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Ruolo della GGT sierica




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Ruolo della GGT sierica



Dal 1961 la determinazione della GGT sierica è utilizzata come marcatore diagnostico di disfunzione epatica (Szczeklik et al., 1961), neoplasie incluse e di consumo eccessivo di alcool (Whitfield et al., 2001). La misurazione dell'attività sierica della GGT mediante il saggio con il substrato γ-glutamil-p-nitroanilide è un semplice test di laboratorio ed è considerato il marcatore più sensibile nella diagnosi di colestasi e di steatosi epatica, anche indotte dall'alcool o da farmaci. L'elevazione di GGT sierica può essere riscontrata anche in pazienti con epatopatia cronica conseguente all'infezione da HCV nei quali rappresenta un indice prognostico sfavorevole di risposta al trattamento con interferone (Battezzati et al.,

1992; Paolicchi et al., 2005). Nonostante la sensibilità del test, l'utilizzo diagnostico della GGT sierica è limitata dalla bassa specificità.




1 La GGT sierica: origine e caratteristiche chimico-fisiche


Come già detto (paragrafo 1.1.2), nel genoma esiste una famiglia di geni per la GGT, ma solo il gene I è trascritto e tradotto nella proteina completa e cataliticamente attiva (Courtay et al., 1994). Per cui non esistono isoforme enzimatiche dal punto di vista della struttura proteica, invece la glicosilazione è tessuto specifica e contribuisce all'eterogeneità di peso molecolare e di carica osservate nelle proteine estratte da vari tessuti. La GGT sierica sembra essere di origine epatica come suggerito da studi condotti da Huseby e collaboratori (1981), dai quali risulta che la GGT presente nel siero aveva le stesse caratteristiche di quella estratta dal fegato per quanto riguarda il PM, il contenuto di residui di acido sialico e il grado di glicosilazione. Questi parametri erano invece distinti rispetto a quelli della GGT ritrovata nelle urine, rene e pancreas (Huseby et al., 1981).

Studi successivi hanno dimostrato la presenza di due frazioni diverse di GGT nel siero, una idrofilica e una idrofobica che differiscono per carica, dimensione e densità. La forma idrofilica, apparentemente identica a quella ottenuta dopo il trattamento proteolitico utilizzato per la purificazione della GGT da tessuto, era presente in piccola quantità e sembrava circolare nel sangue come enzima libero (Huseby et al.,1982a; Huseby et al., 1982b; Huseby et al., 1982c). Per quanto riguarda la frazione idrofobica, è stato proposto che fosse costituita da GGT trasportata dalle lipoproteine sieriche VLDL, LDL, HDL e chilomicroni. Si supponeva che l'associazione della GGT con le lipoproteine avvenisse tramite il dominio lipofilico localizzato all'estremità ammino-terminale e responsabile della normale inserzione dell'enzima nella membrana plasmatica. Infatti, l'enzima associato alle LDL consisteva in una catena pesante intera, ciò indica che era coinvolta la forma anfipatica dell'enzima. (Paolicchi et al., 2003a).

L'associazione dell'enzima GGT con le lipoproteine è stata studiata da Huseby e collaboratori (1982) nel siero di pazienti con patologie epatobiliari. E' stato osservato che il 60-80% dell'attività totale della GGT era legata in complessi con le lipoproteine. Questi ultimi potevano essere separati in due principali frazioni mediante cromatografia per gel filtrazione o elettroforesi in gel di agarosio. Una frazione era caratterizzata da un alto peso molecolare (PM > 600000) e β-mobilità ed era stata ritrovata nel siero di molti pazienti con colestasi. L'altra frazione contenente GGT eluiva in corrispondenza dell'intervallo di PM da 250000 a 450000 e migrava con α1α2-mobilità. Tali PM erano compatibili con complessi tra lipoproteine e questa associazione sembrava essere confermata dalla presenza di attività di GGT nelle frazioni di lipoproteine plasmatiche separate mediante ultracentrifugazione per gradiente di densità. La maggior parte dell'attività della prima frazione (PM > 600000) sembrava associata con le lipoproteine VLDL - LDL, mentre la GGT presente nella seconda frazione (PM: 250000 - 450000) sembrava essere associata con le lipoproteine HDL come osservato nel 70% del siero di pazienti non itterici. Infine entrambe le frazioni erano eterogenee per quanto riguarda le dimensioni, la carica e la densità (Huseby et al., 1982a).

