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«L'ANNO ZERO DI UNA NUOVA EPOCA »


"We shall overcome, We shall live in peace, We shall all be free"

Joan Baez


1. Gli USA nel secondo dopoguerra


Mentre i Paesi del blocco sovietico vivono la crisi e le tensioni del dopo Stalin, negli Stati Uniti e nei paesi "sviluppati" dell'Europa occidentale va maturando un periodo di benessere che trova il suo apice nei primi anni '60.

Il dopo guerra ha rappresentato per gli Stati Uniti un periodo di straordinaria crescita economica . Gli Usa non avevano subito danni e alla fine della guerra la loro produzione industriale rappresentava quasi due terzi della produzione industriale mondiale.

Tra il 1946 e il 1960, il benessere della società americana, la quale per le sue nuove caratteristiche viene definita «società dei consumi», si fonda appunto su consumi crescenti: su 50 milioni di famiglie, sono in circolazione 60 milioni di automobili; la televisione e gli elettrodomestici sono diventati di uso comune; si assiste alla costruzione di circa 13 milioni di abitazioni nei sobborghi.

Gli USA rappresentavano il locomotore della crescita, dominando sui mercati internazionali, dove esportavano non solo tecnologie e merci ma anche stili di vita e modelli culturali. A partire dagli anni '60, infatti, l'american way of life cominciò ad affermarsi in tutti i Paesi occidentali.


2. L'Europa e l'Italia


La priorità maggiore per i paesi europei era di riprendersi dalla guerra, e i record economici raggiunti in breve tempo fecero parlare di «miracolo economico», sia per l'Italia che per la Germania, la Francia e la Gran Bretagna, cioè per quei paesi che, seppur colpiti pesantemente dalle distruzioni belliche, rilanciarono le loro economie in pochi anni e a ritmi intensi.

Circa le contraddizioni di questo sviluppo, c'è da notare che esso non avveniva in modo uniforme, causando fenomeni consistenti di emigrazione, che da un lato lasciavano all'abbandono intere regioni, specie le loro zone interne, dall'altro rendevano problematica la vita nelle città dove i servizi non erano sufficienti per soddisfare le nuove esigenze. A tal proposito è emblematico il caso italiano, caratterizzato da un profondo divario tra il Nord in crescita e il Sud arretrato; le regioni meridionali vivevano di conseguenza in forma drammatica il fenomeno dell'emigrazione.

Era stato introdotto, poi, il meccanismo di una corsa a "consumare" di più, che creava continuamente nuove esigenze. Per esempio, nacque allora il turismo di massa, con le colonne di macchine dirette nei luoghi di villeggiatura. Ciò, oltre a creare ansia e ad allontanare da altri e più solidi valori, spingeva a guadagnare di più e rendeva spesso le retribuzioni delle famiglie insufficienti.

Già a partire dagli anni '50 maturano nel profondo della società nuove idee. La società borghese aveva affermato i valori del successo personale, dell'arricchimento e della supremazia del denaro su tutto il resto; il futuro sarebbe stato sempre più radioso, con l'espansione del capitale e della tecnologia. Ma molti settori sociali, nei paesi sviluppati, o ne erano esclusi o non si riconoscevano in questo modello, entro cui si sentivano "disadattati", incapaci di integrarsi.

Inizia, dunque, nell'Occidente industrializzato un movimento di distacco dei giovani da una società che viene vissuta come il regno della noia, della smania consumistica e del vuoto di idee. La generazione del baby boom, la prima a crescere nell'incubo della catastrofe nucleare, ritira la fiducia al mondo adulto e tende a costituirsi come universo separato e antagonista. In breve tempo, i modelli degli adulti perdono presa, il sogno americano di approdo a una vita mediamente soddisfatta diventa oggetto di irrisione.


3. La controcultura dei giovani


Espressione di una sostanziale insofferenza verso le regole, la cultura della beat generation è uno dei primi tentativi giovanili di creazione di una controcultura che mira a separarsi dal complesso della società. Il fenomeno beat contribuisce sostanzialmente a fondare il modello di una nuova microsocietà, di una società parallela a quella istituzionalizzata, con un assetto sociale di tipo comunitario fondato sui valori di reciproca solidarietà ed egualitarismo, dove l'«abbandono» del vecchio mondo e dei suoi falsi valori rappresentava una condizione indispensabile per costruire una nuova civiltà. La scelta del vestirsi trasandato, i capelli lunghi, il rifiuto del consumismo, l'ideale di una spiritualità mistica, l'uso delle droghe come forma di allargamento della coscienza rappresentano gli elementi di separazione dal resto della società.


THE BEAT GENERATION


The American young people during the fifties and the sixties felt weighed down by the society, because it succeeded in destroying individual capabilities and it didn't regard human values properly. In fact, in the strained scenery of the Cold War, the young didn't identify themselves in the politics of power and they opposed with all their strength to the new scientific discoveries, used for cruel purposes.

