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Bulimia
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INTRODUZIONE |
Disturbo dell'alimentazione in cui il paziente sembra colpito da fame insaziabile e ingerisce alimenti in grande quantità e in modo non bilanciato. In molti casi, dopo il pasto si provoca il vomito o ingerisce lassativi, allo scopo di ingerire nuovamente cibo; in altri casi, la bulimia può alternarsi con periodi di anoressia, in cui il soggetto rifiuta il cibo.
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SINTOMI |
Gli individui colpiti nel 90% dei casi sono di sesso femminile, hanno in media venti anni e sono caratterizzati da sovrappeso; la bulimia può insorgere, per contro, anche in soggetti eccessivamente dimagriti come conseguenza di diete molto ristrette e protratte nel tempo. Il quadro psicologico rivela un'eccessiva attenzione per la forma fisica, insoddisfazione e disturbi d'ansia, scarsa capacità di controllo dei propri impulsi, instabilità affettiva. La necessità di ingerire grandi quantità di cibo, infatti, sembra correlata al desiderio di placare stati ansiosi e solitudine; il vomito e l'uso di lassativi, per contro, compaiono dopo l'eccessiva introduzione di calorie, per il desiderio di mantenere il peso corporeo, ma probabilmente anche per nascondere agli altri l'ingrassamento (e quindi il proprio disturbo) e probabilmente per la disistima derivante dagli episodi bulimici. In breve tempo, però, l'appagamento che l'ingerimento del cibo apporta determina il bisogno di nuovi pasti. Spesso il soggetto tende a isolarsi, per non essere osservato dagli altri nei propri eccessi alimentari.
Si è osservato che, in soggetti sottoposti a diete molto ristrette per lungo tempo, si manifesta la tendenza bulimica a ingerire molto più cibo del necessario anche dopo il ritorno a un regime alimentare normale. Il metabolismo si adatta al ciclo di bulimia-assunzione di lassativi/vomito, rallentando e in tal modo aumentando il rischio che vi sia un aumento di peso anche solo attraverso l'ingestione di una quantità normale di calorie. La continua assunzione di lassativi e l'induzione dello stimolo del vomito possono stimolare a livello cerebrale la produzione di sostanze di tipo oppiaceo, come le endorfine, che hanno un effetto sedativo sul metabolismo. Quando il soggetto si trova in fase anoressica, invece, manifesta facile irritabilità e la tendenza a sviluppare stati depressivi. Questi disturbi psicologici scompaiono aumentando la quantità di cibo introdotta; il paziente entra di conseguenza in una nuova fase bulimia; in particolare, privilegia alimenti dolci, dato che stimolano la produzione di serotonina e migliorano indirettamente l'umore.
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Disturbi organici |
Il quadro clinico dei soggetti bulimici rivela lesioni a diversi organi: erosione dei denti, dovuta ai ripetuti episodi di vomito; lesioni della mucosa esofagea; aumento del volume delle ghiandole paratiroidi; infiammazione del tubo digerente; alterazione del bilancio idrico e dei sali, soprattutto del potassio, derivante dall'uso prolungato dei lassativi, da cui possono derivare estrema debolezza, paralisi e anomalie della contrazione cardiaca. Altri disturbi possono derivare dagli effetti collaterali dei farmaci assunti frequentemente dai bulimici, quali i lassativi, sostanze emetiche che inducono il vomito e, nel caso dei bulimici-anoressici, gli anoressizzanti per ridurre l'appetito e i diuretici. In generale, le prospettive di guarigione sono migliori per i bulimici che per gli anoressici.
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TERAPIA |
La diagnosi della bulimia in molti casi non è facile: il comportamento alimentare del paziente deve essere osservato per un certo periodo di tempo, al fine di definire il suo rapporto con il cibo. Il disturbo viene diagnosticato se si verificano almeno due episodi bulimici a settimana, nel periodo di tre mesi.
Il trattamento terapeutico deve innanzitutto vincere le resistenze mentali del bulimico, che ritiene il vomito o l'eccessiva emissione di feci l'unico rimedio alla tendenza a ingrassare. Il paziente bulimico deve essere ospedalizzato meno frequentemente di quanto avviene negll'anoressico, a meno che non presenti fasi anoressiche o sia affetto da depressione maggiore; può essere curato mediante psicoterapia cognitivo-comportamentale e antidepressivi.
La psicoterapia è finalizzata a modificare l'immagine distorta del proprio corpo che di solito ha il paziente con disturbi alimentari, e i disturbi d'ansia che trovano temporaneo appagamento con l'ingestione del cibo. Il soggetto impara a nutrirsi tre volte al giorno, e a includere alimenti di ogni genere e deve prendere nota degli episodi di vomito o dell'impiego di lassativi, allo scopo di divenire maggiormente consapevole del suo comportamento. La terapia può coinvolgere anche i familiari, dato che i disturbi alimentari trovano spesso le radici più profonde in situazioni conflittuali del vissuto familiare.
Gli antidepressivi più usati nel trattamento della bulimia sono la fluoxetina, l'imipramina e la desipramina; alcuni medici impiegano anche il naltrexone, solitamente applicato alla cura delle tossicodipendenze. Alcuni studi hanno evidenziato che livelli elevati di ormoni maschili possono indurre nelle donne bulimiche tendenze depressive e l'impulso alla sovra-alimentazione; pertanto, concludono che la somministrazione di flutamide, capace di ridurre le concentrazioni di questi ormoni, può giovare alle pazienti entro una settimana di trattamento.
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