In uno studio condotto successivamente da Wenham e collaboratori (1984) la GGT del siero è stata separata, tramite cromatografia per esclusione molecolare, in tre frazioni con PM relativo di 1000000, 250000-500000 e circa 120000. In questo studio l'attenzione è stata focalizzata principalmente sulla frazione di GGT con PM intermedio (250000-500000) isolata da pazienti con malattie epatiche. Anche in questo studio è stato dimostrato che tale frazione consisteva in un complesso tra GGT e lipoproteine ad alta densità (HDL). Inoltre le proprietà fisiche di questa frazione, sia la carica che la massa, potevano essere alterate in seguito all'incubazione del siero con la bile (Wenham et al.,1984).




2 GGT sierica nel contesto delle patologie cardiovascolari


L'attività di GGT nel sangue fornisce indicazioni di alterazioni patologiche a livello epatico ed è il parametro di scelta utilizzato nel monitoraggio dell'abuso di alcol. La sua associazione con il rischio di morbilità e mortalità era inizialmente riportata in questa prospettiva (Kristenson et al., 1980; Peterson et al., 1983). Conigrave e collaboratori (1993) per primi hanno osservato che la GGT potesse avere un valore prognostico indipendentemente dalle malattie epatiche e dal consumo di alcol; infatti studi successivi hanno confermato il ruolo della GGT come predittore indipendente di mortalità per tutte le cause (Brenner et al., 1997; Arndt et al., 1998; Karlson et al., 2000). In particolare per quanto riguarda le malattie cardiovascolari, è stato osservato che i livelli di GGT sierica erano correlati con un aumentato rischio di infarto del miocardio (Betro et al., 1973; Hood et al., 1990; Wannamethee et al., 1995). Questa associazione potrebbe essere spiegata in parte dalla già conosciuta correlazione positiva tra la GGT ed i noti fattori di rischio coinvolti nella patogenesi dei disordini cardiovascolari, come ad esempio il cambiamento della composizione dei lipidi nel sangue (Van Barneveld et al., 1989; Jousilahti et al.,

2000), l'indice di massa corporea (Nilssen et al., 1990; Daeppen et al., 1998), l'ipertensione (Miura et al., 1994; Yamada et al., 1995), l'intolleranza al glucosio (Umeki et al., 1989), l'insulino resistenza (Rantala et al., 2000) e il diabete di tipo 2 (Perry et al., 1998; Lee et al., 2003); i livelli di GGT correlavano positivamente anche con nuovi fattori di rischio cardiovacolari come la proteina C-reattiva, il fibrinogeno e gli F2-isoprostani (Lee et al., 2003). Una correlazione negativa invece è stata osservata con l'attività fisica e i valori di HDL (Ruttmann 2005).

