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DISFUNZIONE MITOCONDRIALE
La funzione mitocondriale (Fig.8) ha un profondo impatto sul processo di invecchiamento. Con l'età, sia cellulare che dell'organismo nel suo insieme, è stato osservato che la catena respiratoria tende a perdere la sua efficienza e conseguentemente si va incontro a una riduzione della produzione di ATP, nucleotide dalla cui idrolisi è ricavata energia per la maggior parte delle funzioni cellulari (Green et al., 2011). Vi sono molte prove che la disfunzione dei mitocondri può accelerare l'invecchiamento in mammiferi (Kujoth et al , 2005; Vermulst et al., 2008), ma rimane ancora una grande sfida la comprensione di tutti i suoi dettagli e se sia possibile, concretamente, intervenire a questo livello per incrementare la durate della vita.
Fig. 8: Rappresentazione schematica di un mitocondrio.
1.Specie reattive dell'ossigeno (ROS)
Esiste una teoria, la teoria dei radicali liberi mitocondriali, secondo cui l'invecchiamento è il risultato della disfunzione mitocondriale causata da un'aumentata produzione di ROS, che provoca a sua volta deterioramento mitocondriale e danno cellulare. A favore di questa teoria ci sono molti dati, ma risultati ottenuti più di recente hanno portato a rivalutarla attentamente (Hekimi et al.,
2011). In primo luogo è stato osservato che, inaspettatamente rispetto quanto previsto dalla teoria dei radicali liberi, un incremento dei livelli di ROS in Caenorhabditis Elegans e in lieviti potrebbe essere responsabile di un prolungamento della durata della vita (Doonan et al., 2008; Mesquita et al., 2010; Van Raamsdonk e Hekimi,
2009). Inoltre manipolazioni genetiche effettuate su topi allo scopo di incrementare i livelli mitocondriali di ROS e il danno ossidativo non hanno portato a un'accelerazione dell'invecchiamento (Van Remmen et al., 003; Zhang et al., 2 09). Altri esperimenti, effettuati sempre su topi, hanno ulteriormente posto in discussione la teoria dei radicali liberi mitocondriali, in quanto è stato inoltre visto che l'induzione di un incremento delle difese antiossidanti non prolunga la durata della vita (Perez et al.,
2009) . Studi paralleli e separati circa gli effetti dannosi dei ROS hanno evidenziato
che essi hanno un ruolo importante nell'innescare meccanismi di sopravvivenza e proliferazione in risposta sia a segnali fisiologici che a condizioni di stress (Sena e Chandel, 2 12). Tutte queste osservazioni risultano apparentemente in contraddizione con le evidenze a supporto di in un ruolo dei ROS nell'invecchiamento, ma non lo sono più se si va ad interpretare i ROS come un segnale di sopravvivenza indotto dallo stress e quindi responsabile, inizialmente, dell'attivazione di una risposta omeostatica compensatoria, similmente ad AMP e a NAD+ . Quindi, in età avanzata, in virtù dell'aumentato stress e danno a livello cellulare si ha un incremento dei livelli di ROS con lo scopo di innescare meccanismi che garantiscano la sopravvivenza dell'individuo. Tuttavia, livelli eccessivamente alti di ROS non hanno più solo un
effetto positivo di mantenimento dell'omeostasi, ma producono o addirittura
aggravano il danno correlato all'invecchiamento (Hekimi et al., 011 .
2.Biogenesi e integrità mitocondriale
Studi su topi carenti di DNA polimerasi g hanno mostrato che la disfunzione dei mitocondri, ritenuta tra i segni caratteristici e determinanti l'invecchiamento, non è dovuta unicamente ai danni causati dalla presenza di specie reattive dell'ossigeno (Edgar et al., 2009; Hiona et al., 2010). Tra i vari meccanismi ipotizzati, oltre ai ROS, si ha, ad esempio, un'alterazione della via di segnalazione che conduce all'apoptosi. In pratica, in risposta allo stress aumenta la propensione dei mitocondri ad incrementare la permeabilità delle loro membrane liberando enzimi e attivatori di enzimi coinvolti nella regolazione della morte cellulare programmata Kroemer et al., 2007), in più , tale permeabilizzazione può innescare reazioni infiammatorie mediante l'attivazione, che in realtà può essere anche mediata da ROS, di aggregati proteici chiamati "inflammosomi"(Green et al., 2011 . E' stato anche ipotizzato che la disfunzione mitocondriale possa influire direttamente sui segnali all'interno della cellula e sulla comunicazione tra i vari organuli cellulari, soprattutto tra la membrana mitocondriale esterna e il reticolo endoplasmatico (Raffaello e Rizzuto, 011).
La disfunzionalità mitocondriale associata all'invecchiamento si può manifestare, inoltre, come una riduzione dell'efficienza di questi organuli nel produrre energia. In
questo caso, alla base potrebbero esserci molti meccanismi convergenti tra loro, compresa una ridotta capacità di biogenesi mitocondriale.
