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L'interpretazione 'europeista' di Mirella Bentivoglio (1985)




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L interpretazione 'europeista' di Mirella Bentivoglio (1985)




Qualche mese più tardi, Mirella Bentivoglio torna ancora una volta ad occuparsi di Regina con un articolo molto interessante pubblicato sul numero di settembre di «Terzoocchio accompagnato da riproduzioni fotografiche della Bambina, de La donna e il fiore (didascalizzata come Maschera), del Paese del cieco, di Fuga di rettangoli e cerchi e infine di una pagina del Linguaggio del canari- no. Anche in questo caso è evidente come la predilezione della Bentivoglio, tra le opere di Regina, vada agli esperimenti pittorico-poetici degli ultimi anni; tuttavia, in questo caso, l'artista-critica pro- pone preliminarmente una interessantissima analisi delle opere futuriste reginiane, lette attraverso la lente costituita dalla mostra newyorchese The planar dimension , che nel 1979 aveva indivi- duato nell'arte europea compresa tra 1912 e 1 32 un intero filone di scultura per così dire 'grafica' e appunto 'planare', laminare, contrapposta alla scultura volumetrica della tradizione; ed è proprio in questo senso che la Bentivoglio accosta l'opera reginiana non solo a questo o a quell'autore (come già avevano fatto in molti: chi a Gargallo e chi a Calder, chi a Gabo e chi a Pevsner), ma addirittura - e più conseguentemente - ad una più articolata e complessa concezione della scultu- ra che riguarda tutti quegli scultori che anche dopo la Prima guerra mondiale hanno voluto rimane- re fedeli al verbo avanguardistico, e che per lo più lo hanno interpretato - anche per reazione alla massiccia volumetria delle opere realizzate all insegna del rapel à l'ordre - proprio nei termini di una negazione dei concetti tradizionali collegati alla scultura, affidandosi per contrasto alla dimensione planare491:


La sua produzione scultorica [sic] esclude ogni ricorso alla volumetria intesa come pienezza materica. La forma è «allusa» mediante superfici aperte: fogli metallici, o lastre di resina acri- lica, o carte, che costituiscono le epidermidi di sculture costruite col materiale più rarefatto: l'aria.

Questa particolarità della sua opera può venire relata al costruttivismo russo, su cui la scultri- ce presumibilmente dovette fermare la sua attenzione: si vedano le opere di Vladimir Tatlin dal ' 4 al 1 , e soprattutto la testa di Naum Gabo ritagliata in fogli metallici, del ' 6- 17. In luogo della risoluta, netta solidità strutturale di queste sculture, troviamo nelle opere di Regi- na che sembrano derivarne, una tendenza al fantastico e all'ironico [.].

Riscontriamo inoltre in queste sintesi plastiche di Regina un'impaginazione spaziale total- mente disinibita [.] la nostra artista libera nello spazio le sue sculture in latta, alluminio, o carta, senza alcuna preoccupazione di punti di riferimento con piani contenitori.



Poi, la Bentivoglio prosegue nell'analisi del Paese del cieco (a proposito del quale insiste natural- mente - date le sue preferenze e la sua impostazione critica - sulla questione della fusione tra arte e parola) e dei lavori degli anni Cinquanta infine, prima di suggerire un parallelo tra l opera regi- niana e quella di un'altra ex-futurista come Maria Ferrero Gussago, e ancora tra le opere scultoree e le opere poetiche dell artista pavese, l'autrice si sofferma sul geometrismo dei lavori del periodo concretista, con valutazioni che vale la pena citare soprattutto perché contribuiscono a chiarire, anche stavolta, l'orizzonte comunque 'di genere' con cui la Bentivoglio guarda all'artista pavese: infatti, citando tra l'altro Hauser e la sua Storia sociale dell'arte, la critica attribuisce tale predilezio- ne reginiana per la geometria ad una sorta di innata caratteristica del femminile, perché a suo av- viso


Prevalente nell'opera femminile è l'acquisizione sensibile del dato geometrico, contro il bio- morfismo più spesso insistito nella sfera operativa maschile.

Hauser, nella sua storia sociale dell arte, fa risalire la costante geometrica femminile fino al neolitico. In un certo senso, la tessitrice di stuoie e la decoratrice di vasi di creta costruiscono geometrie come il ragno .]; ubbidiscono a impulsi ritmici, visualizzano rapporti; mentre il maschio propenderà piuttosto per la ri-creazione, la presa di possesso, la trascrizione grafica del dato otticamente percepito [.].

Al di là della particolare prospettiva, che orienta pesantemente certi giudizi (Mondrian è uomo, ep- pure difficilmente si potrebbe immaginare una pittura più geometrica della sua), la lettura della Bentivoglio è davvero interessante, perché per la prima volta - e forse anche l'ultima - Regina vie- ne davvero messa in connessione con l'universo pienamente internazionale di questa 'scultura planare', grafica, bidimensionale: certo non è facile sostenere che Regina abbia effettivamente conosciuto le opere di Gabo e Tatlin in epoca così precoce (ovvero ancora negli anni Venti, se già nel 1931 espone i suoi primi pezzi laminari), ma è altrettanto vero che la sua opera mostra contatti evidenti con tanta scultura europea coeva, o comunque solo leggermente precedente. Anche su tali questioni si tornerà nel quarto capitolo.



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