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LA MONETA DEI CAROLINGI
Produzione monetaria: uno sguardo d insieme
I repertori storici di monete carolingie sono principalmente tre e il più ricco e completo risulta essere quello realizzato alla fine del XIX secolo da Maurice Prou, contenente il catalogo delle monete conservate presso la Biblioteca Nazionale di Parigi. Partendo da questi lavori, ormai datati, è fiorita tutta una bibliografia specifica a livello europeo su aspetti peculiari connessi al tema della monetazione carolingia, costituita essenzialmente da un denaro d argento del peso di
grammi circa mentre rare emissioni in oro vennero prodotte solo da Carlo Magno e da
Ludovico il Pio.
Il denaro d'argento non fu un innovazione carolingia in quanto era stato la moneta principale di Neustria e Provenza dalla seconda metà del VII secolo in poi, ma fu con Pipino e poi Carlo Magno che venne ripristinato il monopolio regio di zecca, e si impose un uniformità di peso e design laddove sussisteva una precedente situazione di disorganizzazione priva di un controllo centrale che venne dunque ristabilito, anche se solo temporaneamente
In questo contesto fece eccezione la posizione di Venezia che rimase sempre poco definita: la citt , governata da un proprio doge, mantenne i suoi rapporti con l impero regolandoli con una serie di accordi: pur rimanendo vicina a Bisanzio, Venezia necessitava di monete che potessero favorire i commerci con l'entroterra padano , con il quale vantava un importante giro d affari. Va sottolineato che la penisola italica venne inizialmente lasciata fuori dal quadro riformatore di Carlo Magno in quanto la sua storia monetaria era connotata da aspetti che la rendevano differente 2 dal resto d Europa. Il sovrano non aveva quindi manifestato alcuna volontà di uniformare le monetazioni in uso nei territori posti sotto il suo dominio e nel Regnum Italicum fece battere tremissi d oro identici a quelli coniati dai precedenti sovrani longobardi. Se in un primo momento Carlo non aveva ritenuto necessario applicare un unico sistema monetario ciò
Pipino il Breve 75 768)
Molte delle conoscenze che abbiamo sulla monetazione di Pipino ci vengono da un singolo ripostiglio rinvenuto a Imphy , nei pressi di Nevers, in Borgogna, contenente oltre 60 denari di Pipino, assieme a denari dei figli Carlomanno e Carlo Magno . Nel 741 Pipino succedette a Carlo Martello come maestro di palazzo e nel 751 depose Childerico III, ultimo sovrano
3 Probabilmente la quantità d oro in circolazione era ancora buona e inoltre i tremissi erano sopravvalutati rispetto al valore intrinseco, risultando convenienti da coniare. Tale situazione dev essere venuta meno qualche anno più tardi vista la decisione di cambiare le cose; SACCOCCI , pp. .
4 GRIERSON
5 GRIERSON, BLACKBURN , p. ; V LKERS
Si tratta in totale di 0 monete che per cronologia e tipologia rappresentano una fonte imprescindibile che ha consentito di comprendere e studiare la riforma monetaria di Pipino; V LCKERS , pp. .
merovingio, autoproclamandosi re. Forse proprio per la necessità di legittimare il proprio potere
Pipino decise di legiferare in materia monetaria, stabilendo in una clausola di un capitolare del
754 che da una libbra d oro non si dovessero ricavare più di 22 solidi . Supponendo che la libbra fosse quella romana, il denaro avrebbe dovuto pesare 1,24 g., valore confermato dal dato archeologico. L obiettivo di tale manovra da parte del sovrano era pertanto quello di eliminare dalla circolazione i vecchi denari merovingi che pesavano solamente 1,1 g.
Carlo Magno 768 814)
Dopo aver sconfitto definitivamente i Longobardi, Carlo si trovò a dover organizzare e gestire un territorio estremamente ampio ed eterogeneo. Durante il suo regno il sovrano franco attuò due riforme destinate a caratterizzare la storia della moneta europea nei secoli seguenti. La prima di esse ebbe come oggetto la sostituzione nel Regnum Italicum del tremisse d oro , che era stato la base del sistema monetario longobardo, con il denaro d argento ereditato da suo padre Pipino; la seconda riforma consistette nella sostituzione del denaro leggero con uno più pesante passando da un peso di 1,3 a 1,7 g . Le discussioni in merito alla cronologia di tali riforme hanno caratterizzato la bibliografia di settore del secolo scorso; esistono tuttavia vari elementi che permettono di definire una datazione o comunque un range cronologico entro il quale collocare i due interventi operati dal sovrano in materia monetaria: l uso della moneta aurea venne bandito nel 781 dalla dieta di Mantova, mentre per quanto riguarda l'aumento del peso dei denari il terminus post quem viene fissato al 789 sulla scorta delle indicazioni offerte dal tesoro di Ilanz , mentre il terminus ante quem viene fissato al maggio 794 sulla base del Concilio di Francoforte anche se secondo altri autori tale arco cronologico è da individuarsi dal 792 al 794 sulla scorta di elementi tecnici In ogni caso pare probabile che la riforma sia stata effettuata in più tappe . I denari di Carlo si dividono in quattro classi principali : quelli che continuano la monetazione di Pipino ; quelli che recano al dritto su due righe la legenda CAROLVS ; i denari con monogramma dell imperatore al dritto e indicazione di zecca con croce in campo al rovescio ; infine i denari con il ritratto del busto laureato del sovrano, di gusto romano con al rovescio un tempio e l iscrizione XPICTIANA RELIGIO, oppure altri simboli
Ludovico il Pio 814 840)
Elementi di ordine numismatico hanno permesso di supporre che la prima parte del regno di Ludovico il Pio sia stata caratterizzata da uno stretto controllo della produzione e della circolazione monetaria e a conferma di ciò il dato archeologico dimostra che non si sono scoperte monete straniere sul territorio carolingio per l'epoca considerata
