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Le principali malattie batteriche dell' uomo




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LE PRINCIPALI MALATTIE BATTERICHE DELL' UOMO


Pertosse


sfa. [sec. XX; per-+tosse]. Malattia infettiva causata, nella maggior parte dei casi, dal batterio Bordetella pertussis,che si stabilisce a livello dell' epitelio ciliato delle mucose delle vie aeree superiori e produce tossine che accentuano i tipici sintomi della pertosse; ma anche da Haemophilus parapertussis e Bordetella bronchiseptica. Poiché non c'è immunità crociata verso questi tre batteri, la malattia può essere contratta più di una volta. È una tipica malattia dell'età scolare, a contagio diretto attraverso goccioline di saliva e secrezioni nasali. La sintomatologia è caratteristica solo dopo i 12 mesi di età; nel lattante può manifestarsi in maniera variabile (forma asfittica, sincopale, soffocante), sempre con grave difficoltà respiratoria e talora arresto cardiaco e respiratorio. Il quadro tipico è invece caratterizzato da una fase d'incubazione che dura 15-20 giorni, seguita da una fase catarrale della durata di due settimane, e infine da una fase accessionale di altre due o tre settimane. La fase catarrale si manifesta con tosse prevalentemente notturna, con espettorato bianco filante. Se riconosciuta e curata con adeguati antibiotici in questa fase, la malattia ha un decorso breve, senza complicazioni, e la fase accessionale può essere assente. La fase accessionale è dominata da accessi di tosse ravvicinati, seguiti dal caratteristico urlo, che si ripetono più volte nella giornata; in questa fase la pertosse non è più contagiosa. È disponibile la vaccinazione, ( a partire dal secondo o terzo mese di vita ) praticata generalmente in associazione alle vaccinazioni antitetanica e antidifterica (vaccino DTPe).


Scarlattina



sfa. [sec. XVIII; da scarlatto]. Si tratta di una malattia derivata da un' infezione dello Streptococcus pyogenes a livello della gola. Malattia infettiva acuta, esantematica, sostenuta dallo streptococco beta-emolitico di gruppo A (l'unica esantematica a eziologia batterica). La predisposizione a contrarre la scarlattina varia secondo le età ed è massima fra i 3 e i 10 anni. L'andamento stagionale si ripercuote nel decorso epidemico, soprattutto nel periodo autunnale e invernale. L'agente patogeno ha sede nella secrezione del retrobocca e nelle squamette epidermiche che si distaccano dopo l'esantema; la sua resistenza nell'ambiente è abbastanza elevata. Le vie di diffusione sono rappresentate dall'aria durante il periodo desquamativo, per la possibilità del trasporto di lembi cutanei, dal contatto diretto malato-sano e indiretto mediante giocattoli, posate, bicchieri, biancheria ecc. Il pericolo più temibile è rappresentato dal periodo d'incubazione (che è asintomatico), dai portatori sani e dalle forme di infezione a decorso estremamente benigno e prive di evidenti manifestazioni cliniche caratteristiche. La via di penetrazione dei germi è il retrobocca, dal quale per via ematica essi si diffondono rapidamente in tutto l'organismo. La scarlattina insorge bruscamente dopo un periodo d'incubazione di 2-8 giorni con febbre elevata (fino a 39-40 sC), preceduta da brividi, cefalea, tachicardia, angina, lingua lampone per disepitelizzazione; trascorsi 2-4 giorni compare l'esantema (eritemato-papuloso puntiforme), che rapidamente si estende a tutto il corpo; dopo 1-2 giorni la manifestazione cutanea tende a impallidire e scompare dando luogo a desquamazione furfuracea diffusa al termine di una o due settimane. Un tempo frequenti, le forme cliniche gravi e addirittura mortali della malattia sono oggi estremamente rare. La diagnosi è facile quando la sintomatologia è tipica, ma è molto difficile nelle forme lievi. La conferma diagnostica si ottiene con la ricerca dello streptococco nelle secrezioni faringee prelevate mediante tampone. Le complicazioni più frequenti e precoci sono costituite da reumatismo scarlattinoso, miocardite, nefrite interstiziale acuta (tutte di natura tossica); complicazioni tardive possono manifestarsi dopo una ventina di giorni con ricomparsa di esantema e glomerulo-nefrite acuta. La cura consiste nell'impiego tempestivo di penicillina. La profilassi si attua con l'isolamento dei malati e con la disinfezione della camera e degli oggetti in essa contenuti. La denuncia è obbligatoria. Dopo l'infezione resta un'immunità verso la tossina, ma non verso altre infezioni da streptococco.



