Racconta la storia di Mattia Pascal che, intrappolato in
difficili rapporti familiari, angustiato dai dissidi coniugali e dai debiti, si
vede prospettare un giorno la possibilità di fingersi morto, quando nelle acque
di un vecchio mulino viene ritrovato il cadavere di un suicida, cui viene
attribuita, frettolosamente, complice la moglie e la suocera, la sua identità.
All'inizio egli, prendendo l'identità fittizia di Adriano Meis,
sembra assaporare l'eccitazione della nuova libertà, riuscendo a mantenersi con
una cospicua vincita al casinò di Montecarlo, ma
quando, solo e annoiato dai viaggi, invece di osservare gli altri vivere,
prende egli stesso l'iniziativa, si innamora (della tenera e sottomessa
Adriana) e patisce alcuni affronti (un furto, una sfida a duello), capisce
l'impossibilità di vivere fuori dalle leggi e dalle convenzioni che gli uomini
si sono dati.
Scopre che fare il morto non è una bella professione. Decide quindi di
farla finita anche con la nuova identità, simulando il suicidio di Adriano Meis nelle acque del Tevere.Non
gli rimane che tornare nei paesi d'origine, Oneglia e Miragno,
scoprendo che nessuno lo riconosce più; persino il fratello Berto reagisce
inizialmente con la paura non appena se lo trova davanti. Malgrado siano
passati soltanto due anni, la moglie intanto si è risposata con Pomino, un amico d'infanzia di Mattia; hanno avuto già una
bambina, conducono una vita normale e tutto sommato serena.Arrivato
con propositi di vendetta, Mattia Pascal ben presto
li abbandona, convincendosi della loro inanità; lascia che la moglie e l'amico
vivano in pace il loro menage coniugale, si riprende il vecchio posto
alla biblioteca e qualche volta visita al cimitero la propria tomba,
deponendovi pure dei fiori. Pirandello inserisce, a
conclusione della ristampa del romanzo, un proprio intervento in prima persona,
teso a difendere la propria opera e la propria arte dalle accuse di
cerebralismo e inverosomiglianza affermando che non
solo la vita è più inverosimile della letteratura, ma che è la vita stessa che
copia l'arte.
Il tema principale de Il fu Mattia Pascal è ancora
quello, così caro a Pirandello, dell'identità.
Fuori dalla legge e fuori di quelle particolarità, liete o tristi che
siano, per cui noi siamo noi, caro signor Pascal, non
è possibile vivere. Così dice al protagonista il colto sacerdote don
Eligio Pellegrinotto, lo stesso che lo consiglierà di
scrivere le sue memorie.E questo mi sembra il succo
del libro o, per usare una brutta parola, il messaggio.Chi
non è riconosciuto dalla legge e dalle burocrazie, non esiste. E' il dramma
delle società moderne. La persona che noi rappresentiamo, non è solo una
maschera che ci inchioda in un'esistenza che sentiamo inautentica,
ingabbiandola, a volte, in un inferno senza vie d'uscita. E' ancora questa
maschera che indossiamo nella vita sociale, l'unica che ci permette di
dispiegare, pur con le dovute limitazioni, la nostra genuina personalità. Le
convenzioni sociali, storicamente determinate, sono le coordinate che
delimitano la nostra esperienza vitale, pur creando un doloroso dissidio tra
uomo e società. Pirandello sembra qui anticipare
motivi della psicologia del profondo, junghiana in
particolare.
Il suo romanzo, inoltre, mi ha fatto pensare a certi terrificanti incubi
burocratici del miglior Kafka.