Gli anni compresi tra 830 e 840 registrano un periodo di espansione economica che è possibile rilevare anche sulla scorta dei ripostigli. Si possono inoltre evidenziare quali siano state le zecche più prolifiche , che oltre a Melle e Dorestad risultano essere le zecche italiane: Venezia, Milano e Pavia Soprattutto Venezia risulta essere la novità più importante sulla scena. Nonostante fosse fuori dal controllo politico carolingio, la città lagunare iniziò a coniare monete franche proprio in questo periodo con lo scopo evidente di poter giocare un ruolo determinante nell'economia e nel commercio occidentale, dal momento che il porto della città fungeva da cerniera tra Oriente e Occidente con il suo importante emporio. Questa tesi viene corroborata anche dal record archeologico, il quale rivela come le monete coniate a Venezia fossero inferiori come bontà di lega rispetto agli standard imperiali . I rinvenimenti dimostrano anche l'estrema diffusione delle monete coniate a Venezia e Milano negli altri territori dell impero durante il regno di Ludovico il Pio, mentre pare registrarsi una significativa contrazione dopo l 840 e solo verso la fine del IX secolo si registra nuovamente qualche rinvenimento di monete coniate nel Regnum Italicum che giungono in Frisia
Le complicazioni politiche del regno di Ludovico non sembrano riflettersi nella sua monetazione, anche se dopo l 840 esistono denari a nome di Lotario, Carlo e Pipino che non rientrano nei canoni standard delle coniazioni per stile e tipologia, oltre che per peso e bont . Le coniazioni regolari in argento196 di Ludovico si dividono in tre classi : la prima che presenta al dritto il tipo del busto con vari rovesci a seconda della zecca di emissione ; la seconda presenta il nome della zecca in campo e si tratta di un tipo molto comune. Ne esiste una variante che reca impresso il nome della zecca attorno a una croce anziché in campo ; la terza classe è caratterizzata dalla legenda XPISTIANA RELIGIO posta attorno ad un tempio tetrastilo al rovescio. La mole di queste coniazioni è testimoniata dall alta percentuale di monete di questo tipo rinvenute nei ripostigli
L assenza dell indicazione di zecca viene spiegata con l'affermazione dell autorità imperiale e con il fatto che queste monete circolavano uniformemente per tutto l impero . Una variante di questa terza classe è costituita dalle monete veneziane che sostituiscono al dritto il nome dell imperatore con la legenda DS CVSERVA ROMA NP e al rovescio recano l iscrizione XPE SALVA VENECIAS
Nel IX secolo, dopo la morte di Ludovico il Pio 840 , c'è una chiara interruzione nella coniazione di monete del tipo XPISTIANA RELIGIO, prima che la produzione riprenda ad opera dei suoi discendenti con una distinzione a livello stilistico
Lotario 840 855) Lotaringia, Provenza e Regno franco orientale
L evidenza dei ripostigli mostra che Lotario non coniò moneta durante il regno di suo padre e i tre tipi che emise non paiono susseguirsi in ordine cronologico.
Sono note finora tredici zecche attive durante il suo periodo di regno, ma probabilmente la lista non è completa nonostante recenti studi abbiano contribuito a incrementare le conoscenze circa la produzione monetaria di questo sovrano . Un elemento interessante riguarda le dinamiche dai flussi monetari dalla penisola italica verso il resto d Europa che videro ridursi progressivamente in modo consistente la loro portata rispetto al periodo precedente , indicando forse che le direttrici principali del commercio si erano spostate altrove
Alla guida del poco felice regno di Lotaringia, insidiato dai popoli del nord e preoccupato di legittimare la successione, suo figlio Lotario II coniò monete usando il titolo rex, in molte piccole zecche come Metz, Verdun e Strasburgo. Dopo la spartizione di Meerssen 870) Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico coniarono in Lotaringia servendosi delle zecche esistenti e aprendone forse delle altre. Dal 911 il regno venne acquisito da Carlo il Semplice che continuò le coniazioni. Nella parte meridionale del regno Carlo di Provenza 855 859) coniò alcune rare monete nelle zecche di Arles e Uzes; successivamente i ripetuti attacchi arabi fino alla fine del XI secolo determinano una riduzione nel volume delle emissioni monetali.
Carlo il Calvo 840 87 )
La monetazione di Carlo il Calvo è stata oggetto di vari studi . Nonostante Carlo abbia ricevuto il titolo regale nell 838 pare non abbia coniato prima dell 840 e la sua produzione monetaria si può suddividere essenzialmente in tre classi : alla prima classe appartengono ben cinque sottoinsiemi di monete 0 e si tratta dei tipi coniati dall 840 all 864. Con l'editto di Pistres 25 luglio 864) venne stabilita l introduzione di una nuova moneta che recava impresso il monogramma circondato dal nome del sovrano su una faccia e una croce circondata dal nome della zecca sull'altra . L obiettivo principale della riforma fu quello di ristabilire la circolazione del mezzo monetario, ridottasi a causa degli ingenti pagamenti dovuti ai normanni e delle contraffazioni. L apertura di nuove zecche potrebbe essere interpretata come una risposta alla crescente domanda di circolante connessa all'aumento demografico della metà del IX secolo . Aumentò in modo esponenziale il numero delle zecche attive e questa seconda classe di monete venne coniata tra 864 e 877. Furono invece coniati in sole 13 zecche e per un brevissimo periodo compreso tra marzo e ottobre 877 i denari appartenenti alla terza classe, che vengono definiti denari imperiali.
Regno franco occidentale 87 987)
Il ventennio che seguì la morte di Carlo il Calvo fu decisivo per le sorti dell impero carolingio e dal punto di vista politico fu ricco di complicazioni, divisioni e tensioni. Per quanto riguarda l'aspetto monetario, il tipo di denaro utilizzato è quasi esclusivamente quello con monogramma al dritto e croce al rovescio e ciò contribuisce a creare diversi problemi sulle attribuzioni delle monete a causa del reiterarsi all interno della dinastia regnante dei nomi Carlo e Ludovico, mentre tale problema è scongiurato per il figlio di Roberto il Forte, che è l unico a chiamarsi Odo
Non esistono studi specifici sulle coniazioni dell ultimo secolo del dominio carolingio, che fu peraltro caratterizzato dal progressivo passaggio di poteri nelle mani dei magnati, esterni alla dinastia regnante, la cui influenza era in progressiva ascesa. L attribuzione della maggior parte delle monete di questo periodo è incerta . Succede a volte anche che i grandi feudatari riuscissero ad ottenere il diritto di zecca e a coniare moneta a proprio nome, come ad esempio fece il duca di Normandia Vilhj lmr Langaspjót Willermus Longa Spata, 930 943 .
