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BIOLOGIA: PROCESSI ENERGETICI
METABOLISMO
La somma delle diverse reazioni che hanno luogo contemporaneamente per gli scambi di energia si chiama metabolismo. Quasi tutte queste reazioni coinvolgono gli enzimi, grosse molecole proteiche con un compito specifico. Le svariate migliaia di reazioni possono essere raggruppate in una serie di tappe, chiamate sequenze. Molte sequenze sono simili o addirittura uguali: come quella che ottiene energia dai grassi che è la stessa che ottiene energia dal glucosio. E' importante osservare che gran parte dei processi metabolici sono uguali in organismi completamente differenti sia animali che vegetali (Riferimento a prove dell'evoluzione). Il metabolismo si divide in anabolismo (reazioni chimiche di sintesi) e catabolismo (reazioni chimiche di demolizione di grosse molecole).
Il catabolismo fornisce energia e materiale grezzo per l'anabolismo.
ENZIMI
La maggior parte delle reazioni chimiche richiede un'energia iniziale per avviarsi e procedere alla giusta velocità. Questo vale anche per le reazioni esoergoniche (che possono avvenire spontaneamente in quanto liberano energia; il contrario è endoergonico ossia un processo che richiede energia) Questa energia aumenta l'energia cinetica delle molecole che, in questo modo, spezzano la loro repulsione reciproca e spezza i legami chimici; questa energia viene detta di attivazione. Mentre in laboratorio l'energia di attivazione è fornita sotto forma di calore, nelle cellule il calore avrebbe effetti distruttivi. Questo problema è aggirato attraverso l'utilizzo di catalizzatori , il cui scopo è quello di abbassare l'energia di attivazione necessaria , senza influire sui prodotti finali . Gli enzimi sono macromolecole proteiche che agiscono da catalizzatori . La molecola su cui agisce l'enzima è detta substrato. L'enzima prende nome dal substrato su cui agisce (saccarasi -> Saccarosio).
STRUTTURE E FUNZIONE DEGLI ENZIMI
Gli enzimi sono proteine globulari complesse, formate da una o più catene polipeptidiche e ripiegati in modo da avere una specie di tasca in cui si incastra il substrato. Questa depressione è detta sito attivo. Si ritiene che l'adattamento che subisce la molecola nell' incastrarsi al sito attivo possa facilitare ulteriormente la reazione.
COFATTORI DELL'AZIONE ENZIMATICA
Per essere efficienti molti enzimi richiedono per funzionare altre sostanza non proteiche, dette cofattori .
I cofattori possono essere Ioni (Mg++) altri possono essere molecole organiche non proteiche chiamate coenzimi, che si legano all'enzima funzionando come accettori di elettroni nelle reazioni di ossido riduzione. Uno dei coenzimi più comuni è il NAD il cui anello nicotinammidico accetta e rilascia elettroni. Ossidata questa molecola si scrive NAD+ quando accetta due elettroni e un protone si riduce a NADH. Come tutti i coenzimi la molecola si ricicla ritrasformandosi in NAD+, pronta per partecipare ad un altra reazione.
REGOLAZIONE DELL'ATTIVITA' ENZIMATICA
E' interessante notare come ogni cellula sia in grado di regolare la quantità e la velocità ottimale di sintesi, necessaria al proprio benessere, evitando una sovrapproduzione che sprecherebbe materiali grezzi. Questo sistema è a sua volta regolato dalla attività enzimatica.
La concentrazione dell'enzima e del substrato è il principale fattore limitante dell'attività enzimatica. Molti enzimi sono poi si decompongono facilmente ed è quindi necessario produrli solo al momento del bisogno; altri enzimi sono già presenti in forma inattiva, e vanno attivati, spesso dall'azione di altri enzimi.
I due fattori che regolano questa attivazione sono pH e temperatura. La temperatura ideale è compresa tra i 35° e i 40°, e la velocità di reazione di questi enzimi diminuisce enormemente se ci allontaniamo da questi valori. Il pH agisce cambiando le cariche positive e negative dell'enzima, quindi la forza con la quale si attraggono o si respingono. Non esiste il pH ideale, ad esempio la peptina (enzima presente nello stomaco -> ambiente acido) lavora in un ambiente nel quale la maggior parte degli enzimi si degraderebbe.
