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L'islam




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L'ISLAM



INTRODUZIONE


La religione islamica fu fondata agli inizi del VII secolo d.C. da Maometto, oggi è praticata da circa un miliardo di fedeli ed è diffusa soprattutto nel medio-oriente, escluso Israele, e nell'africa centro-settentrinale.

La parola "islam" significa sottomissione completa ad Allah, dio unico e invisibile. Il seguace dell'islam è definito musulmano, termine coniato dal persiano musliman. La rivelazione divina culmina nella predicazione di Maometto, il profeta per eccellenza e l'ultimo dopo Abramo, Mosè e Gesù. La religione musulmana si presenta come restaurazione e rettifica della religione che dio aveva rivelato ai vari profeti. Considera di Gesù solo la sua natura umana; lo stesso Maometto non si attribuì mai alcuna natura divina, ma solo il ruolo di profeta al quale allah, per mezzo dell'arcangelo Gabriele, avrebbe consegnato la rivelazione divina custodita oggi nel Corano.

I libri sacri per gli islamici sono due:

il CORANO raccoglie i messaggi di dio a Maometto;

la SUNNA raccoglie la tradizione autentica relativa alle parole e alla vita di Maometto.

Nella concezione islamica non c'è spazio per i sacerdoti e per i sacramenti, ma molta importanza è attribuita ai dottori della legge (Mufti per i sunniti e Mullah per gli sciiti), i cui pareri in materia giuridica devono basarsi sui libri sacri. Non esiste neanche un'autorità suprema ritenuta depositaria della verità in materia di fede e di etica. In mancanza di una figura paragonabile al papa nel cattolicesimo, la tradizione musulmana assegna all'intera comunità dei fedeli il compito di custodire i precetti della religione e della retta condotta.

Ogni buon musulmano deve osservare i cinque pilastri dell'islam:

1. professione di fede;

2. elemosina;

3. digiuno nel mese di ramadan;

4. pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita, ma solo per chi può permetterselo;

5. preghiera in direzione della città sacra cinque volte al giorno per i sunniti e tre volte per gli sciiti.



LA PREGHIERA


La preghiera va eseguita cinque volte al giorno nella società sunnita, ma solo tre in quella sciita.

I fedeli, ovunque si trovino, devono interrompere l'attività che stanno svolgendo e, rivolgendosi a La Mecca, compiono i gesti di un preciso cerimoniale; scalzi devono stare in ginocchio su un tappeto che delimita il suolo sacro: pregare a contatto col terreno è un segno di disprezzo.

La preghiera quotidiana viene recitata nella moschea, dove il venerdì, giorno festivo per l'islamismo, si tiene a mezzogiorno il rito solenne; l'ora della preghiera è annunciata dal "faro" (torre annessa alla moschea) dal muezzin.

La moschea più importante si trova naturalmente a La Mecca, al centro del cortile di questo edificio si trova una costruzione cubica larga 10 metri e alta 15, all'interno è custodita la cosiddetta "pietra nera", un meteorite di 30 centimetri di diametro. È considerata come un dono inviato dal cielo ad Adamo dopo essere stato cacciato dal paradiso. Si narra che una volta fosse bianca ma, avendo assorbito tutti i mali del mondo, ha assunto il colore nero.

Oltre a La Mecca sono importanti le città di Medina (dove è custodita la tomba di Maometto) e Gerusalemme (dove il profeta conobbe l'esperienza dell'ascensione ai sette cieli); per gli sciiti assumono importanza altri centri legati ai loro imam.


LE FESTE


Il calendario islamico inizia a contare gli anni dal momento della fuga di Maometto da La Mecca (Egira), è articolato in dodici mesi che al contrario di quelli cristiani non sono legati alle stagioni.

Il nono mese è il mese di Ramadan, periodo più sacro durante il quale (dall'alba al tramonto) i fedeli devono astenersi dal mangiare, bere e avere rapporti sessuali.

La festa più importante è il primo giorno dopo il mese di ramadan.

L'ultimo mese dell'anno offre lo spettacolo solenne del pellegrinaggio a La Mecca: i fedeli devono indossare un abito bianco e recarsi nella città, qui dopo aver fatto sette giri intorno alla moschea principale, baciano la pietra nera e vanno tra le colline nel villaggio di Mina dove sono sacrificati degli animali (festa del sacrificio).



