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Fino all'Ottocento la pittura ha cercato di tradurre sulle due dimensioni della tela una realtà a tre dimensioni: ha utilizzato la prospettiva e il chiaroscuro per dare l'illusione della profondità e della distanza degli oggetti nello spazio. Non pretendeva di rappresentare lo scorrere del tempo, il movimento se non fissando l'attimo di un gesto o di un'azione.
Tra fine Ottocento e inizio Novecento la rappresentazione esatta della realtà viene sentita come una limitazione alla creatività artistica. Nascono nuovi modi di rappresentare la realtà esterna ed interiore, cambiano i criteri di rappresentazione dello spazio e delle cose nello spazio, si cerca di rendere sulla tela il mutare e lo scorrere del tempo, il movemento il ritmo della vita moderna.
Analizziamo queste rotture con la tradizione attraveso alcuni esempi:
- Monet e l'impressionismo
- Picasso e il cubismo
- il futurismo di Boccioni e Dottori
- l'astrattismo di Kandinsky
Monet e l'impressionismo
Claude Monet (1840-1926) è il principale esponente dell'impressionismo, corrente che abbandona le regole tradizionali di rappresentazione della realtà: Monet dipinge come se frantumasse lo spazio e lo gettasse a manciate sul quadro. I primi visitatori dell'esposizione degli impressionisti del 1874 rimasero sconcertati e i critici scandalizzati: quei quadri sembravano loro un ammasso confuso di pennellate arbitrarie.
Osservando da vicino Impression, solei levant (1873) di Monet: le immagini sono decomposte in una molteplicità di tratti di colore, stesi a rapide pennellate; le figure sono prive di contorni e di rifiniture,. Sembra un abbozzo sommario e approssimativo. Ma proviamo ad allontanare l'immagine: le macchie prendono forma, si riconoscono mentre l'insieme dell'immagine ci provoca impressioni profonde. Percepiamo come cose vive, animate, pulsanti l'atmosfera e la luce nell'aria e nell'acqua. Gli impressionisti hanno capito che all'occhio imano basta dare i suggerimenti giusti prece esso ricostruisca, sulla base della propria conoscenza della realtà le forme.
Lo spazio della pittura impressionista è definito dal gioco dei colori, frazionati in migliaia di tratti accostati e giustapposti. Monet non vuole dipingere il sole che si leva al mattino, ma l'impressione del sole che si leva: per questo non punta ai particolari, ma alla visione d'insieme.
Gli impressionisti dipingono en plain aire per cogliere tutte le vibrazioni della luce, mutevole e cangiante. Monet, nel 1894, dipinge una serie di trenta tele che rappresentano La cattedrale di Rouen in diversi momenti del giorno e in diverse condizioni atmosferiche. Qui l'oggetto è solo un pretesto per cogliere le infinite variazioni di luci e colori, che mutano nel tempo suscitando impressioni sempre diverse.
Picasso e il cubismo
All'inizio del Novecento fioriscono molti movimenti artistici d'avanguardia tra cui il cubismo. I cubisti cercavano di rappresentare la realtà in una maniera completamente nuova, non semplicemente imitando l'oggetto, ma scomponendolo e indagando la sua struttura.
Un altro esempio di rottura con la tradizione che scandalizzò i critici tradizionalisti (anche quelli che ormai si erano abituati alla pittura impressionista) è Les demoiselles d'Avignon (1907) di Pablo Picasso (1881-1973). La superficie del quadro non vuole rappresentare in modo illusionistico lo spazio, ma è uno spazio, in cui si organizza una ricostruzione intellettuale della realtà, con effetti fortemente provocatori per la voluta disarmonia della composizione.
Le cinque donne (di cui due con i volti ridotti a maschere grottesche ispirate all'arte africana) sono rappresentate prevalentemente attraverso linee spezzate, oblique, così come lo sfondo, che non si stacca dalle figure, ma si insinua tra di esse. La deformazione delle figure e dello sfondo è il risultato di un processo di smontaggio e di ricostruzione delle immagini, osservate contemporaneamente da punti di vista diversi.
E' questo il principio fondamentale alla base del cubismo vero e proprio. La scomposizione cubista degli oggetti e la loro compenetrazione con lo spazio circostante viene applicata soprattutto a natura morte, come possiamo osservate in Violino, bicchiere, pipa, calamaio (1912).