Un altro sistema attraverso il quale attiviamo o disattiviamo un enzima è l'iterazione allosterica, presente su enzimi che abbiano almeno due siti di legame: uno attivo e uno sul quale si lega il cosiddetto 'effettore allosterico', il cui legame disinibisce l'enzima.
TIPI DI INIBIZIONE ENZIMATICA
Alcuni composti si legano al sito attivo dell'enzima inibendolo; questo fenomeno è noto come inibizione competitiva.
Questa è reversibile ed il risultato della competizione dipende dalla quantità di inibente e di substrato presenti.
Altro tipo è l'inibizione non competitiva, dove un composto si lega ad un sito della molecola che non è quello attivo, modificandone il comportamento chimico al punto da renderlo inefficacie. In caso di inibizione irreversibile alcuni composti si legano nei gruppi chiave dell'enzima, denaturandolo irreversibilmente. Questo meccanismo è sfruttato dai veleni, e il gas nervino, tristemente famoso per essere stato usato durante la Prima Guerra Mondiale (e qui ti cacciano la domanda) agisce inibendo la trasmissione degli impulsi nervosi.
VALUTA ENERGETICA DELLA CELLULA: ATP
La maggior parte delle attività della cellula richiede energia, e gran parte di questa energia viene fornita da un'unica molecola, l'ATP (adenosina trifosfato).
Il glucosio ed i carboidrati in generale sono le forme energetiche d'accumulo degli organismi viventi, mentre l'ATP è energia immediatamente spendibile. La molecola è formata da un Ribosio, da un'adenina e da tre gruppi fosfato. Questi gruppi, legati covalentemente, presentano forti cariche negative che influiscono sull'azione dell'ATP.
Per capire il funzionamento della molecola bisogna pensare alle reazioni endoergoniche, dove l'energia dei prodotti è maggiore di quella dei reagenti, apparentemente in contraddizione con la seconda legge della termodinamica. Questo problema è aggirato attraverso reazioni accoppiate, dove le reazioni endoergoniche sono abbinate a reazioni esoergoniche che forniscono un surplus di energia, che viene solitamente proprio da parte dell'ATP.
L'ATP libera energia quando per idrolisi viene rimosso il terzo gruppo fosfato, fornendo ADP + fosfato.
ATP + H2O = ADP + fosfato
A sua volta l'ADP idrolizzato fornisce energia secondo la reazione
ADP + H2O = AMP + fosfato
ATP IN AZIONE
L'idrolisi dell'ATP è un modo per produrre calore negli animali, che generalmente mantengono una temperatura corporea elevata. Gli enzimi che catalizzano la idrolisi dell'ATP sono gli ATPasi. Il gruppo fosfato che viene rimosso viene spostato in un'altra molecola, con un processo chiamato fosforilazione, catalizzato dalle cosiddette "chinasi"
OSSIDAZIONE DEL GLUCOSIO: UNA VISIONE D'INSIEME
L'ossidazione equivale alla perdita di un elettrone, mentra la riduzione all'acquisto di un elettrone.
Solitamente una molecola libera energia quando viene ossidata. Nel caso del glucosio i legami carbonio-carbonio, carbonio-idrogeno e idrogeno ossigeno diventano carbonio-ossigeno e idrogeno-ossigeno. Le cellule riescono a non dissipare l'energia emessa da questa reazione in maniera casuale, ma la sfruttano per trasformare ADP in ATP. L'ossidazione del glucosio si compie in due tappe principali: glicolisi e respirazione.
GLICOLISI
La glicolisi è una reazione in 9 tappe successive:
1. Questa tappa richiede energia, fornita dal sistema ATP/ADP. Il gruppo fosfato terminale dell'ATP si lega al glucosio su carbonio 6, formando glucosio 6-fosfato. Enzima specifico: Esochinasi.
2. L'anello esagonale del glucosio si trasforma in quello del fruttosio. Enzima specifico: Fosfoglucoisomerasi.
3. Il fruttosio 6-fosfato guadagna un altro fosfato, grazie al passaggio ATP/ADP, che si lega in posizione 1 a formare fruttosio 1,6-difosfato. Enzima specifico: Fosfofruttochinasi.
