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LA MEMORIA NELLE PIAZZE
Le piazze sono i cuori pulsanti delle città: dall'agorà dell'antica Grecia simbolo della democrazia e di civiltà, fino alle piazze del '900 che hanno visto passare su di sé stragi, guerre e rivoluzioni; mi propongo quindi di ripercorrere la funzione e il ruolo che le piazze hanno avuto nella storia, non solo come scenari inanimati ma come simboli di epoche e di ideali.
*l'Agorà
*La piazza dell'età ellenistica
(analisi di un estratto delle "Siracusane" di Teocrito come emblema della vita cittadina nell'antichità)
*il Foro
(analisi di un estratto dal "Gorgoglione" di Plauto: la vita della piazza romana
le piazze nel medioevo e nel rinascimento:
*piazze religiose e piazze civiche
i tumulti di piazza
(Place de la Concorde durante la rivoluzione francese)
(analisi di un estratto dai "Promessi Sposi" di Manzoni:la rivolta del pane)
*Potsdamer Platz a Berlino
Dalla repubblica di Weimar al crollo del muro
*Piazzale Loreto
*Piazza s.Venceslao
*piazza Fontana
*piazza Tiananmen
* piazza della Loggia
(analisi dei quadri di De Chirico "le piazze d'Italia":luoghi senza tempo.)
Premessa
La memoria di piazze e città.
Milano
Fra le tue pietre e le tue nebbie faccio villeggiatura
Mi riposo in piazza del Duomo
Invece di stelle
Ogni sera s'accendono parole
Nulla riposa nella vita come la vita
U.Saba "Il Canzoniere" Torino 1961
L'architetto William Morris ha scritto nel 1881 :
"l'architettura abbraccia la considerazione di tutto l'ambiente fisico che circonda la vita umana; non possiamo sottostarci ad essa , fino a che facciamo parta della civiltà, poiché l'architettura è l'insieme delle modifiche e alterazioni introdotte sulla superficie terrestre in vista delle necessità umane, eccettuato il solo puro deserto.
Né possiamo confidare i nostri interessi nell'architettura a un piccolo gruppo di uomini istruiti, incaricarli di creare, di scoprire, di foggiare l'ambiente dove poi dovremo stare noi, e meravigliarcene apprendendolo come una cosa bell'e fatta ; questo spetta invece a noi stessi , a ciascuno di noi, che deve sorvegliare e custodire il giusto ordinamento del paesaggio terrestre, ciascuno con il suo spirito e le sue mani, nella porzione che gli spetta."
L'anima di una città la si può scorgere fra i suoi edifici , nei suoi monumenti e nelle sue piazze, ma ciò che compone maggiormente il carattere di un luogo sono le persone e la storia degli abitanti del passato che hanno lasciato la loro traccia indelebile nell'atmosfera di quel luogo.
Le città non sono fatte dagli architetti, ma da tutte le persone comuni, i cittadini, che in quella città ci hanno vissuto o ci stanno tuttora vivendo.
Se si vuole ascoltare si può capire che le città hanno un'anima composta da tutte le anime che questa ha raccolto e tuttora raccoglie in sé.
Lo spirito di ogni città è in grado di dialogare con chiunque, con i suoi abitanti che conoscono quello spirito da sempre e con i viaggiatori che entrano in contatto con esso per la prima volta.
Di una città ci si può innamorare perdutamente ma la si può anche odiare e detestare, alle città sono rivolti gli stessi sentimenti che si rivolgono ad un essere umano, perché le città non sono solo cemento ma sono soprattutto anima, le città vivono grazie alle persone che le vivono, le abitano ogni giorno, soffrono, gioiscono, offrono la vita a palazzi e strade che disabitati sarebbero solo mattoni e calce.
Le piazze in particolare sono i cuori pulsanti delle città, i luoghi in cui si dà più spazio alla gente e dove sono veramente le persone a comporre il paesaggio, per questo le piazze sono luoghi aperti, per dare la possibilità di esprimersi e di relazionarsi con gli altri pubblicamente.
La piazza è il luogo dove l'uomo si mette in gioco e vive il mondo, dove il cittadino crea e si mette in mostra come se all'interno della piazza lo spazio architettonico facesse un passo indietro per lasciare all'uomo la possibilità di diventare egli stesso parte dello spazio urbano.
L'architettura è una creazione inscindibile dalla vita civile e dalla società in cui si manifesta, essa è per sua natura collettiva che si è connaturata al formarsi della civiltà e col tempo è nata una ricerca di funzionalità e di intenzionalità estetica che sono i caratteri stabili dell'architettura..
L'architettura sia quella pubblica che quella privata è parte integrante dell'uomo, è la scena fissa delle vicende umane; carica di sentimenti di generazioni, di eventi pubblici , di tragedie private , di fatti nuovi e antichi.
L'elemento collettivo e quello privato, società e individuo si contrappongono e si confondono nella città.
L'architetto a capo del movimento Bauhaus Walter Gropius, nel suo libro "Discussione sulle piazze italiane (Milano 1954)" racconta di essere tornato da un viaggio in Messico e di essere rimasto affascinato dalle piazze:
"Ero rimasto molto colpito dall'intensa vita nel cuore dei villaggi messicani. Ognuno di essi possiede una piazza piuttosto grande con portici tutto intorno, e la gente è sempre lì a comprar nelle botteghe, a pettegolare, mentre i giovani fanno la corte alle ragazze. Questo è il vero centro della vita del villaggio"
Gropius sostiene la fondamentale importanza dei luoghi pubblici come le piazze circondate da porticati, luoghi in cui le persone si realizzano dal punto di vista sociale, luoghi di incontro e di arricchimento culturale, per Gropius è importante studiare la piazza come luogo d'incontro dal punto di vista sociologico per creare nelle nuove città luoghi in cui la gente possa realizzare lo stesso spirito di comunità e di scambio che v'era nelle piazze del passato, come luoghi di unione e di memoria.