Tubercolosi


Lessico

sfa. [sec. XIX; da tubercolo+-osi].

Malattia infettiva tristemente conosciuta in passato col nome di tisi o di TBC. L' agente responsabile è il Mycobacterium tubercolosis, un batterio che si trasmette per via aerea o per contatto più o meno diretto con la mucosa respiratoria infetta o con le sue secrezioni.


Medicina

I germi della tubercolosi possono penetrare nell'organismo attraverso la cute e le mucose; l'infezione cutanea ha tuttavia tendenza a rimanere localizzata. La prima infezione tubercolare avviene abitualmente durante l'infanzia: il bacillo provoca nel punto d'innesto una reazione infiammatoria a sede polmonare, o intestinale, o tonsillare, suscettibile di guarire con formazione di cicatrice, oppure di evolvere ulteriormente, in un tempo più o meno lungo, verso una diffusione, locale o generale, per via ematica, linfatica, aerea, canalicolare, per contiguità. Il decorso e le modalità evolutive della tubercolosi nell'uomo sono molto varie in rapporto con il tipo e la virulenza del germe, con le localizzazioni e le vie di diffusione seguite nell'organismo ospite e soprattutto con la reattività e sensibilità di questo verso l'infezione. La reazione infiammatoria provocata dal bacillo di Koch a contatto con i tessuti può assumere caratteri prevalentemente essudativi oppure produttivi. Nel primo caso prevalgono i processi di essudazione liquida e corpuscolata dai vasi con modesta reazione del connettivo; mentre l'essudato infiltra diffusamente gli interstizi, si determinano fenomeni necrotici che portano alla formazione di una sostanza ricca di germi, giallastra, asciutta e pastosa, caratteristica dei processi tubercolari, simile a formaggio molle e perciò definita caseosa; questo tipo di infiammazione si riscontra soprattutto a livello delle membrane sierose e del polmone. Nella reazione produttiva, frequente a carico della cute, linfoghiandole e fegato, prevale la formazione di uno speciale tessuto di granulazione, dotato di particolari caratteristiche e tendente spesso a subire la trasformazione fibrosa e a guarire cicatrizzandosi. L'alterazione elementare della tubercolosi produttiva è il tubercolo, microscopica formazione nodulare di colore grigio lucente; diversi tubercoli vicini possono confluire dando luogo a noduli voluminosi, riscontrabili nelle linfoghiandole (tubercolo conglomerato), nel fegato e nella milza (tubercolo a grossi nodi), nell'intestino cieco e nell'encefalo (tubercolo neoplastiforme e tubercoloma). Può accadere che uno o più tubercoli confluenti, con centro caseificato, vengano incapsulati da uno spesso strato di connettivo fibroso e che la sostanza caseosa si addensi caricandosi di sali calcarei: ne deriva un tubercolo detto obsoleto, o calcificato, od ossificato, entro il quale possono persistere elementi bacillari vitali capaci di riprendere in seguito la loro virulenza. La presenza in un focolaio tubercolare di altri fattori infiammatori, oppure l'intervento di disturbi di circolo favorevoli all'imbibizione trasudatizia del tessuto granulomatoso possono determinare un graduale rammollimento e anche una fluidificazione della sostanza caseosa, che assume in tal caso l'aspetto di un essudato fortemente corpuscolato simile al pus. La necrosi caseosa può svuotarsi all'esterno a livello della cute, o all'interno perforando una mucosa, o in una cavità naturale del corpo lasciando un'ulcera sulla cute e sulle mucose o una caverna negli organi compatti, quali i polmoni. Le localizzazioni più importanti e frequenti della tubercolosi sono quelle polmonari, intestinali, linfoghiandolari, renali, leptomeningee, cutanee, ossee. Se la malattia non viene controllata, i batteri si possono riattivare nei siti d'infezione e portare progressivamente a distruzione il tessuto polmonare. Si tratta di una malattia ormai sconfitta dagli antibiotici, anche se esistono dei focolai endemici della tubercolosi, specialmente nelle aree mondiali più depresse e con scarse misure igienico - sanitarie. E' oggi possibile testare la popolazione con saggi seriologici come il Tine test e la Mantoux, i quali non indicano però solamente un' infezione tubercolare in atto, ma anche lievi o vecchie infezioni ormai risolte o sensibilizzazioni dovute a vaccinazione o test precedenti falsamente positivi. 