Regno d'Italia 85 961)
Le coniazioni nel Regnum Italicum si compongono esclusivamente di denari . L unica tipologia prodotta tra 855 e 905 fu quella con tempio e legenda XPISTIANA RELIGIO, senza indicazione di zecca. Successivamente le zecche di Milano e Pavia iniziarono a coniare dei denari che recavano impresso in campo il nome della città di emissione e dal 902 in poi il tempio venne rimpiazzato dal tipo suddetto, rimanendo invece il tipo standard a Venezia fino alla metà del X secolo con una progressiva degenerazione della legenda.
Dal punto di vista della forma del tondello, tra 860 e 896 si registrò un incremento notevole del diametro che passò da circa 24 mm a circa 34 mm senza peraltro che fosse intervenuto un aumento del peso, con la conseguenza che tali nominali risultano essere sottilissimi ed estremamente fragili. Successivamente il diametro subì invece una contrazione a 22 mm, raggiungendo talvolta anche i 19 mm.
Le conoscenze sulla cronologia e la zecca di emissione di queste monete si basano prevalentemente sull evidenza offerta dai ripostigli che tuttavia limitano le informazioni agli anni a cavallo tra IX e X secolo
Ludovico II re 844 850; imp. 850 875)
Le sue monete si datano a partire dall 855, cioè dall'anno in cui, morto suo padre, rimase il solo titolare della carica imperiale. Stilisticamente sono dello stesso tipo delle emissioni finali di Ludovico il Pio, anche se qualitativamente il design delle lettere risulta essere più scadente e il diametro dei nominali è maggiore
Carlo il Calvo imp. 875 7 )
Le emissioni di questo imperatore risultano essere delle medesime dimensioni e della stessa fabbrica delle monete di Ludovico II. E' quindi possibile che siano state battute nelle stesse zecche
Carlomanno di Baviera re 877 878)
Venne eletto re a Pavia e secondo alcuni autori furono coniati in questa città i denari con legenda HCARLOMAN REX, mentre sarebbero da attribuire a Milano quelli con legenda CARLOMAN REX. Esistono anche esemplari con legenda diversa sulla cui città di emissione non ci sono ancora certezze
Carlo il Grosso re 879 881; imp. 881 887)
I denari emessi da questo sovrano hanno un diametro maggiore di quelli di Carlomanno e per questo motivo i dettagli si distinguono a fatica, in quanto le monete risultano realizzate imprimendo una lamina di metallo estremamente sottile che finisce talvolta col mostrare su entrambe le facce la sovrapposizione delle caratteristiche del dritto e del rovescio. Queste monete presentano inoltre un bordo di circa 3 4 mm. Nuove varianti inedite dei denari di Carlo il Grosso sono state recentemente individuate da Bernd Kluge
Berengario del Friuli re 888 915; imp. 915 924 , primo periodo
Le emissioni di Berengario si suddividono in vari momenti a causa della travagliata vicenda politica che caratterizza il suo regno. Le sue prime coniazioni si datano tra 888 e 889, anno in cui Guido di Spoleto venne a sua volta eletto re costringendo Berengario a fuggire in Friuli. Le zecche di emissione furono Pavia e Milano e una terza zecca potrebbe essere identificata con Verona, divenuta la capitale di Berengario.
Guido di Spoleto re 889 891; imp. 891 894)
Coniò a Milano e Pavia denari con legenda VVIDO GRACIA DEI REX. Dal momento che il suo nome risulta essere estremamente corto e considerata la necessità di legittimare il suo potere nei confronti di Berengario, Guido aggiunse nella legenda dei suoi denari la formula Gratia Dei" al suo titolo regale
Arnolfo di Carinzia re 894 896; imp. 896 899) primo periodo
Le monete italiane emesse come re sono tutte del tipo del tempio ma hanno due diversi tipi di legenda al rovescio: XPISTIANA RELIGIO oppure BERENGARIVS REX. Esiste inoltre un falso del Cigoi 2 con l iscrizione in legenda MEDIOLANVM CIVIS.
Lamberto co-imp. 892 894; imp. 894 898)
Succedette al padre Guido nell 894 ma l'anno successivo dovette abbandonare la Langobardia a causa dell invasione di Arnolfo, riconquistandola però l'estate seguente. Le sue emissioni sono di largo modulo e vengono attribuite alle zecche di Milano e Pavia.