Così mi propongo di ripercorrere il tempo dal punto di vista fermo e inerte delle piazze che hanno "subito" e "osservato" in prima persona i tumulti della storia .
Tuttavia sarebbe impossibile affrontare in poche pagine un argomento così vasto quindi mi limiterò a proporre degli esempi di piazze che hanno simboleggiato un'epoca e che sono state il punto di riferimento di importanti avvenimenti storici, ogni secolo ha avuto le sue piazze-simbolo, luoghi "parlanti" che sintetizzano il modo di pensare e le idee di un intero periodo.
Con l'evolversi della storia anche il volto delle piazze è cambiato perché è cambiata l'idea di centralità, il foro poteva essere per i romani il luogo dove comunicare come oggi giorno la piazza mediatica della rete serve per parlarsi, scambiarsi informazioni e merci, dai luoghi a non luoghi, partendo da questa idea cercherò di approfondire gli avvenimenti storici che hanno caratterizzato e modificato il ruolo sociologico e culturale di alcune piazze.
Agorà
è il termine con il quale nella Grecia antica si indicava la piazza principale della polis, con l'andare del tempo l'agorà divenne il centro stesso della polis sia dal punto di vista economico e commerciale (in quanto sede del mercato) che dal punto di vista religioso, poiché vi si trovavano i luoghi di culto del fondatore della città o della divinità protettrice.
Tuttavia nella mentalità greca l'agorà rappresentava anche il luogo della democrazia per antonomasia, essendo sede delle assemblee cittadine. Era lì che si svolgevano molte attività civili: vi si mantenevano o si creavano numerose relazioni interpersonali e vi si prendevano numerose decisioni, da cui però venivano escluse le donne. Essendo il cuore pulsante di ogni attività era situata "nell'Astu", la città bassa; la sua funzione politica venne acquisita quando, terminata l'epoca micenea che vedeva un re al comando così le istituzioni furono spostate appunto nella città bassa, mentre precedentemente si trovavano nel palazzo reale situato sull'acropoli.
Nella polis tutti coloro che possedevano la qualifica di cittadini avevano gli stessi diritti e gli stessi doveri; si riunivano in assemblea ed eleggevano i magistrati, cioè gli esecutori del volere collettivo. Le Polis erano principalmente delle città-stato. Già gli antichi sostenevano che La Polis ad Atene era un luogo con case, mercati, templi, teatri, ma erano gli Ateniesi stessi a fare la Polis.
All'interno della Polis vi era poi un'altra netta divisione che era quella tra Acropoli e Agorà. In breve l'Acropoli era la parte 'alta' della città dove si trovavano i templi e i luoghi del culto. Qui si viveva la vita religiosa e vi era spesso un clima silenzioso di meditazione e spesso questa parte della città era su un monte o, comunque, lontana dal centro città, l'Agorà e l'Acropoli erano collegate da una lunga cinta muraria che le difendeva da attacchi esterni.
La Polis gravitava attorno all'Agorà, che è la piazza in cui i cittadini si riuniscono in assemblea per discutere i problemi della comunità e decidere collegialmente sulle leggi che occorrono; essa è contemporaneamente il luogo del mercato e il centro economico e politico, e perciò vi sorgono gli edifici pubblici, gli uffici, i teatri.
L'agorà è un'autentica invenzione urbanistica, che non trova riscontro né nei centri del Vicino Oriente né in quelli micenei dove tutto dipendeva dal re e non c'era bisogno di un luogo dove tenere l'assemblea. Questa innovazione fu inserita grazie alle grandi modifiche urbanistiche iniziate durante l'età di Pericle intorno al V secolo a.C.
Proprio nel momento di trapasso fra l'età classica e l'ellenismo si compie il tentativo legato al nome di Ippodamo da Mileto di applicare i concetti di regolarità geometrica ad una intera città, quindi c'è la presenza di un razionale programma di sviluppo, che vincola in una certa misura la crescita futura della città: un piano regolatore, come diciamo noi oggi.
Ippodamo da Mileto e altri ignoti progettisti hanno tentato di estrarre dal corpo della città alcune caratteristiche: l'orientamento, la forma, la dimensione dei lotti, la collocazione degli edifici pubblici e di formularle razionalmente a priori.
Teocrito: la confusione della vita cittadina
Teocrito nelle Siracusane non ci descrive una scena di piazza, ma la confusione di una città: le due protagoniste Gorgo e Prassinoa si accalcano per la strada affollata, cercano di arrivare a Palazzo per assistere al conto di Adone, le Siracusane è uno dei mimi urbani più vivaci che Teocrito abbia scritto in cui le due protagoniste discutono sulla difficoltà di vivere in periferia, la confusione per la strada, il rapporto con i mariti.
A mio parere da come Teocrito descrive la vita cittadina si può immaginare come fosse la piazza del mondo ellenistico; le strade gremite di gente, venditori ambulanti, schiamazzi e confusione.
Le Siracusane è ambientato in una città cosmopolita come Alessandria d'Egitto nel III sec. a.C., radicalmente diversa dalla Polis Greca: le piazze dell'epoca ellenistica infatti avevano perso la funzione di accogliere le assemblee e di essere il simbolo della Democrazia come era per l'Agorà della Polis, infatti nell'ellenismo era cambiato il sistema politico e la democrazia era stata sostituita dalla monarchia, ciò nonostante le piazza ha mantenuto il ruolo di luogo affollato sede dei commerci e del mercato.
Parabasi del gorgoglione di Plauto)
Ibidem erunt scorta exoleta quique stipulari solent;
Symbolarum collatores apud forum piscarium.
In foro infimo boni homines atque dites ambulant;
In medio propter canalem ibi ostentatores meri.
Confidentes garrulique et malevoli supra lacum,
Qui alteri de nihilo audacter dicunt contumeliam
Et qui ipsi sat habent quod in se possit vere dicier.