Sifilide


Definizione

sf. [dal titolo del poemetto didascalico Syphilis, sive de morbo gallico di G. Fracastoro]. Malattia infettiva, sistemica della specie umana, sostenuta dal Treponema pallidum. Si trasmette principalmente con i contatti sessuali, o per via transplacentare da una donna gestante al suo feto (sifilide congenita). Il decorso è cronico e caratterizzato da lesioni e sintomi a carico della cute, del sangue, di organi interni, riscontrabili con una sequenza che consente di suddividerlo in tre periodi: primario, dovuto all'insieme dei fenomeni locali determinati dalla penetrazione dei germi nell'organismo; secondario, corrispondente alla diffusione del Treponema nel sangue e in tutti gli organi (si manifesta con esantemi); terziario, dovuto alle possibilità di sviluppo del processo morboso in diversi distretti.

Medicina: la sifilide primaria

La sifilide primaria si manifesta, dopo un periodo di incubazione asintomatico di tre settimane circa, con la formazione di un piccolo nodulo (sifiloma primario), duro, non dolente, spesso abraso, con sede cutanea o mucosa nel punto di inoculazione, genitale, perigenitale o extragenitale (labbra, lingua, tonsille, mento, guance, mammelle ecc.). Contemporaneamente, o pochi giorni dopo, compare adenopatia satellite, con ingrossamento delle linfoghiandole regionali, che persiste a lungo. Anche in mancanza di qualsiasi terapia il sifiloma scompare dopo circa un mese senza lasciar tracce. La durata del periodo primario è di 50-70 giorni. La diagnosi precoce è molto importante per poter iniziare subito il trattamento terapeutico, che d'altra parte non può essere attuato se manca la certezza dell'infezione; poiché le reazioni sierologiche diventano positive soltanto dopo 15-20 giorni dal contagio, l'accertamento di laboratorio viene eseguito prelevando un po' di sierosità dall'abrasione del sifiloma e ricercandovi il Treponema pallidum vivente.

Medicina: la sifilide secondaria

La sifilide secondaria segue a quella primaria nei casi non curati e si manifesta con micropoliadenite generalizzata (con sede elettiva nelle regioni retro- e preauricolari, sottomandibolare, cervicale, epitrocleari, mammarie, ascellari, inguinali) e con alterazioni della cute e delle mucose (sifilodermi), che costituiscono il quadro predominante di questa fase della malattia. Prime a comparire sono le roseole, diffuse ai lati del tronco, di solito di breve durata; regrediscono senza esiti e non recidivano. Seguono sifilodermi papulosi con diffusione in qualunque regione cutanea o mucosa, costituiti da elementi ovalari in lieve rilievo, simmetrici, circoscritti, non confluenti, di color rosso, duri, ricchi di treponemi e quindi altamente contagiosi se si aprono in caso di macerazione; in mancanza di cure hanno sviluppo lento, di settimane, e si risolvono in 2-3 mesi senza esiti cicatriziali; se invece la diagnosi è sierologica e viene attuata la terapia specifica, regrediscono in 15-25 giorni. Le papule luetiche possono assumere in alcune sedi aspetti particolari: nelle pieghe cutanee, nei genitali, nell'orifizio anale si presentano umide, ipertrofiche o sotto forma di condilomi piani erosi in superficie; nelle commessure labiali e nel cavo orofaringeo come placche opaline; nelle regioni ricche di ghiandole sebacee appaiono ricoperte di croste giallastre (papule seborroiche), mentre sul palmo delle mani e sulla pianta dei piedi di uno strato ipercheratosico (psoriasiformi). Nel decorso della sifilide secondaria possono riscontrarsi alterazioni a carico del sistema pilifero, che si traducono in una caduta dei capelli (alopecia) di solito areolare, e perdita della coda dei sopraccigli; inoltre alterazioni pigmentarie a carico della cute prevalentemente al collo (collare di Venere). I sintomi generali possono anche non essere presenti; tuttavia esiste una forma maligna in cui compaiono febbri di tipo continuo o continuo-remittente intorno ai 37,5 sC, anemia perniciosiforme, dolori ossei e articolari, crisi cefaliche notturne, splenomegalia, lesioni epatiche con ittero e atrofia giallo-acuta, nefropatie. La sifilide secondaria, in mancanza di cure, ha una durata che varia da 2 a 4 anni, durante i quali le reazioni sierologiche sono tutte positive. Dopo un periodo di latenza, che può durare anni senza apprezzabili manifestazioni cliniche, inizia l'ultima fase della malattia.

