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Lo scheletro osseo si forma per ossificazione dello scheletro cartilagineo nel corso dello sviluppo individuale.
l'ossificazione avviene lentamente tanto che al momento della nascita il processo non è ancora completo.
Lo scheletro umano si compone di 206 ossa che in rapporto alla forma si classificano in ossa:
Tutti i tre tipi di ossa presentano lacune formate da tessuto osseo spugnoso , detto midollo osseo, una sostanza rossastra che fabbrica globuli rossi; nelle ossa lunghe è presente anche un canale midollare.
Nell'apparato scheletrico dell'uomo e di tutti i vertebrati sono riconoscibili tre parti fondamentali:
uno scheletro del cranio costituito da 22 ossa saldate fra loro mediante articolazioni fisse e molto robuste. Solo la mandibola ha un tipo di articolazione mobile che permette il movimento della masticazione;
uno scheletro assile costituito da 33 o 34 vertebre che formano la colonna vertebrale, 12 costole unite posteriormente alle vertebre ed anteriormente allo sterno mediante dischi cartilaginei. Le vertebre sono suddivise in 7 cervicali, delle quali la prima è detta atlante e la seconda epistrofeo, 12 dorsali, 5 lombari, 5 sacrali formanti l'osso sacro e 4 o 5 coccigee prive di forame vertebrale;
uno scheletro appendicolare costituito dagli arti superiori ed inferiori; i primi inseriti allo scheletro assile mediante il cinto scapolare costituito da scapola e clavicola, i secondi uniti all'osso sacro attraverso il cinto pelvico formato da ischio e pube, insieme costituenti il bacino.
Le ossa che compongono lo scheletro sono tra loro connesse per mezzo di fasci di tessuto fibro-cartilagineo detti legamenti e la normale connessione esistente tra due o più ossa vicine prende il nome dì articolazione
In rapporto alla mobilità, le articolazioni si dividono in tre gruppi:
a) articolazioni immobili o sinartrosi;
b) articolazioni semimobili o anfiartrosi;
c) articolazioni mobili o diartrosi.
Nelle sinartrosi i singoli componenti si congiungono l'uno all'altro mediante l'interposizione di una sostanza cartilaginea o connettivale e non sono mobili. Un esempio ne è offerto dal cranio, che è costituito da diverse ossa articolate uno all'altro mediante l'interposizione di tessuto connettivo.
Nelle anfiartrosi, o sinfisi, le superfici articolari presentano scarsa mobilità e sono congiunte tra loro per l'interposizione di uno strato piuttosto spesso di tessuto fibroso con fusione di legamento interarticolare.
Un esempio di anfiartrosi è l'articolazione tra la spina dorsale e il cinto pelvico. Altri esempi, l'articolazione intervertebrale e l'articolazione tra costole e vertebre.
Nella diartrosi le due ossa vengono a contatto diretto fra di loro formando una cerniera, con possibilità quindi di movimenti più o meno estesi. A seconda dell'ampiezza dei movimenti e dei caratteri morfologici, si distinguono vari tipi di diartrosi.
La più perf9tta diartrosi è quella in cui un capo osseo è conformato a sfera, sì da potersi incastrare in un concavità nell'altro capo. Questo tipo di diartrosi è detto enartrosi e l'esempio più classico è quello dell'anca (articolazione coxo-femorale).
Altro tipo di diartrosi è la trocleo-artrosi in cui le superfici articolari sono da una parte una troclea o puleggia, dall'altra una cresta per la gola della puleggia stessa. Movimenti caratteristici di questo tipo di articolazione sono la flessione e l'estensione, con lievi movimenti di lateralità. Sono esempi di trocleo-artrosi l'articolazione del gomito e l'articolazione del ginocchio.
La superficie interna della cavità articolare è rivestita da una sottile membrana che secerne la sinovia, un liquido vischioso, limpido, denso, la cui funzione è quella di lubrificare la superficie interna della cavità articolare, facilitando lo scorrimento dei capi ossei che formano l'articolazione.
Parlando di sistema muscolare, qui intendiamo riferirci solo ai muscoli volontari, che hanno impianto scheletrico o cutaneo.