Nel 1995 Wannamethee e collaboratori hanno focalizzato la loro attenzione sulle malattie ischemiche del cuore (ischemic heart disease, IHD). In uno studio prospettico su larga scala (7613 uomini di mezza età e 11 anni di follow-up) i livelli di GGT nell'intervallo fisiologico risultavano associati con il rischio di mortalità per tutte le cause e questa osservazione era in gran parte dovuta all'incremento delle morti per IHD nel quintile superiore della distribuzione della GGT. Dopo aver corretto l'analisi statistica per gli altri fattori di rischio, elevati livelli di GGT (quintile superiore, GGT > 24 U/L) erano ancora associati con un significativo aumento di mortalità per tutte le cause e per IHD. L'aumentato rischio di mortalità per IHD risultava più marcato nei pazienti con una manifesta malattia ischemica del cuore e particolarmente in quelli con un precedente infarto del miocardio al momento del reclutamento nello studio. Queste osservazioni hanno suggerito l'esistenza di un collegamento tra la GGT sierica e l'evoluzione dell'aterosclerosi (Wannamethee et al. 1995). La presunta connessione della GGT con la patologia aterosclerotica ha ricevuto un ulteriore conferma in studi prospettici condotti da Emdin e collaboratori (2001). Lo studio prevedeva un follow-up di sei anni su 469 pazienti con sindrome ischemica e malattia coronarica (CAD) documentata angiograficamente. Dopo correzione per altri fattori di rischio cardiovascolari (età, fumo di sigaretta, colesterolo, frazione di eiezione del ventricolo sinistro, indice di massa corporea, diabete mellito) e per fattori confondenti (alanina amminotransferasi sierica, consumo di alcol) il valore prognostico dell'attività della GGT sierica per morte cardiaca e infarto non fatale è stato confermato. In particolare, il significato prognostico della GGT sierica era più evidente in un sottogruppo di pazienti con aterosclerosi diffusa (malattia multivasale) e un precedente infarto del miocardio. Il rischio risultava aumentato usando due differenti valori soglia di GGT (25 o 40 U/l) e la maggior parte degli eventi cardiaci erano concentrati nei primi tre anni dopo il primo infarto. Il significato prognostico della GGT sierica risultava così correlato con la diffusione delle lesioni aterosclerotiche nelle arterie coronariche. Ancora più interessante è il fatto che il valore prognostico della GGT scompariva nei soggetti sottoposti a rivascolarizzazione mediante angioplastica o by-pass, procedure che comportano la stabilizzazione della placca (Amoroso et al., 2001). Quindi la prognosi sfavorevole segnalata dall'elevata GGT sierica sembrava essere applicabile su pazienti con placche vulnerabili, suggerendo che esista una connessione tra la GGT e i processi coinvolti nella destabilizzazione della placca (Fig 1.7).































Fig 1.7 Correlazione tra la sopravvivenza e il livello di sGGT





(A) Sopravvivenza a 6 anni di 168 pazienti con CAD, precedenti infarti al miocardio e multiple malattie vasali (119 con GGT sierica >40 U/L; 49>40 U/L) (B) Sopravvivenza a 6 anni di un sottogruppo della stessa popolazione sottopostosi a rivascolarizzazione tramite angioplastica.

(Emdin et al., 2001; Pompella et al., 2004).




Un recente studio prospettico di Ruttmann e collaboratori (2005), condotto su 163,944 soggetti adulti austriaci ha definitivamente confermato che i livelli di GGT nel siero sono un fattore prognostico indipendente per eventi fatali di forme croniche di CAD (coronary artery disease) e per eventi cardiaci acuti. Questa conclusione risultava vera per entrambi i sessi con una chiara relazione dose- risposta e una maggiore importanza nei soggetti giovani (età < 60 anni). Ruttmann e collaboratori hanno stabilito che i valori sierici di GGT che assumono significato prognostico per gli eventi cardiovascolari erano all'interno dell'intervallo fisiologico. Inoltre, sono stati individuati i valori limite sia per i maschi che per le femmine (maschi, 15,5 U/l corrispondenti a 27,6 U/l a 37 °C; femmine, 10,5 U/l corrispondenti a 18,7 U/l a 37 °C). Simili risultati sono stati trovati anche da Lee e collaboratori (2006) in uno studio su una popolazione di 28,388 finlandesi nel quale è stata evidenziata un'associazione indipendente tra la GGT sierica e la malattia coronarica nella popolazione generale. Tale associazione era più forte nei soggetti con meno di 60 anni e tra i consumatori di alcool; in particolare la misura della GGT sierica nei soggetti con diebete di tipo 2 era di aiuto per valutare il rischio futuro di CAD. Che la GGT sierica fosse un forte predittore di eventi coronarici acuti in uomini apparentemente sani (1878 soggetti) e indipendentemente dagli altri fattori di rischio per malattie cardiovascolari è stato confermato anche dallo studio MONICA (Meisinger et al., 2006).