Medicina: la sifilide terziaria

La sifilide terziaria è caratterizzata da manifestazioni circoscritte, uniche o poco numerose, spesso raggruppate e figurate, a lenta evoluzione, non dolorose, profonde e distruttive a carico dei tegumenti e di tutti gli organi. Variazioni di intensità del processo morboso sono costituite in ordine crescente dal nodulo e dalla gomma. Oltre alle lesioni a carico della cute possono essere colpiti l'apparato scheletrico (osteiti e osteomieliti gommose, artrite ecc.), l'occhio (irite, atrofia del nervo ottico), l'orecchio, l'apparato digerente, la lingua; con maggiore frequenza sono colpiti però l'apparato cardiovascolare e il sistema nervoso. L'aortite deve considerarsi la forma più frequente della sifilide tardiva: essa assume in pratica un'importanza tutta particolare quale coefficiente di morbilità e di mortalità per la sifilide. Interessa il tratto iniziale dell'arteria, al di sopra delle semilunari, estendendosi poi verso l'alto, senza però mai interessare il tratto discendente; alle lesioni consegue una sostituzione del tessuto elastico e muscolare della parete arteriosa con connettivo cicatriziale e quindi una sensibile perdita di resistenza e di elasticità condizionante rigidità delle valvole, dilatazioni e aneurismi del vaso. Molteplici le possibili compromissioni del sistema nervoso (nevriti, polinevriti, encefaliti, mieliti, meningiti ecc.) e le cosiddette affezioni metasifilitiche quali la tabe dorsale e la paralisi progressiva. Le reazioni sierologiche durante il periodo terziario sono positive.

Medicina: la sifilide congenita

La sifilide congenita si trasmette al feto per via transplacentare dalla madre luetica in fase attiva o di latenza, ma non prima della quinta settimana. La sifilide durante la gravidanza può determinare l'aborto, di solito al 4s-5s mese, oppure un parto prematuro con feto morto e macerato o con neonato vivo ma non vitale, o infine un parto a termine con manifestazioni sifilitiche precoci o tardive. Le manifestazioni che si rivelano in periodo neonatale sono: rinite ipertrofica (corizza luetica), placche mucose alle commessure labiali con ragadi, sifilodermi eritematomaculosi con papule e bolle sul lato palmare delle mani e sulla pianta dei piedi (pemfigo sifilitico), alterazioni scheletriche con impotenza funzionale degli arti colpiti (pseudoparalisi di Parrot), splenomegalia, idrocefalo acuto ecc. Superato il periodo neonatale possono insorgere lesioni proprie della sifilide e tutte le manifestazioni della sifilide congenita.