La biogenesi mitocondriale viene regolata anche da SIRT1 che determina l'attivazione del coattivatore trascizionale PGC- a Rodgers et al., 2005) e la promozione dell'autofagia che favorisce, invece, la rimozione dei mitocondri (Lee et al., 2008). Anche SIRT3, la principale deacetilasi mitocondriale (Lombard et al , 2007), agisce su enzimi del metabolismo energetico, compresi componenti della catena respiratoria, del ciclo degli acidi tricarbossilici, della chetogenesi, della b-ossidazione degli acidi grassi (Giralt e Villaroya, 2012). E' stato inoltre ipotizzato che SIRT3 possa influenzare anche la produzione di ROS, deacetilando l'enzima manganese superossido dismutasi, uno dei principali agenti antiossidanti a livello mitocondriale (Qiu et al., 201 ; Tao et al., 2010). Da queste osservazioni si può ipotizzare che sia i telomeri che le proteine della famiglia sirtuin abbiano un ruolo protettivo verso lo sviluppo di patologie associate all età, grazie alla loro capacità di controllo della funzione mitocondriale.
Difetti di bioenergetica a livello mitocondriale possono essere dovuti anche a mutazioni e delezioni del DNA dell'organulo, ossidazione proteica, destabilizzazione della organizzazione macromolecolare dei complessi della catena respiratoria, alterazioni della composizione lipidica delle membrane, mitofagia difettosa con conseguente ridotta degradazione proteolitica degli organuli non efficienti, perdita dell'equilibrio normalmente presente tra processi di frammentazione, o fissione, e interconnessione, o fusione, mitocondriali Wang e Klionski, 0 1). Quello che si suppone, in pratica, è che il processo di invecchiamento possa essere accelerato dalla combinazione di un incremento di danno e di un ridotto ricambio dei mitocondri, legato sia a una diminuita biogenesi che a una minore capacità di eliminazione di questi organuli (Kenyon, 2010).
Secondo alcuni studi la degenerazione a livello mitocondriale potrebbe essere evitata mediante l'esercizio fisico e in particolar modo effettuando a giorni alterni allenamento aerobico e anaerobico Castello et al., 20 1; Safdar et al., 011). Questi effetti benefici potrebbero essere dovuti, in parte, all'induzione dell'autofagia,
fortemente stimolata da entrambi i tipi di allenamento (Rubinsztein et al., 20 1), ma probabilmente vi sono anche altri meccanismi tramite cui uno stile di vita sano,
caratterizzato non solo da esercizio fisico ma anche da limitazione nell'assunzione di
calorie, potrebbe ritardare l'invecchiamento Kenyon, 010).
3. Mito-Ormesi
E' stato visto di recente che le disfunzioni mitocondriali durante l'invecchiamento sono collegate anche al concetto di ormesi Calabrese et al., 2 11 . Secondo questo concetto, trattamenti a bassa tossicità innescano risposte compensatorie positive che vanno oltre alla semplice riparazione del danno causato e che determinano così un miglioramento del benessere cellulare rispetto addirittura alle condizioni della cellula pre-danneggiamento. In questo modo gravi alterazioni mitocondriali portano
all'insorgenza di malattie, mentre una lieve alterazione della respirazione cellulare potrebbe incrementare la durata della vita in virtù di una risposta di tipo osmetico (Haigis e Yankner, 2 10). Peraltro è stato visto che in Caenorhabditis Elegans le reazioni ormetiche che innescano una risposta difensiva mitocondriale avvengono sia nel tessuto in cui i mitocondri sono difettosi che in tessuti distanti (Durieux et al ,
2011). Metformina e resveratrolo, ad esempio, sono lievemente tossici a livello mitocondriale e inducono uno stato a bassa disponibilità energetica caratterizzato da aumentati livelli di AMP e conseguente attivazione di AMPK (Hawley et al., 2010). Sempre in C.Elegans si è potuto osservare che la metformina aumenta la durata della vita attraverso la promozione di una risposta compensatoria allo stress mediata proprio da AMPK e da NRF2, fattore di trascrizione fondamentale per l'attivazione delle difese antiossidanti (Onken e Driscoll, 20 0). Studi recenti hanno mostrato anche che la metformina è in grado di ritardare l'invecchiamento nei vermi andando ad alterare il metabolismo dei folati e della metionina a livello del microbioma intestinale, mimando così una condizione di restrizione dietetica Cabreiro et al., 013). Invece, per quanto riguarda i mammiferi, la metformina è in grado di aumentare la vita nel topo se, per , è somministrata sin dai primi mesi di vita (Anisimov et al., 20 1). Il resveratrolo, similmente all'attivatore sirtuin SRT17 0, è stato visto con chiarezza essere capace di
proteggere dal danno metabolico e migliorare la respirazione mitocondriale in virtù dell'attivazione di PGC a in caso di assunzione di calorie elevata (Baur et al., 200 ; Feige et al., 2 08; Lagouge et al., 06; Minor et al., 2011), ma non essere in grado di incrementare la durata della vita nel topo in condizioni dietetiche normali (Pearson et al., 2008; Strong et al., 2013). L'importanza di PGC a nella longevità è supportata anche dall'osservazione che una aumentata espressione di questo coattivatore trascrizionale è sufficiente a prolungare la vita in Drosophila, in concomitanza a una migliorata attività mitocondriale Rera et al., 2011). Infine è stato visto che anche l'induzione di un lieve disaccoppiamento mitocondriale, quindi una lieve riduzione nella sintesi di ATP, determinata geneticamente attraverso una promossa espressione della proteina disaccoppiante UCP1 o mediante somministratore di un disaccoppiante chimico quale il 2 dinitrofenolo, può aumentare la durata della vita in mosche e topi (Caldeira de Silva et al , 2008; Mookerjee et al., 2010).
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