Young students, worker or unemployed, refused contacts with older people, that they considered guilty of having created a power which rose over civil society's requests, as it didn't undertake to solve the fundamental question coming from the base and restricting individual freedom.

The expression "Beat Generation", that was originally used to refer to a close circle of writing friends that included Kerouac, poet Allen Ginsberg, author William S. Burroughs II, and poet-novelist John Clellon Holmes, was coined by one of the most important beat writers, Jack Kerouac, who described his own and his friends' attitude to the American society of the Fifties as "a sort of furtiveness [.] and a weariness with all forms, all the conventions of the world [.] so I guess you might say we are a Beat Generation".

The word "beat" had different connotations: it meant "tired", "dissatisfied", "defeated", but Kerouac added the paradoxical connotations of upbeat, "beatific", and the musical association of being 'on the beat" (in fact it also suggested the idea of the "quick" rhythm of jazz music).

The "beatniks" chose to live estranged from a world which they didn't feel of their own so they sought comfort in a blind faith in God; above all they were in search of new and true experiences that could enable men to perceive the concepts of Time and Space.

Beat Generation's aim was to cerate or to find a transcendent reality in which to believe and which could oust the earthly overtaken by modern science; they were unable to trust in it anymore.

They acted on first impulse, did whatever they felt like doing, explore nudity, sexuality and pushed their senses to the limits of understanding; when they reached these limits, they used to take hallucinogenic drugs and alcohol to expand their world explore new landscapes.

They often attracted attention because they were different, disregarding the conventions of dress and personal cleanliness: in a period in which there was the cult of "masculine" virtues in America, the Beatniks used to wear hair long, grow beards, and wear worn-out jeans; old T-shirts and sandals were their almost standard uniform.

They advocated escapism and created a so-called "underground culture", which included jazz, highly appreciated because of its spontaneous flow and its freedom of expression, poetry and the oriental philosophy of Zen Buddhism.

They had their reference place in the City Light Book store in San Francisco, founded by Lawrence Ferlinghetti in 1953. Here poets and novelist used to read their work in public.

The book which became a testament for the Beat Generation is Kerouac's On the Road, completed in 1951 and published in 1957, that is the symbol of the search of new ideal spaces.

The novel deals with the wanderings across America of Sal Paradise (Kerouac) and his friend (Neal Cassidy) towards an undetermined Promised Land. It is the epic of crazy driving in search of excitement and identity.

The book is more like a travel diary, than a narrative. In fact it has no plot. It is structured in four parts with a short fifth part summing up all the experiences.

Each section describes one of Sal's trips and each begins with Sal in a depressed mood who looks for escape "on the road". There he finds freedom and fun until a disappointing experience makes him return home. Seeking beatitude he is beaten.

What makes the novel different from a picaresque diary is its style; in fact Kerouac's prose in this novel is spontaneous. The writer saw this exposure of feeling as a significant break with the escape from emotion, and the impersonality of the artist as T.S. Eliot defined it. The unsophisticated language used in this novel has been defined "hip talk" (that is "street language"), and identified with the language of jazz musicians in so far as it is based on spontaneity and on mostly monosyllabic words.


4. Il sessantotto


La critica alla società dei consumi e ai suoi rituali, messa in campo dai giovani capelloni del mondo Beat, sopravvivrà come elemento centrale nella rivolta operata dai protagonisti del '68. A differenza dei primi, però, per questi ultimi il rifiuto della società consumistica rinvia a un articolato modello ideologico che si pone l'obiettivo di respingere l'intero sistema capitalistico e la costruzione sociale che su di esso si articolava. In loro non c'è la volontà di isolarsi dal contesto in cui si muovono, ma semmai il desiderio di partecipare attivamente alla costruzione di un mondo migliore. In questo senso, la rivolta comportamentale ed esistenziale viene travolta e superata da una contestazione politica e sociale che travalica i confini nazionali per inserirsi all'interno del movimento planetario che si è via via palesato.

Negli anni Sessanta in America la ribellione esplose nelle università, le prime proteste si ebbero a Berkeley, e si concentrò sul rifiuto della guerra nel Vietnam, iniziata da Kennedy e continuata in modo più massiccio dal suo successore Lindon Johnson, sempre in una logica di contrapposizione al mondo comunista. Nonostante una politica di apertura verso i problemi sociali da parte di quest'ultimo presidente, il prolungato impegno militare in Indocina incontrò una forte contrarietà nell'opinione pubblica americana, specie tra i giovani, per diverse ragioni: il conflitto causava la morte di numerosi soldati americani; l'esercito americano era in crisi nel combattere contro i vietcong, che sfruttavano bene le caratteristiche del loro territorio; l'America era percepita come potenza che aggrediva un piccolo Stato; dunque, la guerra assumeva il significato non tanto della tradizionale contrapposizione dei due blocchi quanto della volontà di dominio di una superpotenza. Le numerose marce e fiaccolate di protesta divennero anche un fenomeno di costume con i partecipanti che si vestivano in modo "anticonformista", facendo dei capelli lunghi il tratto distintivo della loro immagine e che cantavano canzoni di protesta che riecheggiavano nelle numerose manifestazioni di piazza e nei numerosi happening giovanili, come "We shall overcome" di Joan Baez. Questa cantante e Bob Dylan divennero i cantori del pacifismo giovanile. A partire dai Beatles, la canzone era diventata un veicolo privilegiato della comunicazione giovanile e favorì alcuni tra i più grandi raduni dei giovani, come le giornate "peace and love" di Woodstok nel 1969. La musica diventava, dunque, la valvola di sfogo per esprimere la differenza e la distanza dal mondo degli adulti: il rock riesce a parlare ai giovani, sa modificarne i comportamenti o anche incarnarli e esserne testimone.