Medicina: terapia

La diagnosi di sifilide viene fatta con l'esame clinico e con indagini di laboratorio quali la ricerca diretta del Treponema pallidum al microscopio, le reazioni sierologiche, i test di Melson-Mayer e altre prove sierodiagnostiche più specifiche. La prognosi è tanto più favorevole quanto più precoci sono la diagnosi e l'inizio di un'adeguata terapia. L'indirizzo generale della terapia varia notevolmente in rapporto alla gravità e alla fase evolutiva della malattia. Tuttavia, data la notevole sensibilità del Treponema pallidum alla penicillina, tale antibiotico costituisce oggi il farmaco di elezione, perché fornisce eccellenti risultati sia nelle forme sieronegative sia in quelle sieropositive. Nelle forme più avanzate è utile somministrare con la penicillina preparati di iodio, mentre l'impiego degli arsenicali e del mercurio è oggi del tutto abbandonato.

Legislazione

Il contagio di sifilide è reato commesso da chi è affetto da sifilide, ma lo nasconde e commette su altri atti che trasmettono la malattia. Si procede solo dietro querela della persona offesa e la pena è della reclusione da uno a tre anni; se il colpevole ha agito proprio al fine di contagiare, la pena è aggravata.



Tetano


sm. [sec. XIV; dal greco tétanos, tensione, rigidezza delle membra]. Malattia infettiva acuta causata dalla tossina prodotta dal batterio anaerobio Clostridium tetani, molto comune nel terreno, nella polvere, nelle feci, ecc. soprattutto allo stato durevole di endospora, e genera spore molto resistenti nell'ambiente. Serbatoio dell'infezione sono gli animali erbivori, specialmente il cavallo, nel cui intestino il batterio si trova come ospite abituale: le spore vengono eliminate con le feci, contaminando il terreno e tutti gli oggetti che vengono in contatto con esso. Ci si infetta in caso di lesioni cutanee, anche lievi, provocate da oggetti contaminati. La spora passa alla forma vegetativa e rimane localizzata nella sede di ingresso, dove produce una tossina molto potente che va a legarsi ai neuroni delle corna anteriori del midollo spinale e ai motoneuroni del tronco encefalico, inibendo le sinapsi che regolano il movimento. La malattia si manifesta quindi con la contrazione continua di tutti i muscoli (paralisi spastica) a partire dai piccoli muscoli e con diffusione sino ai muscoli respiratori, cui segue, nella maggior parte dei casi, la morte. Attualmente, il tetano è molto raro, sia per la vasta diffusione della vaccinazione (obbligatoria per tutti i bambini, per gli sportivi e per i lavoratori) sia per la disponibilità del siero antitetanico per la profilassi passiva. ( La vaccinazione offre una protezione media di dieci anni, per cui a intervalli regolari occorre fare dei richiami ).



Colera



sm. [sec. XIX; dal latino cholera, risalente al greco choléra]. Malattia trasmessa per ingestione di acqua o alimenti contaminati degli escrementi degli ospiti infetti ( Alcuni mitili pescati in acque contaminate sono molto a rischi per la trasmissione della malattia ). Contagiosa, dovuta al vibrione Vibrio cholerae asiaticae ,endemica in alcune regioni dell'India e in altri Paesi asiatici. Questo batterio si stabilisce a livello della mucosa intestinale dove produce un' enterotossina che provoca i tipici sintomi del colera. Dopo un periodo di incubazione da 1 a 3 giorni, il colera inizia con nausea, vomito, diarrea, febbre di grado variabile e dolori addominali, dovuti all'effetto del vibrione sull'ileo. L'aggravarsi della diarrea e del vomito, con eliminazione sino a 20 litri di liquido simile ad acqua di riso, porta a grave disidratazione dei tessuti, con sete intensa, oliguria, crampi muscolari e debolezza, sino ad acidosi e forte perdita di cloruri. La fase più avanzata è caratterizzata da collasso circolatorio con cianosi, stato stuporoso, ipotermia, soppressione completa della funzione renale e delirio. Può subentrare la morte per una disitrazione limite ed eccesiva concentrazione dei soluti nel sangue. La profilassi del colera mediante vaccini contenenti virus inattivato ha un effetto limitato e transitorio per cui la ricerca è indirizzata a mettere a punto vaccini più potenti. Si può ricorrere anche a chemioprofilassi con tetracicline, soprattutto per bloccare il contagio delle persone vicine ai malati di colera. Tra le misure profilattiche non farmacologiche, sono importanti l'impiego di acqua bollita e di cibi cotti. La terapia del colera è imperniata sulla correzione della grave disidratazione e degli squilibri elettrolitici causati dalla diarrea; in aggiunta i sintomi possono essere alleviati dalla precoce somministrazione di tetracicline, che riducono la quantità di vibrioni nell'intestino. Un'efficace profilassi consiste nella diagnosi precoce della malattia e richiede l'accurato isolamento del paziente e del convalescente e tutte le misure igieniche attuabili per stroncare la diffusione dell'infezione, unitamente alla denuncia di ogni caso di colera.