Sebbene le cause più note di elevazione della GGT siano l'abuso di alcool e le malattie epato-biliari, il rischio cardiovascolare associato all'elevazione della GGT risultava essere del tutto indipendente da questi suoi determinanti, e ciò non è strano se si considera che in tutti gli studi, compresi i più recenti, il rischio cardiovascolare cresceva progressivamente con il crescere dei valori di GGT all'interno dell'intervallo di riferimento, ma non al di sopra di esso, mentre i valori di GGT associati all'abuso di alcool ed alle epatopatie si trovavano in un intervallo assai più alto, all'interno del quale il rischio cardiaco non cresceva più (Fig. 1.8, Kazemi-shirazi et al.,2007).



Le categorie di GGT serica corrispondono ai seguenti intervalli di attività: (1) < 9 U/L per le donne e < 14 U/L per gli uomini; (2) 9-17 U/L e 14-27 U/L; (3) 18-26 U/L e 28-41 U/L; (4) 27-35 U/L e 42-55 U/L; (5) >35 U/L e > 56 U/L. La categoria 1 è utilizzata come riferimento.(Kazemi-Shirazi et al.,2007)





3 La GGT nei disordini metabolici


Recentemente è stato studiato anche il ruolo della GGT in tutta una serie di condizioni fisiopatologiche, quali ad esempio l'obesità addominale, l'insulino- resistenza e il diabete mellito di tipo 2 ed è stata osservata una correlazione positiva tra la GGT e tutte queste condizioni. In particolare è stato visto che più alti valori di GGT correlavano positivamente con l'insorgenza di diabete mellito di tipo 2 mentre nessuna correlazione era presente con il diabete di tipo 1 (Barbieux et al., 1990). Sempre nello stesso studio, significative erano le correlazioni fra indice di massa corporea (BMI) e GGT sia nei soggetti diabetici sia nei controlli. Questa associazione è stata ulteriormente confermata da uno studio di Rantala e collaboratori (2000) che ha evidenziato elevati coefficienti di correlazione fra livelli di GGT e i componenti della sindrome metabolica come pressione arteriosa sistolica, livelli di trigliceridi, indice di massa corporea e insulino resistenza. Sempre a favore di questi risultati, nell'ambito dello studio di Framingham, studiando 3451 soggetti, si è stabilito che un aumento delle GGT era un fattore predittivo di esordio di sindrome metabolica e incidenza di eventi cardiovascolari (Lee et al., 2007). Inoltre in uno studio di Lim e collaboratori (2007) è stata individuata un'associazione positiva tra l'obesità e il diabete di tipo 2 solo negli individui con valori di GGT nella fascia alta dell'intervallo di riferimento (≥ 36 U/L), particolare che, per altro, è riscontrabile negli studi appena menzionati. In definitiva, l'attività di GGT associata ai valori di indice di massa corporea permette di individuare soggetti con un alto rischio di sviluppare diabete di tipo 2.




4 GGT e insufficienza renale cronica


Un recente studio coreano (Ryu et al., 2007) porta all'attenzione anche una possibile associazione fra livelli di GGT e l'insorgenza di insufficienza renale cronica (IRC). Lo studio condotto su 10,337 soggetti ha messo in evidenza che, con l'aumentare dei valori di GGT, aumentava anche il rischio di IRC (riscontro di proteinuria manifesta o filtrato glomerulare (VFG) < 60 ml/min), e che tale correlazione si manteneva significativa anche dopo le adeguate correzioni per età, peso, consumo di alcool, VFG basale, livelli di TG e HDL-C. Si è così giunti alla conclusione che la GGT potrebbe rappresentare un marcatore indipendente e precoce di sviluppo di insufficienza renale cronica.