Sub veteribus ibi sunt qui dant quique accipiunt fenore
Pone aedem Castoris ibi sunt subito quibus credas male
In tusco vico ibi sunt homines qui ipsi sese venditant
(In Velabro vel pistorem, vel lanium, vel aruspicem);
I Fori Imperiali costituiscono una serie di piazze monumentali edificate nel corso di un secolo e mezzo (tra il 46 a.C. e il 113 d.C.) nel cuore della città di Roma dagli imperatori.
Di essi non fa invece parte il Foro Romano, ossia la vecchia piazza repubblicana, la cui prima sistemazione risale all'età regia (VI secolo a.C.) e che era stato per secoli il centro politico, religioso ed economico della città. Nonostante i molti nuovi edifici e le ricostruzioni di quelli più antichi, e nonostante i molti monumenti che lo andarono abbellendo, il Foro Romano non ebbe mai un carattere unitario. Sotto Cesare e Augusto, la costruzione della Basilica Giulia e il rifacimento della Basilica Emilia, che delimitavano i lati lunghi della piazza, diedero tuttavia al Foro una certa regolarità
Il Foro Boario (latino: Forum Boarium o Bovarium) il più antico, era un'area dell'antica Roma lungo la riva sinistra del fiume Tevere, tra Campidoglio e Aventino. Lo stesso nome era attribuito anche ad una piazza entro tale area, in cui si teneva il mercato del bestiame.
I limiti dell'area erano compresi tra il Circo Massimo a sud-est, il Velabro ( chiamata così dagli antichi romani la zona pianeggiante tra il Palatino e il Campidoglio) a nord est .
Il Foro Olitorio (Forum Holitorium in latino) è un'area archeologica che si trova a Roma, alle pendici del Campidoglio, tra il Teatro di Marcello ed il Foro Boario. In età antica costituiva il mercato della verdura e della frutta, così come l'area dell'adiacente foro boario era adibita al mercato della carne. All'età repubblicana (più precisamente, nel periodo tra le due guerre puniche) risale l'edificazione di tre templi, successivamente sottoposti a rifacimenti nel I secolo a.C.; prima della loro edificazione, che ha delimitato l'estensione del mercato, questo probabilmente doveva arrivare fino al Tevere.
Il Foro Romano (Forum Romanum, sebbene i Romani si riferissero ad esso più spesso come Forum Magnum o semplicemente Forum) è situato nella valle compresa tra il Palatino ed il Campidoglio a Roma.
La valle del Foro, paludosa e inospitale, venne utilizzata tra X e VII secolo a.C. come necropoli dei primi villaggi stanziati sulle colline circostanti. Solamente verso il 600 a.C., ad opera del re etrusco Tarquinio Prisco, venne drenata con la costruzione della Cloaca Massima e 'pavimentata' in terra battuta; la piazza di forma rettangolare nacque come luogo di mercato oltre che per lo svolgimento della vita politica e giudiziaria, in un punto centrale della città verso cui convergevano molte importanti strade, la più importante delle quali era la Via Sacra, che correva dalle pendici del Campidoglio fino all'Arco di Tito.
Foro Piscarium
Il forum piscarium era il mercato dei pesci dell'antica Roma a nord del foro romano, incorporava anche il mercato del macello e della carne, nel foro vinario invece si commerciava il vino.
Le piazze nel Medioevo e nel Rinascimento
le piazze italiane agli albori del medioevo nascono in tre modi differenti: ci sono quelle che sorgono sul sagrato delle cattedrali, quelle che si trovano spazio sul largo antistante alla sede dall'autorità civile, un terzo tipo di piazza è invece la piazza del mercato.
Il nucleo che nel medioevo si costituì intorno alle piazze rappresentò inevitabilmente il baricentro di sviluppo delle città, di lì si muovevano le fila delle strade.
Piazza del duomo di Parma una delle piazze meglio conservate, dove almeno tre lati restituiscono la scena di una piazza medioevale, sera una piazza sagrato , qui il battistero è sulla destra di fronte al duomo , alle spalle il palazzo del vescovo, quindi una piazza totalmente volta ad essere il sagrato del
Duomo.
Numerose sono le piazze ibride tra il sagrato e il luogo di riunione civico, un esempio è la piazza Tolomei a Siena, dove il palazzo duecentesco siede di fronte alla chiesa di s. Cristoforo.
Inizialmente era presente solo la chiesa il cui sagrato funzionava anche da luogo di riunione del governo senese prima della costruzione magna del palazzo comunale.
Nell'architettura del '400 quindi l'architettura delle piazze si basava principalmente sull'opposizione fra piazza sagrato e piazza come foro.
Nel '500 però la chiesa cominciò ad essere considerata come punto radiale. Anche s. Pietro viene presentato al centro di una piazza porticata, il tema della Piazza come, interno- esterno, riceve un nuovo impulso da Michelangelo per la piazza del Campidoglio, è a questo punto che la distinzione fra piazza-sagrato e foro civile viene a estinguersi.
Nel '600 il Bernini intervenne in piazza s. Pietro creando due cerchi accostati o intersecati che formano una particolare ellisse, rivela come egli tendesse alla dilatazione dinamica e progressiva dello spazio, come un'onda che si accavalla all'altra e viene rimandata ai bordi, esprime al massimo l'idea di piazza come luogo circolare e circondato da porticati, l'idea del Bernini ebbe molto successo in tutta l'architettura delle piazze occidentali.
I tumulti di piazza
Place de la Concorde
Place de la Concorde fu uno dei teatri più sanguinosi della rivoluzione francese che vide esprimersi la forza ceca della folla inferocita; il popolo infatti oltre ad assistere alle esecuzioni capitali, accompagnava i condannati a morte dalle prigioni alla ghigliottina, schiamazzando e inneggiando alla morte del malcapitato con un tifo da stadio.