4. La molecola viene scissa in due molecole a tre atomi di carbonio: il diidrosiacetone fosfato e la fosfogliceraldeide, tra loro convertibili grazie all' isomerasi. Enzima specifico: Aldolasi.
(da ora in poi la reazione avviene su due molecole uguali contemporaneamente)
5. Le molecole di fosfogliceraldeide vengono ossidate vengono cioè rimossi atomi di idrogeno e NAD+ ridotto a NADH e H+. In questa tappa si ricava energia, parte della quale è utilizzata per attaccare il gruppo fosfato in posizione 1. Enzima specifico: Fosfotrioso deidrogenasi.
6. Un gruppo fosfato si libera, e ricarica la molecola di ADP in ATP. Enzima specifico Fosfoglicerato chinasi.
7. L'altro gruppo fosfato viene passato dalla posizione 3 alla posizione 2. Enzima specifico: Fosfloglicerato mutasi.
8. Una molecola d'acqua viene rimossa per concentrare energia in vicinanza del gruppo fosfato. Enzima specifico: Enolasi.
9. Il gruppo fosfato ricarica un ADP a formare ATP.
Il bilancio finale della reazione è dunque:
glucosio + 2 ATP + 4 ADP + 2Pi + 2 NAD+ -> 2 acido piruvico + 2 ADP + 4 ATP + 2 NADH + 2 H+ + 2 H2O
VIA ANAEROBICA
L'acido piruvico può poi seguire la via aerobica (con ossigeno) e quella anaerobica (senza ossigeno).
In assenza di ossigeno l'acido piruvico può essere trasformato in etanolo (alcol etilico) ad esempio nel vino, che aumenta di grado alcolico finché il lievito presente non ha trasformato tutto il glucosio in alcol, in un processo chiamato fermentazione.
L'altra via anaerobica di trasformazione è la produzione di acido lattico (il cosiddetto "debito di ossigeno") che si crea quando l'ossigeno è insufficiente allo sforzo fisico dell'organismo, che permette comunque alle cellule di lavorare, immettendo però l'acido lattico nei muscoli, che, con il pH abbassato, danno una sensazione di affaticamento. L'acido piruvico, quando la richiesta di ATP si abbassa, viene poi ritrasformato in glucosio o glicogeno. Questo fenomeno permette di effettuare uno scatto, breve ma intenso, anche in condizioni che non lo permetterebbero (fuga di una preda).
Il fatto che la glicolisi non richieda ossigeno è sintomo del fatto che si è evoluta presto, prima che l'ossigeno libero fosse presente nell'atmosfera.
RESPIRAZIONE
In presenza di ossigeno, la tappa successiva della demolizione del glucosio è una ossidazione dell'acido piruvico ad anidride carbonica e acqua, processo chiamato respirazione cellulare. La respirazione cellulare consiste in due fasi: il ciclo di Krebs e il trasporto di elettroni finali.
Nelle cellule eucariote queste reazioni si svolgono nei mitocondri, i quali sono delimitati da due membrane: una esterna liscia ed una interna ripiegata verso l'interno, per formare le creste. All'interno del mitocondrio è presente la cosiddetta matrice, una soluzione densa che contiene principalmente enzimi, coenzimi, acqua e fosfati. Mentre la membrana esterna è permeabile alle piccole molecole, quella interna è selettivamente permeabile per acido piruvico ed ATP, cosa che riveste un ruolo fondamentale nella respirazione.
UN PASSAGGIO PRELIMINARE: L'OSSIDAZIONE DELL'ACIDO PIRUVICO
Dal citoplasma, l'acido piruvico passa nei mitocondri attraverso le membrane, e, prima di entrare nel ciclo di Krebs, viene ossidato. Il carbonio e gli atomi di ossigeno del gruppo carbossilico sono eliminati sottoforma di anidride carbonica, e rimane solo un gruppo acetilico a due atomi di carbonio (CH3CO). In questa reazione l'idrogeno del gruppo carbossilico riduce una molecola di NAD+ in NADH. Ogni gruppo acetilico è accettato da un coenzima, detto "A". La molecola finale è abbreviata in acetil-CoA, la cui formazione è l'anello tra glicolisi e ciclo di Krebs.