Salmonellosi


Medicina

sf. [sec. XX; da salmonella+-osi]. Gruppo di malattie infettive, a decorso acuto, causate da salmonelle. I germi si introducono nell'organismo con l'ingestione di acqua o di cibi contaminati da feci di individui infetti. L' incubazione è brevissima, da 1 a 2 giorni. I diversi gruppi di salmonelle (i più importanti sono quelli indicati con le lettere A, B, C, ecc.) danno luogo a particolari quadri clinici, che sono così suddivisi: forma tifoide che comprende il tifo addominale e i paratifi, sostenuti dalle Salmonella paratyphi A, B, C e Salmonella typhosa; forma setticemica che colpisce con maggior frequenza lattanti e bambini, con febbre a 39-40 sC (sono possibili localizzazioni meningee e osteoarticolari e le stesse complicanze della febbre tifoide); forme gastroenteriche ed enterocolitiche, sostenute da Salmonella typhi murium ( un bacillo di Gram ), Salmonella paratyphi B, enteritidis, cholera, suis, ecc., caratterizzate, dopo un breve periodo di incubazione, da insorgenza brusca di febbre, vomito, dolori addominali, diarrea con disidratazione; forme a localizzazioni extraintestinali (meningi, articolazioni, apparati urinario e respiratorio, coleciste, ecc.) che, sostenute da varie specie di salmonelle, hanno spesso un decorso assai grave con manifestazioni purulente. La diagnosi delle salmonellosi si formula con esami di laboratorio (emocoltura, sierodiagnosi di Widal, coprocoltura). La cura prevede l'uso di antibiotici a largo spettro d'azione (cloramfenicolo, tetracicline, penicillina, ecc.) e di farmaci sintomatici. Particolarmente importante è la prevenzione, effettuata soprattutto mediante il controllo degli alimenti nelle varie fasi della loro preparazione. Non è disponibile attualmente un vaccino dato il grandissimo numero di sierotipi diversi di Salmonella.