Arnolfo di Carinzia, secondo periodo
Le coniazioni del secondo periodo della serie reale vennero emesse in associazione con Berengario, mentre la serie imperiale che seguì non reca il nome di Berengario ed è databile all 896. La validità delle datazioni proposte è garantita dalla presenza nei ripostigli di Briosco e Odoorn di queste monete, mentre invece nessun esemplare della serie parallela con legenda PAPI è presente nei ripostigli finora noti
Lamberto, secondo periodo 89 898)
Le monete coniate da Lamberto dopo la rioccupazione del nord Italia in seguito al ritorno in Germania di Arnolfo, sono completamente differenti dai piccoli e piatti denari del primo periodo e perciò sono ben distinguibili anche in virtù di un aumento del loro diametro. Le ragioni che hanno determinato la scelta di questo cambiamento nelle dimensioni del numerario possono essere spiegate probabilmente con la volontà di evidenziare un aumento nel valore nominale delle monete
Berengario, secondo periodo 898 900)
L inaspettata morte di Lamberto lasciò Berengario senza rivali ma minacciato dai Magiari e da Ludovico di Provenza. Le coniazioni del secondo periodo sono limitate al periodo tra 898 e 900 della zecca di Milano e di Pavia e battuti forse anche a Verona. Si tratta di denari dello stesso tipo dei denari di piccolo modulo di Lamberto, del diametro di 24 mm circa
Ludovico il cieco re 900 901; imp. 901 928)
Dopo l incoronazione imperiale a Roma, Ludovico risiedette a Pavia per oltre un anno ma risultò essere nelle condizioni di coniare solamente per 20 mesi, tra 901 e 902, in quanto venne poi cacciato da Berengario che lo fece accecare e lo rispedì in Provenza. E' indicativa l'assenza di denari a suo nome nei ripostigli ungheresi. Un raro esemplare con legenda HLVDOVVICVS REX gli è stato attribuito sulla scorta del fatto che nessuno dei precedenti sovrani con questo nome coniò come re d Italia. Oltre alle emissioni di Milano e Pavia è stato ipotizzato, in base ad elementi stilistici, che coniasse denari anche a Modena
Berengario, terzo periodo 90 924)
Per circa due decenni la posizione di potere di Berengario parve salda e sicura. Nel 915 venne incoronato imperatore e dovette subito fronteggiare le invasioni dei suoi rivali. Coniò a Milano e a Pavia prima come re e poi come imperatore. La croce al dritto venne rimpiazzata dal crismon mentre il tempio al rovescio lasciò il posto al nome della zecca. Questo cambiamento risale probabilmente al 902 quando Berengario riconquistò Milano e Pavia. Contestualmente pare probabile che la zecca di Verona sia stata chiusa, mentre esistono invece molti esemplari che sono stilisticamente attribuibili a Venezia
Rodolfo II di Borgogna re 924 926)
La notizia della morte di Berengario spinse Rodolfo a tornare in Italia, nonostante la sua permanenza nella penisola risultasse insidiata da Ugo di Arles. Rodolfo deve aver coniato dalla seconda metà del 923; le sue monete di Milano e Pavia sono uguali alle ultime emissioni di Berengario, eccezion fatta per l iscrizione RODVLFO PIVS REX, con lettere molto mal disegnate. Il diametro non supera i 21 mm. Nel 925 il re concluse un patto con Venezia che includeva una garanzia formale sui diritti di conio; i veneziani dal canto loro non sembrano aver considerato seriamente la sua sovranit , tanto che non sono note coniazioni a suo nome
Ugo di Arles re da solo 926 931; con Lotario 931 947)
Le sue coniazioni prodotte a Milano e Pavia presentano al rovescio una iscrizione troncata del tipo XPISTIANA RELIGIO attorno all indicazione di zecca posta in campo, mentre al dritto comparve l iscrizione HVGO PIVS REX fino al 931, mentre successivamente il figlio Lotario venne associato al potere e la legenda diventò VGO LOTHARIVS attorno al monogramma di Ugo. A Venezia continuarono invece le tradizionali emissioni del tipo XPISTIANA RELIGIO mentre al dritto la legenda è degradata a tal punto da risultare quasi incomprensibile. La zecca di Verona coniò monete anonime dopo gli anni 20 del X secolo con legenda HI XPI NOMINE . Nei decenni successivi la zecca veronese emettè alcune rare monete di Ugo e Lotario con legenda HVGO LOTHARIO IX attorno al titolo REX
Berengario II e Adalberto re 950 963)
La morte di Lotario rese possibile l'ascesa al trono di Berengario II, il quale si associò al trono il figlio Adalberto e tentò inutilmente di farlo sposare con la vedova di Lotario, la bellissima Adelaide, il cui rifiuto ne determinò la carcerazione. Questo fatto spinse Ottone di Germania a intervenire in Italia nel 951 e a sposare Adelaide prima di riattraversare le Alpi. Solamente l'anno seguente Berengario riuscì a riappacificarsi con Ottone. Le monete di questo periodo sono molto comuni. Le coniazioni di Milano e Pavia recano sia il nome di Berengario che quello di suo figlio Adalberto, associato al trono, mentre nelle emissioni di Verona compare solamente il nome del padre. Di questo periodo è interessante un documento del 953 che per primo reca l'aggettivo veneziano" accompagnato al nome della moneta, indice del fatto che i denari imperiali avevano ormai perso definitivamente la loro omogeneit
La circolazione del denaro: teorie e problemi.
Dalla fine del secolo scorso la storia monetaria dell'alto medioevo ha rappresentato il tema di una serie di studi. Dopo la pubblicazione nel 1931 del lavoro di March Bloch sulla storia rurale francese , è fiorito nel corso degli anni il dibattito sul tema. Uno dei grandi quesiti ha riguardato le caratteristiche generali del periodo carolingio dal punto di vista economico e ci si è ripetutamente interrogati sul fatto che si sia trattato di un'epoca di stagnazione piuttosto che di crescita economica . L interrogativo dominante è stato quello di sapere se nell'alto medioevo abbia predominato una "economia naturale" oppure una "economia monetaria e per rispondere a tale interrogativo si è cercato di determinare la proporzione esistente tra le transazione effettuate con l'ausilio della moneta metallica e quelle concluse in altri modi . Va ricordato che lo studio della storia economica e rurale franca non può prescindere dallo studio dei polittici, la fonte più importante dell'epoca
Nei polittici italiani il valore di un maiale o quello di una pecora sono espressi nell'equivalente in denari d argento. Al contrario non compare il valore in denari di galline o uova. Ciò significa che il valore di quest ultimi doveva essere inferiore all unità monetaria di un denaro, perciò la moneta non poteva essere impiegata per l acquisto di oggetti di uso quotidiano dal valore medio- basso . La moneta circolava soprattutto attraverso il commercio di oggetti dal valore medio- alto, oppure di basso valore ma in elevate quantit . Questo fatto spiega parzialmente l incremento di ripostigli e di produzione monetaria verificatosi con Carlo il Calvo, non solo in conseguenza degli attacchi vichinghi dunque , ma anche in ragione di una crescente domanda di denaro da parte del mercato e per ragioni fiscali. La circolazione di merci rimarrebbe comunque limitata ad un livello grosso modo regionale
Le caratteristiche tipiche di un mercato dinamico come quello italico, appaiono essere state le principali cause della debolezza nella circolazione monetaria del Regno d Italia: il numero ridotto di zecche venne concentrato lungo il Po in un'area circoscritta che godeva delle rotte commerciali lungo il fiume e i suoi affluenti
Tutte le riflessioni sullo sviluppo economico devono sempre considerare la variabile data dalla relazione esistente tra crescita demografica e produzione alimentare. Da Marc Bloch a Robert Fossier la visione pessimista o catastrofista dell'agricoltura carolingia prese in prestito il proprio punto di vista concettuale da una visione maltusiana del progresso economico e venne coniugata in varie forme e teorie dai diversi autori. In ogni caso, come nota Henri Mendras, tutte le teorie sull'economia contadina possono essere ridotte a una formula lapidaria: le paysan travaille pour se nourrir . La campagna di fatto fu un universo regolato dalla doppia logica dell individualismo dei gruppi familiari e dell'auto sussistenza. Non esiste tuttavia un criterio univoco che permetta di descrivere la realtà economica del mondo rurale e troppo spesso il problema si è ridotto a voler stabilire se l'economica sia stata di tipo naturale o di tipo monetario, come se i due sistemi non potessero coesistere
Il contrasto economico tra la situazione in epoca merovingia e carolingia sta nella rinascita della campagna e dell economia di scambio nella quale svolge un ruolo attivo anche la moneta, come testimoniato dalla sopravvivenza del grande commercio internazionale
Dal momento poi che non esistono dati statistici che permettono un calcolo preciso per l'epoca in questione, si è elucubrato attorno alla possibilità che tale proporzione potesse avere un valore più o meno alto, senza tuttavia specificare dei parametri di confronto che potessero giustificare il significato dei concetti di alto" e basso
Questo modo di procedere considera peraltro esclusivamente il problema inerente l'offerta di moneta, ignorando invece l'aspetto legato alla domanda. Va inoltre tenuto presente che il grado di liquidità della moneta, in larga parte dipendente dal grado di efficienza del mercato, nell'alto medioevo non era uguale al giorno d'oggi, tant'è vero che tra VII e X secolo rifiorirono quei tre fenomeni noti con il nome di autarchia, dono e baratto245.