Questi aspetti di costume   rivelarono un qualcosa in più, che metteva in discussione alcuni valori fondamentali della società e del potere. I giovani chiedevano la pace, come principio imprescindibile nel rapporto tra gli Stati, ma anche di poter partecipare più direttamente alla costruzione della società, di cui rifiutavano l'autoritarismo, il perbenismo, il conformismo. La partecipazione, sarà una parola chiave di questo periodo, portando a concepire la democrazia in modo nuovo, non solo come diritto di voto, ma come possibilità di esprimere le proprie idee, di far sentire le proprie proposte nei vari ambiti della vita sociale, a partire dalla scuola. Divennero mitiche le assemblee studentesche, caratterizzate all'inizio da discussioni appassionate, diventate poi sempre più lunghe e verbose, platee per leaders politici in erba. Comunque da esse si affermò la partecipazione democratica nella scuola, che persiste ancora oggi.

Le idee e le proposte di cambiamento dei giovani, pur non essendo sempre chiare, influirono sensibilmente nel rinnovare il costume, la mentalità e la cultura non solo di quel periodo.

Naturalmente la protesta si diffuse anche in Europa, dove i giovani erano animati dalle stesse idealità e trovarono ugualmente nella guerra del Vietnam un punto centrale di riferimento. Ma essi posero fortemente l'accento anche sul rinnovamento della scuola, per la prima volta vista come problema centrale della società.

I luoghi principali della ribellione giovanile furono le università, frequentate ora anche dai figli della piccola borghesia e delle famiglie operaie e contadine, che, a seguito della crescita del benessere, vedevano nella scuola uno strumento di elevazione sociale.

La prima forte esplosione della protesta si ebbe nel maggio del '68 a Parigi. Giuseppe Mammarella ne spiega le cause: "L'esplosione del maggio francese non nasce da un disegno politico, ma da un moto di ribellione di carattere esistenziale verso il sistema []. Del resto il movimento del maggio viene da lontano e la gestazione della nuova sinistra, iniziatasi con l'opposizione giovanile alla guerra d'Algeria, è stata in Francia lunga e complessa, solo parzialmente alimentata dal movimento di protesta antiautoritario che arriva a Parigi dopo essersi manifestato a Berkeley, a Citta del Messico e a Berlino: più che per obiettivi politici esso si muove in nome di miti e di utopie, trovando la sua spinta principale nella rabbia e nella reazione alla miseria «della vita quotidiana»" .

Da Parigi la protesta dilagò in tutta Europa, anche in Italia dove gli studenti si unirono agli operai, individuando alcuni obiettivi comuni di cambiamento: la rivendicazione del diritto allo studio per tutti con l'abolizione della scuola di classe; il rinnovamento dei contenuti culturali.

Divenne una specie di bibbia "Lettera ad una professoressa" che denunciava il carattere nozionistico, vecchio e soprattutto classista della scuola. Gli alunni che frequentavano a Barbiana la scuola di Don Milani facevano un'esperienza didattica "alternativa", che privilegiava l'uso della parola, la comprensione del presente, il dialogo, le esigenze dei ragazzi di famiglie di operai e contadini. Cioè tutto l'opposto di quello che era la scuola italiana del tempo, che si reggeva su una cultura stantia ed elitaria.

L'unione tra studenti e operai andava oltre l'ambito scolastico e si esprimeva anche con la richiesta di aumenti salariali per mitigare le ingiustizie sociali e con la rivendicazione di contare di più nei luoghi di lavoro come di studio. Quest'ultimo punto divenne centrale, anche nelle fabbriche si affermarono le assemblee sull'esempio di quelle studentesche. Esse servivano a mettere fortemente in discussione l'assetto della società, congelata in vecchi schemi e valori. I protagonisti della rivolta si sentivano poco rappresentati a livello politico ed erano insoddisfatti degli stessi partiti della sinistra, di cui volevano un radicale rinnovamento.