LE CREDENZE


Fra le creature di Allah il Corano cita anche, accanto agli angeli, la schiera dei Jinn, gli antichi spiritelli che, venerati dal paganesimo preislamico come divinità minori, sono stati adottati dall'islam sia come esseri benefici divenuti fedeli di Allah che come pericoloso esercito di demoni, tra i quali Iblis è il minaccioso tentatore degli uomini.

La tradizione islamica prevede il giudizio universale, insieme alla resurrezione, come momento culminante della storia di questo mondo al termine di una serie di cataclismi naturali.

Il paradiso (Adn), precluso agli infedeli e ai malvagi, destinati al fuoco dell'inferno, viene descritto come un giardino di delizie, dove i beati, riconosciuti tali dopo che le buone azioni pesate su una bilancia si saranno rivelate più pesanti di quelle cattive, potranno godere della felicità dei sensi gustando cibi succulenti e allietandosi con la compagnia di incantevoli fanciulle.

La fine del mondo è preceduta dall'apparizione di Dajjal, la Bestia Apocalittica, creatura malefica che regnerà per quaranta giorni prima di essere sconfitta da Gesù, la figura escatologica che possiede fondamentale importanza soprattutto per gli sciiti, capace di inaugurare un'epoca di felicità e di giustizia.



FONDAMENTALISMO E INTEGRALISMO


Il fondamentalismo islamico è un fenomeno che si manifesta con una certa intensità dagli anni 80 e che sta preoccupando il mondo occidentale con le sue manifestazioni terroristiche e anti-occidentali.

L'obiettivo dei fondamentalisti è quello di abrogare tutte le norme sociali e tutti i codici giuridici importati e stabilire e applicare interamente la legge islamica, le sue regole, le sue sanzioni, la sua giurisprudenza e la forma di governo che prescrive.

I fondamentalisti sono gruppi d'opposizione politica, che agiscono con metodi più o meno legali secondo il grado di libertà loro concessa.

Anche da un punto di vista politico le società islamiche sono molte diverse: esistono, per esempio, i musulmani laici, quelli che ritengono che le leggi dello stato devono essere altra cosa dalle leggi islamiche; musulmani moderati politicamente, secondo i quali le leggi dello stato devono ispirarsi alla legge islamica; i musulmani radicali, quelli che dovrebbero essere chiamati fondamentalisti e ritengono che la legge islamica debba essere la legge dello stato.

L'integralismo è quel movimento che mira ad instaurare una società basata totalmente sulla religione islamica, alla quale tutti devono essere sottomessi.




SUNNITI E SCIITI


I sunniti sono la maggioranza dei seguaci dell'Islam (circa l'83%), caratterizzati da una tradizione rituale e dottrinale che si distingue da quella degli sciiti. Il nome deriva dal concetto di Sunna, la tradizione più antica di norme etiche e morali, stabilite sulla base dei detti e degli atti di Maometto noti come hadith e considerati, insieme al Corano, le fonti principali del diritto islamico.

Gli sciiti sono i seguaci della corrente dell'Islam che si distingue da quella dei sunniti per origini e concezioni teologiche. Originariamente il termine 'sciiti' indicava i seguaci (in arabo shiah) del partito di Alì, cugino e genero di Maometto e quarto califfo dell'Islam, considerato come unico successore legittimo del Profeta alla guida della comunità: usurpatori sarebbero dunque i tre califfi precedenti, riconosciuti invece dai sunniti e, con essi, i fondatori della dinastia degli Omayyadi, anch'essi detentori del califfato. Storicamente, il primo gruppo dei seguaci di Alì (assassinato nel 661 d.C.), che in seguito si separarono da lui, fu quello dei Kharigiti.