La società altomedievale era strutturata per classi sociali fortemente differenziate e in questo contesto i vari settori economici erano scarsamente comunicanti tra loro; la distribuzione del reddito era inoltre fortemente sbilanciata. In simili condizioni non può sorprendere che l'uso di moneta e la relativa domanda variassero fortemente all'interno di una stessa società246.
Molti autori hanno ritenuto che la riforma carolingia sia stata la conseguenza di una notevole rarefazione dell'oro sui mercati occidentali, dovuta ad una bilancia dei pagamenti cronicamente deficitaria. Con Grierson247 si iniziò invece a pensare che la decisione fu presa perché il denaro d'argento era molto più appropriato al tipo dei transazioni del tempo e se questo è vero allora si dovette verificare un rarefarsi dell'oro come conseguenza di una domanda supplementare di argento che diminuì di colpo il rapporto esistente tra oro e argento frenando l'afflusso d'oro in Occidente248. Per concludere, riguardo al problema dell'utilizzo o meno della moneta e della misura in cui si facesse uso di tale strumento, la soluzione di ipotizzare la scomparsa della circolazione monetaria almeno fino all'anno Mille, con il ritorno ad un'economia quasi totalmente naturale e basata sull'autoconsumo, può apparire corretta da un punto di vista teorico, considerati i fattori di cui abbiamo parlato. Tale ipotesi non risulta però più proponibile nel momento in cui consideriamo pragmaticamente le infinite sfaccettature che caratterizzarono il tessuto socio-economico di quel coacervo di culture che dovette essere l'Italia altomedievale, costituito da una base sociale di tradizione romana nella quale erano confluite diverse culture249. Se anche le genti dei popoli giunti nella penisola italica dopo la caduta di Roma non fossero state avvezze all'uso della moneta, sembra difficile che nel giro di poche generazioni il substrato italico abbia potuto cosi facilmente rinunciare ai vantaggi offerti dall'uso di tale mezzo di scambio, dimenticandosi della moneta piuttosto che trasmetterne l'uso ai nuovi arrivati250.
Gioverà infine ricordare che esistono nei documenti anche indizi che sono stati letti come un rifiuto della moneta da parte del popolo franco, al punto che già con Carlo Magno, e poi con i suoi successori, vennero presi dei provvedimenti al fine di difendere la circolazione del denaro d'argento251. Ci si è chiesti per quale motivo venissero rifiutate monete di buon argento e di buon peso e si è giunti alla conclusione che in effetti non ci sia stato un rifiuto per la moneta, quanto una necessità da parte dello stato di affermare l'utilizzo dei nuovi denari, demonetizzando quelli precedentemente in uso; quando la popolazione venne costretta ad accettare i nuovi denari,questo accadde determinando fenomeni economici dettati dalla necessità di fronteggiare il diverso rapporto di cambio tra i vecchi e i nuovi denari252.
E' importante a questo punto sottolineare un elemento forse sottovalutato, vale a dire le differenze esistenti tra Italia e territori transalpini. Il primo dato da considerare riguarda la struttura del sistema monetario: il Italia, dove l'obolo pare non venisse coniato, esso era strutturato in modo molto semplice, con la circolazione esclusivamente di un denaro d'argento del peso di 1,7 g, in un contesto in cui la circolazione era stata plurimetallica per un arco di tempo più ampio che in ogni altro luogo. Il numero delle zecche in attività era inoltre ridotto: Milano, Pavia, Treviso e Lucca. A queste si possono aggiungere Venezia, Roma e Benevento, che pur non facendo parte dell'impero coniavano denari di tipo carolingio253. La riduzione del numero dei centri di produzione della moneta può essere forse stato dettato, oltre che da una volontà di rafforzare il controllo centrale, anche da una limitata necessità di denari d'argento da parte del mercato. La circolazione delle merci riflette in qualche modo la circolazione del denaro: il dato numismatico, integrato con altri indicatori di natura archeologica, permette di ricostruire le linee del commercio interno. Nell'Italia settentrionale e centrale dell'VIII-IX secolo, i ritrovamenti di monete e quelli inerenti alla ceramica sono molto limitati, tanto che quest'ultima veniva forse prodotta quasi esclusivamente per uso personale254. La più importante eccezione a questa tendenza si registra nell'Alto Adriatico, dove la circolazione e l'importazione di ceramiche pare fosse estremamente fiorente, probabilmente grazie al ruolo di Bisanzio in Istria, Dalmazia e a Venezia e Ravenna. La situazione iniziò a mutare tra la fine del X e l'inizio dell'XI secolo255 quando a Pisa è attestata l'importazione di ceramiche provenienti dal Mediterraneo islamico e bizantino256. Successivamente, addentrandosi nel X secolo, si assiste ad un'inversione di tendenza e il trend della produzione e circolazione monetaria registra un incremento in epoca ottoniana257.