Diarrea del viaggiatore



La diarrea del viaggiatore, come viene comunemente definita, è la malattia più comune che può colpire in viaggio. Colpisce ogni anno fra il 20 e il 30 per cento dei viaggiatori internazionali, cioè qualcosa come 10 milioni di persone.  Circa il 20-50% dei viaggiatori verso paesi caldi manifestano un episodio diarroico, di solito breve (meno di 48-72 ore) e di gravità limitata. In genere l'esordio della malattia si ha entro la prima settimana ma potrebbe verificarsi in ogni momento durante il viaggio, e anche dopo il ritorno a casa. La malattia viene definita come ¾ di evacuazioni di feci non formate nell'arco di 24 ore con un sintomo di malattia enterica (nausea, vomito, crampi addominali, febbre, tenesmo, feci ematiche).
I fattori di rischio comprendono il paese di origine (sono più suscettibili coloro che provengono da paesi industrializzati), la destinazione, la suscettibilità individuale, l'esposizione ad alimenti o acqua contaminati. Le destinazioni a rischio più elevato sono i paesi in via di sviluppo dell'America Latina, dell'Africa, del Medio Oriente e dell'Asia. Le persone a maggiore rischio comprendono i giovani adulti, gli immunodepressi, le persone affette da malattie infiammatorie intestinali o diabete, coloro che assumono H2 bloccanti o antiacidi. Il tasso di attacco è simile negli uomini e nelle donne, La fonte primaria di infezione è l'ingestione di acqua e cibi contaminati dalle feci.
Le cause possono essere molteplici: batteri, virus, parassiti, ma talora anche lo stress del viaggio, il cambio dell'alimentazione, il clima, l'altitudine possono scatenare una diarrea. E' una sindrome caratterizzata da diarrea di variabile intensità (da poche scariche a diarrea liquida, raramente con sangue e muco), che può essere associata a dolori addominali, nausea, meteorismo, malessere generale e talora febbre. I sintomi si manifestano in genere nei primi giorni (2 settimane) dall'arrivo nell'area a rischio, ma possono insorgere in qualunque momento del viaggio e talora ripresentarsi nel corso dello stesso soggiorno. L'evoluzione è favorevole; i casi non trattati guariscono in 1-5 giorni, ma talvolta la malattia può avere un decorso più prolungato protraendosi fino a 10 giorni. Solo raramente la diarrea del viaggiatore è un rischio per la vita. La storia naturale della diarrea del viaggiatore si risolve nel 90% dei casi entro una settimana, e nel 98% dei casi si risolve in un mese. Solitamente è una malattia che si risolve da sola senza trattamenti specifici; tuttavia reidratazioni orali sono spesso utili per ripristinare i liquidi persi.
I viaggiatori che sperimentano tre o più episodi di diarrea in un periodo di 8 ore, specialmente se associato con nausea, vomito, crampi addominali, febbre o sangue nelle feci, possono trovare beneficio da una terapia antimicrobica. Gli antibiotici solitamente vengono prescritti per 3-5 giorni.
Tra i microrganismi responsabili Escherichia coli  enterotossigeno ed enteroaggregativo sono di gran lunga gli agenti patogeni più comuni.

Principali microrganismi causa della diarrea del viaggiatore

Batteri

Protozoi

Virus

Escherichia coli (ETEC)

Giardia lamblia

Rotavirus

Altri E. coli (enteroinvasivi, enteroadesivi)

Cryptosporidium parvum

Calicivirus

Shigella spp.

Cyclospora cayetanensis

Enterovirus

Salmonella

Entamoeba histolytica


Campylobacter spp.



Vibrio parahaemolyticus



Aeromonas spp.



Plesiomonas






Botulismo


Introduzione

sm. [dal latino botulus, salsiccia]. Tossinfezione alimentare causata dalle tossine del Clostridium parabotulinum e del Clostridium botulinum. I due ceppi non sono differenziabili dalla loro morfologia, infatti essi hanno un aspetto bastoncellare e si presentano isolati o a corte catene, sono mobili per ciglia peritriche. Tutti i ceppi sono anaerobi, sporigini e tossigini. L'azione patogena si esplica per mezzo di neurotossine che una volta in circolo attaccano progressivamente i nervi periferici e le giunture neuromuscolari causando paralisi. Il botulismocolpisce sia gli uomini che gli animali.

Medicina

Nell'uomo il botulismo è causato dall'ingestione di cibi avariati: si tratta in genere di salumi o cibi carnei e vegetali conservati in scatola e consumati senza cottura o con cottura insufficiente. Tali alimenti, in genere contaminati da endospore, divengono sede della proliferazione delle cellule vegetali del batterio, che producono una tossina molto pericolosa, che provoca i tipici sintomi della malattia. L'intossicazione è causata dall'ingestione della tossina botulinica che rapidamente raggiunge il sistema nervoso dove blocca la trasmissione degli stimoli nervosi. Dopo un'incubazione che dura da 4 ore fino a una settimana, si presentano sintomi di paralisi che interessano dapprima i nervi oculomotori, per cui si hanno strabismo, diplopia e ptosi palpebrale. Compaiono anche disturbi della fonazione e della deglutizione, con rapido aggravamento delle condizioni generali. La malattia non trattata ha un decorso letale per la comparsa di insufficienza respiratoria da paralisi dei muscoli respiratori (diaframma) o per arresto cardiaco. La terapia consiste fondamentalmente nella sieroterapia specifica.