Ma Picasso utilizza questa tecnica anche per ritratti di persone, come nel Ritratto di Ambroise Vallard (1910).
Boccioni e il futurismo
Anche i pittori futuristi italiani, che individuano nella velocità una caratteristica del modo moderno, scompongono e ricostruiscono le immagini della realtà per renderne il dinamismo, il movimento.
Osserviamo due opere di Umberto Boccioni (1882-1916).
In Visioni simultanee (1911) una donna si affaccia al balcone, ricevendo l'impatto della vorticosa attività umana della piazza sottostante: il movimento delle persone e dello sguardo deforma lo spazio, le verticali diventano oblique, gli oggetti si compenetrano, i piani si intersecano, realizzando una composizione il cui obiettivo non sono le cose , ma la loro dinamica.
Per Boccioni il movimento di un corpo nello spazio produce un movimento apparente, in direzione opposta, dello spazio intorno al corpo.
Questo principio viene applicato anche nella scultura, come vediamo in Forme uniche nella continuità dello spazio (1913): il corpo in movimento è come una massa elastica, che risulta deformata in modo aerodinamico dal suo rapporto con lo spazio.
Un altro esempio significativo della rappresentazione futuristica della velocità è l'opera di Gerardo Dottori (1884-1977), inventore dell'aeropittura. In A 300 km sulla città (1934) l' aereo in movimento è rappresentato non solo attraverso le tre forme angolari bianche che passano dal quasi piatto all'acuto, ma anche attraverso la deformazione dello spazio, che si incurva e prende un andamento a spirale; il moto dell'apparecchio è reso attraverso le differenti disposizioni delle case, corrispondenti alle diverse inclinazioni del raggio visivo nel corso del volo.
Kandinskij e l'astrattismo
La generale tendenza dell'arte del Novecento a superare una rappresentazione 'fotografica' della realtà trova uno sviluppo radicale nell'astrattismo, che abbandona ogni intento figurativo e si indirizza verso una pittura di forme pure, che creano nuovi 'linguaggi', paragonabili a quello della musica, perché comunicano direttamente un'esperienza interiore, non razionale, non mediata dagli oggetti.
Vasilij Kandinskij (1866-1944) arriva all'astrattismo passando attraverso fasi più figurative, in cui però le forme e i colori hanno già acquistato una certa autonomia dagli oggetti che rappresentano.
In Mosca I (1916) non c'è un ritratto della città, ma una sua rielaborazione interiore. Riconosciamo edifici, persone, uccelli in volo, elementi paesaggistici, ma la rappresentazione non è realistica: gli oggetti sono deformati, disposti su piani inclinati che si intersecano, ammassati intorno a un centro informe e luminoso; tutto è avvolto in un turbinio di colori caldi e vivaci, che crea un'atmosfera fiabesca e comunica direttamente un senso di felicità e di speranza.
Mosca I è un quadro preastratto, che contiene ancora elementi figurativi, Ma già da qualche anno Kandinskij aveva avviato un percorso di ricerca diverso, come possiamo vedere nel Primo acquerello astratto del 1910.
La superficie del quadro diventa un frammento di spazio virtuale, in cui si agitano cose che non hanno un nome o una forma nota e precisa, come negli scarabocchi infantili, che riflettono una percezione primaria della realtà, istintiva, non razionale; ma le macchie di colore e le linee sottili che le accompagnano si collegano in un sistema dinamico, che crea un universo artificiale di segni che scaturiscono dalle profondità dell'inconscio e trovano eco in quello dell'osservatore.
Nelle opere successive vengono abbandonati gli scarabocchi infantili, le immagini si fanno più complesse, utilizzando anche forme geometriche pure, come il cerchio, il quadrato, il triangolo, e la costruzione diventa più controllata, nella ricerca di linguaggi pittorici nuovi: dal segno allo stato nascente si passa a segni più definiti o formalizzati dalla cultura. Il quadro è un sistema di segni che comunicano direttamente all'osservatore un universo interiore che non è traducibile in parole, in ragionamenti: ci invita soprattutto ad ascoltare gli echi che suscita nel profondo, come la musica. Alcuni esempi: Nel grigio (1919), Composizione VIII (1923), Nel blu (1925).
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