Facendo però un passo indietro rimangono da chiarire le dinamiche dei flussi monetari. E' stata ormai superata dalla storiografia l'opinione secondo la quale la via del commercio internazionale che passava attraverso il Nord Italia avesse perso importanza durante il periodo carolingio. Proprio l'evidenza suggerita dalla consistenza dei rinvenimenti monetali parrebbe suffragare la vecchia "tesi Pirenne"258, tuttavia ciò che ad un'analisi superficiale potrebbe sembrare in accordo con l'idea dello storico belga è in realtà l'elemento che si pone in contraddizione con essa. La ridefinizione delle frontiere politiche operata da Carlo Magno determinò un incremento dei flussi monetari che attraversavano le Alpi259. Senza considerare il ripostiglio di Ilanz260, il problema può essere analizzato sulla base dei rinvenimenti di denari italiani di Carlomagno prodotti post
793.
L'eterogeneità dei rinvenimenti è tale da sembrare sorprendente, considerando anche la presenza di monete del tutto inusuali in Italia, che risulta in contrasto con l'idea che l'area alpina avesse perso il suo ruolo tradizionale di importante itinerario commerciale, acquisito in epoca protostorica con la "via dell'ambra"261.
Fig.1 - A destra rappresentazione geografica dell'arco alpino visto da nord; a sinistra il corso del fiume
Reno e le aree alpine con maggior concentrazione di rinvenimenti monetali.
Se il ruolo della via commerciale che attraversava la Val d'Aosta era già noto e ben studiato262, recentemente è stato enfatizzato anche quello ricoperto della valle dell'Adige263. L'area e il valico a Nord di Milano sono caratterizzati da rinvenimenti di monete in prevalenza italiane, con una composizione molto meno eterogenea quindi rispetto alle altre zone illustrate264. Un recente studio sui ritrovamenti monetali di IX e X secolo nell'area tra il lago di Costanza e le Alpi svizzere ha evidenziato che fin dall'alto medioevo molti collegamenti attraverso l'arco alpino come il passo del Giulia, il passo del Maloja e il passo dello Spluga265 erano frequentati266 (fig.1).
I nuovi dati sui rinvenimenti di monete lungo i valichi alpini aggiungono qualche dozzina di nuovi esemplari al dato generale senza mutarne il significato. Infatti se osserviamo il problema da una prospettiva più ampia, l'impressione sul commercio in Italia in epoca carolingia suggerisce un'evidente debolezza, dal momento che nei rinvenimenti europei le monete carolingie di zecca italiana sono solamente il 5%267.
La varietà delle monete pertinenti ritrovamenti sporadici in Val d'Aosta e nella valle dell'Adige è stata posta in relazione con quella di alcuni importanti emporia commerciali268. Per quanto riguarda l'interpretazione dei ripostigli269, i quali come detto sono molto più omogenei, si è pensato invece ad una relazione con l'Amministrazione dello Stato270. Per spiegare infine l'alta concentrazione di rinvenimenti sporadici registrata nei percorsi vallivi è stata proposta l'ipotesi che l'economia delle regioni montuose fosse piuttosto povera, innescando un fenomeno che portava alla svalutazione delle monete dovuta all'eccesso di disponibilità271. Per contro nelle floride pianure dell'Italia settentrionale la situazione doveva essere del tutto diversa: l'offerta di moneta non bilanciava la produzione di beni con la conseguente rivalutazione del denaro in misura tale che si finì per utilizzarlo solamente quando il suo impiego si rivelava indispensabile, vale a dire nel pagamento dei tributi e dei canoni fissati per legge272.
Per quanto riguarda l'Italia centrale è indicativo nell'ambito di un ragionamento sulla circolazione monetaria il caso di Roma, indagato in modo approfondito dagli studi di Rovelli273.
Il materiale venuto alla luce nel luglio del 1993 nell'esedra della Crypta Balbi costituisce il caso più significativo nell'ambito dei rinvenimenti monetali a Roma degli ultimi decenni, in quanto ha modificato sensibilmente le precedenti conoscenze sulla vita economica e la circolazione monetaria a Roma. La stratigrafia ha restituito reperti che testimoniano almeno fino alla fine del VII secolo una certa vitalità del sistema di approvvigionamento ereditato dall'età imperiale nonché nella produzione di moneta bronzea274.
Il contesto dell'esedra riferibile alla prima metà dell'VIII secolo mostra invece la fotografia di una situazione profondamente mutata. Si perde ogni traccia delle produzioni artigianali precedentemente attestate e per quanto riguarda i beni di importazione si registra una decisa contrazione del sistema di rifornimento entro ambiti regionali o interregionali275. Malgrado ciò la circolazione e la produzione di moneta in bronzo nell'Urbe pare non aver subito sostanziali modifiche. La situazione mutò rapidamente attorno al 730, seguendo ritmi paralleli a quelli che scandirono il processo di separazione di Roma da Bisanzio, la cui egemonia venne meno276. La produzione di moneta enea cessò e le coniazioni auree subirono un crollo nel contenuto di fino. Fu in questo contesto, già in parte "demonetizzato", che si verificò il passaggio dal sistema monetario bizantino a quello di tipo carolingio, con papa Adriano I (772-795)277. Il cambiamento non fu tuttavia in grado di colmare il vuoto creatosi a causa della penuria di moneta spicciola: se prendiamo la documentazione archeologica come punto di riferimento per valutare il livello di diffusione della moneta, il contrasto con il livello di attestazione del periodo precedente risulta notevole278. La scarsità di rinvenimenti numismatici, non solo negli strati archeologici, ma anche nei ripostigli, lascia pensare che il circolante fosse scarso. Il sistema economico, del resto, era profondamente cambiato e la debolezza della zecca romana si acuì sempre più fino alla sua chiusura alla fine del X secolo, con l'apporto di moneta straniera che sopperiva pienamente alle necessità del mercato279.
Un importante vettore commerciale che metteva in comunicazione l'Italia settentrionale al Nord Europa era il fiume Reno280 (fig.1), lungo il corso del quale sono stati recuperati alcuni ripostigli che a prima vista offrono dei suggerimenti circa la sua possibile funzione di collegamento, senza peraltro che tale ruolo venga corroborato dai rinvenimenti sporadici281.