IL JIHAD


Fra le prescrizioni che mirano a salvaguardare l'integrità della fede vi è anche quella del jihad. Il jihad, che letteralmente significa impegno, sforzo, indica il dovere di convertire alla fede in Allah gli infedeli e, nel caso, di combattere contro di loro la guerra santa. Il corano distingue però tra gli idolatri, che dovevano essere convertiti all'islam o sterminati, e i popoli del libro, ossia gli ebrei e i cristiani, ai quali veniva consentito di continuare a professare la propria fede. lo stesso corano dice: <<Combattete sulla via di dio coloro che vi combattono ma non oltrepassate i limiti, ché dio non ama gli eccessi. Uccidete dunque chi vi combatte dovunque li troviate e scacciateli di dove hanno scacciato voi, ché lo scandalo è peggio dell'uccidere; ma non combatteteli presso il Sacro Tempio, a meno che non siano essi ad attaccarvi colà: in tal caso uccideteli. Tale è la ricompensa dei Negatori. Se però essi sospendono la battaglia, Iddio è indulgente e misericorde.

Combatteteli dunque fino a che non ci sia più scandalo, e la religione sia quella di Dio; ma se cessan la lotta, non ci sia più inimicizia che per gli iniqui.>>

Inoltre la religione islamica assicura a tutti i combattenti caduti per la fede il paradiso, luogo in chiara antitesi con l'inospitale territorio arabo.





















LA SOCIETA' ISLAMICA



LA FAMIGLIA


Nella cultura islamica non troviamo la famiglia coniugale della tradizione occidentale odierna, ma una forma allargata da intendersi come insieme di gruppi legati da rapporti di parentela. Ne deriva, ad esempio, il diritto naturale di intervento delle donne di casa (nonne, zie, cugine) sulla prole, così come delle donne anziane su quelle più giovani.

Il matrimonio e la sessualità sono essenzialmente orientati verso la procreazione e lo sviluppo del gruppo sociale, con un'accentuazione pubblica della stessa sessualità. L'unione sessuale e il matrimonio che la legittima sono fondamentali per la religione islamica e non possono essere lasciati alla sola iniziativa del sentimento e dell'affetto. I bisogni del gruppo passano in primo piano e nelle società musulmane non è la sola attrattiva tra i partner che può decidere del matrimonio.

L'unione degli sposi è concepita essenzialmente come fattore di accrescimento della società, per cui la sterilità diventa fattore di ripudio.

La famiglia è comunque definita la cellula più importante della società islamica.



GLI HAREM


Nell'Arabia antica vi erano alcune zone della casa interdette agli estranei e considerate inviolabili. Il nome di queste zone era harim, oggi sostituito dalla forma turca harem. Nel secolo VII, ma forse in età ancora più tarda, il termine passò ad indicare la parte della casa riservata alle donne e ai bambini e, in seguito, tutte le persone che abitavano nell'harem stesso, in particolare tutte le mogli del padrone. Nell'harem, inoltre, vivevano anche le parenti del proprietario (madre, sorelle, figlie) nonché le sue schiave e le sue concubine, dette, con termine turco, odalische.

A quanto pare gli harem erano ignoti al mondo arabo preislamico, ove le donne sembra godessero di una certa libertà di movimento, anche se a volte si coprivano il volto con un velo detto chador.

Con il diffondersi dell'islamismo la condizione di segregazione della donna venne sempre più rafforzata. Il Corano stabilì che le donne dovessero portare sempre il velo e dovessero vivere nelle zone della casa a loro riservate.

Le dimensioni dell'harem variava a seconda delle possibilità economiche del proprietario e della classe sociale. Anche se il Corano consentiva a un uomo di avere più mogli, nella realtà accadeva che le classi basse e medie tendessero, per ragioni economiche, a praticare la monogamia. In altre parole, il numero delle mogli era direttamente proporzionale alle disponibilità economiche.

L'istituzione dell'harem sopravvisse a lungo nel tempo, ed è giunta alle soglie dei nostri giorni; attorno alla metà del nostro secolo il sistema dell'harem era praticamente sparito nel tempo, quantomeno su larga scala, e continuava a esistere solo presso gli elementi più conservatori della società araba.