Inizialmente Place de la Concorde venne progettata per ospitare al centro una statua equestre di Luigi quindici volta ad esaltare il potere reale, il nome originario della piazza era appunto piazza di Luigi quindici.
La statua fu inaugurata nel 1763, ventisei anni prima dello scoppio della rivoluzione, la statua fu abbattuta nel 1792 e al suo posto fu installata la ghigliottina dove proprio Luigi sedicesimo perse la testa.
La piazza venne ribattezzata piazza della rivoluzione, e da questo momento si trasformò in un vero "macello umano" sulle 2498 persone che furono ghigliottinate a Parigi negli anni della rivoluzione 1119 furono uccise in piazza della rivoluzione, fra queste ricordiamo Georges Jaques Danton Saint Just, Marie Antoniette, Maximillien Robespierre.
Nel 1793 venne eretta al posto della statua equestre del re una statua della libertà con in testa il rosso cappello frigio da giacobino, nell'800' Place de la Concorde rappresentava un sanguinoso ricordo per la città, scelsero si eliminare la statua della libertà e di cambiare il nome da piazza della rivoluzione a piazza della concordia.
Manzoni nei capitoli dodici tredici e quattordici dei Promessi Sposi descrive perfettamente quella che poteva assomigliare la folla inferocita e cieca di Place de la Concorde:
Nell' episodio dei tumulti di Milano la folla si dirige verso il palazzo del vicario. Quest'ultimo, aiutato dai servi, riesce a barricarsi in casa e a nascondersi in uno stanzino. Alcuni rivoltosi tentano di scardinare e smurare la porta del vicario per catturarlo e ucciderlo e ciò sotto gli occhi dei soldati spagnoli, i quali non osano intervenire. Renzo, al centro del tumulto, è tra coloro che si oppongono a una giustizia sommaria. Per questo, dopo aver reagito con sdegno alle proposte sanguinarie di un vecchio, rischia il linciaggio. Dal fondo della piazza fa la sua apparizione il gran cancelliere Antonio Ferrer, il quale, forte del sostegno popolare, interviene per salvar la vita del vicario. Nella folla si creano due fazioni, l'una favorevole e l'altra ostile all'intervento di Ferrer; ciò offre all'Autore lo spunto per una riflessione sui meccanismi delle rivolte popolari . Il cancelliere procede in carrozza attraverso la piazza gremita di gente. Alcuni, tra cui Renzo, si adoperano affinché egli possa avanzare, ma il cocchiere, ostentatamente cortese, è costretto a continue fermate. Ferrer promette alla folla di arrestare il vicario e di abbassare nuovamente il prezzo del pane, ma il lettore comprende che le sue promesse non verranno mantenute. Ferrer riesce infine ad entrare nel palazzo del vicario e a trarre in salvo quest'ultimo. Fattolo poi salire sulla propria carrozza, si dirige verso il 'castello' continuando a blandire la folla. Scampato il pericolo di un linciaggio Ferrer comincia a temere per le reazioni dei propri superiori, mentre il vicario, ancora molto spaventato, annuncia di volersi ritirare in un grotta.
Manzoni scrive nel capitolo tredicesimo:
"Chi forma poi la massa, e quasi il materiale del tumulto, è un miscuglio accidentale d'uomini, che, più o meno, per gradazioni indefinite, tengono dell'uno e dell'altro estremo: un po' riscaldati, un po' furbi, un po' inclinati ad una certa giustizia, come l'intendon loro, un po' vogliosi di vederne qualcheduna grossa, pronti alla ferocia e alla misericordia, a detestare ad adorare, secondo che si presenti l'occasione di provar con pienezza l'uno o l'altro sentimento; avidi ogni momento di sapere, di credere qualche cosa grossa, bisognosi di gridare, di applaudire a qualcheduno, o d'urlargli dietro."
Potsdamer Platz
Potsdamer platz all'epoca della repubblica di Weimar era il cuore pulsante di Berlino che cercava di diventare una metropoli attiva, capitale di una repubblica democratica.
La repubblica di Weimar che fu proclamata nel 1918 fu una delle costituzioni più avanzate e democratiche del tempo;il potere legislativo risiedeva nel parlamento eletto a suffragio universale maschile e femminile con sistema proporzionale, Potsdamer platz era il simbolo di questa democrazia, caffè e cabaret ravvivavano l'anima della piazza e fu proprio qui che venne installato il primo semaforo d'Europa, a metà degli anni venti infatti la circolazione era talmente caotica che fu costruito un regolatore per il traffico.
Berlino durante la repubblica di Weimar visse una grande fioritura culturale e sarebbe dovuta diventare una metropoli moderna all'altezza dei tempi.
Il traffico che popolava potsdamer non deve essere visto solo come un problema ma anche come una metafora: il ritmo e la velocità, la modernità e la mobilità erano gli argomenti dominanti di quegli anni.
Durante il periodo Nazionalsocialista a partire dal 1933 Potsdamer continuò ad essere una grande piazza metropolitana animata e trafficata anche se pavesata dalle bandiere con la croce uncinata
Dal 1937 Albert Speer fu ispettore generale ai lavori di costruzione per il rinnovamento della capitale del Reich, fu responsabile dei lavori di ristrutturazione di Berlino che doveva diventare la grandiosa capitale della Germania oscurando tutte le altre metropoli.
Anche Potsdamer Platz subì profondi cambiamenti: i locali di cabaret che popolavano il luogo vennero chiusi, un po' per paura della censura da parte dei nazisti e perché molti di questi artisti (come Marlene Detrich o Kurt Weill) si trasferirono altrove in fuga dal nazismo.
Nel 1941 incominciarono gli attacchi aerei da parte dell'aviazione statunitense, nel 1943 si intensificarono i bombardamenti a tappeto che il 3 febbraio del 1945 distrussero quasi completamente la zona di Potsdamer Platz, l'area rappresentava un obbiettivo importante per la presenza di alcuni ministeri, da quello dell'aviazione a quello della propaganda, vi erano anche altre importanti istituzioni del terzo Reich, quali la sede della Gestapo e della nuova cancelleria del Reich con il bunker del Fuhrer, dove negli ultimi giorni di guerra si tolse la vita.
