Palazzo Valmarana -
Vicenza - (1565)
La medaglia di
fondazione dell'edificio porta incisi la data 1566 e il profilo di Isabella
Nogarola Valmarana, ed è quest'ultima a firmare i contratti per la costruzione
coi muratori nel dicembre del 1565. Tuttavia non vi è dubbio sul ruolo avuto
dal suo defunto marito Giovanni Alvise (morto nel 1558) nella scelta di
Palladio come progettista del palazzo di famiglia. Con Girolamo Chiericati, e
naturalmente il Trissino, nel 1549 il Valmarana aveva sostenuto pubblicamente
il progetto di Palladio per le Logge della Basilica, evidentemente sulla base
di una stima nata sei anni prima, quando Giovanni Alvise sovrintese alla
realizzazione degli apparati effimeri in onore dell'ingresso a Vicenza del
vescovo Ridolfi (1543), ideati da Palladio con la regia del Trissino. E uno
spazio palladiano - la cappella Valmarana in Santa Corona - ospiterà le spoglie
mortali di Giovanni Alvise e di Isabella, su commissione del figlio Leonardo.
Sul sito poi occupato dal nuovo palazzo cinquecentesco, la famiglia Valmarana
deteneva proprietà edilizie sin dalla fine del Quattrocento, che
progressivamente furono accorpate sino a costituire l'oggetto della ristrutturazione
palladiana. L'irregolarità planimetrica degli ambienti discende senza dubbio
dall'andamento sghembo della facciata e dei muri preesistenti. In questo senso
appare evidente quanto l'olimpica regolarità della planimetria del palazzo
presentato nei Quattro Libri sia frutto della consueta teorica astrazione
palladiana, tanto più che l'estensione del palazzo oltre il cortile quadrato
non solo non fu mai realizzata, ma a quanto pare neppure ricercata da Leonardo
Valmarana, che risulta acquisire immobili confinanti piuttosto che proseguire
nella costruzione del palazzo di famiglia. La facciata di palazzo Valmarana è
una delle realizzazioni palladiane più straordinarie e insieme singolari. Per
la prima volta in un palazzo, un ordine gigante abbraccia l'intero sviluppo
verticale dell'edificio: si tratta evidentemente di una soluzione che prende
origine dalle sperimentazioni palladiane sui prospetti di edifici religiosi,
come la pressoché contemporanea facciata di San Francesco della Vigna. Come
nella chiesa veneziana le navate maggiore e minore si proiettano su uno stesso
piano, così sulla facciata di palazzo Valmarana appare evidente la
stratificazione di due sistemi: l'ordine gigante delle sei paraste composite
sembra sovrapporsi all'ordine minore di paraste corinzie, in modo tanto più
evidente ai margini dove la mancanza della parasta finale rivela il sistema
sottostante, che sostiene il bassorilievo di un soldato con le insegne
Valmarana. Piuttosto che da astratte costruzioni geometriche, la logica
compositiva di queste facciate civili e religiose deriva dalla familiarità di
Palladio con le tecniche di disegno, in particolare le rappresentazioni
ortogonali con cui visualizza i progetti e restituisce i rilievi degli edifici
antichi, e che per altro gli consentono un controllo puntuale dei rapporti fra
interno ed esterno dell'edificio.