5 GGT e aterosclerosi


L'aterorosclerosi è caratterizzata dall'accumulo di depositi di colesterolo nell'intima delle arterie di grande e medio calibro. Questa deposizione porta anche alla proliferazione degli elementi cellulari dell'intima che gradualmente si ispessisce portando a una riduzione del lume vascolare e di conseguenza del flusso sanguigno.

Si ritiene che lo sviluppo della placca ateromatosa inizi con il danno dell'endotelio associato con una varietà di fattori di rischio quali l'età, il sesso, fattori genetici, l'ipertensione, iperlipidemia, il dibete mellito e il fumo di sigaretta. Sotto l'influenza di vari stimoli l'endotelio può essere attivato, acquisisce così nuove proprietà funzionali e antigeniche e aumenta la permeabilità a vari costituenti del plasma.

Questo processo determina la deposizione di lipidi nella parete vascolare, trasportati dalle lipoproteine LDL, l'adesione dei monociti ematici all'endotelio, seguita dalla loro migrazione nell'intima e dall'attivazione in macrofagi: si forma così una prima lesione non ostruttiva chiamata stria lipidica. Con il progredire del processo infiammatorio, un elevato numero di macrofagi e linfociti viene attratto nella lesione da citochine chemiotattiche ed indotto a moltiplicarsi. L'attivazione di tali cellule determina la liberazione di enzimi idrolitici, citochine, chemochine e fattori di crescita che instaurano un ciclo di accumulo di monociti-macrofagi che internalizzano colesterolo e si trasformano in cellule schiumose. Le cellule muscolari lisce, indotte a migrare e proliferare nell'intima da diversi stimoli, assumuno le caratteristiche di miofibroblasti secernenti collagene portando alla formazione di tessuto fibroso che contribuisce al progressivo ingrandimento della lesione.

L'ossidazione delle LDL rappresenta un evento cruciale nella patogenesi dell'aterosclerosi, principalmente nell'iniziazione delle lesioni (Stocker e Keaney,

2004). Le LDL ossidate sono implicate in numerosi processi fondamentali nel processo aterosclerotico: inducono la trasformazione di monociti e macrofagi in cellule schiumose descritta in precedenza, sono capaci di stimolare le cellule endoteliali e le cellule muscolari lisce a secernere la proteina-1 chemiotattica dei monociti e favorire così la loro migrazione all'interno della parete cellulare; possono favorire l'attivazione endoteliale ed essere chemiotattiche per i linfociti T e i macrofagi.

E' stato dimostrato che i processi ossidativi, che generano specie reattive dell'ossigeno (ROS), sono coinvolti in molti eventi responsabili della progressione della placca aterosclerotica. I ROS, infatti, possono stimolare la proliferazione delle cellule muscolari lisce, contribuendo allo sviluppo e all'espansione della lesione, nonchè alla sua destabilizzazione, in quanto stimolano l'attività delle metalloproteasi e inbiscono quella dei loro inibitori. Inoltre, anche apoptosi e vie di trasduzione del segnale sono modificate dall'azione dei prodotti dello stress ossidativo. Attraverso l'inibizione della sintesi di NO derivato dalle cellule endoteliali, i ROS possono anche essere implicati nella disfunzione endoteliale, termine con il quale si indicano tutte le modificazioni responsabili della perdita dell'omeostasi del tessuto endoteliale.

Diversi enzimi, espressi da elementi cellulari presenti nella placca (cellule endoteliali, fagociti, cellule muscolari lisce, fibroblasti) sono stati proposti come possibile fonte di agenti ossidanti coinvolti nello sviluppo della placca, come ad esempio, NADPH-ossidasi, NO-sintasi, xantina ossidasi, mieloperossidasi, lipoossigenasi, enzimi mitocondriali.




