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Il progetto surrealista
Le cosiddette avanguardie storiche nacquero in quel clima di profonda crisi culturale e sociale che caratterizzò la società europea dei primi decenni del nostro secolo, crisi che aveva trovato, da un lato, negativamente, nella prima guerra mondiale una sua eclatante e dolorosa espressione e dall' altro, positivamente, nella rivoluzione sovietica del 1917 un fondamento di speranza per un rinnovamento che non solo si estese dal paese dove si era manifestato, ma era destinato anche lì a bloccarsi e a regredire verso forme politiche e di potere che erano in palese contrasto con i principi del socialismo che andavano proclamando.
Anche il surrealismo come le altre avanguardie storiche nacque in questo clima di crisi e di speranza e nacque in parte, anche, come risposta al movimento dada che aveva manifestato la sua volontà di rivolta e di critica verso la società borghese secondo modalità nichilistiche e distruttive le quali sembravano lasciare spazio soltanto alla pura negazione che si presentava pertanto come negazione indeterminata e quindi non dialettica. La negazione dialettica del surrealismo è stata invece la negazione di un movimento artistico e di una concezione del mondo che ha messo in atto una critica e un rifiuto della società, della cultura e dell'arte borghesi da un lato non interrompendo quel fecondo legame con le tradizioni più vive di questa cultura e dall'altro appropriandosi degli strumenti conoscitivi più avanzati del proprio tempo che, nel caso del surrealismo, si sono rivelati essere la psicanalisi e il marxismo.
La psicanalisi e il marxismo come metodi analitici ed ermeneutici del profondo, da un lato a livello dello psichismo individuale e dall'altro a livello della realtà sociale si sono dimostrati fondamentali per il movimento surrealista in quella prospettiva di critica della razionalizzazione borghese e delle sue false apparenze. In tale direzione il surrealismo ha cercato, attraverso l'arte, di far emergere la molteplicità di livelli profondi di verità altre da quelle che la nostra razionalità repressiva non poteva riconoscere. La letteratura e l'arte divenivano così gli strumenti attraverso cui potevano emergere questi livelli occultati e rimossi dalla repressione sociale, gli strumenti attraverso cui l'emergenza del meraviglioso significava altresì emergenza di una pienezza e di una non-separazione estranee ai canoni codificati del nostro razionalismo.
Il surrealismo nella sua credenza, come dice Breton, "alla futura soluzione di quei due stati, in apparenza così contraddittori, che sono il sogno e la realtà, in una specie di realtà assoluta, di surrealtà", si è presentato come un'autentica rivoluzione conoscitiva. Il surrealismo è stato anche un movimento di rivolta contro tutta la fenomenologia di tabù e di repressioni che reggono l'ordine sociale stabilito, ponendosi così contro le interdizioni del cristianesimo, contro le discipline di partito, contro qualsiasi forma di dogmatismo.
I surrealisti affermano che è il desiderio la grande forza unificatrice, la "chiave universale". Ed è il desiderio che ci rende ribelli alle censure, ai tabù sessuali, intellettuali e morali e anima l'autentico anticonformismo dell'uomo. È il desiderio inoltre che ci porta a glorificare l'universo e a erotizzarlo, a cogliere in esso, non separabile in questo dal mondo interiore, il meraviglioso così come a denunciare le forme di soggezione economiche e non che ostacolano l'esercizio di quel diritto fondamentale dell'uomo, il diritto alla creatività, alla poesia, all'arte.
Se è vero che il surrealismo ha assegnato all'arte, in una prospettiva rivoluzionaria, il giusto ruolo che le spetta, in quanto pratica che tiene continuamente vive nell'uomo le dimensioni del fantastico e dell'immaginario, occultate spesso da una concezione storicamente repressiva della razionalità, è anche vero che il surrealismo non può essere ridotto a un movimento artistico. Esso impegna al contrario l'uomo nella sua interezza presupponendo un atteggiamento determinato di fronte alla vita, di fronte all'amore, di fronte alla società, di fronte alla storia.
Uno dei caratteri principali del surrealismo è di emanare da un gruppo non certo ufficiale o giuridicamente costituito, bensì reale, attivo, che si riunisce in luoghi precisi, che pubblica riviste, organizza esposizioni, redige manifesti. Da questo gruppo si era ammessi; da questo gruppo si era esclusi. Se la sua composizione ha dunque subito cambiamenti notevoli, si può affermare tuttavia che, dall'inizio alla fine della propria esistenza, esso fu ispirato e "dominato" da André Breton. È Breton infatti che in testi teorici di esemplare chiarezza e di stile quasi "classico" ha "definito" la "dottrina surrealista"; è lui che ha mantenuto, in mezzo a infinite difficoltà, l'unione delle persone e l'insieme e la coerenza delle idee.
Ma il riconoscimento di questo primato, di questa egemonia carismatica della personalità di Breton non è certo segno di alcuna prevaricazione esercitata sugli altri componenti del gruppo da parte dello scrittore francese. Breton infatti non ha mai accettato di agire isolatamente e di prendere, in rapporto al gruppo surrealista, la minima distanza.
Il movimento surrealista non si è limitato alla Francia:diversi gruppi stranieri, soprattutto in Belgio, gli hanno apportato un prezioso contributo. I surrealisti belgi non sono sempre stati d'accordo con i surrealisti francesi, tuttavia la qualità di surrealisti non è mai stata loro contestata da Breton e dal suo gruppo. Pertanto resta possibile definire il surrealismo a partire dai criteri adottati dal gruppo di Parigi ai fini di codificare, nel senso più pieno, una condizione spirituale. Non è inutile aggiungere, al proposito, che questi criteri non furono solamente estetici. Il surrealismo ha messo in gioco infatti una concezione generale dell'uomo considerato in se stesso e nel suo rapporto col mondo e con la società. Esso ha oltrepassato ampiamente la dimensione dell'arte caratterizzando instancabilmente la propria fisionomia culturale ed intellettuale attraverso una "infinita" serie di prese di posizione politiche e morali. È possibile osservare altresì che quasi tutte le esclusioni sono state motivate non da divergenze estetiche o da questioni personali, ma da considerazioni relative al comportamento e all'etica.
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