Quando la zona di Potsdamer Platz fu conquistata dalle truppe sovietiche il 30 aprile del 1945 gli edifici erano quasi completamente rasi al suolo e la vivace piazza metropolitana ridotta ad un cumulo di macerie.
Nel dopoguerra confluivano su Potsdamer tre quartieri controllati da forze d'occupazione diverse: il Mitte dai sovietici, il Tiergarten dagli inglesi ed il Kreuzberg dagli Americani, il così detto "angolo dei tre paesi", divenne la sede di un fiorente mercato nero poiché in caso di retate i venditori potevano fuggire alla cattura passando in una zona d'occupazione diversa..
Potsdamer fu anche uno dei più importanti teatri della guerra fredda , nel 1947 dopo la creazione della DDR, il confine fra i due settori venne indicato inizialmente con segni colorati sulla strada e poi di filo spinato, venne strutturato con barriere e stazioni di controllo, mentre i passaggi stradali da est a ovest furono interrotti.
La parte di Berlino ovest fu realizzata sotto la direzione di rinomati architetti , dava prova del proprio interesse per uno stile moderno e per un paesaggio urbano aperto, la parte di Berlino est invece veniva costruita con i criteri architettonici del realismo socialista di stampo sovietico.
Con la costruzione del muro, il 13 agosto 1961 la dirigenza della DDR reagiva all'ondata crescente di fughe verso l'occidente.
La divisione fisica di Berlino chiudeva il breve periodo di "disgelo" seguito alla morte di Stalin, alla fine degli anni cinquanta fino a quel momento i confini erano stati piuttosto morbidi, ed era possibile per esempio risiedere nel settore orientale e lavorare in quello occidentale.
Le peggiori condizioni di vitae il minore benessere a est,oltre alla diversità dei sistemi politici, dividevano la città in maniera sempre più evidente.
Negli anni seguenti alla costruzione del muro le strutture di confine vennero ulteriormente amplificate e fu tracciata una "linea della morte", negli anni seguenti il confine sempre più radicato sottrasse alle immediate adiacenze la loro centralità, facendo diventare questa piazza una periferia alla fine del mondo.
Nel blocco orientale vi furono parole di elogio da parte del governo riguardo alla costruzione del muro, che lo definì: "muro di protezione antifascista"
Potsdamer al centro di questa divisione pese centralità e volto, anche i palazzi che erano sopravvissuti ai bombardamenti vennero abbattuti e non rimase alcun segno dell'antica piazza che ora si trovava lacerata dal muro.
Lo scrittore Wolfdierich Schnurre descrive con grande efficacia l'atmosfera di questa divisione:
"no, non c'è niente da vedere dall'altra parte del muro, di notte, su Potsdamer Platz , qui: solo quel vuoto disumano, lunare in lontananza, e il sistema di difese scaglionato in profondità che stringe come in un artiglio potente, quasi metafisico, questo pezzo del cuore di Brlino ferito a morte
In un tale deserto, simile ad un paesaggio lunare nel centro di Berlino, durante la guerra fredda la divisione del mondo in due blocchi contrapposti, qui trovava la sua espressione più diretta.
Berlino era il punto focale, il cui centro Potsdamer Platz era il vuoto, nel cuore della città si formò un deserto, attraversato dal confine e circondato da pochi edifici in rovina, terreni abbandonati e cumuli di macerie; il centro geografico di Berlino appariva come la periferia di sé stesso.
Oggi Potsdamer è stata completamente ricostruita seguendo l'impostazione architettonica dei tempi della Repubblica di Weimar.
Fra gli architetti che hanno lavorato ai progetti si distingue Renzo Piano; sono riusciti a ridare la vita ad un luogo che ha conosciuto la morte prima con i bombardamenti e poi con la divisione del muro, finalmente Potsdamer Platz è tornata ad essere come in passato il centro di una grande capitale europea.
Piazza s.Venceslao
Jan Palach Modesto studente di filosofia, assistette con simpatia alla stagione riformista del suo paese, chiamata Primavera di Praga. Questa esperienza, però, fu repressa militarmente dalla truppe del Patto di Varsavia, ed in particolare dall'Unione Sovietica, in pochi giorni. Per protestare contro quell'iniziativa bellica, Palach prima fondò un gruppo di volontari anti-URSS e successivamente decise di cospargersi il corpo di benzina in piazza San Venceslao a Praga, appiccando il fuoco con un accendino (16 gennaio 1969). Morirà tre giorni dopo.
Decise quindi di suicidarsi morendo carbonizzato, ma preferì non bruciare i suoi appunti e i suoi articoli (che rappresentavano i suoi pensieri politici), che tenne in uno zaino molto distante dalle fiamme. Tra le dichiarazioni trovate nei suoi quaderni, spicca questa: 'Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l'onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l'abolizione della censura e la proibizione di Zpravy (il giornale delle forze d'occupazione sovietiche). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s'infiammerà'.
Grazie a questo gesto estremo, Palach venne considerato dagli anticomunisti come un eroe e martire; in città e paesi di molte nazioni furono intitolate strade con il suo nome. Anche la Chiesa Cattolica lo difese, affermando che
'Un suicida in certi casi non scende all'Inferno' e che 'non sempre Dio è dispiaciuto quando un uomo si toglie il suo bene supremo, la vita'.
Piazza Tienanmen
La protesta di piazza Tienanmen a Pechino capitale della repubblica popolare cinese, iniziò da una dimostrazione studentesca avvenuta tra il 15 aprile e il 4 giugno 1989. La protesta, nata per denunciare l'instabilità economica e la corruzione politica dello stato cinese, fu soppressa con la violenza da parte del governo, sotto il controllo del Partito Comunista Cinese. Il numero dei morti causati dalla repressione è difficile da determinare, ma oscilla tra i 200-300 (dati governativi) e i 2.000-3.000 (dati delle associazioni studentesche e della Croce Rossa cinese).