LA DONNA

La condizione femminile per l'Islam. In fondo quest'argomento non è che un insieme di paradossi. Perché? Per l'Islam la donna non è altro che una bambola in mano all'uomo, nei paesi musulmani la donna ha meno diritti dell'uomo. Se c'è un'eredità da spartire, le spettano quote minori, la sua testimonianza nei processi vale di meno. Non può decidere di divorziare. Non può viaggiare, guidare, fumare o andare al ristorante sola. Inoltre secondo i fondamentalisti le ragazzine non potrebbero neanche studiare, pena: LA MORTE. Per uscire di casa deve indossare l'hijab, il velo corto che lascia intravedere il loro sguardo, o, in alcuni Paesi, il burka, il velo totale, ed il maghmaeh, l'ampio vestito che non permette di vedere le 'curve' del corpo. Tutto questo perché appartengono al proprio uomo ed a nessun altro e solo da lui possono essere guardate in volto o desiderate fisicamente. In alcuni Paesi ci sono delle eccezioni a queste regole, in quei Paesi che si stanno pian piano occidentalizzando. Un esempio di esagerazione è l'Afghanistan, dove erano al potere i Talebani, dei fondamentalisti, e dove alle donne è vietato persino di parlare alla radio, insegnare o fare le infermiere.

Comunque io prima ho parlato di paradossi, dove? Basti pensare che probabilmente l'Islam non sarebbe esistito se non fosse stato per una donna: Kadija Bint Khuwailid, la moglie di Maometto. Fu, infatti, lei a rassicurare il profeta quando nel 610, avendo avuto più volte le apparizioni dell'Arcangelo Gabriele, egli credette di essere impazzito. Senza contare che fu lei la prima discepola di questa religione. Lo stesso Maometto predicava che l'istruzione era un diritto di tutti (donne comprese) e fu lui a vietare ai musulmani di seppellire le neonate vive, usanza molto diffusa nel VI secolo, quando un padre che non voleva figlie femmine poteva decidere di ucciderle in questo barbaro modo. Inoltre egli invitava ad aiutare orfane e vedove di guerra. Allora, non sono forse questi paradossi?

Sono contraddizioni che ci dovrebbero far riflettere. Ancora. Mesaumer Ebketar è la vicepresidente del parlamento iraniano e per viaggiare nei paesi esteri deve chiedere il permesso al marito. Sempre in Iran, su 280 donne frequentanti l'università, 113 sono state punite per non aver indossato il velo. Ma perché tutto questo? Come possono sopravvivere tutte queste contraddizioni? Bisogna considerare che, anche se da una parte ci può sembrare che Maometto fosse un 'quasi-femminista', dall'altra ci sono degli elementi che ci fanno mettere in dubbio questo fatto. Ad esempio nel corano emergono passi che spingono a considerare inferiore la donna se male interpretati. Quello più noto è: <<Dite alle credenti di abbassare lo sguardo ed essere modeste>>. Questo passo potrebbe far capire che la donna si debba sottomettere all'uomo, mentre magari potrebbe stare ad evidenziare semplicemente la sottomissione delle donne alla religione islamica. Inoltre a queste frasi coraniche si aggiungono gli hadith, ovvero dei detti del Profeta che i suoi seguaci hanno tramandato nel tempo. Uno di essi recita: <<Mai conoscerà prosperità il popolo che affida i suoi interessi ad una donna>> ed un altro, forse quello che colpisce di più, : <<Se il cane l'asino e la donna passano davanti al fedele, ne interrompono la preghiera>>. In quest'ultimo addirittura il cane, l'asino e la donna sono posti sullo stesso piano, tutti e tre elementi di disturbo e fastidio per l'uomo.

A tutto ciò, ancora, si sommano le 'contaminazioni' delle altre culture conseguenti alla diffusione dell'Islam in regioni con tradizioni tribali fortemente radicate. Ad esempio è molto noto il taglio del clitoride, l'organo sessuale femminile che permette alle donne di sentire il desiderio, effettuato affinché queste non provino piacere e così restino fedeli all'uomo a cui appartengono; questo uso, seppure così crudele, è applicato su almeno 50-60 milioni di donne musulmane. Per adesso questa pratica è vietata legalmente solo in Egitto (dal 1997), dove il Consiglio di Stato ha dimostrato che non è incluso nelle leggi coraniche. Naturalmente non c'è traccia di questa usanza negli insegnamenti Maomettani, ma è stata importata quando l'Islam si è sviluppato in Africa, nella zona magrebina, dove era uso comune.