Anche nei paesi dell'est si avvertì il vento della rivolta; in Cecoslovacchia era in corso un'importante esperienza di rinnovamento democratico della società, guidata da Alexander Dubcek. Si trattava di un tentativo, appoggiato soprattutto dai giovani, di "democratizzare" il comunismo e di creare una certa autonomia da Mosca, per mettere fine a quel blocco monolitico nato nel dopoguerra. Ma i carri armati sovietici con brutale violenza misero fine alla "primavera" di Praga e ristabilirono il vecchio ordine, dimostrando l'impossibilità di effettivi cambiamenti nel mondo comunista.

Per gli esiti politici che si ebbero nei vari paesi il sessantotto venne considerato da molti storici "l'anno delle rivoluzioni mancate" . Il giudizio è vero se si guarda agli assetti di potere che non vennero scalfiti negli USA, come in Europa e nei paesi dell'est. Del resto si trattò di una protesta spontanea e impetuosa di soggetti nuovi priva di un organico disegno politico. Ma essa non fu ininfluente sui processi sociali successivi, che videro un rinnovamento della mentalità, l'affermazione di nuovi valori e diritti, l'allargamento degli spazi di discussione e di democrazia.

Da questo punto di vista non si può liquidare il sessantotto come una sterile ribellione momentanea o peggio come l'incubazione per i successivi fenomeni di terrorismo che si diffusero in diversi paesi, tra cui drammaticamente vi è l'Italia. Attraverso quel moto di protesta si sono evidenziate le contraddizioni più serie nella costruzione del nuovo ordine mondiale e l'insoddisfazione per la gestione di un potere distante dai bisogni più profondi dell'uomo.


5. Una guida culturale del '68: Herbert Marcuse


Durante l'età dei totalitarismi, delle affermazioni dei modelli comunisti e più successivamente del trionfo della società tecnologica, si fa sentire la voce degli intellettuali che lavoravano nell'Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, di cui uno dei massimi esponenti è Herbert Marcuse. Molte sono le tematiche che gli intellettuali della Scuola hanno affrontato: innanzitutto il rapporto fra l'autorità e i suoi nessi strutturali con la società industriale moderna; le varie interpretazioni del comunismo sovietico e in particolar modo la condizione dell'individuo all'interno di un sistema economico che pone in serio pericolo la sua libertà.

La Scuola di Francoforte elabora sostanzialmente una teoria critica della società presente, ed esprime un ideale rivoluzionario di un'umanità futura libera e disalienata. Essa intende porsi come un pensiero critico e negativo nei confronti dell'esistente, attraverso modelli utopici che possano scatenare dei mutamenti radicali. Per esprimere in maniera chiara ed efficace le loro concezioni, gli intellettuali di Francoforte hanno utilizzato la filosofia di tre autori fondamentali: Hegel, Marx e Freud. Dai primi due trassero il modello di analisi dialettico e totalizzante; e da Freud invece ereditano il concetto di "ricerca del piacere" e l'utilizzo degli strumenti analitici per lo studio della personalità e dei meccanismi di "introiezione" dell'autorità.

Tra i pensatori legati alla scuola di Francoforte, chi più utilizzò le riflessioni di Freud sulla civiltà fu Herbert Marcuse (1898-1979). Egli fu molto influenzato oltre che dal filosofo della psicanalisi anche da Marx e da Hegel.

In una delle sue opere più note, Eros e civiltà (1955), Marcuse descrive il processo per il quale la società è riuscita ad accrescere la produttività e a mantenere l'ordine solo impedendo all'individuo la libera soddisfazione delle sue pulsioni; ma questa repressione non è insita nella società in quanto tale, ma emerge esclusivamente nella società di classe.

Per Marcuse nell'Occidente si è verificato un surplus di rimozione negli uomini, dovuto al principio di prestazione, che ha represso le richieste umane di felicità e di piacere, cosicché il fine della vita è diventato il lavoro. Tuttavia la civiltà della prestazione non ha potuto far tacere gli impulsi primordiali verso il piacere, il cui ricordo è conservato dall'inconscio e dalle sue fantasie. Attraverso la memoria c'è il "ritorno del represso" che ha trovato nell'arte una della sue forme caratteristiche, in quanto riesce ad esprimere irrazionalmente il desiderio umano di libertà; inoltre per quanto riguarda la dimensione estetica, sono molto significative le figure di Orfeo e di Narciso, in quanto rappresentano i simboli della ribellione estetica contro la logica del lavoro e della fatica.

Quindi per Marcuse l'ideale della storia è quello di far sì che i corpi degli uomini possano tornare ad essere organi di piacere e non di fatica, mediante una risessualizzazione della persona, che è possibile. Infatti il principio di prestazione ha le premesse per una diminuzione radicale della quantità di energia investita nel lavoro, a tutto vantaggio dell'eros, perché nella società attuale è in corso lo sviluppo tecnologico e l'automatismo.