CICLO DI KREBS
All'entrata del ciclo di Krebs il gruppo acetilico si combina con un composto a quattro atomi di carbonio (acido ossalacetico) per produrne uno a sei atomi (acido citrico). Nel corso del ciclo due dei sei atomi sono ossidati in anidride carbonica, a rigenerare il composto a quattro atomi, rendendo la serie di reazioni un ciclo.
L'energia liberata dall'ossidazione dei legami è utilizzata per trasformare ADP in ATP, per produrre NADH e H+ a partire da NAD+ e per ridurre un secondo trasportatore di elettroni, il FAD: ad ogni ciclo una molecola di FAD si trasforma in FADH2.
Il ciclo si può riassumere come
Acido ossalacetico + acetil-CoA + ADP + Pi + 3 NAD+ + FAD -> acido ossalacetico + 2 CO2 + CoA + ATP + 3 NADH + FADH2 + 3 H+ + H2O
Ovviamente l'acido ossalacetico prodotto alla fine del ciclo è composto da atomi diversi di quello iniziale.
TRASPORTO DI ELETTRONI
Gli atomi di carbonio della molecola sono a questo punto completamente ossidati, ma parte dell'energia potenziale è ancora rimasta negli elettroni rimossi dai legami C-C e C-H e trasferiti a NAD+ e FAD, elettroni che si trovano ad un alto livello energetico. Il processo che ottiene energia da questi elettroni è formato da una serie di catene di trasporto di elettroni, ognuna delle quali riceve elettroni dalla catena precedente ad un livello energetico leggermente inferiore.
Tra i componenti fondamentali della catena di trasporto vi sono i citocromi, molecole costituite da una proteina e da un gruppo eme, che presenta un atomo di ferro, il quale accetta e libera alternativamente un elettrone, passandolo al citocromo successivo ad un livello energetico leggermente inferiore. L'energia liberata trasforma ADP in ATP, ed il processo è chiamato fosforilazione ossidativa.
MECCANISMO DI FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA: ACCOPPIAMENTO CHEMIOSMOTICO
Riguardo la trasformazione di ATP in ADP, solo recentemente si è teorizzato che il processo sarebbe azionato da un gradiente di protoni che si stabilisce attraverso la membrana mitocondriale. Questo processo è detto accoppiamento chemiosmotico. In questo processo hanno luogo due eventi distinti: 1)la formazione di un gradiente di protoni e 2)la liberazione di energia potenziale accumulata nel gradiente ed il suo utilizzo di ATP da ADP e fosfato. Il gradiente di protoni si stabilisce quando gli elettroni passano lungo la catena di trasporto. Lungo questa catena si ha una diminuzione della quantità di energia posseduta dagli elettroni; ne consegue che viene rilasciata energia. Questa energia consente un pompaggio di elettroni dalla matrice mitocondriale attraverso la membrana interna verso lo spazio tra la membrana interna ed esterna. Da questo spazio alcuni protoni passano nel citoplasma Il risultato, alla fine del processo, è un'energia potenziale necessaria a mettere in moto un nuovo processo che consente ai protoni di scendere lungo il gradiente elettrochimico tornando nella matrice.
BILANCIO ENERGETICO TOTALE
A questo punto sappiamo quanto dell'energia potenziale presente nella molecola del glucosio è stata recuperata sotto forma di ATP. La glicolisi produce direttamente 2 molecole di ATP e 2 di NADH. Queste ultime però non possono attraversare la membrana del mitocondrio e i loro elettroni devono "fare la spola" attraverso la membrana, ad un costo energetico che nella maggior parte delle cellule è relativamente basso: per ogni NADH si ottengono 3 ATP.
In altre cellule, come quelle del cervello e dei muscoli scheletrici, il processo richiede più energia e si sintetizzano solo 2 ATP. La conversione dell'acido piruvico in acetil-CoA produce 2 NADH ed il ciclo di Krebs produce 2 ATP, 6 NADH e 2 FADH2.
Sapendo che ogni FADH2 rende 2 ATP, il bilancio totale è di un massimo di 38 ATP.