Molti potranno dire: 'Ma è colpa delle donne che non hanno saputo ribellarsi'. Ma ora c'è da chiedersi: 'Come avrebbero potuto?'. Eppure in molte l'hanno fatto.  L'inizio di questa lotta è simbolicamente rappresentato da un avvenimento molto noto: negli anni venti Hoda Sarawi, una ragazza egiziana si strappò il velo dal viso in pubblico, lo gettò a terra calpestandolo ed esclamò: <<La nostra liberazione inizia così>>. E proprio come lei hanno fatto molte altre donne; si sono liberate da quel velo che le imprigionava, vittime di un fanatismo che con la religione non ha nulla a che vedere. Quel velo che ricoprendole le svestiva dell'orgoglio, che le rendeva fantasmi, inconsistenti nella realtà. Senza diritti né libertà. Indossare il burka non significa solo rendersi invisibili, ma soprattutto sentirsi invisibili, senza identità. Ed ancora oggi tante donne si alzano per dire NO a quel detto che dice: Sei figlia di tuo padre finché non diventi la sorella di tuo fratello e poi la moglie di tuo marito.

Proprio per questo modo di considerare la donna, le donne occidentali sono un po' spaventate da tutto ciò che riguarda la religione islamica; così quando qui, in occidente, un uomo musulmano sposa una donna, ad esempio, europea (gli uomini possono farlo, le donne non possono sposare non-musulmani) sorgono dei problemi, che purtroppo molte volte riguardano i figli. Quando, infatti, una coppia mista decide di separarsi, 9 volte su 10 i bambini sono affidati alla madre e 9 volte su 10 la madre deve fare i conti con un ex-marito che rivendica il possesso dei figli ed è pronto anche a rapirli. A volte è perfino la famiglia del marito che interviene ricercando la donna e convincendola a tornare a casa per evitare che si risposi ed i figli abbiano un altro padre. Cosa che non succede nei matrimoni tra musulmani. Infatti quelle rare volte che avviene un divorzio (sempre deciso dal marito) i bambini vengono affidati alla madre, ma sono sotto la tutela del padre. In altre parole la madre li deve crescere, nutrire e vestire, il padre (e lui soltanto) decide se farli studiare, viaggiare., perché per ogni cosa ci vuole la sua firma.

Inoltre è anche permessa agli uomini la poligamia: un uomo può avere fino a quattro mogli. Anche se questa non è molto praticata (chi può mantenere quattro mogli così facilmente?) rappresenta un problema perché a volte gli uomini ne approfittano facendo credere a delle giovani ragazze che sono intenzionati a sposarle per poi abbandonarle dopo averne abusato. In questo modo alcune ragazze vengono lasciate incinta per le strade e sono costrette a chiedere l'elemosina o a prostituirsi. A volte trovano rifugio in famiglie disponibili ad aiutarle, ma le famiglie sono poche e le ragazze madri tante.

Eppure, nonostante ci sia un 'Codice della Famiglia', cioè un insieme di leggi che definiscono i ruoli di ogni individuo all'interno della famiglia, anche qui le donne hanno saputo ribellarsi, come ad esempio l'olimpionica Hassiba Boulmerka, campionessa mondiale nel 1995, condannata dal FIS (Fronte Islamico di Salvezza) perché corre a gambe nude (cosa del tutto comune per noi), o Khalida Messaudi, condannata, sempre dal FIS, per essersi opposta al Codice.

