono attivare le vie p53 e p16 pRB e innescare la senescenza cellulare. Questa rappresenta una protezione contro il cancro, ma in età più avanzata favorisce l invecchiamento dell organismo. Quando le vie p53 e p1 pRB sono parzialmente o completamente bloccate le cellule possono non andare in senescenza e trasformarsi
in cellule tumorali.
Il danno al DNA è stato peraltro usato come marcatore indiretto per individuare l'accumulo di cellule senescenti in tessuti invecchiati. Più di recente, invece, per evidenziare senescenza tissutale è stata sfruttata una molecola strettamente coinvolta, l'enzima b-galattosidasi, e da analisi quantitative effettuate con entrambi i marcatori si sono ottenuti dati piuttosto concordi circa la percentuale di cellule senescenti presenti nel fegato di topi giovani e di topi vecchi. In questi studi è stato interessante osservare come nei topi analizzati la presenza di cellule senescenti aumenti da circa l'8% in gioventù a circa il 1 % in vecchiaia. Da sottolineare è il fatto che un cambiamento simile è stato visto solo in alcuni organi come pelle, polmone e milza, ma non in altri, quali cuore, muscolo scheletrico e reni Wang et al., 2 09). Tuttavia, poiché l'aumento di numero di cellule senescenti è presente, si ritiene che la senescenza contribuisca effettivamente all'invecchiamento. E' però evidente, dagli studi appena descritti, che la senescenza non rappresenta una proprietà generalizzata di tutti i tessuti degli
organismi in età avanzata. Inoltre, va tenuto di conto che il ruolo fisiologico della senescenza è quello di prevenire la propagazione di cellule danneggiate e innescare la loro eliminazione da parte del sistema immunitario Lòpez-Otin et al., 20 3). Questo aspetto è ben visibile in cellule tumorali senescenti, le quali risultano essere strettamente sorvegliate dal sistema immunitario ed efficientemente rimosse per fagocitosi (Hoenicke e Zender, 2012; Kang et al., 2011). In accordo con questo quadro, l'accumulo di cellule senescenti che si verifica nell'invecchiamento può riflettere sia un incremento del numero di cellule che vanno incontro a senescenza che una riduzione del tasso di eliminazione delle stesse, dovuto, ad esempio, a una minore efficienza della sorveglianza immunitaria. Inoltre, affinchè il controllo delle cellule danneggiate, potenzialmente oncogene, sia efficace, è necessario che il sistema di rimozione sia ben controbilanciato dalla mobilizzazione di cellule progenitrici per ristabilire il numero cellulare. Poiché negli organismi in vecchiaia è possibile assistere a una riduzione dell'efficienza di questo turnover o all'esaurimento della capacità
rigenerativa delle cellule progenitrici, può accadere che l'accumulo di cellule che ne
consegue peggiori il danno e contribuisca fortemente all'invecchiamento (Lòpez-Otin et al., 2013 .
E' inoltre possibile che le cellule senescenti contribuiscano all'invecchiamento in virtù delle notevoli alterazioni del loro secretoma, ossia dell'insieme di molecole che secernono nell'ambiente extracellulare. In esse, il secretoma, determinante quello che viene definito "fenotipo secretorio associato alla senescenza , si presenta particolarmente ricco di metallo-proteinasi di matrice e citochine proinfiammatorie (Kuilman et al., 2010; Rodier e Campisi, 2011) che potrebbero contribuire
all'invecchiamento.
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