La protesta studentesca cominciò nell'aprile del 1989, fu scatenata dalla morte di Hu Yaobang, il vicesegretario generale del partito. Hu era considerato una persona dalle idee liberali e fu obbligato alle dimissioni da parte di Deng Xiaoping: ciò venne giudicato molto negativamente da molte persone, specialmente da parte degli intellettuali.
La protesta ebbe inizio in modo relativamente pacato, nascendo dal cordoglio nei confronti di Hu Yaobang e richiedendo al partito di prendere una posizione ufficiale nei suoi confronti. La protesta divenne via via più intensa dopo le notizie dei primi scontri tra manifestanti e polizia. In occasione del funerale di Hu Yaobang un vasto gruppo di studenti si recò in piazza Tien an men, chiedendo d'incontrare Li Peng, oppositore politico di Hu, ma questi non volle ascoltare le loro richieste. A quel punto gli studenti proclamarono uno sciopero generale all'università di Pechino
Deng Xiaoping, accusò gli studenti di complottare contro lo stato e fomentare agitazioni di piazza. Questa dichiarazione fece infuriare gli studenti e il 27 aprile circa 50.000 studenti scesero nelle strade di Pechino, ignorando il pericolo di repressioni da parte delle autorità e richiedendo nuovamente che il governo ritrattasse le dichiarazioni fatte in precedenza.
Il 4 maggio circa 100.000 persone marciarono nelle strade di Pechino, chiedendo più libertà nei media e un dialogo formale tra le autorità del partito e una rappresentanza eletta dagli studenti. Il governo rifiutò la proposta di dialogo, acconsentendo solamente a parlare con i membri designati dall'organizzazione studentesca. Il 13 maggio un folto gruppo di studenti occupò Piazza Tiananmen, cominciando uno sciopero della fame, richiedendo al governo di ritrattare l'accusa fatta da Deng Xiaoping e cominciare a parlare con una rappresentanza studentesca. Migliaia di studenti si unirono allo sciopero della fame, supportati da centinaia di migliaia di studenti e di residenti di Pechino.
I manifestanti innalzarono al centro della piazza un'enorme statua, alta 10 metri, chiamata Dea della Democrazia, in polistirolo e cartapesta, ispirata alla Statua della Libertà statunitense.
Il 20 maggio il governo dichiarò la legge marziale, tuttavia la protesta continuò. Dopo questa delibera dei leader del partito, fu ordinato l'uso della forza per risolvere la crisi; nella notte tra il 27 e il 28 fu mandato a riprendere il controllo della città l'Esercito di Liberazione Popolare, con i carri armati. Questi attaccarono gli studenti e i lavoratori nelle strade di Pechino. La repressione portò a morti sia tra i civili che tra i militari.
Ancora oggi le stime dei morti variano. Il governo cinese parlò inizialmente di 200 civili e 100 soldati morti, ma poi abbassò il numero di militari uccisi ad 'alcune dozzine", la Croce Rossa riferì 2600 morti e 30.000 feriti.
La repressione di Piazza Tienanmen provocò la ferma condanna da parte di numerosi Paesi occidentali nei confronti del governo comunista cinese. Oggi il clima si è riappacificato e la Cina è stata riaccolta dagli altri paesi nella politica globale, ma gli eventi di Piazza Tienanmen sono ancora un argomento sensibile per il governo comunista cinese, che non fornisce versioni ufficiali dell'accaduto ed esercita forme di censura riguardo gli avvenimenti in questione.
Oltre la citata enorme statua, simbolo della rivolta è considerato il rivoltoso sconosciuto che in totale solitudine e completamente disarmato affronta una colonna di carri armati: le fotografie che lo ritraggono sono popolari nel mondo intero e sono per molti un simbolo di lotta contro la tirannide.
Piazzale Loreto
La Strage di Piazzale Loreto avvenne il 10 agosto 1944 a Milano quindici tra partigiani e antifascisti vennero prelevati dal carcere di San Vittore e portati in Piazzale Loreto, dove furono fucilati da un plotone di esecuzione composto da militi della legione «Ettore Muti» agli ordini del capitano delle SS Theodor Saevecke, noto in seguito come boia di Piazzale Loreto.Meno di un anno dopo, all'alba del 29 aprile 1945, sullo stesso piazzale verranno esposti i cadaveri di Mussolini, di Claretta Petacci.
La strage fu perpetrata come rappresaglia per un attentato consumato il 7 agosto 1944 contro un camion tedesco parcheggiato in viale Abruzzi a Milano. Nell'evento, in cui non rimase ucciso alcun soldato tedesco ma provocò la morte di sei cittadini milanesi e il ferimento di altri cinque.
Non ci furono prove o rivendicazioni che l'attentato sia stato compiuto da qualche unità partigiana, sulle motivazioni della rappresaglia è utile notare come il bando di Kesselring prevedeva la fucilazione di dieci italiani solo in caso di vittime tedesche.
Theodor Saewecke, che faceva base presso l'Hotel Regina in via Silvio Pellico, sede delle SS e noto luogo di tortura, pretese ed ottenne, ciò nonostante, la fucilazione sommaria di quindici antifascisti.
Dopo la fucilazione i cadaveri scomposti furono lasciati esposti sotto il sole, per tutta la giornata, a scopo intimidatorio. Un cartello li qualificava come 'assassini'. I corpi rimasero circondati da membri della Muti che persino impedirono ai parenti di rendere omaggio ai propri defunti. Secondo numerose testimonianze, i militi insultarono ripetutamente gli uccisi definendoli un 'mucchio d'immondizia".