Ma non pensate che la situazione sia così tragica dappertutto, né che tutte le donne si ribellino a quel velo, simbolo della loro sottomissione, imposto dalla loro religione. Molte fedeli musulmane si sentono quasi protette, serene, sotto l'ala della loro religione. Paola Moretti, 47 anni, da 24 si è convertita alla fede islamica e dice: <<La mia religione mi ha dato grande pace: come musulmana mi sento protetta. Da Dio, da mio marito, dalla comunitàMa questo non fa di me una persona poco indipendente, anzi>>. La signora Moretti è anche sposata con un islamico, anche se bisogna comunque ricordare che lei fa parte del Centro islamico di Milano e quindi vive in Italia, non in Algeria o in Afghanistan dove la religione per le donne del popolo è una condanna.  Ancora un'altra testimonianza la possiamo ritrovare nelle parole di Farida Ahmed, 37 anni, musulmana dalla nascita venuta in Italia e non più tornata nel suo paese: <<Il mio abbigliamento islamico è un modo per affermare la mia identità>>. Ma questi sono comunque due casi particolari, casi in cui la religione non comanda sulla vita di una donna nella maniera così cruda come può essere per un'algerina o un'afghana. Molto spesso in questi Paesi le donne non si ribellano perché si sentono al sicuro tra le braccia della loro religione in quanto sicure che i fondamentalisti non gli faranno nulla se ubbidiscono, o sono così ingenue (perché non hanno potuto studiare) da non conoscere nemmeno l'idea di donna libera ed indipendente. E le così dette "Grandi potenze" solo ultimamente stanno rispondendo al loro appello, in quanto prima sembravano cieche di fronte alla situazione drammatica in cui erano imprigionate queste donne.

MAOMETTO



LA VITA


Maometto nacque a La Mecca nel 571 d.C.

Rimase presto orfano e venne preso in custodia dallo zio, povero ma rispettato.

La Mecca era un centro carovaniero e così il ragazzo imparò il mestiere del suo tutore e divenne un mercante. Maometto era rispettato da tutti per la sua generosità e disponibilità verso gli abitanti.

All'età di 23 anni venne mandato dallo zio a guidare in Siria la carovana di una ricca vedova, questa, di 15 anni più vecchia di lui, gli chiese di sposarla e Maometto accettò.

Mentre era in meditazione in una grotta del monte Hira, oggi considerato il giorno 27 del mese di Ramadan, gli apparve l'arcangelo Gabriele il quale gli annunciò che Allah lo aveva scelto come profeta e gli fece le rivelazioni oggi raccolte nel Corano.

La prima convertita fu la moglie che credeva ciecamente a ciò che il marito le aveva raccontato. Maometto diffuse il messaggio di Dio dapprima tra gli amici più intimi e poi tra i membri del suo clan. Man mano che i seguaci aumentavano predicava più liberamente alla Mecca e nelle comunità vicine. I Meccani però non accettavano che qualcuno attaccasse i loro dei e le loro tradizioni, così cominciarono una campagna di persecuzione contro il profeta e i suoi seguaci. Quando l'oppressione divenne insopportabile Maometto consigliò di lasciare La Mecca e di dirigersi verso l'Abissinia.

Nel 662 d.C. alcuni convertiti di Medina offrirono a Maometto la possibilità di trasferirsi nella loro città (Egira). A Medina Maometto istituì una città-stato e stipulò accordi con le comunità circostanti.

I Meccani si prepararono quindi alla battaglia e un esercito di 1.000 uomini si scontrò nella pianura di Badr contro 313 Medinesi male equipaggiati. Nonostante ciò, dopo una sanguinosa battaglia, Maometto nel 624 venne dichiarato vincitore.

L'anno dopo i Meccani tornarono all'attacco, ma questa volta non ci fu vincitore: l'esercito di La Mecca si ritirò e promise di tornare l'anno successivo.

I Meccani si allearono con varie tribù e misero insieme un poderoso esercito di 10.000 uomini. I seguaci di Maometto invece scavarono un fossato intorno alla città: l'esercito nemico rimase totalmente disorientato e, dopo vari infruttuosi assalti, si ritirò.

Nel 628 Maometto stipulò un accordo con i Meccani, da quel momento poté dedicarsi completamente alla diffusione dell'islam. Nonostante la tregua, i Meccani continuarono ad aggredire i musulmani, Maometto allora inviò, nel 630, un ultimatum alla città di La Mecca: se il patto non fosse stato rispettato sarebbe stato considerato sciolto. I Meccani decisero di considerare sciolto il patto e formarono un nuovo esercito, ma preferirono ritirarsi quando si trovarono di fronte a quello dei musulmani formato da 10.000 uomini.

Nel 631 d.C. Maometto tenne il suo Discorso d'Addio a 124.000 fedeli che si erano raccolti nella valle di Arafat.

Dopo alcuni mesi, nel 632, si ammalò e morì all'età di 61 anni.

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