DIFESA DALLE MALATTIE BATTERICHE


L' organismo umano possiede alcuni intrinseci meccanismi di difesa nei confronti delle infezioni e quindi anche della malattie batteriche.


MECCANISMI DI DIFESA

   Le barriere di rivestimento esterne o interne dell' organismo come la pelle e le mucose, sono un' ottima protezione contro l' ingresso dei patogeni, sia di tipo fisico, sia di tipo chimico per le sostanze antagoniste, ad azione antibatterica, secrete dalle strutture stesse.

   La febbre che, come visto per i virus, è un meccanismo di difesa che il nostro corpo ha nei confronti delle infezioni, in quanto essa attiva i globuli bianchi ( cellule del sangue con funzione di difesa ), agisce direttamente sul patogeno inibendone la crescita e l' attività, e stimola il sistema immunitario ad attivare le difese specifiche.

   L' azione fagocitaria dei globuli bianchi.

   La barriera biologica rappresentata da microrganismi antagonisti dei batteri patogeni.

   La flogosi o l' infiammazione dei tessuti infettivi.

   IL SISTEMA IMMUNITARIO: Il sistema immunitario è tradizionalmente interpretato come precipuamente deputato alle difese nei confronti di procarioti, miceti, virus. In effetti, il ruolo del sistema è probabilmente più vasto (scambio di informazioni tra diverse cellule, eliminazione di cellule 'vecchie', controllo della differenziazione del sistema emopoietico, etc.), ma la difesa nei confronti di parassiti resta in ogni caso una delle principali funzioni.

   Il sistema immunitario è in grado di neutralizzare virus e tossine batteriche, uccidere procarioti, miceti, protozoi ed elminti, sia con il proprio macchinario di effezione (Ab, T linfociti), sia con il coinvolgimento e la guida di meccanismi aspecifici di difesa (complemento, polimorfonucleati, macrofagi, proteine della 'fase acuta'). L'aumentata frequenza e gravità delle infezioni nelle sindromi da immunodeficienza, naturali o sperimentali, costituiscono un'importante prova di queste affermazioni.

   C'è molto da imparare dallo studio delle risposte del sistema immunitario alle infezioni, sia quando le risposte sono efficaci, sia quando le risposte sono insufficienti o quando un agente infettivo si adatta a sopravvivere nell'ospite anche in presenza di una risposta ipoteticamente efficace.

La produzione da parte dell' organismo di antitossine che inattivano le tossine batteriche ( alcune antitossine possono essere inoculate nell' organismo a scopo tarapeutico, oppure si possono inoculare nelle tossine inattive dette tossoidi per stimolare l' organismo a produrre antitossine ).



Nel caso che tutte queste " barriere " vengano superate dal patogeno, si può attivare una chemioterapia miratea nei confronti del batterio con prodotti specifici di sintesi, che oggi hanno in parte sostituito i tradizionali farmaci antibatterici rappresentati dagli antibiotici ( il cui precursore fa la penicillina che agisce sulla parete di alcuni batteri distruggendoli ), cioè quei composti prodotti da altri microrganismi viventi ( funghi e batteri ) eche, avendo azionje antagonista sui batteri patogeni, vengono impiegati per curare le infezioni.

Meccanismi aspecifici di difesa

Le nostre superfici sono difese da epiteli che costituiscono una barriera fisica. In natura i microrganismi generalmente vengono in contatto con l'individuo solo attraverso queste superfici (in natura non esistono le siringhe .). I meccanismi di difesa degli epiteli sono di diversi tipi.

Se la barriera epiteliale viene superata, entrano in gioco altri meccanismi di difesa :


Via alternativa del complemento

Fagocitosi

Innesco riposta infiammatoria

Risposta della fase acuta

Interferoni a e b

Cellule NK

Linfociti gd, linfociti B CD5+


Il limite di queste sostanze è che possono avere degli effetti collaterali, ad esempio distruggere la normale e utile flora batterica intestinale ( in caso di trattamenti prolungati ), oppure selezionare ceppi batterici resistenti rendendo inefficaci le suddette sostanze e costringendo ad una continua nuova ricerca di nuovi farmaci.







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