Quest'opera rappresenta una svolta nell'analisi della società moderna, in quanto Marcuse per la prima volta formula una proposta positiva, di società "liberata" dai meccanismi della repressione sociale che Freud considerava inevitabili per la costruzione di una civiltà, e quindi ormai irreversibili. Il suo impegno sta nel dimostrare, al contrario, che la rinuncia degli istinti non sarebbe affatto indispensabile per la vita familiare, per il lavoro, per le istituzioni fondamentali della vita associata.

Solamente alcuni anni dopo, nel 1964, Marcuse pubblicherà il suo scritto più famoso L'uomo a una dimensione. Il filosofo francofortese espone un'analisi impeccabile del sistema tecnologico moderno, che ha la capacità di far apparire razionale ciò che è irrazionale e di stordire l'individuo in un frenetico universo consumistico. All'interno di questo nuovo tipo di società l'uomo soffre di una nuova alienazione, in quanto non riesce più a percepire ciò che è e ciò che deve essere; egli più semplicemente non si accorge di vivere un'esistenza che è caratterizzata dalle regole e dai bisogni imposti dalla grande industria avanzata e si accomoda in una confortevole non libertà. L'uomo, la società e la cultura sarebbero ridotti all'unica dimensione tecnologico-consumistica, che condiziona nel profondo bisogni e desideri umani, precostituendoli.

Ne L'uomo a una dimensione Marcuse ripercorre le fasi che secondo lui avrebbero portato ad una società senza opposizione, proponendo le possibili alternative a questo sistema.

La società fra gli anni '50 e '60 sembrava, nonostante la minaccia di una nuova guerra, proiettata nel benessere; l'uomo estendeva il suo dominio sulla natura, nascevano mezzi di comunicazione di massa e il numero dei bisogni soddisfatti cresceva a dismisura grazie alla moderna industria avanzata. Però nell'insieme quella società era irrazionale, perché la produttività meccanizzata tendeva a distruggere il libero sviluppo delle facoltà e dei bisogni umani. Per questo il potere economico domava le forze sociali non attraverso il Terrore, come accadeva nell'età dei totalitarismi, ma attraverso la Tecnologia.

La società industriale avanzata si pone come obiettivo quello di annullare i valori che sono alla base della critica sociale. Per questo la vita umana, che da tutti era ritenuta degna di essere vissuta senza la soppressione degli istinti più veri, perde il suo valore originario e la liberazione dell'eros appare sempre più un'utopia. Inoltre tutte le possibilità, i modi e i mezzi specifici che esistono per migliorare la vita vengono scartati dal sistema che mira solo alla realizzazione degli interessi dei potenti.

Il potere economico riesce a creare delle forme di vita e di potere che tentano di conciliare le forze che si oppongono al sistema, e forse questo è il successo più caratteristico e al tempo stesso meno democratico della società moderna. Marcuse rintraccia proprio nelle istituzioni politiche di quegli anni alcune delle cause che hanno permesso la nascita di una società senza opposizione. Fra queste le più significative sono l'accettazione generale delle finalità legate alla nazione, le numerose misure politiche avallate da tutti i partiti, il declino dell'antagonismo e la connivenza del mondo degli affari e dei sindacati entro lo stato forte.

Infatti, lo sviluppo capitalista ha alterato la struttura e la funzione della borghesia e del proletariato, le due classi che secondo Marx si fronteggiavano nella società, in modo tale che esse non appaiono più come agenti di trasformazione storica. Quindi Marcuse non crede più in una rivoluzione che nasca dal proletariato, perché anch'esso è perfettamente inserito nel sistema e non avverte il bisogno di mutare la propria condizione e il proprio stile di vita. Infatti gli uomini di quel periodo non riuscivano ad andare oltre gli interessi più immediati e non percepivano l'azione repressiva della moderna società industriale. Però il fatto che la grande maggioranza della popolazione accettava quel tipo di società, non la rendeva meno irrazionale; ed è per questo che gli uomini devono andare oltre il livello estetico della vita e mutare la loro falsa coscienza in coscienza autentica.

Naturalmente questo non è semplice; l'apparato produttivo tende a diventare totalitario poiché determina non soltanto le occupazioni, ma anche i bisogni e le aspirazioni individuali. Infatti la società attraverso la tecnologia istituisce nuove forme di controllo e di coesione sociale più efficaci e piacevoli. Quindi il potere economico si serve di questi mezzi per organizzare la società in modo tale da ricavare il massimo utile dalle richieste della popolazione. Inoltre, anche attraverso i mezzi di comunicazione di massa come la televisione, plasma l'intero universo del discorso e dell'azione, della cultura intellettuale e di quella materiale. La razionalità tecnologica è così divenuta razionalità politica.

