Il
'caos' delle Metamorfosi di Apuleio e la critica petroniana al caos
della società
Poche e incerte
sono le notizia giunte fino a noi sulla figura di Petronio, che non ci
permettono di collocare con certezza l'autore e la sua opera, il Satyricon,
all'interno della cronologia della letteratura latina. Contrastanti le due
tesi: quella 'unionista' lo vuole vissuto nell'età di Nerone e lo
identifica con il Petronio citato da Tacito in un celebre passo degli Annales;
quella 'separatista' invece sposta la composizione dell'opera a
un'età più tarda, che alcuni fanno coincidere con l'eta dei Flavi, altri con
quella degli Antonini, altri ancora con quella dei Severi. Duplice era il
livello di lettura che Petronio volle dare all'opera: uno era infatti
superficiale, raggiungibile da tutti; l'altro era invece sottointeso,
simbolico, compreso solo dagli esperti letterari. Il Sayricon è un
racconto, o meglio, un romanzo latino che narra le avventure di Encolpio in
forma autobiografica. Il racconto, incompleto, può essere suddiviso in cinque blocchi.
Encolpio, il giovane protagonista,
racconta le avventure alle quali è andato incontro durante un viaggio fatto in
compagnia del giovane Gìtone di cui è innamorato e dell'amico Ascilto, in una Graeca
Urbs dell'Italia meridionale (da alcuni identificata con Pozzuoli). Dopo
una discussione con il retore Agamennone sul tema della decadenza
dell'eloquenza, i tre iniziano a vivere le avventure più disparate. Vengono
anche accusati di aver offeso il dio Priapo in persona, avendo interrotto un
rito in suo onore. Costretti quindi a rimediare al sacrilegio, sono coinvolti
in un'orgia purificatrice, durante la quale subiscono estenuanti prove
erotiche. Inizia allora il
racconto della 'cena' a casa di Trimalchione, episodio centrale
dell'opera, di cui occupa quasi la metà. Ospiti, oltre ai tre ragazzi, sono
vari personaggi del rango di Trimalchione, liberto arricchitosi, che fa sfoggio
con ostentata esagerazione delle sue ricchezze. La conversazione fra i
convenuti verte su argomenti comuni (il clima, i tempi, i giochi pubblici,
l'educazione dei figli), ma offre uno spaccato vivace e colorato, non senza
punte di chiara volgarità, della vita di quel ceto sociale. In seguito,
Encolpio, allontanatosi dagli altri due compagni, incontra Eumolpo, un vecchio
letterato che, notato l'interesse di Encolpio per un quadro raffigurante la
presa di Troia, gliene declama in versi il resoconto (è la celebre Troiae halosis). I due diventano quindi
compagni di viaggio, rivali in amore a causa di Gitone e dopo una serie di
avventure, che li vedono viaggiare per mare e rischiare anche la vita, si
ritrovano, insieme nella città di Crotone, dove Eumolpo si finge un vecchio
danaroso e senza figli, ed Encolpio e Gitone si fanno passare per i suoi servi:
così essi scroccano pranzi e regali dai cacciatori di eredità. Nei frammenti
successivi, Eumolpo recita un brano epico, in cui viene descritto il Bellum civile ('La guerra
civile') fra Cesare e Pompeo e successivamente si legge di Encolpio che,
per l'ira di Priapo, diventato impotente, è vittima di una ricca amante che si
crede disprezzata da lui e lo perseguita. Eumolpo, invece, scrive il suo
testamento dove specifica che gli eredi avranno diritto alle sue ricchezze solo
se faranno a pezzi il suo corpo e se ne ciberanno in presenza del popolo. Il Satyricon spazia su diversi generi
letterari pur ponendo le sue basi sul romanzo antico; sono difatti presenti
rapporti con la fabula milesia (Eumolpo racconta proprio due novelle
milesie durante il racconto), con il mimo (il ritratto degli aspetti più
triviali della realtà sociale), con la satira e in particolar modo con la
satira menippea, riprendendo il realismo mimetico dell'osservazione dalla prima
e il gusto per la parodia e la fusione di elementi fantastici e realistici
dalla seconda, presentando grazie all'utilizzo di questi due ultimi generi la
società romana decaduta al tempo dell'imperatore Nerone. Egli però non si pone
come lo scrittore satirico tradizionale denunciano il vizio in modo da
trasmettere valori positivi, ma parla invece in maniera distaccata, non
fornendo ai lettori nessuno strumento di giudizio; il suo realismo ha
l'aristocratico, lucidissimo «realismo del distacco». L'impero vedeva salire
dal sottostrato sociale una folla di sopravvenuti e liberti che
'sfidavano' classi dirigenti e i superstiti delle famiglie
aristocratiche nelle quali era tradizione servire lo Stato. Per Petronio, la
società in cui egli vive è affondata nel caos più totale a causa del decadimento
dei valori morali, piena di corruzzione e di personaggi squallidi e anonimi che
traggono soddisfazione solo dai piacere esistenziali. Nessun ordine si può dare
in una soscietà dove tutto è il contrario di tutto, dove la tragedia diventa
grottesca e comica, la diversità è conformismo.
