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Le origini del Buddismo e differenze tra cultura Orientale e cultura Occidentale
Il VI sec. a.C. è caratterizzato da una profonda differenziazione tra la civiltà occidentale e orientale; infatti, diversamente dalla filosofia greca che ha come principale oggetto di ricerca la conoscenza della natura e delle sue forze, la speculazione orientale in particolare quella indiana, si concentra soprattutto sui problemi esistenziali e religiosi. Essa concepisce la conoscenza in funzione della salvezza o della liberazione dell'uomo. Mentre Grecia e Roma giacevano ancora nella preistoria, in India si sviluppava la corrente dell'Induismo, la cui dottrina più antica è contenuta nelle parti antiche dei libri sacri del RIS VEDA, risalenti presumibilmente intorno al 300-200 a.C..
Sempre in India verso la fine del VI secolo a.C., quando il pensiero greco era ai suoi albori, Buddha, traendo spunto da una meditazione sul dolore (più precisamente sulle quattro sofferenze fondamentali della vita: nascita, vecchiaia, malattia e morte), dava origine a una delle più notevoli religioni filosofiche della storia: il Buddismo.
In Cina invece visse e pensò nello stessa secolo Lao Tzu, autore della dottrina del Tao, opposta a Confucio (551/479 a.C.) fautore di una saggezza politica e di tradizione. Anticamente le fonti dell'Induismo sono i Veda, raccolta di antiche scritture composte da anonimi saggi e Vid, significa vedere.
Attraverso la meditazione, infatti, i saggi si ponevano nelle vesti di veggenti.
I Veda costituiscono una specie di 'Bibbia' dell'Induismo.Le masse indiane, invece, non hanno tanto ricevuto l'insegnamento tramite questi scritti, quanto attraverso racconti popolari, raccolti in poemi epici; ad esempio il canto del beato (Bhagavad-Gita).
Tale sistema vedeva il vertice della società il clero, costituito dalla casta dei Brahamane. Tuttavia la crescente corruzione del clero aveva favorito l'affermarsi di asceti e liberi pensatori che ripudiavano gli insegnamenti tradizionali; Nigantha Nattaputta ad esempio fondò il Giainismo.
Fu a causa di quel clima che il giovane Shakyamuni, invece di rivolgersi alla religione tradizionale dei Brahamani, praticò con due noti maestri Yogi del tempo, pur rimanendo insoddisfatto dei loro insegnamenti. Decise allora di dedicarsi alla via dell'ascesi nel bosco di Urvela; si rese conto però che l'ascetismo era altrettanto inadeguato dell'abbandono al piacere dei sensi per giungere alla verità, ed approdò alla visione della 'via di mezzo ' che caratterizza il Buddismo. Una concezione basata su una profonda saggezza che non separa il corpo dalla mente, ma sa comprendere ed abbracciare tutti gli aspetti dell'esistenza.
Il concetto pratico è orientato a conoscere la via che permetta all'uomo di salvarsi dal dolore che gli deriva dall'essere inserito nel flusso dell'esistenza: finchè l'uomo pensa di essere separato dall'ambiente naturale, resterà sempre irretito nella trama dell'esistenza e del dolore.
Emblematico argomento è la legge del 'karma', concetto tipicamente indiano. Barman, significa 'azione'. E tale legge non esaurisce i suoi effetti neppure con la morte dell'individuo; secondo l'Induismo le nostre azioni e le nostre parole producono effetti duraturi.
Mentre ha inizio il processo di decomposizione, permane un corpo sottile che non muore, ma è in grado di iniziare una nuova vita reincarnandosi in un altro corpo. La legge del canna vuole che ognuno sconti il male compiuto attraverso le sue azioni nella sua stessa vita o in quella successiva.
E' questo il vero distinguo tra cultura orientale ed occidentale.
Per il Buddismo, infatti è soprattutto importante che l'individuo abbia piena coscienza che la via principale per liberrsi dal dolore dell'esistenza, consiste nel riconoscere l'unità e l'armonia di tutta la natura, uomo compreso.
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