Una confortevole non-libertà prevale nella civiltà industriale avanzata. Infatti poiché la libertà dal bisogno, sostanza concreta di ogni libertà, viene soddisfatta all'interno di un sistema che alza sempre più il livello di vita, le libertà correlate, e non per questo meno importanti, perdono il contenuto di un tempo. La libertà di pensiero, di parola e soprattutto di coscienza non hanno più il loro significato critico e diventano categorie istituzionalizzate all'interno della società industriale. Dopo anni di rivolte e rivoluzioni compiute per raggiungere alcuni dei basilari diritti dell'uomo, molte delle nostre conquiste vengono offuscate a favore di un tenore di vita che solo ad un livello puramente estetico è migliore.

Infatti la maggior parte dei bisogni che noi crediamo essere soddisfatti facilmente, sono bisogni falsi, bisogni imposti dal potere economico attraverso interessi costituiti. La società industriale avanza innumerevoli esigenze economiche e politiche, con il solo obiettivo di allargare sempre più il proprio dominio a discapito delle classi meno abbienti, le quali non riconoscono la sottile differenza che intercorre fra i bisogni falsi e quelli veri. I primi sono sovrimposti all'individuo da parte di interessi sociali particolari cui preme la sua repressione; il soddisfacimento di questi comporta solo una breve euforia nel bel mezzo dell'infelicità, causata dalla soppressione dell'eros. I secondi invece sono i bisogni reali, vitali, come il cibo, il vestire e un'abitazione adeguata; questi hanno carattere storico, ed anche la loro obiettività è storica. Il prevalere dei primi sui secondi è un fatto compiuto un po' per ignoranza e molto per necessità; però per gli individui che sono coinvolti nei meccanismi del sistema non è semplice distinguere quali sono i bisogni falsi da quelli veri. Dopo aver interrotto tale operazione e dopo aver fatto esplodere la società, gli individui, divenuti liberi, avranno la mente priva di condizionamenti esterni e solo allora dovranno sostituire i bisogni falsi con quelli veri e abbandonare la soddisfazione repressiva.

A questo punto Marcuse ci mostra molto chiaramente come i bisogni imposti e soddisfatti facilmente e le libertà, che la società industriale offre agli individui, sono forme di controllo e di dominio. I controlli sociali propongono sul mercato dei beni secondari, che attraverso le pubblicità e       

il clima del boom economico, appaiono fondamentali. Più in generale il potere economico esige che si sviluppi il bisogno ossessivo di consumare e di sprecare al fine di produrre.

Inoltre esige che vengano concesse libertà ingannevoli, come la libera concorrenza a prezzi amministrati, una stampa libera che si censura da sola oppure la scelta libera tra marche e aggeggi vari. Queste libertà possono essere trasformate in potenti strumenti di dominio: infatti non è il numero di scelte che noi abbiamo a disposizione che determinano la libertà, ma questa dipende da che cosa può essere scelto e da che cosa è scelto dall'individuo. Molto significativo è l'esempio che Marcuse riporta nella sua opera per esplicare questa situazione: la libera elezione dei padroni, non abolisce né i padroni né gli schiavi, né tanto meno i rapporti che intercorrono fra queste due categorie. Con questo il filosofo francofortese vuole dire che la scelta fra tanti servizi o beni non implica una libertà sostanziale, se questi alimentano i controlli sociali su una vita di fatica e di paura. La conseguenza più immediata che deriva dal seguente stato di cose è l'alienazione dell'individuo: infatti le persone si riconoscono nelle loro merci e sentono il bisogno di soddisfare quei bisogni ricavati dallo sfruttamento dello spreco. Ed anche se tutti cominciano a possedere una quantità maggiore di beni, possono permettersi uno sfizio che precedentemente non gli era concesso, questo non implica la scomparsa delle classi, né tanto meno la differenza fra persone povere e persone ricche.

Le modalità attraverso le quali la società contemporanea è riuscita ad uniformare alle proprie esigenze tutti gli individui che in qualche modo ne fanno parte sono complesse e difficili da cogliere, proprio perché i meccanismi del sistema operano con tale automatismo da sembrare assolutamente razionali. Marcuse per metterle in evidenza analizza dalle origini il rapporto del singolo individuo con la realtà che lo circonda. Nel processo di "introiezione" l'individuo, attraverso il suo Ego, trasferisce le sensazioni esterne verso l'interno, ed analizza le esperienze che provengono dal di fuori attraverso una propria coscienza individuale e questo implica una propria libertà interiore, il cui spazio, però, è stato completamente invaso dalla realtà tecnologica. La maggior parte della popolazione non riesce ad adattarsi a questa invasione, in quanto va a colpire una zona determinante della nostra coscienza, producendo i nostri pensieri e le nostre azioni. Il risultato più immediato è la mimesi: questo processo consiste nell'identificazione immediata dell'individuo con la sua società. A questo livello, l'uomo raggiunge il suo maggior grado di alienazione, che si verifica quando egli non percepisce più di essere controllato, manipolato e vive con una falsa coscienza, immune alla propria falsità.