Dato che nel corso della glicolisi e della respirazione si ha una variazione di energia libera di -686 kcal, e che circa 266 kcal sono recuperate (38 x 7 kcal per mole), si ottiene un 40% di rendimento.
FOTOSINTESI, LUCE E VITA
L'atmosfera in cui si sono sviluppati i primi esseri viventi era priva di ossigeno libero, e la loro energia derivava da processi anaerobi, come glicolisi e fermentazione, cosa che ha portato un accumulo di anidride carbonica nell'atmosfera.
Per
questa abbondanza di CO2 alcuni organismi si sono specializzati ed
hanno cominciato a sfruttarlo come fonte di carbonio, liberando ossigeno; il
passo successivo dell'evoluzione è stata la creazione di organismi per cui
l'ossigeno era condizione necessaria all'esistenza.
Sappiamo (via anaerobica, pag 2) che gli organismi aerobi riescono ad ottenere
maggior quantità di energia rispetto a quelli anaerobi, in quanto le molecole
sono completamente ossidate solo dagli organismi che necessitano di ossigeno.
Sulla terra la vita dipende dalla fotosintesi, la cui equazione complessiva si può riassumere come
CO2 + H2O + energia luminosa -> (CH2O) + O2
NATURA DELLA LUCE
Col famoso esperimento del prisma, Newton riuscì a dimostrare che la luce bianca è in realtà composta da più colori, dal violetto al rosso, che sono scomposti perché le varie frequenze hanno un diverso angolo di rifrazione.
Maxwell stabilì in seguito che ciò che vediamo altro non è che una ristretta parte della luce, che è un ampio spettro continuo di radiazioni, le quali si comportano come se fossero onde.
Lo spettro visibile della luce, scoperto da Newton, varia dai 380nm (nanometri) del violetto ai 750 nm del rosso.
Intorno al 1900 si capì che la teoria dell'onda era tuttavia insufficiente, infatti aumentando la luminosità della luce aumentava il numero degli elettroni emessi dal metallo, ma non la velocità con la quale essi venivano estratti: per aumentare la velocità era necessario usare una lunghezza d'onda minore.
Per questo Einstein propose la teoria corpuscolare della luce, secondo la quale la luce è composta da particolari particelle, chiamate fotoni, la cui energia è inversamente proporzionale alla sua lunghezza d'onda.
Le due teorie non sono in contrasto, sono anzi affiancate in quanto spesso i modelli matematici di una non spiegano fenomeni che sono invece chiari con l'altra teoria.
LUCE E VITA
George Wald di Harvard sostiene che non è un caso se la vita dipende solo da alcune particolari lunghezze d'onda, e porta due prove:
a) gli esseri viventi sono formati da grosse molecole in cui sono presenti legami a idrogeno ed altri legami deboli, e radiazioni luminosi con energia superiore spezzerebbero questi legami, rendendo impossibile la vita.
Solo le radiazioni della luce visibile hanno la proprietà di eccitare le molecole (quindi passare gli elettroni a livelli energetici più alti) e di produrre cambiamenti senza distruggere i legami chimici.
b) la luce che viene sfruttata è essenzialmente quella disponibile: infatti sappiamo che l'atmosfera agisce come filtro per le radiazioni elettromagnetiche: quelle con lunghezza d'onda alta vengono schermate dall'ossigeno e dall'ozono degli strati alti dell'atmosfera, e quelle con bassa lunghezza d'onda sono trattenute dal vapore acqueo e da CO2 prima che giungano sulla superficie.
CLOROFILLA E ALTRI PIGMENTI
Per potere essere utilizzata, l'energia luminosa va prima assorbita, e questo compito è svolto dai pigmenti (si dice pigmento qualsiasi sostanza in grado di assorbire luce), che possono assorbire tutte le lunghezze d'onda, apparendo neri, o possono essere specializzati per alcune lunghezze d'onda. La clorofilla, che vediamo verde, in realtà assorbe violetto, blu e rosso, e, riflettendo le altre lunghezze d'onda, appare verde.
Le piante utilizzano diversi pigmenti, come la clorofilla a, la clorofilla b, e i carotenoidi, il cui più diffuso è il beta-carotene, utilizzato dalle piante arancioni.