L'evidenza suggerita dai rinvenimenti in tre siti commerciali sulle coste del Mare del Nord come Dorestad282, Domburg e Schouwen è indicativa. Ci sono poi, dall'altro lato, ripostigli recuperati in Italia, a Vercelli e a Sarzana, che includono denari provenienti da una varietà di zecche dell'area renana e ciò testimonia che il traffico di moneta percorreva la direttrice sud-nord in entrambe le direzioni, soprattutto dopo che nel 781 circa le coniazioni in argento erano state uniformate283.
A partire dall'840 la composizione regionale dei ripostigli inizia a cambiare. I denari di Lotario I coniati in Italia settentrionale risultano estremamente rari nei rinvenimenti a nord delle Alpi, cosi come quelli di Ludovico II. Ciò può essere spiegato con una contrazione nella produzione monetaria del Regnum Italicum oppure con un restringimento dei circuiti monetari e commerciali all'interno dell'impero. A livello percentuale, scendendo nel merito del materiale archeologico disponibile, va rilevato che i denari del tipo XPISTIANA RELIGIO di Ludovico il Pio e quelli GRATIA DI REX di Carlo il Calvo sono rispettivamente presenti su larga scala284.
Una possibilità è quella che a partire dalla metà del IX secolo l'Italia settentrionale avesse iniziato a guardare all'est per i commerci ad ampio raggio, abbandonando gli itinerari verso nord285. A cavallo tra IX e X secolo, sempre da uno sguardo verso est, emergono a livello di dato statistico i copiosi rinvenimenti in area ungherese286, i quali sono spesso da porre in connessione con dinamiche socio-economiche completamente differenti e dissociate da quelle finora considerate287.
Una caratteristica peculiare delle monete carolinge rinvenute in Ungheria è data dal fatto che tutti i pezzi recano due fori (fig.2), indice del loro utilizzo come bottoni288. L'arrivo di queste monete in Ungheria può essere legato al pagamento dei tributi versati da Berengario e dagli altri sovrani agli Ungari per scongiurarne le invasioni della metà del X secolo289. L'esempio delle monete rinvenute a Karos, quasi tutte attribuibili a Pavia290, suggerisce che si sia trattato di un tributo versato in occasione di un'incursione in area pavese e l'assenza di monete coniate in altre città indica altresì che questi denari avevano una circolazione ristretta alla città di emissione, o poco più. Per questo motivo le monete rinvenute a Karos vengono messe in relazione all'invasione del
924, che è l'unica diretta esclusivamente al territorio pavese291.
Un altro aspetto estremamente interessante da considerare è che i denari carolingi venivano impiegati dagli Ungari come oggetti decorativi292 in quanto la moneta non era in uso presso le loro popolazioni durante il X secolo e per quanto riguarda le forme di accumulo di ricchezza essi preferivano conservare dirhem arabi o solidi bizantini293.
Fig.2 - Denaro di Guido imperatore della zecca di Venezia proveniente dall'Ungheria (collezione privata).
I ritrovamenti monetali relativi all'età vichinga294 in Svezia sono molto ricchi e si tratta quasi esclusivamente di monete importate dall'estero295. Per il primo periodo, fino al 980 si registra una prevalenza di monete arabe, le quali lasciano poi il posto ai denari europei296.
Per quanto riguarda le monete italiane se ne contano 101 esemplari rinvenuti in più di 36 contesti, 23 dei quali provenienti dall'isola di Gotland nel Baltico. La moneta più antica, che è anche l'unica carolingia, è un denaro di Berengario I della zecca di Milano, rinvenuto nel ripostiglio di Glammunds297. Le dinamiche connesse all'impatto avuto dai raid vichinghi (fig.3) sui flussi monetali e sul largo incremento del numero di ripostigli a testimonianza di una crescita del fenomeno di tesaurizzazione sono state oggetto di uno studio298 che ha cercato di trovare una risposta al problema che vedeva una relazione di causa-conseguenza nei due fenomeni suddetti. Le conclusioni alle quali si è giunti sono tutt'altro che risolutive ma si è potuto dimostrare che le incursioni vichinghe e le attività militari franche, pur rivestendo un ruolo centrale nella questione, non sono l'unica causa dell'aumento della tesaurizzazione nel IX secolo299.
Fig.3 - I Vichinghi in Europa tra VIII e XI secolo.
Un caso del tutto particolare risulta dalla circolazione monetaria nell'Italia nord-orientale la quale è necessariamente legata alla zecca più significativa dell'area. Quando Venezia avviò la produzione monetaria di denari imperiali a nome di Ludovico il Pio tra l'819 e l'822, era ancora una città a tutti gli effetti bizantina, legata all'Impero d'Oriente e al suo sistema valutario basato sul nomisma300. La produzione di denari d'argento carolingi a Venezia quindi venne avviata per logiche di tipo commerciale e probabilmente tributario, come lascerebbe supporre il fatto che monete veneziane di Ludovico il Pio appaiono testimoniate quasi esclusivamente in rinvenimenti provenienti dalle aree centrali dell'Impero franco ed è probabile che le nuove monete fossero state inserite nel sistema di conto bizantino in uso nella città lagunare301. Inizialmente questa intrusione della moneta occidentale nel sistema di conto bizantino non provocò particolari conseguenze fino a che alla metà del X secolo la monetazione bizantina iniziò a subire le prime importanti alterazioni di peso e lega, rendendo impossibile alle autorità veneziane mantenere il rapporto esistente tra la loro moneta e il sistema orientale. A questa particolare congiuntura economica si legò probabilmente la svalutazione che Venezia operò sulle proprie emissioni, operazione che riuscì a fare in virtù della sua libertà politica nei confronti dell'impero e che determinò un'enorme diffusione delle sue monete nelle aree occidentali che rimangono legate agli scambi con l'impero bizantino, quali l'Esarcato, la Pentapoli, il Friuli e l'Istria302. Probabilmente in queste zone il denaro svalutato di Venezia poteva compensare meglio di qualunque altra moneta occidentale le fluttuazioni nel livello generale dei prezzi determinate dalle alterazioni della moneta bizantina303. Ecco allora che la prima incrinatura del sistema monetario carolingio ebbe luogo in Italia e proprio a causa di Venezia. Già dal 953 iniziano a comparire nei documenti l'indicazione della provenienza delle monete citate, con evidente scopo di distinzione dei denari che evidentemente iniziarono ad avere valori differenti: nel 972 un documento attesta che le lire veneziane valevano la metà di quelle milanesi. Ciò pare aver favorito inoltre un incremento nella circolazione delle emissioni veneziane a scapito delle emissioni milanesi e pavesi304.