Marcuse ritiene che il pensiero a una dimensione è promosso sistematicamente dai potenti della politica e da coloro che li riforniscono di informazioni per la massa; per questo tutte quelle iniziative che cercano di uscire da questa unidimensionalità e che in qualche modo si pongono contro gli interessi privati dei potenti sono ritenute "socialistiche". Il filosofo francofortese per essere più chiaro cita nella sua opera alcune di queste iniziative come l'assicurazione medica estesa a tutti e a tutti i tipi di malattia, la protezione della natura dagli eccessi e dalla speculazione oppure l'istituzione di servizi pubblici che contrastano il privato.

Quindi il "progresso", anzi quel tipo di progresso che propone sul mercato bisogni falsi, che concede libertà ingannevoli, che altera la coscienza dell'individuo con la sua realtà circostante e che sopprime tutte le iniziative di rivolta, non può essere considerato un termine neutrale. Infatti il progresso tecnico, analizzato nella sua funzione specifica e non in relazione con la moderna società, condurrebbe verso il facile soddisfacimento dei bisogni vitali e ad una drastica riduzione del tempo di lavoro. La tecnologia diverrebbe soggetta al libero gioco delle facoltà nella lotta per la pacificazione della natura e della società; a questo punto si potrebbe aspirare a quello stato espresso da Marx della "abolizione del lavoro". Però la società industriale rifiuta questa interessante alternativa, perché indirizza il progresso tecnico non a favore della maggior parte delle persone e della loro felicità, ma al pieno soddisfacimento dei propri interessi economici. Il potere economico cerca di far apparire le proprie azioni corrette ed oneste ed esprime una tendenza alla piena razionalità tecnologica; però l'obiettivo che insegue costantemente, anche attraverso sforzi notevoli, è quello di indirizzare questa tendenza entro le istituzioni stabilite. Quindi è ben chiaro che le tecniche dell'industrializzazione sono tecniche politiche che pregiudicano le possibilità della Mente e della Libertà ed evidenziano la presenza dell'elemento irrazionale all'interno di un sistema che esteticamente appare del tutto razionale.

La società unidimensionale che si va affermando altera la relazione tra il razionale e l'irrazionale: il regno dell'irrazionale diventa la sede di ciò che è veramente razionale. A livello estetico è rimasta ancora una sottile libertà che permette agli scrittori o agli artisti di esprimere forme e contenuti della loro immaginazione, i quali rompono gli schemi tradizionali e si pongono in una posizione di frattura rispetto al sistema.

A questo punto è molto interessante l'analisi che Marcuse compie riguardo alle possibilità dell'immaginazione, che da un lato è messa in pericolo dal controllo imposto dal potere economico, e dall'altro conserva un elevato potenziale di liberazione.

Come di numerosi altri strumenti la società industriale avanzata ha abusato dell'immaginazione, in quanto si è servita di essa per realizzare progetti troppo audaci e che andavano contra naturam. Il problema è che la popolazione non riesce a percepire questi abusi o perché questi sono perfettamente razionali nei termini dell'ordine esistente o perché rappresentano risultati dell'ingegno e del potere umani che vanno al di là dei limiti tradizionali dell'immaginazione. La società è riuscita così a razionalizzare anche l'immaginario dell'individuo sempre più ad una dimensione ed i risultati sono significativi: di fronte a situazioni di orrore come la guerra l'uomo non prova più meraviglia. Queste realtà perdono il loro carattere catastrofico e vengono recepite dalla società come situazioni assolutamente normali, oggettive. L'individuo ha perso anche l'aspetto romantico del suo immaginario, che viene tradotto solo in capacità e progetti economici e tecnici.

Marcuse, influenzato molto dalla filosofia di Freud, crede nella forza terapeutica della psicoanalisi, la quale può andare molto più in là della cura delle nevrosi. Infatti secondo l'epistemologo Gaston Bachelard, una psicoanalisi materiale potrebbe limitare l'influsso delle nostre immagini e rendere felice la nostra immaginazione, attribuendole una buona coscienza, in modo che essa possa operare in tutta la sua esuberanza ed esprimere il carattere reale della sua psiche. Però liberare l'immaginazione comporta un rovesciamento radicale della società e delle sue istituzioni, e questo è un processo strettamente politico, cioè messo in atto da individui. Quindi si torna al problema iniziale, secondo il quale l'individuo deve ribellarsi al sistema e uscire dai suoi meccanismi repressivi.

Solo un Soggetto storicamente nuovo potrebbe esprimere liberamente la sua immaginazione pura e aspirare ad una società veramente razionale e libera. Ma questo soggetto fatica ad emergere perché il potere economico si oppone in maniera forte con le modalità precedentemente espresse ai tentativi di rivoluzione di ciascun individuo.