L'esecuzione e il vilipendio dei cadaveri impressionarono profondamente l'opinione pubblica. Mussolini comunicò all'ambasciatore tedesco che i metodi utilizzati dai militari tedeschi «erano contrari ai sentimenti degli italiani e ne offendevano la naturale mitezza».
Theodor Saewecke, il boia di Piazzale Loreto, non ha mai subito alcun processo in patria ed è morto nel 2004 a 93 anni.
Piazza Fontana
La strage di Piazza Fontana fu un attentato terroristico che avvenne il 12 dicembre 1969, una bomba fu fatta esplodere nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura di Piazza Fontana nel centro di Milano, provocando la morte di sedici persone ed il ferimento di altre ottantotto.
In piazza Fontana la bomba esplose alle 16.37, lo stesso giorno un altro ordigno venne scoperto nella sede di Milano della Banca Commerciale Italiana, fortunatamente inesploso, ma che venne fatto brillare subito dopo, occultando così una prova importantissima che avrebbe forse permesso di risalire all'origine dell'esplosivo e a chi aveva preparato gli ordigni.
A Roma, sempre lo stesso giorno alle 16.55, una bomba esplose nel passaggio sotterraneo della Banca Nazionale del Lavoro che collegava l'entrata di via Veneto con quella di via San Basilio, facendo tredici feriti. Altre due bombe esplosero a Roma tra le 17.20 e le 17.30, una davanti all'Altare della Patria e l'altra all'ingresso del museo del Risorgimento, in piazza Venezia, facendo quattro feriti. In sostanza 5 attentati terroristici nel pomeriggio dello stesso giorno, tra il primo e l'ultimo un lasso di tempo di soli 53 minuti. Da notare che alle 16.37 l'orario di chiusura della banca era passato, ma tuttavia vi erano molte persone dentro la banca.
Quello di Piazza Fontana è uno dei più gravi; verrà ricordato insieme alla strage di Bologna come uno dei peggiori eventi della storia italiana postbellica.
Le indagini vennero orientate inizialmente nei confronti degli anarchici, il 12 dicembre l'anarchico Giuseppe Pinelli viene fermato e interrogato a lungo in questura. Il 15 dicembre dopo tre giorni di interrogatori in questura, Pinelli cade dal quarto piano e muore. Il 16 dicembre viene arrestato anche un altro anarchico, Pietro Valpreda.
Lo stesso PCI è convinto sia opera degli anarchici, le indagini e i processi (sette) si susseguiranno nel corso degli anni venendo accusati vari esponenti anarchici e di destra, tuttavia alla fine tutti gli accusati saranno sempre assolti in sede giudiziaria (ma alcuni verranno condannati per altre stragi o saranno assolti grazie alla prescrizione).
Il commissario Luigi Calabresi, incaricato delle indagini, verrà fatto segno a una dura campagna di stampa e minacce, e verrà assassinato da militanti di estrema sinistra (membri di Lotta Continua). Gli autori della campagna di stampa saranno condannati anni dopo la sua morte, ed anche i suoi assassini verranno identificati e condannati in via definitiva vari anni dopo.
Dopo 37 anni, non è ancora stata emessa una condanna definitiva per la strage.
La Strage di Piazza della Loggia fu un attentato terroristico compiuto ad opera di neofascisti il 28 maggio 1974 a Brescia, nella centrale Piazza della Loggia. Una bomba nascosta in un cestino porta rifiuti fu fatta esplodere mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo indetta dai sindacati e dal Comitato antifascista. L'attentato provocò la morte di otto persone e il ferimento di altre novanta.
La prima istruttoria della magistratura portò alla condanna nel 1979 di alcuni esponenti dell'estrema destra bresciana. Nel giudizio di secondo grado, nel 1982, la sentenza fu annullata e nel 1985 la Corte di Cassazione assolse definitivamente gli imputati. Una seconda istruttoria mise sotto accusa altri rappresentanti della destra, che furono assolti nel 1989 per insufficienza di prove. Una terza istruttoria è tuttora pendente presso la Procura di Brescia. Il 19 maggio 2005 la Corte di Cassazione ha confermato la richiesta di arresto per Delfo Zorzi (latitante da tempo in Giappone con il nome di Hagen Roy) per il coinvolgimento nella strage di Piazza della Loggia. I magistrati che si occupano ormai dal 1993 delle indagini sarebbero in procinto di chiudere l'inchiesta, almeno per i tre imputati principali: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, tutti all'epoca militanti di spicco di Ordine Nuovo, gruppo neofascista fondato nel 1956 e più volte sospettato di organizzare attentati e stragi, tanto da portare al suo scioglimento per ordine della magistratura.
Dai luoghi ai non luoghi
"Viviamo in un mondo che non abbiamo ancora imparato ad osservare, abbiamo bisogno di re-imparare lo spazio." Marc Augè
Il sociologo Marc Augè ha scritto un trattato intitolato "non luoghi, introduzione ad un'antropologia della surmodernità" nel quale ha cercato di analizzare i non luoghi che alienano l'uomo moderno.
Augè ci parla in particolare del bisogno di spazio che ha l'uomo dei nostri giorni, schiacciato dal fenomeno della sovrappopolazione cerca di rifugiarsi in uno spazio proprio , nell'uomo moderno si è persa l'idea dello spazio pubblico come luogo della comunità, i luoghi pubblici oggi giorno vengono usati spesso come luoghi di nessuno, maltrattati da coloro che hanno poco senso civico, questo accade più che altro nelle zone degradate, nelle periferie dove gli uomini cercano il più possibile di crearsi un nido che lì possa proteggere dai pericoli del mondo esterno.
A mio parere il luogo pubblico che una volta era la piazza del mercato dove si incontravano persone per fare affari oggi è praticamente sparito, ancora nel primo dopoguerra a Parma, per esempio, la piazza Garibaldi la domenica era ghermita di contadini in tabarro che a groppi discutevano di affari, si vendevano terre , si compravano poderi, venivano fatti dei veri e propri affari che si concludevano con una stretta di mano.
