Mondo
ellenico e mondo ebraico
L'incontro con la cultura greca
fu per l'Ebraismo un momento transitorio, ma estremamente gravido di
conseguenze. La Diaspora e l'impresa di Alessandro
magno favorirono gli scambi culturali fra i greci e gli Ebrei, che si erano
trasferiti sempre più numerosi dalla Palestina nei grandi centri ellenistici.
Soprattutto Alessandria D'Egitto ospitò una ricca e influente comunità una
ricca ed influente comunità ebraica che, pur mantenendosi fedele alla religione
dei padri, aveva tuttavia pienamente assimilato la lingua e i costumi greci, al
punto da non essere più in grado di utilizzare, per il culto privato e
pubblico, i testi sacri nell'originale. Si impose dunque la necessità di
tradurre la Bibbia in greco; ed è probabile che i più antichi saggi di
quest'operazione risalgono alla metà del secolo III a.C.. Verso la fine del
secolo successivo va datata la così detta Lettera di Aristea a Filocrate, scritta per garantire la fedeltà
della traduzione. L'autore, mascherandosi dietro il nome di Aristea, narra come
il sovrano, desideroso di possedere nella Biblioteca di Alessandria un
esemplare greco della Bibbia, avesse incaricato di quest'opera
settantadue dotti, che compirono l'immane lavoro in settantadue giorni. A
lavoro concluso si scoprì che tutti avevano redatto un medesimo testo, che fu
letto alla comunità ebraica e poi consegnato al re. In seguito a questo
racconto leggendario la Bibbia greca è tuttora nota come la Bibbia dei
Settanta. In realtà il lavoro di traduzione del testo biblico occupò almeno
un secolo, e documenta il minore rigorismo della comunità della Diaspora
rispetto agli Ebrei della Palestina. Il testo dei Settanta accoglie infatti
scritti non compresi nel canone ebraico, e altri composti direttamente in
greco.
La destinazione pratica della Bibbia
dei Settanta si riflette nella sua lingua, che è la koiné non
letteraria propagata in tutti i paesi soggetti all'influenza culturale greca,
come dimostra la sua sostanziale coincidenza con i papiri e le iscrizioni di
uso pubblico e privato risalenti alla medesima epoca. Questo tessuto di base
ingloba d'altro canto espressioni che risultavano intraducibili, e per le quali
si ricorse a un adattamento approssimativo del greco all'originale dettato
ebraico. Ciò non toglie che nell'insieme la versione dei Settanta risulti
limpida e scorrevole, ed a volte non priva di eleganza.
Negli estratti giunti a noi del Trattato
sugli Ebrei di Alessandro Poliistore, vissuto tra la fine del II e i primi
decenni del I secolo a.C., si trovano frammenti della tragedia Esodo del
poeta ebraico Ezechiele, sicuramente databile tra III e II secolo a.C., in
quanto utilizza la traduzione dei Settanta e poiché anteriore a Poliistore. I
269 trimetri giambici tramandati permettono di ricostruire le linee generali di
questo singolare tentativo di adattare a un genere letterario tipicamente greco
il racconto della Bibbia. Ezechiele seguiva la traccia della vita di
Mosè, a partire dalla sua infanzia fino all'arrivo del popolo ebraico all'oasi
di Elim, dopo la miracolosa attraversata del Mar Rosso. Comunque Ezechiele si
richiama soprattutto ad Euripide, da cui deriva l'espediente del prologo
espositivo e la tecnica del racconto del nunzio, che riferisce il miracoloso
attraversamento del Mar Rosso; e numerosi appaiono i riecheggiamenti euripidei
a livello stilistico. Me al di là delle consonanze con il teatro classico, la
tragedia dell'Esodo è un documento che testimonia le drammatiche vicende del
popolo ebraico.
Si deve a Filone di Alessandria,
detto anche Filone Giudeo, il più notevole tentativo di giungere ad un
sincretismo fra la cultura greca e quella ebraica, fondendo motivi attinti al
pensiero filosofico della Grecia ed elementi che appartenevano alla teologia
dell'Ebraismo. Nel 39 d.C. egli fu designato alla guida di un'ambasceria dalla
comunità ebraica presso l'imperatore Caligola, per far cessare i soprusi del
governatore Avillio Flacco ai danni degli Ebrei di Alessandria. La missione
fallì; ma dopo breve tempo sia Caligola sia Flacco perirono miseramente, e
Filone riconobbe in tali circostanze la dimostrazione che Dio punisce gli empi,
instaurando un criterio storiografico che verrà raccolto dagli Apologisti
cristiani.