La "liberazione delle possibilità inerenti", non esprime più in modo adeguato l'alternativa storica; più semplicemente, la liberazione dell'immaginazione, dell'eros da parte degli uomini che in qualche modo sono coinvolti nelle leggi razionali/irrazionali della società moderna non rappresentano una soluzione realizzabile, perché è quasi impossibile sottrarsi al dominio del potere economico. Infatti nelle aree sovrasviluppate del consumo di massa, lo stile di vita determinato dalla società industriale diventa uno status quo apprezzato dalla maggioranza della popolazione, nella difesa della quale si uniscono gli opposti, cioè le classi che un tempo si scontravano per affermare le loro richieste. Questa situazione rappresenta la forma pura di dominio.

Sulla base di questa conclusione, marcata di un chiaro pessimismo, Marcuse ritiene che l'unica negazione al sistema è la forma pura della negazione, che assume i caratteri politicamente impotenti del "rifiuto assoluto". Molto significative sono le parole di Maurice Blanchot, riportate nella conclusione de L'uomo a una dimensione: ".ciò che rifiutiamo non è senza valore e importanza. E' anzi proprio per questo che il rifiuto è necessario. C'è una ragione che non accetteremo, c'è un'apparenza di saggezza che ci fa orrore, c'è un'offerta d'accordo e di conciliazione che non accoglieremo mai. S'è prodotta una rottura.".

Le modalità di questo rifiuto non possono però essere percepite dalla massa conservatrice: infatti il "popolo", un tempo lievito del mutamento sociale , è "salito" sino a diventare il lievito della coesione sociale: massa.

Ma al di sotto del popolo vi è "il sostrato dei reietti e degli stranieri, degli sfruttati e dei perseguitati di altre razze e di altri colori, dei disoccupati e degli inabili"; vi sono soprattutto gli studenti, in cui Marcuse crede molto in quanto non ancora assorbiti dal sistema.

La tecnologia, infatti, non riesce ad "imbavagliare" tutte le richieste e le problematiche avanzate dalla società civile; in particolar modo non è in grado di controllare i gruppi marginali, in quanto essi, per i propri bisogni e per le proprie esigenze, sono fuori dal sistema e riescono ad evitare il controllo del potere economico.

Proprio in questa categoria Marcuse vede il nuovo potenziale rivoluzionario. Quindi, il soggetto che si ribella, non è più il lavoratore salariato, individuato dal marxismo classico, in quanto è perfettamente integrato nel sistema, ma è rappresentato dai gruppi "esclusi".

Questi gruppi, che incarnano il "Grande Rifiuto" (termine desunto dal Manifesto del surrealismo del 1924 di André Breton), pongono le basi per la traduzione dell'utopia nella realtà, in quanto la loro posizione all'interno della società è di per sé rivoluzionaria e fa emergere tutte le contraddizioni di essa. In questa direzione, Marcuse assegna una funzione fondamentale all'immaginazione, la quale è indipendente dai dati di fatto ed è capace di vedere un oggetto anche se non è presente: "l'immaginazione al potere" così come l'intera opera diventeranno il vademecum dei rivoluzionari del '68.

Marcuse dopo aver scritto L'uomo a una dimensione ha continuato a riflettere sui possibili soggetti rivoluzionari in grado di abbattere il Sistema, attraverso scritti come il Saggio sulla liberazione (1969).

Egli individua le forze mondiali della Rivoluzione nei gruppi del "dissenso" dei paesi avanzati, rappresentati dal sottoproletariato e dagli studenti, nei "dannati" del Terzo Mondo e nel proletariato occidentale ancora attivo che ha ancora voglia di reagire e di rifiutare la loro confortevole non-libertà.

In ogni caso Marcuse, che rappresenta il "filosofo del Sessantotto", ha influenzato molto gli studenti e tutti quelli che credono in una società diversa e più libera. Non ha mai perso la speranza in una "rivoluzione finora soffocata in tutte le precedenti rivoluzioni storiche".

I tratti più originali ed efficaci della sua filosofia stanno nell'aver scorto nella liberazione dell'eros il futuro di una società più aperta. Una liberazione dell'eros come liberazione delle energie creative profonde dell'uomo, della libido come fonte di un ethos di uomini liberi e solidali tra loro; un eros da intendere come radice estetica, come possibile fonte di un mondo più "bello", meno deturpato dall'aggressività, dalla violenza, dalla distruzione della natura e dell'ambiente, dalla guerra, dall'odio razziale e di classe.

Marcuse sostenne in tutte le sue opere che l'arte e l'estetica rappresentano l'opposizione al dominio e al principio di realtà repressivo. L'arte, la fantasia, e l'immaginazione sono opposte alla schiavitù della repressione e possono diventare la forma di una società più autentica, bella e libera. Non a caso l'ultima opera di Marcuse, il suo testamento spirituale, ha per titolo La dimensione estetica, intesa come dimensione insopprimibile e fondamentale della convivenza sociale. Fino a quella bellissima espressione che compare nelle sue ultime opere: "la società come opera d'arte".

Un'utopia, senza dubbio. Ma le utopie muovono la storia.  



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