Altri motivi del romanzo sono l'importanza del caso e dell'assurdità nel
condizionare l'esistenza dell'individuo (è impossibile volere estrarre la
logica dal caso, come dire il sangue dalle pietre) e la crisi dell'uomo
che, dopo le teorie di Copernico, non è più al centro
dell'universo (Copernico, Copernico, don Eligio mio, ha rovinato l'umanità,
irrimediabilmente. Ormai noi tutti ci siamo a poco a poco adattati alla nuova
concezione dell'infinita nostra piccolezza, a considerarci anzi men che niente nell'Universo Storie di vermucci ormai, le nostre).Certa critica contemporanea
(De Rienzo, 1997), considera il Mattia Pascal,
il primo romanzo esistenzialista italiano. La narrazione è condotta in prima
persona dal protagonista stesso e molte sono le digressioni che egli fa sulla
tecnica da usare nella stesura delle sue memorie, così da poter parlare di metaromanzo (Cudini,
1999)Mi è sembrato, che, al di là delle profondità filosofiche, il romanzo
abbia un intreccio suggestivo, che avvince il lettore al libro, con momenti di
pura suspense, come ad esempio quando Mattia Pascal
fa il suo ritorno a casa.Naturalmente
non mancano l'ironia, la comicità e l'umorismo pirandelliani.
Dal punto di vita stilistico, trovo la scrittura di Pirandello
piacevole e asciutta, lessicalmente ricca senza
essere barocca, che, se da un lato non indulge a preziosismi letterari,
dall'altro assume spesso il carattere del parlato, del colloquiale, del conversazionale, consentendo alla narrazione una fluidità
ammirevole e innovativa.Pur avendo l'opera di Pirandello un respiro internazionale, i suoi romanzi mi
sembrano riflettere alcune caratteristiche nazionali, che ci permettono di
capire meglio il Paese in cui viviamo.L'incontro con
la morte fu un'esperienza molto precoce per il Pirandello
uomo. Giocando a nascondino con altri ragazzi nel cimitero della campagna di
Caos, finì dentro una camera mortuaria e trovò un cadavere, coperto da un
lenzuolo bianco, disteso sopra un tavolo d'acciaio. A smuoverlo dal terrore che
lo impietriva fu il rumore di svolazzo, tenue ma ossessivo, che arrivava dalla
stanza accanto: due amanti clandestini stavano facendo l'amore e Luigi, dalla
porta aperta, li vide. Forse è per questo imprinting che, nelle opere di Pirandello, Eros e Thanatos vanno
sempre insieme. In quello che può essere considerato il suo capolavoro, il
protagonista è addirittura sospeso tra la vita e la morte, schiavo della
propria libertà e di un'identità che altri hanno costruito per lui. Allora, per
ritornare ad esistere, Mattia Pascal è costretto a morire,
virtualmente, di nuovo.'Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io
sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal'.'Avevo
già sperimentato come la mia libertà, che a principio m'era parsa senza limiti,
ne avesse purtroppo nella scarsezza del mio denaro; poi m'ero accorto ch'essa
più propriamente avrebbe potuto chiamarsi solitudine e noia, e che mi
condannava a una terribile pena: quella della compagnia di me stesso; mi ero
allora accostato agli altri; ma il proponimento di guardarmi bene dal
riallacciare, foss'anche debolissimamente, le fila
recise, a che era valso? Ecco: s'erano riallacciate da sé, quelle fila; e la
vita, per quanto io, già in guardia, mi fossi opposto, la vita mi aveva
trascinato, con la sua foga irresistibile: la vita che non era più per me. Ah,
ora me n'accorgevo veramente, ora che non potevo più con vani pretesti, con infingimenti quasi puerili, con pietose, meschinissime scuse impedirmi di assumer coscienza del mio
sentimento per Adriana, attenuare il valore delle mie intenzioni, delle mie
parole, de' miei atti'. Pirandello, come molti altri scrittori siciliani
- i veristi Verga, De Roberto, lo stesso suo amico Capuana
e molti altri - si allontana dalla sua terra d'origine alla ricerca della sua