6 La GGT nella placca aterosclerotica


Studi biochimici hanno dimostrato che la GGT produceva specie reattive dell'ossigeno in vitro (Paolicchi et al., 1999), pertanto si è ipotizzato che potesse avere un ruolo nella patogenesi della placca

Il ruolo patogenetico della GGT nella progressione dell'aterosclerosi e nelle sue complicanze è suggerito da studi istochimici che hanno rivelato un'intensa attività di GGT nel core lipidico di lesioni aterosclerotiche umane, dove erano localizzate anche le cellule schiumose derivate dai macrofagi CD 68+ ( Paolicchi et al., 1999; Paolicchi et al., 2004 ). L'attività di GGT co-localizzava anche con le LDL ossidate (Fig. 1.9; Emdin et al., 2002), ed è stata riscontrata anche in microtrombi aderenti alla superficie dell'ateroma. (Fig. 1.10; Dominici et al., 2003a).



Fig. 1.9 Colocalizzazione dell'attività di GGT con le LDL ossidate.

Placca di un'arteria cerebrale umana.

A) Dimostrazione istochimica dell'attività di GGT

B) Immunofluorescenza indiretta per le LDL ossidate (Emdin et al., 2002)






Fig. 1.10 GGT cataliticamente attività in microtrombi presenti sulla superficie di una placca aterosclerotica umana.

A) Ematossilina / Eosina;

B) Dimostrazione istochimica dell'attività di GGT (Dominici et al., 2003a)




L'origine dell'attività di GGT riscontrata nelle lesioni aterosclerotiche non è comunque chiara e soprattutto non è chiaro se essa partecipi attivamente alla malattia in qualità di fattore pro-ossidante o ne sia semplicemente un epifenomeno. Riguardo l'origine della GGT nella placca possono essere prese in considerazione due sorgenti: una endogena, a carico degli elementi cellulari della placca (cellule infiammatorie e muscolari lisce), ed infatti nelle lesioni è presente l'mRNA per la GGT (Franzini, 2007); una esogena mediata dalle lipoproteine LDL. A supporto di quest'ultima, uno studio suggeriva che la GGT sierica fosse parzialmente adsorbita alle lipoproteine circolanti, incluse le LDL (Huseby, 1982; Watanabe et al., 1984). Questo aspetto è stati recentemente indagato in una popolazione di pazienti con malattia delle arterie coronarie (CAD) documentata angiograficamente (Paolicchi et al., 2006). Sia nei controlli sia nei CAD la quantità di GGT associata con le β- lipoproteine (β-LP), che includono le LDL, IDL e VLDL, era direttamente proporzionale al livello totale di GGT nel siero; tuttavia, nei CAD la frazione di GGT associata con le β-LP era significativamente più bassa rispetto ai controlli



(Fig. 1.11), è stato così proposto che la diminuzione dell'attività di GGT associata alle β-LP nei CAD fosse dovuta alla riduzione dell'associazione tra l'enzima e le LDL, oppure all'aumentata internalizzazione dei complessi LDL-GGT all'interno della lesione aterosclerotica. Quest'ultima ipotesi, che prevedeva l'aumentato ingresso dei complessi LDL-GGT seguito dall'accumulo di GGT dentro la lesione, potrebbe spiegare la già riportata correlazione tra alti livelli di GGT nel siero e le

conseguenze cliniche dell'aterosclerosi.






50


40


30


20


10


0

Controls CAD High GGT






Fig. 1.11 Livelli di GGT leganti β-LP

(A) Correlazione lineare tra livelli di GGT leganti β-LP con corrispondente GGT totale nel siero in 39 soggeti sani. (B) Livelli di attività di GGT legante β-LP nei controlli, in pazienti CAD e in soggetti sani con elevate livelli di GGT persistenti. (Pompella et al., 2004; Paolicchi et al., 2006a).



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