Il modello di assorbimento di un pigmento è detto spettro di assorbimento, mentre lo spettro d'azione corrisponde all'efficacia relativa nei processi biologici di una determinata lunghezza d'onda. Se c'è una stretta relazione tra spettro di assorbimento di un pigmento e spettro di azione di un processo, molto probabilmente un particolare pigmento è responsabile di quel particolare processo.
Quando un pigmento assorbe la luce, i suoi elettroni si spostano ad un livello energetico superiore, e possono verificarsi tre fenomeni: a) dissipazione come calore; b) fluorescenza c) può verificarsi una reazione chimica, come avviene per la fotosintesi.
Un pigmento isolato dal sistema di membrane e tessuti presenti in natura non può innescare reazioni chimiche: solo la complessa struttura delle membrane specializzate permette di compiere questo lavoro.
MEMBRANE FOTOSINTETICHE: I TILACODI; STRUTTURA DEL CLOROPLASTO
L'unità strutturale della fotosintesi è il tilacoide, che ha la forma di un sacco appiattito, e nei procarioti può essere componente della membrana cellulare o trovarsi isolato nel citoplasma.
I cloroplasti sono delimitati da due membrane separate da uno spazio. I tilaoidi costituiscono un terzo sistema di membrane, ed intorno ad essi vi è una soluzione densa, lo stroma, l'equivalente della matrice per il mitocondrio. All'intorno dei tilacoidi vi è poi un comparto, lo "spazio del tilacoide" contenente un'altra soluzione.
All'interno dei cloroplasti sono visibili piccole macchie verdi, chiamate grani, che sono pile di tilacoidi, collegate tra loro da membrane. Tutti i tilacoidi di un cloroplasto sono orientati nello stesso modo, per massimizzare la quantità di energia assorbita.
STADI DELLA FOTOSINTESI
Il biologo Blackman scoprì, mediante esperimenti al variare di luce e temperatura, che la fotosintesi si svolge in due fasi, dette convenzionalmente "luminosa" e "oscura" (in realtà l'oscura può avvenire anche in presenza di luce).
Egli notò che, al variare dei due parametri, alcune reazioni della pianta aumentavano di velocità.
Nella fase "luminosa" all'aumentare dell'intensità luminosa aumentava la velocità, indipendentemente dal variare della temperatura. Nella fase "oscura" invece la velocità di reazione variava solamente al variare della temperatura, ed aveva i picchi massimi a temperature tra i 30° e i 40°. Egli intuì, giustamente, che le reazioni dovevano essere catalizzate da enzimi, che si comportano in questo modo al variare della temperatura.
Il primo stadio della fotosintesi, dove viene catturata l'energia, la luce colpisce le molecole di clorofilla a, i cui elettroni salgono di livello energetico, ed attraverso una serie di reazioni il surplus energetico trasforma ADP in ATP, e NADP+ (come il NAD+ ma con un gruppo fosfato al posto del gruppo ossidrile) in NADPH. In questo stadio sono scisse anche molecole d'acqua, che forniscono gli elettroni perduti dalla clorofilla a.
Nel secondo stadio della fotosintesi l'energia di ATP e NADPH viene trasferita in carboidrati semplici, molecole più adatte ad immagazzinare energia. Contemporaneamente si forma uno scheletro carbonioso che permette la costruzione di nuove molecole, con un processo detto fissazione del carbonio.
FOTOSISTEMI
Nei tilacoidi, la clorofilla è ammassata in unità dette fotosistemi, che ne contengono dalle 250 a 400 molecole.
Quando un fotone è assorbito esso passa da pigmento a pigmento fino ad arrivare ad un tipo particolare di clorofilla a, il centro reattivo. A questo punto un elettrone viene spinto ad un livello energetico più alto e trasferito ad un accettore di elettroni. La clorofilla quindi si ossida e si carica positivamente.
Ci sono due fotosistemi: il 1° chiamato Fotosistema I, la cui molecola reattiva è detta P700 perché è il picco di reattività è a 700nm di lunghezza d'onda; il Fotosistema II ha invece un P680.
LE REAZIONI CHE CATTURANO LA LUCE
I due fotosistemi individuati lavorano insieme e contemporaneamente.