strada di scrittore, ma diversamente da loro non vi farà più ritorno. Tuttavia,
quanto più la sua frenetica attività teatrale lo porterà in ogni parte del
mondo, sempre più lontano dalle sue radici, tanto più paradossalmente la sua
arte sembra trarre origine dal fondo oscuro ed arcaico della Sicilia. Come ha
rilevato Sciascia, dal modo stesso in cui i rapporti
sociali venivano vissuti nel mondo della sua infanzia ad Agrigento, Pirandello estrae la sua concezione della realtà umana,
come un continuo, tragico, conflitto tra «forma» e «vita». E Mattia Pascal è l'esemplare testimone di questa assurda condizione
dell'uomo prigioniero delle maschere sociali «di marito, di moglie, di padre,
di fratello e via dicendo», «di tutta quella soma di leggi, di doveri, di
parole», contro cui lotta ininterrottamente, ma inutilmente la «vita». Il
sentimento più interno, più profondo ed autentico che l'uomo ha della vita e di
se stesso, la favilla rapita al sole da Prometeo per farne dono agli uomini (di
cui Pirandello parla nel saggio L'umorismo), mai
troverà «realtà fuori di sé». «Fuori della legge e fuori di quelle
particolarità, liete e tristi che siano per cui noi siamo noi. non è possibile
vivere».Tutta la crisi storica ed esistenziale dell'uomo moderno viene così
rappresentata in un romanzo, che proietta Pirandello
in una dimensione europea (Il fu Mattia Pascal
fu subito tradotto in tedesco), ma al tempo stesso lo isola nel panorama
culturale italiano, tanto da essere stato per molto tempo poco apprezzato dalla
critica, soprattutto sulla scia del giudizio negativo datogli da Benedetto
Croce. Nell'orizzonte della letteratura italiana dell'inizio del secolo,
infatti, Il fu Mattia Pascal si colloca a
distanza sia dal modello dannunziano sia dal Verismo. Quanto diversa appare la
Roma grigia e impiegatizia in cui vive Adriano Meis
dalla Roma esuberante e folgorante del Piacere di D'Annunzio! A
D'Annunzio «scrittore di parole» che ricerca una scrittura preziosa e
spettacolare, Pirandello oppone, (nel discorso
pronunciato, nel 1931, all'Accademia d'Italia per le celebrazioni del
cinquantesimo anniversario della pubblicazione dei Malavoglia ), Verga
«scrittore di cose». Proprio dal Verismo Pirandello
eredita, oltre alla fedeltà al mondo siciliano visto come specchio dell'uomo
moderno, la concretezza della sua scrittura. È il linguaggio comune, «neutro» e
trasandato della vita di tutti i giorni a dar voce alle quotidiane laceranti
contraddizioni dell'esistenza di Mattia Pascal.
Tuttavia ne Il fu Mattia Pascal vengono meno i
criteri di verosimiglianza e di oggettività cari al Naturalismo: a narrare
(alla prima persona, anziché alla terza) è il protagonista frantumato in tre
incarnazioni (il primo Mattia Pascal, Adriano Meis, il redivivo «fu Mattia Pascal»).
Pirandello non può più accettare i canoni veristi:
sono oramai crollate tutte le verità scientifiche assolute; uno «strappo» ha
lacerato il cielo positivistico della società
borghese dell'Ottocento; non più i rigidi e certi rapporti di causa-effetto
regolano la vita dell'uomo, ma il caso. L'uomo si trova ora posto «su
un'invisibile trottolina [.] su un granellino di sabbia impazzito che gira e
gira e gira, senza sapere perché, senza pervenir mai a destino». Ancor prima
che A. Eistein elabori la teoria della relatività (i
lavori sulla relatività generale vengono pubblicati nel 1916), Pirandello rappresenta l'inquietudine del dubbio che
angoscia l'uomo del Novecento nella tragica impossibilità di avere della
realtà, divenuta una e tante insieme, «un'idea, una nozione assoluta». Nuovo è
inoltre lo strumento con cui Pirandello legge e
analizza la tragedia moderna: l'umorismo, che, scomponendo
i caratteri esteriori del reale, individua dietro ogni apparenza il suo
«contrario». «Umoristico» è quindi Il fu Mattia Pascal
nel suo singolare impasto di gioia e di sofferenza, di riso e di pianto, di
comico e di tragico.