'L'Urlo' di Edvard Munch: l' Espressione della Follia Artistica
Spesso l'espressione artistica viene accomunata a una
certa dose di stravaganza, eccentricità, se non addirittura alla pazzia.
E' quasi un onore, per un pittore,
essere 'toccato' da una scintilla di follia perché ciò lo rende più
libero dagli schemi e indipendente nell'esprimere le proprie emozioni e i
sentimenti. I quadri creati da questi artisti delle volte sono un modo per
esorcizzare quest'angoscia, una maniera per dare forma ai demoni che tormentano
il cuore o per meglio dire dei ponti tra il mondo del buio e quello dei colori.
L'artista ferma sulla tela questo momento disperato dipingendo 'Il
grido' (o ' L'Urlo' che dir si voglia), del quale negli anni
seguenti realizza altre versione e che faceva parte di una complessa narrazione
ciclica.
Con quel grido Munch dà voce alla disperazione del suo animo e del suo tempo,
raffigurando con gelida spietatezza la condizione esistenziale del '900 in uno
stile pittorico crudo e inquietante.
La rappresentazione pone in primo piano un uomo che urla, l'artista stesso, un
corpo lontano da ogni naturalismo, con la testa completamente calva come un
teschio, gli occhi dallo sguardo allucinato e terrorizzato, il naso appena
accennato nelle narici; tutta la figura è mossa dal basso e dalle mani verso la
cavità della bocca aperta, vero centro compositivo dell'opera, dalla quale si
dipartono le onde sonore dei grido, una serie di pennellate sinuose che
innestano in tutto il quadro un movimento concentrico come cerchi nell'acqua,
che contagia la natura circostante, il cielo e il paesaggio. Il corpo è
un corpo 'mentalmente' ondulato e fluttuante nell'aria, di identità
sessuale vaga, proprio come appare la figura nel quadro. Le braccia
raccolte, gli avambracci sollevati, le mani intorno al volto ridotto a un
teschio scarnito con le cavità orbitali vuote, e narici e bocca ribadiscono il
carattere angoscioso della persona.
La spinta dinamica del movimento ad onda domina
l'insieme, incombendo sulla figura, sulla natura, definendo la tipica
deformazione espressionista che,
premendo sulla forma, vuol far sgorgare e liberare l'angoscia interiore,
facendola esplodere con un grido liberatorio.
La figura in primo piano è tagliata in diagonale dalla linea del parapetto del
ponte, di scorcio sulla sinistra, sul quale si allontanano le figure di sfondo,
mentre sulla destra è raffigurato un paesaggio irreale e desolato, un corso
d'acqua sopra il quale un cielo striato di rosso riprende lo stesso andamento
ondulato. Per più di due terzi la superficie della tela è occupata da colori
caldi, dal giallo al rosso; nel terzo residuo il blu è lavorato con tratti profondi
di rosso e di giallo. Fra i chiari e gli scuri c'è violenta contrapposizione.
Le fasce ondulate di colori caldi dei cielo non scaricano la tensione ma la
incoperchiano con una cappa di fuoco di andamento orizzontale. Dunque il quadro
sembra comunicare sensazioni piacevoli ma non è cosi. In antitesi con la
corrente impressionista, l'opera di Munch non si proietta verso l'esterno,
verso la natura , ma si rivolge all'inconscio, all'interiorità della quale
scopre tutta l'incontrollabile violenza emotiva.
Nella rappresentazione che Munch fa della scena non c'è alcun elemento che
induca a credere alla funzione liberatoria e consolatoria dell'urlo, che resta
un grido muto inavvertito dagli altri, dolore pietrificato, che vorrebbe uscire
dal profondo dell'animo, senza riuscirci.
Da ciò si evince che il tema dominante è il dolore, la sofferenza di vivere,
l'angoscia di guardarsi dentro, la disperazione dell'uomo e della natura.