L'energia luminosa entra nel fotosistema II, e un elettrone del P680 è spinto ad un livello più alto (rimpiazzato poi dalla scissione di una molecola d'acqua) ed è trasferito ad un accettore primario di elettroni e, passando attraverso una catena di trasporto di elettroni al fotosistema I, crea un gradiente di protoni la cui energia potenziale trasforma ADP in ATP in un processo chiamato fotofosforilazione. Allo stesso modo nel fotosistema I, l'energia creata dal gradiente barico che si forma per il passaggio di un protone in un nuovo accettore primario, trasforma un NADP+ in NADPH.
La fotofosforilazione è un processo molto simile alla fosforilazione ossidativa che avviene all'interno dei mitocondri.
REAZIONI DI FISSAZIONE DEL CARBONIO
Le reazioni fotosintetiche appena viste hanno il compito di trasformare l'energia luminosa in elettrica, e poi in chimica.
Nel secondo stadio della fotosintesi l'energia viene impiegata per ridurre il carbonio, a partire da anidride carbonica che raggiunge le cellule fotosintetiche attraverso aperture specializzate delle foglie e dei fusti verdi, dette stomi.
IL CICLO DI CALVIN: LA VIA DEL C3
La riduzione del carbonio avviene negli stomi e prende il nome da Melvin Calvin, scienziato che l' ha osservata per primo.
Il processo è analogo al ciclo di Krebs, in quanto il prodotto finale è uguale a quello di partenza, in questo caso il ribulosio disolfato (RuDP).
Ad ogni giro completo una molecola di anidride carbonica viene ridotta e si forma RuDP; tre giri fanno entrare tre molecole di anidride carbonica e producono una molecola di fosfogliceraldeide; con sei giri completi si produce l'equivalente di una molecola di zucchero a 6 atomi, come il glucosio. L'equazione complessiva della reazione è:
6 RuDP + 6CO2 + 18 ATP + 12 NADPH + 12 H+ + 12 H2O -> 6 RuDP + glucosio + 18 Pi + 18 ADP + 12 NADP+
LA VIA DEL C4
Nella maggior parte delle piante il primo passo per la fissazione del carbonio è il legame dell'anidride carbonica con il RuDP ed il suo ingresso nel ciclo di Calvin, ma in alcune piante CO2 viene prima legata con il fosfoenolpiruvato (PEP) formando l'acido ossalacetico. L'anidride carbonica ad esso incorporata viene poi trasferita al RuDP ed entra nel ciclo di Calvin.
Nelle piante C4 il legame che unisce CO2 a PEP è catalizzato dalla PEP-carbossilasi. L'acido ossalacetico che ne deriva viene infine trasformato in acido malico oppure aspartico, per poi passare alla guaina vascolare della cellula dove viene decarbossilato a CO2 e acido piruvico.
Perché alcune piante utilizzano un sistema così dispendioso? Principalmente per il fatto che la PEP-carbossilasi ha maggior affinità con CO2 rispetto alla RuDP-carbossilasi, e riesce ad agire adeguatamente anche a concentrazioni di CO2 basse, che si possono avere in caso di aria ristagnante.
Un'altra spiegazione è che le piante che vivono in ecosistemi aridi hanno un'apertura degli stomi molto minore delle altre, per evitare una eccessiva traspirazione, ed il sistema PEP-carbossilasi permette un adeguato afflusso di CO2 nonostante la scarsa apertura degli stomi.
I PRODOTTI DELLA FOTOSINTESI
La fosfogliceraldeide, lo zucchero a tre atomi prodotto dal ciclo di Calvin fornisce 1) la fonte di energia per tutti i sistemi viventi e 2) lo scheletro carbonioso fondamentale per tutte le molecole organiche.
Le molecole di fosfogliceraldeide servono spesso per fabbricare glucosio o fruttosio, i quali a loro volta vengono utilizzati per fabbricare amido e cellulosa o saccarosio dalle piante, oppure vengono immagazzinati dalle cellule animali come glicogeno.
Tutte le cellule usano gli zuccheri come sostanza di partenza per sintetizzare altri carboidrati, lipidi o basi azotate, e, soprattutto come fonte di energia (ATP).
Appunti su: processi energetici della cellula, fosfotrioso deidrogenasi, |
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