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L'etnoscienza negli stati uniti




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L'ETNOSCIENZA NEGLI STATI UNITI


Nella metà del'900 venne a svilupparsi un indirizzo noto come "etnoscienza" o "antropologia cognitiva" che prevedeva la ricostruzione del modo in cui una cultura organizza la conoscenza del proprio mondo sul piano linguistico,percettivo e categoriale.

Lo studio del "pensiero primitivo" è un tema che percorre l'intera storia dell'antropologia .

I primi ad affrontarlo furono i vittoriani tramite lo studio di fenomeni soprannaturali come il totemismo,la stregoneria,i miti.. e cercarono di trovare di stabilire sia le affinità sia le differenze tra i "popoli civilizzati" e i "popoli selvaggi". Ma nessuno di questi studiosi si interessò dei meccanismi cognitivi che determinano variazioni e continuità nel modo in cui individui appartenenti a culture diverse entrano in rapporto con la realtà di cui hanno esperienza. Mentre gli studi dei meccanismi cognitivi è da ricondursi agli studi effettuati da Rivers e i suoi collaboratori ma questi studi non ebbero seguito.

A partire invece dal 1950 si fa avanti una nuova corrente di ricerca: " l'etnoscienza": con un termine composto dal prefisso etno- e la seconda parola che oltre a scienza può essere biologia,botanica,geologia etc , in modo che si possono definire sempre nuovi significati (es etnobiologia). Negli USA 2 studiosi Sapir e Whorf nel 1930 avevano rivolto la loro attenzione alle relazioni tra struttura grammaticale della lingua e visione del mondo di una data popolazione. Per Boas al contrario di loro la differenza tra mentalità "primitiva" e quella dei "civilizzati" era da mettere in rapporto col fatto che mentre questi ultimi avevano già una lunga tradizione di forma scritta sistematizzata ,i popoli primitivi non avevano avuto la possibilità di fissare la propria.

Per Boas popoli come gli eschimesi o indiani avevano le stesse facoltà mentali e la stessa possibilità di ragionare dei popoli civilizzati ma il fatto che essi non possedevano forme di ragionamento astratto come la

scrittura rendevano questi popoli agli occhi degli occidentali privi di logicità. L'etnoscienza è un settore fortemente influenzato dalla linguistica. L'idea fondamentale che sottostà alla possibilità di un'etnoscienza è quella per cui ogni cultura non costituisce tanto un insieme di "usi" e "costumi" quanto un sistema di pensiero formato da elementi :concetti e gruppi di concetti interrelati tra loro che servono come "mappa di orientamento" per il comportamento di quanti ne fanno parte a quella determinata cultura. Quindi l'etnoscienza è un tentativo di comprendere i principi di organizzazione che stanno alla base del comportamento: l'oggetto di studio non sono i fenomeni di tipo materiale di una cultura ma il loro modo di organizzarsi. Come dice l'opera di Tyler " Le culture non sono fenomeni materiali,bensì organizzazioni cognitive di fenomeni materiali". I termini ETICO e EMICO indicano 2 prospettive d'analisi diverse. Mentre la prospettiva etica dà valore alle teorie dell'osservatore ,quella etnica dà valore al punto di vista dell'osservato. Gli etnoscienziati privilegiano il cosiddetto " punto di vista emico" che valorizza l'applicazione delle categorie scientifiche dell'osservatore. Un tipico studio "emico" è l'esplorazione degli ambiti semantici di una tale cultura ossia gli ambiti di discorso nel quale gli enunciati acquistano senso solo nel sistema complessivo delle relazioni con gli altri enunciati. I sistemi per indicare i colori o sistemi di classificazione della specie vegetale etc sono tutti "ambiti semantici" che vengono esplorati per coglierne le relazioni in ambito semantico. La prospettiva "emica" è stata criticata da coloro che non considerarono valido considerare il punto di vista dell'indigeno. Le regole emiche come disse Harris non avrebbero nessun valore esplicativo ma solo le regole "etiche" formulate dall'antropologo possono considerarsi "logicamente conclusive"e ci servono per capire la cultura del popolo da noi analizzato. Per quanto riguarda invece l'analisi dei campi semantici una delle tecniche elaborate è l'analisi componenziale dei termini di parentela sviluppata da Goodenough e Lounsbury che partono dall'idea che le terminologie di parentela formano dei domini semantici al cui interno i singoli termini acquistano significati particolari a seconda che siano pensati in contrasto o in relazione gerarchica rispetto ad altri termini dello stesso dominio. In italiano i pronomi "io,tu,lei,voi,loro" si relazionano in base a criteri distintivi di persona (prima, seconda,terza) genere e numero. Questi elementi distintivi costituiscono le COMPONENTI di questa analisi componenziale in quanto si configurano come "valori semantici".

La relazione può essere di tipo CONTRASTIVA es nonno /nonna = masch vs femm dal punto di vista del sesso o dal punto di vista generazionale es : padre/figlio. Ma questi componenti "nonno,nonna,padre,madre,figlio,figlia.." sono tutti collegati da un sistema di parentela ovvero una relazione gerarchica .I sistemi di parentela offrono una vasta gamma di variazioni e ancora di più ne offrono i sistemi di classificazione vegetale ed animale.

L'etnoscienza quindi è un sapere "relativistico" tuttavia ci sono stati tentativi di produrre una prospettiva generalizzante allo scopo di identificare une regolarità nei meccanismi appartenenti a una cultura.

Per es . a questo proposito una di queste teorie generalizzanti può essere considerata quella dei colori di base di cui il libro Basic Color Terms indica che qualunque sia la "complessità" di una cultura di un determinato gruppo umano esso possiede una gamma limitata di termini-base per indicare i colori: da un minimo di 2 ad un massimo di 11. Per termini di base di intende quei fenomeni di percezione cromatica : per es rosso è un termine di base perchè non si riferisce ad altri colori mentre "scarlatto o ruggine" no perché si riferiscono a rosso,colore base. La differenze di complessità dei sistemi terminologici sarebbe riconducibile a un differente grado di organizzazione sociale: più un gruppo è semplice,più la sua terminologia cromatica sarà ristretta .Infatti la terminologia di un popolo dipende dalla complessità del sistema socio-culturale ma anche dal posto in cui si vive (es. gli Eschimesi hanno 40 modi per dire "neve" ".

Ci sono tuttavia delle osservazioni che riguardano la relazione tra terminologia dei colori e variazioni che si registrano tra gruppi umani in ambienti diversi. Es. gli abitanti vicino all'Equatore hanno una terminologia limitata perché avendo una pigmentazione scura della retina non percepiscono dei colori che chi possiede una pigmentazione inferiore percepisce. Molti invece hanno insistito sul fatto che il sistema percettivo di una popolazione è influenzato dalle determinanti culturali e non ambientali (come l es precedente).

Questa critica culturalista spiega che i colori non sono percepiti solo a livello fisico-percettivo ma possono essere percepiti prima di tutto come "caldi" o "freddi" o "secchi" o "umidi" . Inoltre la percezione di un colore può variare in base all'individuo e a caratteristiche come l'età,il sesso e lo stesso contesto di riferimento. La posizione dei "culturalisti"si riassume dichiarando che solo alcune percezioni cromatiche sono individuate come fondamentali o basic,e funzionano come significanti cioè portatori di sistemi di informazioni. Al di là delle critiche che possono essere rivolte all'etnoscienza sia per la sua versione relativistica che quella generalizzante,rimane ad essa il merito di aver prodotto studi rilevanti per la conoscenza di "sistemi di pensiero" e del problema del significato.


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