Se già nel X secolo la moneta veneziana circolava fuori dal territorio dell'area monetaria veneta305, abbastanza simile appare anche il trend della moneta veronese la quale, almeno come unità di conto, era ben conosciuta nei territori meridionali del regnum teutonicum306. Per quanto riguarda l'ambito locale, ci si aspetterebbe che all'interno dell'area veneta si venissero a creare due distinte aree monetarie in virtù del fatto che, a parità di valore nominale, la moneta veneziana aveva un valore intrinseco inferiore. Ad impedire questo fenomeno furono probabilmente gli stretti rapporti commerciali tra la città lagunare e l'entroterra veronese. Si innescò però un altro meccanismo legato all'applicazione della legge di Gresham307, come documentato sia dai rinvenimenti monetali cosiddetti sporadici, dove la presenza di moneta veneziana è molto consistente, sia dalla documentazione d'archivio che attesta invece un prevalente uso della valuta veronese: si preferiva dunque comprensibilmente spendere la moneta più svilita, mentre la moneta più stabile venne preferita nella redazione di contratti e documenti contabili308. La difformità nel contenuto intrinseco dei denari coniati nelle diverse zecche italiche indurrà un progressivo differenziarsi della moneta anche nei documenti, dove si inizia a specificare di che tipo dovevano essere i denari da impiegare nelle rispettive transazioni309.
Oltre all'impero carolingio, nel mondo mediterraneo coniavano moneta l'impero bizantino e quello arabo, entrambi in possesso di un sistema monetario più articolato e complesso rispetto a quello in uso in Europa. Gli studi sulla penetrazione delle monete straniere all'interno del circuito monetario ed economico carolingio risultano ad oggi parziali e settoriali. In particolar modo per quanto riguarda le conoscenze inerenti la circolazione di moneta araba in Europa310 si lamenta una certa lacunosità nella bibliografia e un sostanziale disinteresse che appare strano alla luce dell'importanza attribuita dalla storiografia, in seno alla nascita del mondo medievale, alla dicotomia carolingio-araba, seppur risulti ancora meno drastico della totale assenza di studi sulla presenza di moneta carolingia nel mondo arabo.
Lo studio di Duplessy311 sottolinea innanzitutto l'abbondanza di rinvenimenti di moneta araba in Europa, evidenziando però una diversità nella tipologia di moneta araba rinvenuta in Europa orientale, dove prevale l'argento, rispetto all'Europa occidentale dove prevale l'oro. Occupandosi in modo analitico solamente di quest'ultima, l'autore individua due correnti di penetrazione nel periodo tra VIII e IX secolo: l'una proveniente dalla Spagna e un'altra originaria dall'Asia minore e dall'Africa, la quale percorrendo le rotte mediterranee approdava in Italia settentrionale attraverso Venezia. Il secondo gruppo (IX-X secolo) presenta caratteristiche tipologiche simili ai rinvenimenti dell'Europa orientale, con una prevalenza netta di monete d'argento e la via di penetrazione è rappresentata dalle incursioni vichinghe.
Indubbiamente i rapporti economici tra l'Occidente cristiano franco e i califfi dell'Oriente islamico (fig.4) sono molto importanti in chiave interpretativa anche dello sviluppo della serie monetale Christiana Religio che potrebbe essere la valuta che li ha accompagnati. Come detto, specialmente nel primo periodo, i traffici mediterranei e quelli fluviali verso nord erano molto importanti e rappresentano una chiave di lettura del legame tra Oriente e Occidente prima di essere messi in secondo piano dall'ascesa vichinga e dalle nuove vie commerciali a est312.
Queste testimonianze archeologiche andrebbero integrate e aggiornate al fine di operare un confronto con i dati riguardanti la circolazione nel mondo arabo e orientale in modo da poter giungere ad un'interessante interpretazione dei flussi monetari nel mondo altomedievale.
Fig.4 - Direttrici dell'espansione araba e rotte commerciali.
Moneta effettiva e moneta di conto
Quando ci si occupa di monetazione medievale, in particolar modo per quanto riguarda lo studio della documentazione, bisogna sempre tener presenti le cosiddette monete di conto313, unità teoriche che vanno distinte dall'effettiva moneta circolante.
Si tratta di monete fantasma, che cioè non venivano coniate e non esistevano materialmente, la cui funzione principale è quella di semplificare le operazioni di computo314.
Una delle principali monete "fantasma" del sistema monetario altomedievale è una sopravvivenza monetaria del sistema romano, il solidus, mentre un'altra è un peso, la libbra,315 e queste due monete di conto sono il miglior mezzo impiegato all'epoca per riuscire ad operare economicamente in un contesto nel quale potevano convivere varie monete effettive, magari pertinenti a diversi sistemi monetari316.
E' certamente ciò che si riscontra ad esempio nell'Europa di Carlo Magno, prima e dopo la sua riforma monetaria, quando il denaro argenteo necessitava di un sistema di conto teorico che potesse agevolare le transazioni. Un fenomeno molto più curioso si verifica nella seconda metà del IX secolo, tra 855 e 898, quando le monete diventarono cosi larghe e sottili da risultare quasi inutilizzabili a causa della loro fragilità317. Questo processo è stato spiegato con un'ipotesi che imputa allo stato carolingio la volontà di emettere denari con un valore nominale superiore ai precedenti, testimoniato dall'incremento del diametro, senza prevedere un corrispondente aumento del valore intrinseco, in un contesto di evidente deflazione. Se questo è vero, nel periodo interessato il denarius registrato nei documenti non può più corrispondere stabilmente ad alcuna moneta effettiva, visto che il valore nominale di quest'ultima aveva subito manomissioni318. Questi esempi ci aiutano innanzitutto a comprendere quali siano gli accorgimenti da adottare quando ci si accinge ad uno studio sulla circolazione monetaria antica basato sulle fonti scritte e sul dato archeologico e quando tali dati vogliono essere messi in corrispondenza gli uni con gli altri.
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