Un'altra grande
opera molto simile al Satyricon di Petronio per la sua vastità, che si
avvicina anch'essa al genere del romanzo, è le Metamorfosi di Apuleio,
unico romanzo latino giuntoci per intero. Undici sono i libri dell'opera (come
si evince dal titolo originale, Meatamorphoseon undicim libri); i primi
tre sono occupati dalle avventure del protagonista, il giovane Lucio, prima e
dopo il suo arrivo a Hypata in Tessaglia. Coinvolto già durante il viaggio
nell'atmosfera carica di mistero che circonda il luogo, il giovane manifesta
subito il tratto distintivo fondamentale del suo carattere, la curiosità, che
lo conduce ad incappare nelle trame sempre più fitte di sortilegi che animano
la vita della città. Ospite del ricco Milone e di sua
moglie Pànfile, esperta di magia, riesce a conquistarsi i favori della serva
Fotide e la convince a farlo assistere di nascosto a una delle trasformazioni
cui si sottopone la padrona. Alla vista di Pànfile che, grazie a un unguento, si
muta in gufo, Lucio prega Fotide che lo aiuti a sperimentare su di sé tale
metamorfosi. Fotide accetta, ma sbaglia unguento, e Lucio diventa asino, pur
mantenendo la ragione umana. È questo l'episodio-chiave del romanzo, che muove
il resto dell'intreccio. Lucio apprende da Fotide che, per riacquistare
sembianze umane, dovrà cibarsi di rose: via di scampo che, subito cercata, è
rimandata sino alla fine del romanzo da una lunga serie di peripezie che
l'asino incontra. La seconda sezione del romanzo comprende le vicende
dell'asino rapito da un gruppo di briganti, il suo trasferimento nella caverna
montana dove essi abitano, un tentativo di fuga insieme a una fanciulla loro
prigioniera, Càrite, e la liberazione finale dei due ad opera del fidanzato di
lei che, fingendosi brigante, riesce a ingannare la banda. Il racconto
principale diviene cornice di un secondo racconto, ossia della celebre favola
di Amore e Psiche narrata a Càrite dalla vecchia sorvegliante. Nei libri
successivi, ad esclusione dell'ultimo, riprendono le tragicomiche peripezie
dell'asino, che passa dalle mani di sedicenti sacerdoti della dea Siria, dediti
a pratiche lascive, a quelle di un mugnaio che è ucciso dalla moglie, a quelle
di un ortolano poverissimo, di un soldato romano, di due fratelli, l'uno cuoco
e l'altro pasticciere. Ovunque l'asino si trova, osserva e registra azioni e
intenzioni con la sua mente di uomo, spinto sia dalla curiosità, sia dal
desiderio di trovare le rose che lo liberino dal sortilegio. Della sua natura
ambivalente si accorgono per primi il cuoco e il pasticciere, scoperta che
mette in moto la peripezia finale. Informato della stranezza, il padrone dei
due artigiani, divertito, compra l'asino per farne mostra agli amici. In un
crescendo di esibizioni, Lucio riesce a sfuggire, a Corinto, dall'arena in cui
è stato destinato a congiungersi con una condannata a morte, e nella fuga
raggiunge una spiaggia deserta dove si addormenta. Il brusco risveglio di Lucio
nel cuore della notte apre l'ultimo libro. La purificazione rituale che segue e
la preghiera alla Luna preparano il clima mistico che domina la parte
conclusiva: Lucio riprende forma umana il giorno seguente, mangiando le rose di
una corona recata da un sacerdote alla sacra processione in onore di Iside,
secondo quanto la stessa dea gli aveva prescritto, apparendogli sulla spiaggia.
Grato alla dea, Lucio si fa iniziare al culto di Iside a Corinto, ma si
stabilisce successivamente a Roma per volere di Osiride. Il caos è protagonista
totale del romanzo di Apuleio, sconvolge completamente le vita del
protagonista, ed è l'elemento fondamentale che alimenta le continue peripezie e
le interminabili vicissitudini che Lucio è costretto ad affrontare e a
sopportare, dovute anche e soprattutto alla curiositas che Lucio ha
innata. Ma la presenza del caos è in qualche modo "mediata" dall'ordine che la
trasformazione ha mantenuto; difatti, anche se non in grado di cambiare
volontariamente le sue sorti, Lucio ha conservato il raziocinio umano, la
possibilità di valutare ogni situazione alla quale è sottoposto, di poter
decidere quale sia la soluzione migliore in determinati casi; e la vittoria
finale spetta proprio all'ordine, che riesce ad avere la meglio sul caos, e
permette quindi a Lucio il ritorno alla normalità.