I muscoli scheletrici ricoprono lo scheletro e vanno a costituire quelle masse di color rosso che comunemente chiamiamo carne. I muscoli cutanei non hanno alcuna relazione con lo scheletro, ma si impiantano nella pelle, per cui son detti muscoli pellicciai
I muscoli scheletrici presenti nel corpo umano sono circa 500, di varie forme; fusiformi, piatti, unipennati, bipennati, triangolari, trapezoidali, anulari. Gli anulari si chiamano anche orbicolari e, più propriamente, sfinteri
Riguardo alla funzione si distinguono in sinergici e antagonisti Sinergici quelli che concorrono ad uno stesso movimento, antagonisti quelli che agiscono in senso contrario ad un altro muscolo. Sempre riguardo alla funzione si hanno muscoli flessori e muscoli estensori
I primi fanno flettere un osso sull'altro; i secondi agiscono in senso contrario, facendo distendere le ossa ripiegate. Nel braccio, ad esempio, il bicipite agisce da flessore; il tricipite da estensore.
I muscoli che fanno sollevare un organo, ad esempio quello che fa sollevare le palpebre, si chiamano elevatori quelli che determinano il movimento contrario, abbassatori.
Vi sono poi muscoli pronatori che permettono il movimento di pronazione, e supinatori che provvedono al movimento di supinazione; muscoli costrittori che servono a chiudere un orificio, e muscoli dilatatori che lo dilatano.
Riguardo alle dimensioni, i muscoli scheletrici si distinguono in lunghi corti e larghi I muscoli lunghi si ritrovano soprattutto negli arti e di solito hanno forma affusolata. Quelli corti si rinvengono più che altro lungo la colonna vertebrale e all'estremità degli arti, mentre quelli larghi rivestono in genere le varie cavità, ad esempio l'addome.
I muscoli non si inseriscono direttamente sulle ossa, ma per mezzo di tendini formazioni fibrose di colorito biancastro, per lo più cordoniformi.
I tendini sono avvolti da un'esile membrana detta guaina sinoviale Nei muscoli larghi, i tendini si distendono in membrane fibrose ed allora prendono il nome di aponeuròsi di inserzione
Essendo i muscoli organi di movimento, ogni muscolo presenta generalmente due punti di attacco, quindi due tendini, uno di origine, fisso, l'altro di inserzione del muscolo sulla parte mobile .
Dal punto di vista topografico si possono distinguere quattro gruppi di muscoli:
del capo
del collo
del tronco
degli arti.
Elencarli tutti non è possibile, per cui ci limiteremo ai più notevoli.
Nella testa, il cranio non presenta quella estesa muscolatura che, a]l'opposto, si rinviene nella regione facciale. Quivi si elenca: il frontale, che riveste l'osso omonimo e determina, contraendosi, il corrugarsi della fronte; gli orbicolari dell'occhio, che servono a chiudere gli occhi; i buccina/ori, che promuovono l'apertura della bocca; l'orbicolare delle labbra che ne provoca la chiusura.
A questi si aggiungono: i piccoli muscoli nasali, il mentale e finalmente gli elevatori ed abbassa/ori della mandibola. La maggior parte di questi muscoli occupa una posizione superficiale e irradia fasci verso la cute. Sono quindi muscoli pellicciai; e siccome dal loro contrarsi deriva la mimica del volto, vengono detti anche muscoli mimici.
Pur tacendo dei muscoli del collo, nella parte anteriore del torace troviamo, a costituire il petto, i due grandi pettorali: essi servono, tra l'altro, a spingere in avanti le braccia. Nella regione del dorso troviamo invece, a determinare il movimento delle spalle, il largo muscolo trapezio. Sempre nel tronco si rinvengono infine i muscoli intercostali, muscoli che contribuiscono con i loro movimenti ad espandere e contrarre la cavità toracica durante la respirazione.
Per quanto si riferisce agli arti, nell'arto superiore hanno sede il deltoide, il bicipite e il tricipite; nell'arto inferiore i glutei, il bicipite e il quadricipite femorale, il sartorio e i gemelli.
Il deltoide solleva il braccio; il bicipite e il tricipite, così detti perché terminano con due o tre tendini, consentono di spostare l'avambraccio rispetto al braccio.
Le grandi masse dei glutei fissano le cosce al bacino. Nelle cosce il bicipite femorale, situato nella regione posteriore, e il quadricipite, situato anteriormente, servono rispettivamente a far flettere o distendere la gamba rispetto alla coscia. Il sartorio consente di accavallare le gambe; i gemelli, finalmente, vanno a formare il polpaccio e si inseriscono sul calcagno mediante un robusto tendine detto tendine di Achille
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