Oggi quella che chiamiamo la "borsa" definita appunto piazza- affari e il nuovo mercato e la comunicazione avviene spesso telematicamente, internet è la nuova piazza mediatica dove le persone comunicano, si conoscono, si innamorano, comprano e vendono, la piazza mediatica ha di fatto sostituito tutte quelle attività che prima venivano consumate nelle piazze delle città, le persone non si parlano ma si scrivono, e soprattutto non si possono sfiorare, chiunque potrebbe esserci dall'altra parte della "piazza".
Internet è un luogo freddo , astratto quasi metafisico, dove le relazioni in fin dei conti saranno buie e fredde perché spesso avvolte nel mistero, ma non sono certo più invitanti le altre piazze della modernità: i centri commerciali che diventano un altro luogo per incontrarsi, comprare e vendere, sono il sunto della moderna società consumistica e non luoghi per eccellenza.
.Entrare in un centro commerciale a Milano o a Parigi significa entrare in tutti i centri commerciali del mondo, si hanno le stesse sensazioni ogni volta; il brusio alle casse, l'aria condizionata, le luci al neon, corridoi che somigliano a labirinti di cibi impacchettati con buste variopinte dai toni quasi violenti, la radio di sottofondo e una voce affabile che elenca le offerte invitando a comprare.
è l'alienazione del consumatore che quando entra al supermarket è come se perdesse i sensi dell'orientamento, egli una volta dentro potrebbe credere che al di fuori ci sia Parigi come Roma, o New York, come se tutti i non luoghi al mondo fossero collegati fra loro da uno spazio collocato un'altra dimensione.
In passato la piazza era il luogo dove si decideva la vita della città, in un incrocio di politica e società dove si aggregavano i pensieri per poi riversarsi sulla gente e sullo spazio circostante.
Nella modernità le piazze si svuotano, restano solo i monumenti e scompare l'umanità; le piazze d'Italia di De Chirico sono popolate da statue e architetture inquietanti, sagome di ciminiere all'orizzonte, dove l'umanità sembra scomparsa, l'essere umano appartiene ad un passato ormai scomparso ed ora popolano il mondo solo oggetti e luoghi inanimati.
Giorgio De Chirico essendo profondamente legato alla cultura classica ha ben presente la piazza del foro romano e dell'agorà greca, si ispira a queste ultime ma le svuota completamente, ne toglie il volto umano, è una visione nuova e deformata dell'ambiente posta in una ambiente illogico simbolo dell'età contemporanea piena di simboli da decifrare.
Le opere metafisiche di De Chirico, personaggio inquietante ed enigmatico, contraddittorio ed incomprensibile, sono caratterizzate da un diversificato ventaglio di soggetti e tematiche, tutte legate alla sua formazione culturale (la Grecia e il mito, la filosofia e la letteratura) e dall'enorme capacità percettiva dell'artista, che riesce a guardare dentro la realtà, e distorcere la fisicità in una nuova dimensione. Dai manichini alle piazze, dai cavalli alle nature morte, dai ritratti ai paesaggi.
Come nasce un quadro metafisico? Come si può modificare la realtà eppur rappresentarla? L'artista stesso ce lo suggerisce in un commento al suo primo quadro metafisico, (Enigma di un pomeriggio d'autunno del 1910)
".in un limpido pomeriggio autunnale ero seduto su una panca al centro di piazza Santa Croce a Firenze. Naturalmente non era la prima volta che vedevo quella piazza: ero uscito da una lunga e dolorosa malattia intestinale ed ero quasi in uno stato di morbida sensibilità. Tutto il mondo che mi circondava, finanche il marmo degli edifici e delle fontane, mi sembrava convalescente. Al centro della piazza si erge una statua di Dante, vestita di una lunga tunica, il quale tiene le sue opere strette al proprio corpo e il capo coronato d'alloro pensosamente reclinato. Il sole autunnale, caldo e forte, rischiarava la statua e la facciata della chiesa. Allora ebbi la strana impressione di guardare quelle cose per la prima volta, e la composizione del dipinto si rivelò all'occhio della mia mente. Ora, ogni volta che guardo questo quadro, rivedo ancora quel momento. Nondimeno il momento è un enigma per me, in quanto esso è inesplicabile. Mi piace anche chiamare enigma l'opera ad esso riservata".
Anche nei quadri di De Chirico la piazza muta. Non è mai statica esistenza, ma è la vita che si muove, che costruisce che perde gli accenni all'antichità e ne cerca di nuovi, tra le ombre dei portici e il desiderio di luce.
E poi ad un tratto, quando la presenza umana si è rilegata a sagome abbozzate e piccoli segni, rifiuti che non si possono rinnegare, né cancellare, arrivano i manichini, la nuova umanità, la filosofia, la saggezza, il pensiero. Allo stesso tempo ispirati ma dissimili da quelle figure che le piazze avevano ospitato fino ad ora.
C'è un messaggio che bisogna capire scorgendo nei colori caldi e fermi, privi di vibrazioni atmosferiche, in quella luce bassa opposta alle lunghe e definite ombre. Lo spazio, il nostro spazio, si è fatto allucinante. E' un luogo sognato? Esiste ancora la vita? Il filtro della mente e l'intuizione del genio.
Le nostre piazze come quelle di De Chirico. Piazze d'Italia popolate di manichini, siamo noi e sono loro, luoghi veri dalla logica impossibile, dove non c'è più il tempo, ma orologi fermi e treni che vanno, e che non arriveranno mai.
BIBLIOGRAFIA
Città e memoria Mazen Haidari
I non luoghi: un'antropologia della surmodernità Marc Augè
antologia della letteratura greca Guido Paduano
Storia dell'Architettura Leonardo Benevolo
Saper vedere l'urbanistica Bruno Zevi
Storia dell'arte italiana Carlo G. Argan
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